Porto Badisco
e le sue pitture
miracolose poco
o nulla hanno da invidiare alle più celebri grotte
francesi di Chauvet e di Lescaux o a quella spagnola di
Altamira.
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Ci sarà il giorno delle Grotte di Porto Badisco, e magari
si prenderanno in considerazione anche le Tebaidi bizantine e le
testimonianze della civiltà di grotta della Puglia centrale,
o la stessa Foresta Umbra che tanto comune poi non è, ma
per ora a far parte del patrimonio dellumanità sono
entrate Siracusa e le Necropoli di Pantalica, sicché lItalia
conserva il suo primato di Paese più ricco di cultura al
mondo. Infatti, nellannuale incontro che di recente si è
svolto a Durban, in Sudafrica, il Comitato del Patrimonio mondiale
ha preso in esame le numerosissime richieste avanzate da quarantadue
Paesi, e ha scelto alcuni siti, culturali e naturali, che hanno
arricchito la lista delle aree e dei luoghi da proteggere come beni
planetari.
La tutela dellambiente e la salvaguardia dei beni culturali
sono diventati col passare degli anni la più nota attività
dellUnesco e liscrizione nel patrimonio mondiale è
oramai un simbolo ricercatissimo, dal momento che offre rinomanza
e attrae presenze turistiche. Nata nel 1972, la Convenzione per
il patrimonio mondiale si è rivelata uno strumento indispensabile,
comè stato scritto, «se non altro perché
la dichiarazione di pericolo per certi siti ha consentito il loro
salvataggio grazie alla mobilitazione internazionale». La
specificità di questa iniziativa dellUnesco consiste
infatti nel negare il carattere nazionale dei beni iscritti: «Quel
che rende eccezionale il concetto di patrimonio mondiale è
la sua applicazione universale. I siti del patrimonio appartengono
a tutti i popoli del mondo, senza tener conto del territorio sul
quale sono dislocati».

È sulla base di questa filosofia che ogni anno vengono esaminate
le candidature provenienti da ogni angolo del pianeta. E il primato
dellItalia non sorprende: quaranta siti iscritti, vale a dire
la maggior parte delle città darte, ma anche le Cinque
Terre, la Val dOrcia, le Eolie, le residenze dei Savoia, i
trulli, la costa amalfitana e tanti altri luoghi. Lultimo
inserimento, quello di Siracusa, era quasi dovuto, come del resto
ricorda la motivazione: «Liscrizione si giustifica in
quanto la colonia di Siracusa, che occupò il territorio dove
si era precedentemente sviluppata la civiltà preistorica
di Pantalica, divenne presto il più importante centro della
cultura greca del Mediterraneo, primeggiando anche sulle rivali
Cartagine e Atene».
Il Comitato sottolinea anche lunicità della metropoli
siciliana: «La stratificazione umana, culturale, architettonica
e artistica che caratterizza larea di Siracusa dimostra come
non ci siano esempi analoghi nella storia del Mediterraneo, che
pure è caratterizzato da una grande diversità culturale:
dallantichità greca al barocco la città è
un significativo esempio di un bene di eccezionale valore universale».
Riconoscimento migliore non poteva esserci per le cinque Siracuse
(Epipoli, Neapoli, Acradina, Tiche e Ortigia) che concorrono a formare
una delle più complesse e nobili polis dellantichità.
Salgono così a cinque i siti siciliani iscritti nel patrimonio
mondiale, un numero cospicuo, superato soltanto dalla regione toscana.
Il nostro Paese consolida il proprio primato, seguito a ruota dalla
Spagna e dalla Francia. Nella stessa circostanza il Comitato ha
iscritto una dozzina di siti culturali e la scelta dimostra la varietà
e lattenzione ai diversi aspetti della civiltà umana:
il centro storico di Macao, in Cina; il centro di Le Havre ricostruito
dopo il secondo conflitto mondiale; le torri campanarie del Nord
della Francia; il Limes romano, vale a dire i 550 chilometri di
antiche fortificazioni dal Reno al Danubio, la cui costruzione fu
decisa dallimperatore Domiziano; il museo Plantin-Moretus
di Anversa, splendida testimonianza sulla storia della tipografia
e delledizione; la Vredefort Dome, in Sudafrica, enorme cratere
con il più grande impatto di meteorite; larea egiziana
del Wadi al-Hitan, con il fossile di un cetaceo risalente al Paleogene;
la Penisola di Shiretoko, in Giappone, che ospita moltissime specie
sia marine sia terrestri; i fiordi norvegesi Geiragerfjord e Naeroyfjord,
che sono fra i più lunghi del pianeta; le 244 isole del Golfo
della California, dove vivono 695 specie di piante; il panamense
Parco nazionale di Coiba, ultimo rifugio di alcuni animali che sono
in via di estinzione.
Sono i nuovi arrivati, che confluiscono nel numero dei siti
simbolici, quali sono ritenuti i Lungosenna di Parigi, sui
quali si affacciano il Louvre, Notre-Dame e la Torre Eiffel: uno
dei trentotto siti spagnoli, quello di Granada, con Alhambra, Generalife
e Albaicin; la città vecchia di Gerusalemme; i monumenti
storici dellantica città di Kyoto.

Per quel che riguarda specificamente lItalia, i quaranta
siti sono stati selezionati in date diverse, ma sempre con motivazioni
di alto contenuto storico e artistico. Li enumeriamo percorrendo
idealmente la Penisola da Nord a Sud: Arte rupestre della Val Camonica
(il nostro primo sito riconosciuto, nel lontano 1979); i Sacri Monti
del Piemonte e della Lombardia; lInsediamento Industriale
di Crespi dAdda; le Residenze sabaude in Piemonte; Santa Maria
delle Grazie e il Cenacolo leonardesco a Milano; la città
di Verona; Vicenza, città del Palladio; lOrto Botanico
di Padova; la Zona archeologica e la Basilica di Aquileia; Venezia
e la sua Laguna; la Cattedrale, la Torre Civica e Piazza Grande
di Modena; il Centro storico di Ferrara; i Monumenti Paleocristiani
di Ravenna; il Centro storico di Urbino; il Centro storico di Siena;
il Centro storico di Firenze; le Cinque Terre e le Isole; il Centro
storico di Pienza; Piazza del Duomo a Pisa; il Centro storico di
San Gimignano; la Val dOrcia; Assisi, la Basilica di San Francesco
e altri siti francescani; la Necropoli di Cerveteri e quella di
Tarquinia; il Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali
della Santa Sede e San Paolo Fuori le Mura; Villa Adriana a Tivoli;
Villa dEste a Tivoli; Villaggio Nuragico Sardo di Barumini;
Reggia di Caserta, il Parco, lAcquedotto Vanvitelli e il complesso
di San Leucio; Aree Archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata;
Parco Nazionale del Cilento; il Centro storico di Napoli; la Costiera
Amalfitana; i Trulli di Alberobello; Castel del Monte; i Sassi di
Matera; le Isole Eolie; le Città barocche della Val di Noto;
Enna, Piazza Armerina e la Villa del Casale; lArea archeologica
di Agrigento; ultima arrivata, Siracusa. In lista dattesa,
decine e decine di altri siti italiani, tra i quali non sfigurerebbero
almeno la Città Vecchia e la Cattedrale di Otranto, larea
dei Templi di Paestum, il sito aquilano di Santa Maria di Collemaggio,
quello garganico di Monte SantAngelo, quelli calabresi dellAbbazia
di Padula, di Pizzo e della polis di Sibari...
Porto Badisco e le sue pitture miracolose, dicevamo allinizio.
Che poco o nulla hanno da invidiare, secondo noi, alla più
celebre grotta di Chauvet (Ardeche, Francia) e ai suoi raffinati
e moderni dipinti risalenti a 32 mila anni fa; o a quella
di Altamira (Cantabria, Spagna), con i dipinti che risalgono a 13.500
anni fa; o infine a quella di Lescaux (in Dordogna, sempre in Francia),
probabilmente la più celebre di tutte, con i suoi dipinti
di 16 mila anni fa. Ma la preistoria italiana ci proietta altre
immagini, ultime quelle in una caverna-accampamento sui monti Lessini,
a circa quindici chilometri da Verona: vi visse una comunità
di uomini e di donne, raccolta attorno al fuoco, 34 mila anni fa.
Sotto quel che rimane della volta, grazie allaccurato lavoro
dei nostri archeologi, ora è possibile vedere i grandi focolari
circondati di pietre, le zone dove i cacciatori si sedevano e scheggiavano
le selci, dove uccidevano e squartavano gli animali, dove dormivano
e gettavano i rifiuti e accumulavano conchiglie per farne delle
collane. E in questo scenario remoto si è scoperto qualcosa
che nemmeno i più ottimisti avrebbero potuto aspettarsi:
le più antiche pitture del mondo!
Si tratta di cinque schegge di pietra dipinte con figure diverse,
tra le quali spicca limmagine di un personaggio con una maschera
cornuta che lo fa straordinariamente somigliare a un Minotauro;
unaltra pietra presenta un piccolo animale dal corpo allungato
con coda opulenta, che ricorda una donnola; altre pietre presentano
tre frammenti di figure ormai indecifrabili: schegge che in epoca
antica si staccarono dalla volta dipinta della caverna e che vennero
sepolte dagli strati di successivi insediamenti. Un incidente provvidenziale,
perché oggi sul soffitto della caverna non cè
più alcuna traccia di pitture. Le uniche immagini scampate
alla distruzione sono proprio quelle dipinte con ocra rossa sulle
scaglie di pietra finite sul pavimento e conservatesi grazie a un
velo di calcare che in un certo senso ha fissato il
colore.
Le pietre con le pitture si trovavano sotto il livello dei carboni
prodotti dalla legna bruciata, dunque dovrebbero essere coeve o
anche un poco più antiche: la datazione colloca i dipinti
di Fumane (nome esatto della località di rinvenimento) nella
fase culturale detta Aurignaziano, la prima in cui compaiono sia
lHomo sapiens sapiens (che è come dire uomini come
noi), sia le più antiche testimonianze artistiche del pianeta,
dal momento che altre testimonianze pittoriche dello stesso periodo
sono risultate in effetti un poco più recenti.
Gli scavi nel sito, comunque, procedono. Si vuole scoprire che cosa
cè più giù, oltre lo strato dei 34-32
mila anni fa. La storia si rivela: abbandonata per un certo periodo,
la grotta era stata già frequentata dalluomo di Neanderthal,
che per migliaia di generazioni vi era tornato a rifugiarsi per
il periodo della caccia. Siamo a 80 mila anni fa, come testimoniano
le selci scheggiate che sono state abbandonate da progenitori che
precedettero coloro i quali li sostituirono, inventando per di più
la prima arte.
Storia conclusa? Proprio per nulla: si sta scavando dietro un muro
nella parte più interna della grotta, dove si ritiene che
ci sia un altro pezzo di accampamento cosparso di pietre e di ossa
di animali. E chissà che anche questarea non debba
riservare altre sorprese da consegnare al nostro, che è il
Paese con il più opulento (e spesso per tanti versi bistrattato)
patrimonio artistico del mondo.
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