Altre voci
tacciono, mentre quella del Papa
si leva forte per
difendere la
Verità, la capacità della ragione umana di
conoscerla
e di trarne regole comuni.
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Evelyn Beatrice Hall, la quale, dati i tempi, firmò il testo
con un nome maschile, anzi neutro, quello di S.G. Tallentyre. E
poi, né sussurri né grida, neanche quando si fa la
cronaca semiseria delle disavventure del salentino professor Carlo
Bernardini, docente di Fisica alla Sapienza, tra i primissimi
firmatari dellappello laico contro la partecipazione
del Papa alla cerimonia dapertura dellanno accademico,
il quale il 29 giugno 2007 investì con la sua auto la signora
Clio, moglie del Presidente Napolitano: allora fu colpito un primo
capo di Stato; in Università, colpito il secondo. Un primato,
non cè che dire!

Ma il problema non è nelle parole attribuite a François-Marie
Arouet, e in ogni caso smentite dai 67 Fisici sapienziali, «soliti
chierici che sono la vergogna dellEuropa dagli anni Trenta
ad oggi, senza apprezzabili variazioni di stile e di tono»,
come è stato scritto; e neanche nella commedia dellassurdo
inscenata in un «epicentro dellinsolenza intellettuale,
dellidiosincrasia epidermica verso il confronto delle idee
e delle culture, di una corsa irrazionalistica verso il vuoto nichilista
nella forma della beceraggine, del dileggio, del linciaggio in effigie
travestito da goliardismo e da anticlericalismo»; e meno che
mai in unUniversità che è la stessa dalla quale
fuggì il filosofo Lucio Colletti, la stessa nella quale fu
intimidito Renzo De Felice, la stessa in cui fu contestato Luciano
Lama, la stessa in cui «si è costruita la cattedra
collettiva dei peggiori maestri della cultura italiana (
),
insieme con lasineria e la marginalità sociale di generazioni
di studenti messi nelle condizioni di non apprendere un briciolo
di verità razionale e umanistica e di disimparare sistematicamente
quello che le generazioni precedenti di docenti e discenti avevano
amorevolmente coltivato nelle sinuose vie di una storia secolare».
In fondo, unUniversità che non si differenzia, in questo,
da altre del nostro disgraziatissimo Paese, quali quelle che chiamano
a far lezione grandi gentiluomini come Curcio, Scalzone, o se proprio
va bene Capanna, (i barbari non se ne sono mai andati); o quali
quelle che un giorno impedirono di parlare a Salvemini o a Calamandrei.
O quelle nelle quali oggi un matematico-scrittore-ateo, che impera
nei talk show di alcune nostre stravaganti testate televisive, è
molto apprezzato per aver sostenuto che Ratzinger «avrebbe
dovuto chiamarsi Adolfo I», mentre Scalfari su la Repubblica,
senza lasciarsi sfiorare dal dubbio che il suo vocabolario stia
cedendo in eleganza e in verità con il sopravvento delle
cellule morenti su quelle nascenti che determina la sua logorroica
senilità, sproloquia sulla «palese inconsistenza politica
e culturale di papa Ratzinger».
Il problema è che i cervelli massificati, i falsificatori
per vocazione o per professione delle idee altrui, i travisatori
per stupidità ideologica o per servilismo congenito delle
dottrine avversarie, le vecchie baldracche che occupano a vita alcuni
luoghi redditizi della Cultura e dellAccademia, pretendono
lesclusiva della tolleranza, del giudizio, della libertà
di pensiero. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Tenendo comunque presente, come fra laltro è stato
scritto, che «i 67 rivoluzionari tengono famiglia».
Nel senso che sorpresa dal boomerang che lha fortemente
preoccupata questa «banda di mezze seghe
intellettuali» (lettera al Foglio, firmata da Duccio Trombadori
e Francesco Villari) si è rivelata per quel che è,
nel momento in cui il direttore del Dipartimento di Fisica, Giancarlo
Ruocco, ha messo mano a unepistola nella quale sostiene che
con le due lettere, la prima del 14 novembre, stilata dal Fisico
Marcello Cini, la seconda datata 22 novembre e «firmata da
oltre 60 docenti che condividevano le posizioni di Cini»,
chiedevano al rettore solo di rinunciare allinvito del Papa:
dunque, «non cera alcun intento censorio» nei
confronti di Ratzinger; cera il desiderio di una parte della
comunità accademica di «esprimere la propria opinione
in merito alla decisione del rettore». Ma va là, Ruocco!
Lasciamo perdere le disquisizioni di alcuni noti luminari dellItalica
Accademia, da Tranfaglia a Flores dArcais, ad Asor Rosa e
a compagnia cantando, destinati a restare tra noi perché
purtroppo nessuno al mondo, invidiandoceli, minaccia di portarseli
via. Veniamo invece al Primo Estensore di Missiva, il Cini di cui
sopra. Costui si era fatto conoscere bene già negli anni
Settanta, quando sulle colonne del Manifesto, allora mensile, aveva
dedicato splendidi e post-moderni pensieri sulla scienza: ma nella
direzione del suo contenimento, non del suo sviluppo. E perché
mai? Per non far trarre vantaggi al capitale. Ecco un distillato
testuale del suo pensiero: «Nel regime capitalistico la scienza
diventa mezzo di produzione e dunque di capitale, e in quanto tale
si contrappone come potenza esterna alloperaio e lo schiaccia,
rendendolo strumento di fini a lui estranei». Parole rivolte
ai padroni delle ferriere? No. Al Pci dellepoca, reo davere
organizzato un convegno sulla ricerca scientifica proprio in un
Paese come il nostro. E infatti, quali potevano essere per questo
docente, leggermente arretrato nelletà giurassica,
le alternative? Eccole: «Un esempio delluso alternativo
della scienza andava da ritrovarsi in Cuba, nella Cina e nel Vietnam,
dove la scienza stessa era compagna di un impegno collettivo che
scuote lintera società, di una dura lotta contro limperialismo
e i suoi valori, di uno slancio ideale per costruire il socialismo».
Ma un gran va là anche a lei, esimio Cini. Soprattutto perché
nellangolo ottuso della sua cultura manichea non entra neanche
il concetto che una sede universitaria dovrebbe sempre restare il
tempio laico del Free Speech, come dicevano gli studenti in rivolta
a Berkeley (quelli, sì, di primordine): ossia il luogo
eletto delle libere manifestazioni di qualsivoglia opinione politica,
ideologica, sociale, religiosa. Ha saputo, o hanno raccontato a
Cini che in quello stesso torno di tempo, dalle parti del Sudamerica,
in Ecuador, lUniversità cattolica di Quito ha laureato
ad honorem il Subcomandante Fausto Bertinotti (poi ospite
anche a Lima, nel Perù, della Sedes Sapientiae,
Università di Comunione e Liberazione)? Glielhanno
detto che il leader del Prc ha potuto leggere una sua incensurata
Lectio magistralis? Qualcuno ha fatto sapere ai 67 Fisici
67, e ai compagni mugolanti, e ai loro scalcinati allievi pronti
a bruciare bandiere a stelle e a strisce in nome del pacifismo unilaterale
e dellantiamericanismo più bolso, che appena un anno
fa il rettore della Columbia University, luogo altissimo di studi
nella Harem storica di New York, invitò il presidente dellIran,
Mahmud Ahmadinejad, serenamente presentandolo come «un gretto
e crudele dittatore», persecutore di donne, ipercensore, antisemita,
concludendo che parlando in un luogo di assoluta libertà
di pensiero e di parola si sarebbe sicuramente «coperto di
ridicolo»? E che liraniano ebbe tutto il tempo di rispondere
alle accuse, con una predica intrisa di Corano, citando il Secondo
conflitto mondiale, le colpe americane e quelle di Bush, escludendo
fra la generale, composta ilarità dei presenti
che le donne e gli omosessuali in Iran fossero perseguitati, e accusando
gli Stati Uniti, la Francia, lInghilterra e altre potenze
planetarie di aver cancellato di fatto i trattati per lo sviluppo
dellenergia nucleare pacifica? I livorosi routiniers di tante
nostre Università, (tanto ricche di inossidabili lobby, di
ferree baronie, di successioni per diritto di primi e magari secondi
letti, o per preferenziali corsie politiche), «simbolo in
ossa e canizie della dittatura degli anziani nel nostro Paese»,
avrebbero mai avuto il pacato, ma fermissimo coraggio di comportarsi
come il rettore liberal della Columbia?
Non ha torto Sebastiano Maffettone quando mette in rilievo le palesi
contraddizioni dei nostri intellettuali, veri o presunti che siano.
E quando aggiunge che, sfortunatamente, non siamo al cospetto di
una novità. John Stuart Mill, il Voltaire apocrifo ma utile
proposto dalla biografa con pseudonimo, e il Kant delleguale
libertà, non sono mai stati di casa dalle nostre parti. La
cosiddetta cultura alta ha sempre preferito il tetragono
Hegel, loscuro Heidegger, il dialettico Marx, o, infine, i
più nani sociologi nostrani e transoceanici esaltati dai
sessantottini e poi sprofondati nelloblio. Non cè
da meravigliarsi, allora, se la protesta dei Fisici contro Benedetto
XVI è lennesima spia della debolezza della cultura
politica liberale in Italia. Preoccuparsi che gli italiani non abbiano
letto e digerito i grandi maestri del liberalismo, da Locke a Rawls,
passando per Hume, può sembrare una fissazione. E invece,
precisa Maffettone, «io sono convinto che ne paghiamo i costi
tutti i giorni in termini di mancanza di rispetto per le istituzioni,
di caos politico, di deficit di meritocrazia e incapacità
competitiva, di scarsa considerazione per la scienza e la ricerca».
È stata una commedia dellassurdo, questa la caratteristica
innegabile della presa di posizione dei Fisici, degli studenti arrampicatori
che vengono fuori un po da Scienze della comunicazione e un
po dai centri sociali, cioè dal vuoto pneumatico, e
di alcuni politici che hanno perso loccasione di dire qualcosa
di ragionevole. Quando, ad esempio, un Gavino Angius in una lettera
a La Stampa afferma che «leffetto dellingerenza
della Chiesa nella sfera pubblica è la negazione della libertà»,
forse dimentica che la deduzione logica di questo chiamiamolo
pensiero è che la libertà di parola negata
a un Papa sarebbe leffetto delluso della
parola da parte della Chiesa. Siamo al trionfo di una neo-lingua
orwelliana!
Comè arcinoto, tema della vicenda era la condanna di
Galileo da parte dellInquisizione, una condanna che
secondo i 67, i loro compagni e i loro seguaci dimostrerebbe
anche oggi lavversione della medesima Chiesa alla scienza.
In realtà, quella sentenza aveva già ricevuto dal
Concilio Vaticano II, con la Costituzione Gaudium et Spes,
una prima solenne smentita, con la critica a «certi atteggiamenti
mentali, che talvolta non mancarono nemmeno fra i cristiani, derivati
dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia
della scienza, e che (
) trascinarono molti spiriti a tal punto
da ritenere che scienza e fede si oppongono fra di loro».
Una seconda, più circostanziata riabilitazione di Galileo
fu il risultato di unindagine chiesta da Giovanni Paolo II
alla Pontificia Accademia delle Scienze, protrattasi fino al 1992,
dunque in piena coincidenza con la guida della Congregazione per
la Dottrina della Fede da parte dellallora cardinale Ratzinger.
Il quale, parlando il 15 febbraio 1990 proprio alla Sapienza,
difese Galileo dallo scetticismo che aveva cominciato a circondarlo
da qualche decennio dentro la cultura agnostica, con
particolare riferimento al filosofo della scienza Feyerabend, il
quale aveva addirittura definito il processo della Chiesa a Galileo
«ragionevole e giusto».

Lattuale Pontefice negò che queste parole potessero
essere usate come giustificazione per lInquisizione, e affermò
che «la fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto
della razionalità»; e osservò piuttosto come
esse fossero la prova di quanto «al dubbio della modernità
su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica».
Che un discorso di questo genere possa essere interpretato ancora
oggi da docenti universitari come un attacco allautonomia
della scienza è semplicemente incredibile. Eppure, è
stato proprio questo il grimaldello usato (antica scuola leninista!)
per lo schiaffo della Sapienza al Papa.
Ha vinto il libero pensiero! Hanno gridato e scritto. È
stata la vittoria della laicità contro loscurantismo.
È stato il trionfo della scienza contro lignoranza.
È stata lesaltazione della ragione contro la superstizione.
LIlluminismo ha sconfitto Bellarmino.
Ma che belle parole! Non fosse che qualcosa non torna. Infatti,
quale laicità ha avuto la meglio? Risponde Galli Della Loggia:
«Quella che ha vinto è una caricatura della laicità.
È la laicità scomposta e radicaleggiante, sempre pronta
ai toni dellanticlericalismo, che cinicamente ha usato la
protesta dei poveri professori di fisica piegandola alle necessità
della lotta politica italiana (...). È la laicità
che vuole ascoltare solo le sue ragioni scambiandole per la Ragione.
Che, nonostante tutte le chiacchiere sullIlluminismo, nei
fatti non sa che cosa sia la tolleranza, ignora cosa voglia dire
rispettare la verità delle posizioni dellavversario,
rispettarne la reale identità. È la laicità
che dispensa i suoi favori e le sue critiche a seconda di come le
torni utile politicamente; che da tempo, perciò, non si stanca
di scagliarsi contro Ratzinger solo perché lo ritiene ostile
alle sue posizioni sulla scena italiana, e allora va inventandosi
diversità tra lui e il suo immediato predecessore, fingendo
di non sapere che di fatto non cè stato quasi un gesto,
una presa di posizione importante di Wojtyla, che non sia stata
condivisa, se non proprio ispirata, da Benedetto XVI. È una
laicità opportunista, nutrita di uno scientismo patetico,
arrogante nella sua cieca radicalità. Perciò nemica
di unautentica laicità liberale.
Il fatto è che da qualche tempo è venuto di moda di
citare la laicità come libertà dalla religione.
Pochi sanno che la Corte Costituzionale ha dato formulazione al
principio della laicità, come atteggiamento non di estraneità,
indifferenza o ostilità dello Stato e dei suoi gruppi dirigenti,
rispetto alla coscienza religiosa dei cittadini, in regime di pluralismo
confessionale, ma di tutela delleguale libertà di tutte
le fedi. Come è stato scritto, nessuno prevarichi nessuno.
Questa è la laicità.
Di recente è stato chiesto al Nobel Rita Levi Montalcini
se la religione sia compatibile con la ricerca scientifica. Da scienziata
atea qual è, ha risposto che tra i due termini non esiste
contrasto. Scrivere alla Sapienza romana La scienza
è laica significa soltanto che la scienza è
contro la religione. E questa non è laicità.
La convergenza tra fede e ragione è un postulato della cultura
cristiana, che comunque tiene distinti i rispettivi fini. Avrà
certo un significato che i progressi scientifici si siano realizzati
in un Occidente, in cui si è irradiato il Cristianesimo.
Ma si eccepisce che il Papa ha una frequenza di apparizioni che
eclissa quelle degli altri capi religiosi. E si dimentica che una
religione è anche unimportante componente della civiltà,
e tra Cristianesimo e Occidente corrono infiniti tratti identitari,
anche se luniversalismo cristiano travalica ogni confine,
dirigendosi allintero genere umano. Allora la polemica è
anticlericale, antichiesastica, non laica, come lucidamente aveva
già annotato Croce. In quanto tale, in altri secoli poteva
avere qualche fondamento. Oggi non più, è unanacronistica
sopravvivenza, un cortocircuito dove il gesto prevale sul pensiero,
lautonomia si stravolge in divieto, lateismo si coniuga
con una contraddittoria, malintesa religione della modernità,
e la laicità si riduce a una cupa caricatura di se stessa.
Parole di uno scienziato credente, Antonino Zichichi: «Siamo
lunica forma di materia vivente cui è stato dato il
privilegio di essere dotata di Ragione. È grazie al dono
della Ragione che la forma di materia vivente cui noi apparteniamo
ha potuto scoprire il Linguaggio, la Logica e la Scienza. Esistono
centinaia di migliaia di forme di materia vivente, vegetale e animale.
Nessuna di esse ha però saputo scoprire la Memoria Collettiva
Permanente meglio nota come linguaggio scritto né
le forme rigorose di Logica comè ad esempio la Matematica,
né la Scienza che, tra tutte le logiche possibili, è
quella che ha scelto il Creatore per fare lUniverso, inclusi
noi stessi. Senza Ragione non avremmo potuto scoprire la Scienza.
Questa straordinaria avventura intellettuale inizia, appena 400
anni fa, con Galileo, che chiamava Impronte del Creatore
le prime Leggi Fondamentali della Natura da lui scoperte».
Per Galileo, dunque, Scienza e Fede sono entrambi dono di Dio. Ora,
la linea che percorre lintero magistero di Ratzinger è
che oggi non è in crisi soltanto la Fede, ma anche la Ragione.
A chi crede in una religione, ricorda il necessario dialogo fra
luna e laltra. Ai non credenti, parla in nome della
Ragione, che sola può costruire quella che
il Papa chiama una grammatica comune della vita sociale che simponga
ai cattolici come agli atei, ai cristiani come ai musulmani, ai
buddisti, e consenta loro di vivere in pace. Altre voci tacciono,
mentre quella del Papa si leva forte per difendere lesistenza
della Verità, la capacità della ragione umana di conoscerla,
sia pure in modo incompiuto e imperfetto, e di trarne regole comuni
su temi come la libertà, la giustizia, la vita, la famiglia.
Nella Lectio che avrebbe dovuto pronunziare alla Sapienza,
Benedetto XVI affronta le due principali obiezioni che gli sono
rivolte su questo punto. Anzitutto, cè chi sostiene
come Vattimo e altri teorici del relativismo che la
verità non esiste. Ciascuno possiede la sua, e nessuna è
più vera delle altre. Il Papa risponde con il filosofo non
credente Jurgen Habermas: questa è una posizione che nel
2008 semplicemente non possiamo permetterci. Se la verità
di chi difende la libertà e la giustizia è considerata
moralmente uguale alla verità di Hitler o di Bin Laden, rimaniamo
disarmati di fronte al nazista o al terrorista. La stessa democrazia,
afferma Habermas, oggi può essere difesa solo con argomenti
«sensibili allidea di verità».
Secondo: anche tra coloro i quali non negano il valore della Ragione,
cè chi sostiene che il Papa in realtà «trae
i suoi giudizi dalla Fede», per poi spacciarli come razionali.
Bene, risponde Ratzinger: giudicate i miei argomenti in modo laico,
sulla base del vostro esercizio della ragione e del buon senso.
E cita un altro filosofo non cattolico, il già ricordato
Rawls, il quale sosteneva che i giudizi proposti dalla Chiesa in
nome della Ragione non devono essere considerati a priori più
veri di quelli esposti da altri; ma neanche pregiudizialmente meno
veri solo perché è la Chiesa a proporli. Anzi, la
Chiesa per Rawls ha dalla sua una lunga «tradizione responsabile
e motivata», per cui va semmai ascoltata con più attenzione
dellultimo sofista.
Ecco. È perché vedono in lui, contro un relativismo
che disarma lOccidente nei confronti dei suoi avversari, un
testimone appassionato della Ragione e della Libertà, che
tanti credenti sono col Papa; che tanti non credenti sono ugualmente
al suo fianco; che tanti laicisti daccatto e altrettanti intellettuali
ancora oggi organici sono contro il suo pensiero.
Quella
che ha vinto è una caricatura della laicità. È
la laicità scomposta e radicaleggiante, sempre pronta ai
toni dellanticlericalismo, che cinicamente ha usato la protesta
dei poveri professori di Fisica piegandola alle necessità
della lotta politica italiana [...]. È la laicità
che vuole ascoltare solo le sue ragioni, scambiandole per la Ragione.
Che, nonostante tutte le chiacchiere sullIlluminismo, nei
fatti non sa che cosa sia la tolleranza, ignora cosa voglia dire
rispettare la verità delle posizioni dellavversario,
rispettarne la reale identità. È la laicità
che dispensa i suoi favori e le sue critiche a seconda di come le
torni politicamente utile. Che da tempo, perciò, non si stanca
di scagliarsi contro Benedetto XVI solo perché lo ritiene
ostile alle sue posizioni sulla scena italiana [...]. Una laicità
opportunistica, nutrita di uno scientismo patetico, arrogante nella
sua cieca radicalità. Con la quale unautentica laicità
liberale non ha nulla a che fare. Che anzi deve considerare la prima
dei suoi nemici.
Ernesto Galli Della Loggia
Corriere della Sera
Che un uomo vestito
di bianco, titolare di un deposito di fede e di cultura così
incontestabilmente profondo, intendesse rinnovare larchivio
aureo del cristianesimo di tutti i tempi con le sue conferenze di
teologo e i suoi libri, e con le sue omelie di pastore, mettendosi
a confronto in ogni campo con le grandi e piccole faccende del nostro
modo di ragionare, affrontando i labirinti del nichilismo filosofico,
dellesistenzialismo e del decostruzionismo postmoderno, sembrava
a noi atei devoti (formula ironica e autoironica) una laica benedizione
o più modestamente un aiuto insperato in unepoca di
svuotamento tendenziale del significato del vivere e del convivere
[...]. Non ci eravamo sbagliati, e questo è tutto. Lo dimostra
il magnifico discorso universitario che pubblichiamo
[...] dopo la vergogna laica che abbiamo provato per linsipienza
dei sapienti che hanno impedito a quelle parole di suonare il loro
suono sempre aperto al contraddittorio nellaula magna della
più grande, e della più miserabile, oggi, Università
europea. Il direttore di Repubblica, che ha fatto di noi ratzingeriani
laici il suo piccolo capro espiatorio per cavarsi dimpaccio
nel tremendo contrappasso causato dalla demenza intollerante di
gente del suo mondo, deve ora farci la grazia di rivedere i suoi
giudizi con onestà. Non siamo disponibili, come lui ingenuamente
chiede, a conversioni forzose, magari per pregare un Dio finalmente
trovato in una dimensione esclusivamente privata, come a lui piacerebbe.
E continueremo, possibilità che ci offre un tollerante e
laico Papa della ragione, a lasciarci sollecitare e interrogare
nel coraggio della verità e della sua ricerca.
Giuliano Ferrara
Il Foglio

È una dura
prova per la laicità italiana. La sconfitta di unalta
istituzione scientifica del nostro Paese. È un momento difficile
della società civile che è composta di credenti e
non credenti che stanno faticosamente ricostruendo regole di convivenza
in un contesto che improvvisamente si è deteriorato. Adesso
sarà inevitabile che un atto presentato dalle autorità
vaticane come gesto di prudenza si trasformi in atto di accusa contro
listituzione fortemente rappresentativa come lUniversità
di Roma, o addirittura contro la laicità dello Stato italiano
in quanto tale. È la laicità come tale messa sotto
accusa perché incapace di difendere i suoi stessi princìpi.
Sarà inevitabile che la pluralità delle voci laiche
che in queste settimane concitate si sono levate con chiarezza a
criticare liniziativa dei contestatori romani
venga liquidata come irrilevante. Peggio, si getta scompiglio nel
campo laico con conseguenze imprevedibili.
Gian Enrico Rusconi
La Stampa
Il laico è
colui che tra Chiesa e Stato sente di dover erigere, come diceva
Thomas Jefferson, un alto «muro di separazione»: per
proteggere sia la sovranità legiferante del popolo, sia le
religioni [...]. Il muro di Jefferson in Italia è in permanenza
fatiscente anche se esiste nella sua Costituzione
e questo origina cronici disordini e lalternarsi continuo
di ingerenze e di contestazioni anti-papaline.
Queste ultime sono state definite malate, ma non meno malate sono
state le ingerenze negli ultimi anni: lintera spirale necessita
guarigione e correzione. Il chiaro muro divisorio non esisteva nemmeno
nella Spagna di Franco, nel Portogallo di Salazar, e quella malattia
ha prodotto la reazione di Zapatero e le sue misure di riordino
e separazione laica.
In Italia siamo a un bivio simile, anche se con impressionante ritardo.
È come se nella nostra Chiesa permanesse ancora il modello
franchista spagnolo, come se il pensiero di cattolici come Rosmini
e Maritain non avesse mai messo radice. Come se non ci fossero stati
il Concilio Vaticano II e Paolo VI, difensore della laicità
di Maritain contro gli integralisti del Vaticano. Come se fosse
ancora vivo e forte il partito romano che per decenni,
da dentro la Chiesa, cercò di suscitare uno Stato etico cristiano
in Italia e mai si conciliò con papa Montini e la Dc autonoma
di De Gasperi. Lepisodio della Sapienza non è caduto
dal cielo, e non rendersene conto significa che una certa imprudentia
politica sta diventando la caratteristica del Pontefice.
Barbara Spinelli
La Stampa
Il 10 febbraio del
fatidico 1968 moriva Mario Pannunzio, il fondatore del Mondo, uno
degli eroi di quellItalia civile che in quei giorni stava
per soccombere allestremismo. Proprio per questo apprendiamo
con gioia che a Torino la sua figura verrà rievocata con
una prestigiosa lectio magistralis. Affidata, indovinate a chi?
A Marcello Pera, ex presidente del Senato. Sarà interessante
capire in cosa si senta affine al liberale anticoncordatario Pannunzio
un laico pentito, anzi un ateo devoto, che ai caffè di via
Veneto con tutti quei mangiapreti preferisce gli angelus in Piazza
San Pietro. A maggior ragione siamo curiosi di ascoltarlo, e invitiamo
fin dora i vari atei militanti alla Odifreddi e i collettivi
studenteschi a non cercare di chiudergli la bocca. Sarebbe un boomerang.
Il senatore, già seconda carica dello Stato, forte dei libri
scritti con Ratzinger, da tempo aspira a una posizione equivalente
in Vaticano. Se mai fosse accomunato al Papa nellaggressione
da parte dei biechi laicisti, potrebbe alzare la mira e puntare
direttamente al Sacro Soglio.
Riccardo Chiaberge
Il Sole-24 Ore
Abbiamo celebrato
in Senato il senatore, lo storico, il fervido credente Pietro Scoppola,
da poco scomparso, alla presenza di molti cattolici che hanno condiviso
il suo pensiero e la sua fede e si propongono di continuare nellimpegno
da lui auspicato. Scoppola aveva scavato a fondo nella storia dei
cattolici italiani e nellatteggiamento di volta in volta assunto
dalla gerarchia e dal magistero papale. Distingueva il popolo di
Dio dalla gerarchia; sosteneva che la gerarchia è al servizio
del popolo di Dio e non viceversa.
Mi ha fatto molto senso vedere, proprio alla vigilia del mancato
intervento del Papa alla Sapienza, la messa celebrata da Benedetto
XVI nella Sistina col vecchio rito liturgico rinverdito a testimoniare
la curva ad U rispetto al Concilio Vaticano II: il Papa con la schiena
rivolta ai fedeli e la messa celebrata in latino.
Qual è il senso di questa scelta regressiva se non quello
di ribadire che il mistero della trasformazione del vino e del pane
in sangue e carne di Gesù Cristo viene amministrato dal celebrante
senza che i fedeli possano seguire con gli occhi e in una lingua
sconosciuta ai più? Il senso è chiarissimo: lintermediazione
dei sacerdoti non può essere sorpassata da un rapporto diretto
tra i fedeli e Dio. Il laicato cattolico è agli ordini della
gerarchia e non viceversa. Lo spazio pubblico è fruito dalla
gerarchia e paradosso dei paradossi dagli atei devoti
che hanno come fine dichiarato quello di utilizzare politicamente
la Chiesa.
Eugenio Scalfari
la Repubblica

Come mai il laico
Montanelli e tanti cattolici finirono dalla stessa parte? È
che si ritrovarono, entrambi, a seguire la ragione: la quale faceva
facilmente prevedere il fallimento delle utopie anni Settanta.
Anche oggi è una questione di ragione, non daltro.
È la ragione che ci fa stare con il Papa. Non solo per la
brutta storia della Sapienza. Più in generale, avvertiamo
un clima di ostilità, quando non di odio, che sta montando
nei confronti del cristianesimo. Chi ha silenziato Ratzinger in
nome della razionalità non avrebbe esitato a
dar viceversa fiato e trombe a qualche imam fanatico e fondamentalista,
in asservimento alla logica secondo la quale il nemico del mio nemico
è mio amico. Per questo abbiamo scritto che il laicismo non
è anticlericale, ma anticristiano.
Michele Brambilla
Il Giornale
Spedito linvito, e
accettato, lincontro si doveva fare senzaltro. Per gli
studenti sarebbe stata loccasione particolare di ascoltare
direttamente le parole di un Papa che ha passato anni dentro lUniversità,
e che resta professore anche da Pontefice. I docenti avrebbero avuto
la possibilità di interloquire, di fissare e ribadire i punti
fermi dellautonomia dellinsegnamento e della libertà
di ricerca, se lo ritenevano opportuno e ne sentivano il bisogno.
Il risultato sarebbe stato un confronto di opinioni pubblico e trasparente,
di cui non si capisce come si possa aver timore, soprattutto se
si è persone di cultura e si deve testimoniare la civiltà
italiana ed europea di cui le Università sono parte
costituente e limportanza di un confronto di idee,
prima ancora di ogni specifico sapere e di ogni scientifica conoscenza.
Limpressione è appunto quella di un cortocircuito,
dove il gesto ha prevalso sul pensiero, una malintesa idea di autonomia
si è stravolta in divieto, la libertà della scienza
ha cozzato malamente contro la libertà di parola e la laicità
si è ridotta ad una cupa caricatura di se stessa, preoccupandosi
di limitare e restringere il perimetro dellespressione invece
di ampliarlo, garantendolo per tutti [...].
Lunica spiegazione possibile di questa prevalenza dellirrazionale
in una delle sedi proprie della ragione è la confusione italiana
di oggi.
Ezio Mauro
la Repubblica
Il Pontefice sembra
proporre Gesù Cristo e la fede cristiano-cattolica
come uno dei percorsi buoni [...] per «trovare la via verso
il Futuro» [...]. Non vuole imporre, ma consiglia. Auspica,
non ordina. Aiuta, non costringe. Alla fine, ci vorrebbe tutti uniti
e con un unico, augurabile obiettivo comune: la famosa verità.
Perché, allora, mi chiedo da laico [...], Ratzinger agisce
in modo oppositivo rispetto a ciò che dice? Perché
la sua assenza di aperture, i suoi no, i suoi divieti in materia
di procreazione, di sacerdozio alle donne, le sue scomuniche? Perché
la capacità di togliere di mezzo certe concessioni
popolari fatte dal Concilio Vaticano II, vedi la posizione del sacerdote
sullaltare durante la Messa e luso degli idiomi nazionali
al posto dellanacronistico latino?
Dario Fo
Il Messaggero

Il secolo breve
ci ha mostrato con dovizia di prove che lideologia, dove è
stata al potere, ha sistematicamente calpestato la dignità
di chi la pensava diversamente, imponendo unomologazione del
sapere che non brilla certo come merito dei compiacenti maestri
di pensiero di volta in volta funzionali al potere.
Eravamo convinti che un simile uso distorto della conoscenza appartenesse
al passato: i fatti mostrano che non è così, che rigurgiti
ideologici continuano a fermentare, che la libertà critica
è una conquista da realizzare sempre di nuovo. Di fronte
a quanto avvenuto, loscurantismo vero è di chi ha ispirato
la protesta e di chi lha cavalcata.
Mons. Bruno Forte
Il Messaggero
Lingerenza vaticana
[...] non è solo culturale, spirituale, mediatica: è
politica. È un potere di veto che si esercita sui partiti
e sul Parlamento repubblicano. È la pretesa non di partecipare
alla discussione, ma di dettarne i confini invalicabili. Quando
si obietta su Darwin e il darwinismo non si fa certo soltanto una
discussione accademica: si pretende (prima o poi accadrà
anche qui da noi) che i programmi scolastici mettano sullo stesso
piano la teoria dellevoluzione e il creazionismo. Quando si
dibatte sui limiti della scienza, la sua non univocità
e i suoi pericoli [...], se ne conclude che lunica soluzione
è quella di sottomettere la scienza medesima alle direttive
della Chiesa, cioè delle gerarchie ecclesiastiche. E quando
(quasi ogni giorno) si esalta la famiglia naturale,
si ribadisce la natura peccaminosa dellomosessualità,
del lesbismo e di tutti gli orientamenti sessuali diversi da quelli
maggioritari, o si mette sotto accusa laborto, non si fa soltanto
una predica: si bloccano leggi, si negano diritti e libertà,
si criminalizzano vissuti. Tutto questo accade perché la
Chiesa cattolica, questo papato, hanno scelto, per contrastare la
secolarizzazione galoppante dellOccidente, la strada della
forza politica neo-temporale la faccia, simoniaca, razionalistica
del cattolicesimo, quella che qualche secolo fa produsse la Riforma
e spaccò il mondo cristiano, quella che ora punta a riempire
di forza (e di prepotenza) il vuoto dei valori, quella che sfrutta
la crisi dellidea di progresso per voltare allindietro
lorologio della storia.
Rina Gagliardi
Liberazione
Gli oscurantisti sono
loro, non il Papa. Gente incapace per formazione culturale e politica
di rispettare altre idee allinfuori delle loro, ammesso ne
abbiano una oltre allanticlericalismo ottocentesco. Lepisodio
dintolleranza contro il Pontefice conferma che il Sessantotto,
di cui ricorre il quarantesimo anniversario, non è finito,
e che fra studenti e professori continua unalleanza avversa
al liberalismo, al confronto delle opinioni [...]. È davvero
tutto incomprensibile. Dalle nostre parti non si nega il microfono
ad alcuno: intervengono prostitute, criminali, lazzaroni impenitenti,
rivoluzionari e disubbidienti, terroristi, ex brigatisti, assassini
e balordi dogni tipo. Tutti, eccetto il Papa. Il quale, se
proferisce verbo, come minimo viene accusato di ingerenza, e se
viene invitato alla Sapienza è costretto a non accettare
per schivare i rigori della censura laica, democratica e antifascista.
Scusate. Ci sarebbe perfino da ridere se non fossimo paralizzati
dalla vergogna. Il rogo viene riacceso dagli eretici e dai miscredenti
per bruciare il Pontefice. Paradossale.
Quasi quasi mi dimetto da ateo.
Vittorio Feltri
Libero
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