Quando il timore principale
riguardava
la deflazione,
la Federal Reserve non ha esitato
ad assicurarsi tagliando i tassi in modo aggressivo.
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La domanda di fondo anche per gli europei, oltre che per gli americani,
è: che cosa succederà alleconomia statunitense
nel 2006? I prossimi mesi saranno cruciali per capire se il presidente
della Federal Reserve, Alan Greenspan, lascerà al suo successore,
Ben Bernanke, una situazione florida oppure un groviglio di problemi.
Molto dipenderà dallinflazione. A settembre lindice
dei prezzi al consumo è cresciuto del 4,7 per cento rispetto
a un anno prima. Davvero troppo, per qualunque banchiere centrale.
Ma la causa principale è stato lo shock petrolifero. Linflazione
core, vale a dire depurata dei prezzi più volatili, come
energia e beni alimentari, in realtà è ferma al 2
per cento. Una differenza così grande tra queste due misure
di inflazione è eccezionale e non può durare. La forbice
tra i due indicatori dovrà chiudersi, una volta o laltra.
Ma in che modo? La risposta a questa domanda è fondamentale
per capire che cosa ci aspetta, o quanto meno per tentare di interpretare
gli scenari futuri.
Quella più probabile (e più scontata dai mercati finanziari)
è che lindice generale dei prezzi al consumo rallenterà
verso valori accettabili. In questo caso, la Federal Reserve continuerà
il graduale aumento dei tassi, portando il tasso di riferimento
dal 4 per cento attuale entro il 4,5 o il 4,75 per cento verso i
primi mesi del 2006. A questo livello, la politica monetaria avrà
raggiunto una posizione di neutralità; cioè non sarà
né fonte di stimoli né di freni per la crescita delleconomia
americana. Ma poi, che cosa farà? La risposta è difficile
e dipenderà dallevoluzione congiunturale. Se, comè
probabile, leconomia sarà in una situazione di pieno
impiego e crescerà secondo il suo potenziale del 3-3,5 per
cento, con uninflazione attorno al 2-3 per cento, Greenspan
sarà ricordato come il miglior banchiere centrale dei nostri
tempi.

Nello scenario alternativo, la forbice tra i due indicatori di
inflazione si chiuderà con unaccelerazione dellinflazione
core. In questo caso, i tassi di politica monetaria dovranno salire
decisamente al di sopra del 4,5 per cento oggi scontato dai mercati.
Ciò renderà più vulnerabile leconomia
americana. Le famiglie sono molto indebitate a fronte di una ricchezza
immobiliare forse gonfiata da una bolla speculativa.
Leventuale scoppio di questa bolla potrebbe far
precipitare leconomia statunitense in una fase di recessione.
Anche senza questa ipotesi estrema, una politica monetaria davvero
restrittiva costringerebbe leconomia a rallentare sotto il
suo tasso di crescita potenziale. Le ripercussioni sul resto del
mondo, dai mercati emergenti allEuropa, e sullo stesso dollaro,
non tarderebbero a farsi sentire pesantemente.
Oggi non si vedono ancora segnali di accelerazione dellinflazione.
Ma per valutare correttamente levolversi della situazione
bisogna tener conto di un punto obiettivamente cruciale. La Federal
Reserve guarderà avanti, reagirà ai rischi, senza
aspettare di vedere dati certi e univoci. Una delle più importanti
innovazioni di Greenspan è stata quella di impostare la politica
monetaria in base al principio della gestione dei rischi. Questo
vuol dire giocare danticipo, consapevoli che cè
la possibilità di sbagliare, pur di ridurre lesposizione
a pericoli giù gravi.
Quando il timore principale riguardava la deflazione, la Federal
Reserve non ha esitato ad assicurarsi tagliando i tassi
in modo aggressivo. In questi giorni, la situazione è opposta.
La disoccupazione americana è al 5 per cento, ed è
estremamente difficile che possa scendere ancora. Da metà
2003 leconomia americana cresce sopra il 3,5 per cento. La
fiducia delle imprese è molto prossima ai maggiori livelli,
nonostante gli uragani nel Golfo del Messico. Sarebbe davvero un
guaio scoprire che la politica monetaria è in ritardo nella
lotta allinflazione.
Una volta che il processo inflazionistico ha iniziato a influire
sui salari e sulle aspettative, è molto più difficile
da arrestare. Per evitare di finire in questa trappola, la politica
monetaria americana correrà qualche pericolo in più
sul fronte opposto. Quindi, difficilmente laumento dei tassi
subirà una pausa prima di aver raggiunto il livello neutrale
intorno al 4,5 per cento. E uno scenario anche solo incerto e appena
abbozzato di ripresa dellinflazione porterà a una stretta
di politica monetaria superiore rispetto a quella oggi scontata
dai mercati finanziari.
Lultima riunione della Federal Reserve presieduta da Greenspan
è stata quella del 31 gennaio 2006. Poteva essere il momento
rivelatore per scoprire che cosa ci aspetterà nel resto dellanno,
perché proprio in quella circostanza avremmo potuto intuire
se fosse terminato il ciclo di rialzo dei tassi o se Bernanke, al
posto di uneredità doro, dovesse rischiare di
mandare leconomia in recessione, pur di evitare il riaccendersi
dellinflazione. Ma tutto questo non si è verificato,
e siamo ancora tutti, americani ed europei, col fiato sospeso. La
transizione soft ha rinviato gli scenari chiarificatori. Dovremo
attendere la scadenza del primo trimestre, e le reazioni successive,
che non dovrebbero valicare la fine di aprile e i primi quindici
giorni del mese di maggio. Quella dovrà essere, una volta
per tutte, lora della verità.
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