Insomma: quale futuro ci aspetta? Ci sarà
un Grande Agguato della Storia, e come si presenterà? E chi
farà la prima mossa? E dopo Armageddon chi sopravviverà?
|
|
Nuda contabilità vuole che si ricordino le cifre. Dopo gli
attentati dell11 settembre 2001 a New York 2.978 vittime,
secondo i dati ufficiali il terrorismo di matrice islamica
è tornato a colpire più volte. Il 12 ottobre 2002,
con 202 morti, in maggioranza turisti australiani, in due attentati
a Kuta Beach, la zona delle discoteche di Bali, in Indonesia. Il
23 ottobre 2002 terroristi ceceni assaltano il teatro Dubrovka di
Mosca e prendono in ostaggio un migliaio di persone: tre giorni
dopo, nellassalto degli spetsnaz, le forze speciali
russe, muoiono 129 ostaggi e 41 terroristi. Il 15 dicembre 2003,
alcune bombe in due sinagoghe e in un edificio che ospita uffici
britannici ad Ankara (Turchia) causano 20 morti e 257 feriti. L11
marzo 2004, esplosioni a catena nelle stazioni ferroviarie di Madrid
provocano 191 morti e 2.062 feriti.

Il primo settembre 2004 terroristi ceceni sequestrano più
di 400 persone nella scuola di Beslan (Ossezia del Nord, Russia):
nel blitz delle forze di sicurezza russe, due giorni dopo, perdono
la vita più di 330 ostaggi, molti dei quali bambini. Il 7
ottobre dello stesso anno, in un attentato allhotel Hilton
di Taba (Egitto) muoiono 34 persone, tra le quali due ragazze italiane.
Infine si è fatta la conta dei morti londinesi, mentre civiltà
della comunicazione britannica ha imposto che, in spregio agli attentatori,
numeri e toni fossero asciutti (i primi) e non enfatizzati (i secondi).
Nulla di tutto questo dichiaravano concordi maggioranza e
opposizione in Parlamento e la stessa regina Elisabetta a Westminster
farà cambiare i nostri modelli di vita. Dio ama la
vita che ha creato, e non la morte, riecheggiava Papa Ratzinger
dal Vaticano. Poco dopo, da Sharm el Sheikh, sopraggiungeva leco
di una strage destinata a colpire «sionisti e nazareni».
Lipocrisia farisaica che, di volta in volta, cioè attentato
e strage dopo attentato e strage, ci aveva indotto a proclamarci
tutti newyorchesi, poi madrileni, poi londinesi, poi cairoti, si
era immediatamente trasformata, per partenogenesi del pensiero (?!)
debole, in sottili analisi, in ambigui distinguo, infine in condanne
unidirezionali che riguardavano lAmerica innanzitutto
e un indefinito Occidente in battuta simultanea, poi gli
anglosassoni, poi gli italiani con Berlusconi e i suoi accoliti,
poi lImpero e i suoi lacchè, poi le strategie anti-Kyoto,
poi lAfrica derelitta e il Terzo e Quarto mondo malati di
colera, di malaria e di Aids, e quantaltro rimastica da decenni
gli stessi argomenti e ripropone con staliniana determinazione temi
e problemi una componente ideologica tardo-imperiale francese, e
insieme vetero-leninista italiana, neo-giacobina iberica, vacuo-agnostica
fiamminga... Tutta roba che lOccidente (americano ed europeo)
semmai ha ereditato (dai democratici di Kennedy, ad esempio, quelli
dellescalation della guerra in Vietnam; dai governi che precedettero
la Thatcher, nel Regno Unito; da quelli di centro-sinistra, dalle
nostre parti) più che creato.

Ora, si può dire tutto il male che si vuole degli Stati
Uniti, tranne che non ci abbiano dato e poi garantito la libertà,
e che non siano intervenuti in aree di crisi anche al posto di unEuropa
squallidamente pigra e piagnona; e di Blair, quello che ha fatto
un discorso alla Churchill dopo le stragi londinesi, tranne che
non abbia fatto scelte chiare, al punto daver coinvolto anche
il consenso dellopposizione; e dei nostri si può dire
tutto il bene che si vuole, tranne che questo disgraziatissimo Paese
disponga di una moderna classe dirigente, dotata di progettualità
al passo con i tempi, di visione di sviluppo in tempi medi o medio-lunghi,
del coraggio delle riforme, o infine di una capacità predittiva
che non sia fondata da una parte e dallaltra
su elucubrazioni cabalistiche o su espedienti politici economici
sindacali sociali culturali di minimo cabotaggio.
Questi sono i tempi. E questi i personaggi alla ribalta. E non ci
si venga a dire che dobbiamo rimpiangere quel che potevamo essere
e non siamo stati, perché in fatto di mancati appuntamenti
con la storia è stracolma la storia italiana. Siamo stati
ammirati dal mondo soltanto in due circostanze: al tempo di Giolitti,
quando fu impetuoso uno sviluppo industriale, malgrado le vessazioni
cui fu sottoposto il Sud, e comunque prima che lindustria
privata italiana privatizzasse appunto i profitti
e socializzasse le perdite; e tra la fine degli anni Cinquanta e
linizio dei Sessanta del secolo scorso, quando miriametri
di fasci muscolari meridionali utilizzati al Nord sottocosto determinarono
il boom che poi non seppe trasformarsi in sviluppo di lungo periodo,
grazie alla miopia politico-industriale e finanziario-sociale degli
anni successivi.
Centra, tutto questo, con gli attentati degli estremisti islamici?
Centra, eccome, per il tipo di reazione che da noi si innesca
con costante pervicacia in ogni tragica circostanza. Gli estemporanei
italo-newyorkesi, italo-madrileni, italo-londinesi, italo-cairoti,
dopo il breve spazio dun mattino, tornano ad essere solo e
cinicamente italiani, intellighenzia onanisticamente impegnata nella
violenza pacifista, nella violenza terzomondista, nella violenza
e basta, con limmancabile partecipazione di Signorini Grandi
Firme, quelli che tirano molte paghe per il lesso dalle università,
dai quotidiani, dalle televisioni, dai CdA di grandi banche e grandi
imprese, dalle catene di montaggio di meeting e convegni e dibattiti
e altri monodialoghi per la splendida sopravvivenza dei soliti tuttologhi...

Storcendo il naso, qualcuno si strappa le vesti perché i
giovani si vanno sempre più allontanando dalla politica.
Meglio farebbe a riconoscere che si vanno allontanando da questa
politica. Dalla sua ambiguità gattopardesca. Dalla malafede
dellabbandono dellimpegno riformatore. Dalla debolezza
della risposta, per spirito rinunciatario, alle strategie di logoramento
dentro e oltre i confini della Penisola. Dallo spirito di resa che
aleggia sinistramente sotto i cieli italiani, dove anime bieche
e anime cieche come il vento si dilaniano in nome del nulla. Dalla
incapacità di alzare il tono del confronto, per latitanza
di idee, per sudditanza ad arcaiche satrapie ideologiche, per la
sterilità di iniziative minate in partenza dalla nostra vocazione
alla compromissione, al sotterfugio, al patto col diavolo.
È su questo vuoto che si edificano i colonialismi culturali
e religiosi. È negli spazi progressivamente abbandonati che
si possono realizzare sacche di predominio che un giorno perfezioneranno
il progetto complessivo. Chiamano tutto questo democrazia, quelli
che di Tocqueville e Pareto hanno sentito vagamente riecheggiare
il nome, o li hanno scorsi di straforo leggendo i bignamini
ad uso degli esami complementari nelle familistiche università
italiane.
Da molti di costoro (politici, figli adottivi di politici; docenti,
figli e nipoti di docenti; imprenditori politicizzati, figli protetti
dello Stato assistenziale; baroni, eredi incontrastati di baronie
varie; intoccabili speculatori e portaborse, procacciatori di ricchezze
veloci in favore dei potenti di turno; e camurrie proseguendo) lOccidente
non è più amato: se mai lo è stato. Una volta,
sia pure per ragioni di parte, per via del marxismo (sebbene Marx
temesse più i marxisti che gli americani). Ma oggi, in nome
di che cosa? Ed è solo disamore in nome di una o più
ragioni, o non piuttosto odio (per chi? per che cosa?), soprattutto
espresso da sedicenti maîtres à penser
frustrati dalla propria inettitudine, e cultura approssimata, e
disponibilità servile disattesa da chi bene o male conta,
o infine presa di coscienza della propria nullità e inconsistenza
di pensiero? È lauspicio (conscio o inconscio) di un
gigantesco autodafé, per un rimorso che annichilisce, per
il negazionismo di unidentità non perseguita o non
raggiunta, e dunque del rifiuto di una Storia e di una Cultura come
preludio alla fine del Maledetto Occidente?
Se è vero che leconomia presiede alla politica, siamo
già a buon punto. Lentamente, ma inesorabilmente, sembra
tramontare il Continente Nuovo, mentre risorgono antiche (pur se
non più nobili) civiltà: quella cinese, quella indiana.
Esse riprenderanno, prima o poi, il cammino in sintonia con il corso
del sole. Il Grande Vuoto lasciato dal Nord (America, Russia, superpotenze;
Scandinavie isolazioniste; Arroganti-Francie, Neo-Prussie, Flemmatiche-Britannie,
Turbolente-Iberie) sarà colmato da popoli che, da soli, rappresentano
forse più della metà della demografia planetaria.
Ma a Sud? Che cosa accadrà del Puzzle Musulmano-Arabo-Petrolifero?
Che sia in atto uno scontro di civiltà, e sia pure con violenza
unilaterale fomentata dalla componente fondamentalista islamica,
solo le anime belle possono negarlo. E non è, questo, un
Islam tornato allattacco. È un Islam che è sempre
stato allattacco. La violenza era nata già con Maometto,
che assalì una carovana di mille cammelli: il bottino servì
a finanziare la conquista di Medina. Proseguì con la decapitazione
(nella stessa Medina) degli uomini della tribù ebrea dei
Qurayza (da sei a novecento maschi: episodio narrato dal Corano),
che dovettero preventivamente scavarsi la fossa, mentre le donne
e i bambini furono venduti sul mercato degli schiavi. Poi furono
i mercanti dioula che, armati, diffusero lIslam nellAfrica
occidentale, al grido di «convertirsi o morire». Da
qui, il passaggio nellIberia fu un gioco da ragazzi. Mentre,
traversato il Deserto Arabico, e prese Damasco, Gerusalemme e Tiro,
i popoli furono convertiti con il Libro e con la scimitarra: si
penetrò nel ventre turcofono dellAsia, si assoggettarono
i popoli del sub-continente, fino al Pakistan e alle estreme Filippine
e Indonesia. Fatti fuori i cristiani, il sanguinoso scontro fu con
i buddhisti e gli induisti: uno scontro che perdura.
Oggi i maomettani rimpiangono la perdita della Spagna e della Sicilia,
ma sono convinti di poterle riconquistare grazie alla prolificità
delle loro donne e alla debolezza spirituale e culturale dellEuropa.
È la prospettiva dellEurabia, di cui ha scritto Oriana
Fallaci, accusata dai nostri Eccelsi Pensatori di «scagliare
corpi contundenti» con i suoi libri e i suoi saggi?
Cerchiamo di capire qualche cosa di più, leggendo il libro
Lumi dellIslam, nel quale nove intellettuali musulmani
parlano di libertà. Contiene «molte idee difficili
da mettere in pratica», come sostiene Paolo Mieli, ma vi è
anche più di uno spunto di grande interesse.
Dice lalgerino (nato in Arabia Saudita) Soheib Bencheikh che
è necessario liberare lIslam dal predominio della politica
da parte degli Stati e dei regimi che si legittimano grazie ad una
particolare versione dellIslam stesso, «spingendo così
i partiti politici avversari a utilizzare lo stesso canale, mentre
la posta in gioco è il potere temporale; e il popolo credente
diventa ostaggio di questo rilancio sullIslam tra partiti
politici di opposizione e regimi al potere che intendono farsi valere
attraverso la religione». Il sudanese Abdullhai An-Naim
porta ad esempio il caso del Senegal, la cui popolazione è
costituita al 90 per cento da musulmani e tuttavia ha raggiunto
elevati standard di democraticità nonché di tutela
dei diritti umani, «almeno a confronto della media dellAfrica
post-coloniale»: dimentica, questo autore, che primo e per
lungo tempo Presidente senegalese fu Léopold Sedar Senghor,
un cristiano; e poi lamenta che «oggi la democrazia, il secolarismo
e i diritti umani dei senegalesi sono messi a repentaglio dalla
progressiva affermazione di un Islam fondamentalista e conservatore».
E Navid Kermani, nato in Germania da una famiglia di origine iraniana,
sostiene che se i musulmani avranno la sensazione di una loro appartenenza
allEuropa si integreranno molto di più e si impegneranno
per la collettività. Si riaffaccia il relativismo culturale?
Proprio no, sostiene Kermani: «Al contrario, suggerisco che
lOccidente sia un po più occidentale e prenda
un po più sul serio i propri valori, in modo che la
convivenza con i musulmani possa procedere meglio». Capita
lantifona, Grandi Pensatori rinunciatari del Vecchio Continente?
E Tariq Ramadan contesta la tesi di Bassam Tibi che propone l«Euro-Islam»,
mentre Khaled Fouad Allam, collaboratore prezioso di questa rivista,
dice cose molto acute, come Tariq Ali, sulla democratizzazione del
mondo islamico. Che evidentemente democratico non è stato,
né è, fino a questo momento: nella speranza che nel
suo Dna non abbia la vocazione anti-democratica tout court.
Un interrogativo atroce ci toglie il sonno: dovremo dirci anche
noi, prima o poi, italo-torinesi o milanesi o veneziani o fiorentini
o romani o napoletani o palermitani o altro ancora? Cioè:
verrà, e quando, e dove, il giorno dellipocrisia nazionale,
perché farisaici come siamo daremo la colpa al governo del
momento, alla guerra esportata, allimperialismo che è
solo e sempre occidentale, alla povertà dei popoli oberati
dalla fame e dai debiti contratti con lestero, a queste e
ad altre perpetue solfe di chi nutre e secerne soltanto sterili
odii universalmente unilaterali? Continueremo a non aver (a non
voler avere) memoria non dico della storia, ma almeno della cronaca
che ha sporcato di sangue innocente il nostro mondo, assai prima
della presenza di truppe occidentali in Afghanistan e in Iraq? Ammetteremo
mai che la guerra asimmetrica non è nata con
le Torri Gemelle, ma quasi ventanni prima, dopo leccidio
di 300 soldati americani a Beirut, nel 1983, dopo il primo attacco
al World Trade Center, dopo lattacco a una nave americana
in acque emirali, dopo gli attacchi alle ambasciate statunitensi
in Africa, dopo lattacco con gli esplosivi nei sotterranei
delle Twin Towers, che precedettero quello con gli aerei passeggeri
penetrati come aculei sterminatori nei piani sensibili delle Torri
Gemelle?
Riconosceremo mai che la fame è oggettivamente inestinguibile,
e che semmai è aggravata dal fatto che i quattrini sborsati
dai cosiddetti Paesi ricchi in favore di quelli poveri vanno ad
impinguare in buona parte i conti correnti esteri dei dittatori
locali, e per unaltra parte sono spesi nellacquisto
di armi, con le quali questi arcinoti figuri continuano a sgovernare
i propri Paesi?
Rifletteremo sul fatto che i moderati, islamici o meno, non possono
aspettarsi tutto dallesterno, ma devono essi stessi per primi
cominciare ad isolare e poi espellere dal contesto civile i fondamentalisti
che producono le tossine più micidiali innanzitutto per il
mondo musulmano, e provocano oltreconfine reazioni più penalizzanti
quando esportano la violenza bruta e seminano la morte per le strade,
nelle piazze, nei luoghi nei quali transita, lavora, studia, insomma
vive il common people? La gente innocente? Le donne, i vecchi, i
bambini? Gli uomini stradali che vengono cancellati
dalla viltà e dallanti-pensiero del fondamentalismo
islamico?
Altra domanda: che cosa accadrà il giorno in cui dovesse
finire, o non essere più conveniente estrarre il petrolio?
Si crede davvero che lOccidente non avrà preso per
tempo misure vitali per la propria sopravvivenza, con fonti energetiche
alternative? E che fine faranno i Paesi produttori di greggio, molti
dei quali (Pakistan, Siria, Iran, la stessa Arabia Saudita) finanziano
o appoggiano il terrore? Che ne sarà di centinaia di milioni
di persone, le cui classi dirigenti sono abituate a comprare tutto
e a non produrre nulla? Emigreranno in massa verso le aree ricche
del Nord e dellOvest, che dovranno difendersi con le unghie
e con i denti, pena lestinzione? Insomma: quale futuro ci
aspetta? Ci sarà un Grande Agguato della Storia, e come si
presenterà? E chi farà la prima mossa? E dopo Armageddon
chi sopravviverà?
Se Toghe e Accademie e Fabbriche di Consenso e il Superfluo Mediatico
la smettessero di prendersela con le altrui isterie, si interrogassero
più attentamente e mutassero la loro condizione di talpe
cieche, in questo nostro Paese unico al mondo per presenza (e ascolto)
di ciompi e di lazzaroni, di sanfedisti e di palleschi, di piagnoni
e di finti giacobini, di logorroici Masanielli e di improbabili
Cola di Rienzo, di zeloti e di briganti fuori tempo massimo...
Mentre giriamo gli occhi da unaltra parte, fingendo di non
vedere la nostra tragica fragilità civile e culturale, nel
mondo carsicamente si va affermando un progetto terrificante: distruggere
le religioni, prime fra tutte quelle monoteiste, perché sarebbero
la causa di fondo dei conflitti, delle disuguaglianze, dellinfelicità
planetaria. Niente di tutto questo echeggia nelle chiese, nelle
sinagoghe, nelle moschee. Ciò non esclude che in segretissimi
recessi non se ne parli e discuta, senza però canali comunicanti
fra le tre religioni del Libro. Da qui il sostegno miliardario alle
sètte, intese come multireligioni alternative? Da qui tutta
la letteratura ad uso del popolo bue sul matrimonio di Cristo con
Maria di Magdala e sui loro figli che avrebbero dato origine alla
stirpe dei Merovingi? Da qui gli attacchi contro i cattolici, ad
opera dei musulmani e dei protestanti, oltre che degli ebrei? Da
qui altri colpi dariete che riguardano i cristiani?
Cè un libro (Contro il Cristianesimo. LOnu
e lUnione Europea come nuova ideologia, autrici due
donne, Lucetta Scaraffia ed Eugenia Roccella), molto documentato,
al punto da risultare sconvolgente. Vi si parla preliminarmente
della stagione commissariale europea del sedicente cattolico
adulto Romano Prodi, che colmò con i soldi di noi contribuenti
il buco di 34 milioni di dollari lasciato dagli Stati Uniti nel
finanziamento dellUnfpa, il fondo Onu per la Popolazione.
Al quale da un triennio il presidente americano non destina un cent
per protesta contro lOnu, appunto, che finanzia in Cina la
sterilizzazione femminile e maschile e laborto forzato dei
figli handicappati o in soprannumero.
Siamo di fronte al trionfo della religione dei diritti umani
che predica la separazione fra sessualità e procreazione:
Più che di un modello di comportamento sessuale diverso,
si tratta di una vera e propria utopia, perché si fonda sullidea
che gli esseri umani possano trovare la felicità nella realizzazione
dei propri desideri sessuali, senza limiti morali, biologici, sociali
e relazionali legati alla procreazione [...]. Limposizione
di questa utopia ai Paesi del Terzo Mondo sembra costituire lo scopo
principale dellattività di molte organizzazioni internazionali
[...]. A questa si affianca, anzi, ne è il logico complemento,
lutopia irenica di chi crede che solo labolizione delle
religioni soprattutto quelle monoteiste possa realizzare
la fine dei conflitti per lumanità .
Le autrici segnalano che nei centri iperattivi di questa ideologia
umanitarista, lOnu e lUe, sono scomparsi vocaboli come
madre e padre, sostituiti da progetto parentale o genitorialità,
così come uomo e donna sono sostituiti da genere,
in modo da annullare la differenza sessuale e la peculiarità
dei ruoli paterno e materno. La pianificazione familiare è
diventata il diritto riproduttivo; per evitare il termine
aborto si usa la sigla Igv (Interruzione
volontaria di gravidanza); il necessario per abortire diventa kit
per la salute riproduttiva; la pillola del giorno dopo è
ribattezzata contraccezione demergenza. E con
ampi dibattiti sugli alibi lessicali i frequentatori del Palazzo
di Vetro a New York e del Palazzo Braydel a Bruxelles perseguono
fermamente due scopi: sostenere lideologia anticristiana,
chiudere gli occhi al cospetto dei problemi che angustiano il mondo.
In che mani siamo finiti, noi e più ancora i nostri figli!
Cè lodio del kamikaze e cè il disagio
del moderato. Lodio è per il sistema democratico, liberale,
permissivo, corruttore, che anima il terrorista. Ma è anche
odio di sé, è il sentimento di essere (e forse rimanere)
solo parzialmente integrato nella società peccatrice
in cui è stato fatto nascere che spinge il giovane musulmano
a salvarsi, ricostruendosi nel martirio. In questa forma
di nichilismo assoluto, il Nord e lOvest sono nemici simbolici
perfetti. A ventiquattrore dallattacco a Londra del
7 luglio, la televisione dellAutorità Palestinese (largamente
foraggiata dallUnione europea) ha trasmesso al suo pubblico
la predica integrale dellimam Suleiman al-Satari, che lanciava
questo messaggio di odio: «Annientate gli infedeli e i politeisti.
America, Britannia, Spagna e gli ebrei si stanno unendo nel colpire
il popolo della verità. Che Allah li conti e li uccida sino
allultimo uomo, senza lasciarne in vita uno solo».
Scrive R.A. Segre: «In tutti i fondamentalismi cè
lesplosiva combinazione dellodio e dellamore.
La volontà di salvare se stessi nel sacrificio, ma anche
lavversario a cui, sia pure con la morte, si porta il messaggio
di verità. Credere di poter ammansire questi crociati
islamici attraverso un liberalismo cieco significa suicidarsi».
Il disagio è espresso da Khaled Fouad Allam: «Lopinione
pubblica non ci giudica sui nostri poeti e sui nostri filosofi,
ma ci giudica su coloro che [...], più crudeli della crudeltà
stessa, fomentano lodio, di fronte ai quali, come recita un
proverbio arabo, anche il pane ha fame. Con il loro
aggiungere odio a odio, la nostra stessa esistenza di musulmani
in Occidente diventa problematica: entriamo nel ciclo perverso dellemarginazione
e del rifiuto. Ed è così che, non essendo amati, non
possiamo amare, mentre la società multiculturale esige una
dose non indifferente di amore. E questi crimini ogni volta le danno
un colpo di grazia. Fino a quando non si giungerà al vero
disastro: perché bisogna sapere che ogni qualvolta in Europa
si è posto un problema con lIslam, le cose sono finite
male. Certo, i contesti storici del passato erano diversi. Ma dalla
Spagna del 500 i musulmani sono stati cacciati; e nellItalia
del 300 i musulmani furono decimati [...]. In questa drammatica
situazione, il rapporto Europa-Islam sembra strutturalmente insolubile.
E malgrado leuropeizzazione dei musulmani, malgrado i loro
legami con lEuropa, spesso essi persistono nel non vedere
la loro europeità, in un accecamento che li mantiene in un
mondo irreale, in cui non sono né musulmani né europei,
né tradizionali né moderni: un mondo della non-vita.
Compete a noi musulmani rovesciare la situazione, e farci protagonisti
di quella democrazia che oggi è in pericolo».
La citazione è lunga e condivisibile. Soprattutto, non ha
bisogno di alcun commento.
|