Se
le radici dell'imprenditoria trovano oggi il loro humus più fecondo
nella cultura, nella creatività, nel fattore umano è forse
possibile leggere la vitalità economica di un luogo attraverso
sensazioni, emozioni, conversazioni.
Che se così è, anche il colore di una terra e io stesso
lucido rapporto tra il suo presente e il suo passato possono valere
come paradigmi indiziari di potenzialità palesi e nascoste.
Lecce, Brindisi, Taranto: la Magna Grecia, terra omogenea per vocazione
originaria, clima, tradizioni, cultura, così diverse oggi nel
loro tessuto economico e produttivo.
Scelte esogene ne hanno diversificato il destino.
Lo Stato, attraverso un massiccio intervento pubblico, segna profondamente
la geografia socioeconomica di Brindisi e Taranto; Montedison, Ilva
ex-Italsider, Agip fanno di due cittadine - che hanno vissuto di mare
azzurro e terra rossa - due poli industriali della chimica e dell'acciaio:
il fumo delle ciminiere ne appanna i colori di città mediterranee,
ma le speranze sono enormi.
Lecce, tagliata fuori dall'intervento pubblico, confida in una capacità
autopropulsiva che tesse quasi in sordina una rete produttiva locale
di aziende minime di carattere industriale o microindustriale, con specializzazioni
produttive estremamente diversificate.
Abbiamo curiosato nella realtà economica salentina, privilegiando
Lecce e il suo territorio: Lecce, punto di un reticolo urbano, che a
sua volta va inserito in una rete di flussi che valicano i confini regionali
e nazionali.
Il singolo centro o la singola rete metropolitana sono sempre più
condizionati da questa rete, entro cui le imprese e una parte degli
stessi servizi pubblici, Università, centri di ricerca, ecc.,
devono inserirsi per mantenersi aggiornati e competitivi.
Presentarsi all'appuntamento del '93, come soggetti protagonisti, significa
ritrovarsi, sentirsi, ridefinire i lineamenti di un'identità,
conoscere i propri limiti e le proprie possibilità.
Il nostro curiosare tra luoghi fisici e personaggi protagonisti, tra
resoconti, dati statistici, rapporti Censis, letteratura sull'argomento,
ci rimanda la topografia di una realtà frammentata, di un galleggiamento
confuso.
I soggetti istituzionali pubblici e privati, Camere di Commercio, Associazioni
Industriali, Centri di ricerca e di innovazione, Enti locali, Regione
e mondo imprenditoriale, non sono impegnati in uno sforzo di riflessione
comune. l'interesse alla riflessione economica imprenditoriale è
affidato all'iniziativa di singoli individui particolarmente sensibili.
In assenza di tali individui c'è il vuoto. Il completamento del
Mercato Unico ha come obiettivo principale l'efficienza e la produttività
per l'industria europea, con conseguenti benefici per l'intera economia
comunitaria.
I benefici del Mercato Unico Europeo non si ripartiscono però
in modo uguale tra tutte le regioni della Comunità. Ci saranno
aree geografiche o settori dell'economia che rischiano di restare ai
margini del processo di integrazione o addirittura di uscirne impoveriti.
In un'Europa che viene vissuta, almeno per ora, nell'aureola delle pietre
del Muro di Berlino che cadono e degli straordinari avvenimenti, che
ci riportano alla necessità di riannodare le fila di un'identità
comune, un valore doppio sono destinati ad assumere i temi della moneta
e dei poteri del Parlamento di Strasburgo.
Il Salento è una terra di frontiera, una frontiera che guarda
ad Oriente; un ruolo importante quindi per le forze sociali e politiche
è quello di definire la fisionomia socio-economico-culturale
di un punto strategico quale è la penisola salentina.
Dopo questo primo resoconto del nostro vagabondare, nel prossimo numero,
cercheremo di definire una geografia delle isole di imprenditorialità
più matura, che si avvicina all'innovazione intesa come posizione
di rottura verso equilibri più avanzati.
Poi tenteremo un confronto, nella differenza, con Brindisi e Taranto.
Infine uno sguardo a Bari, il luogo delle decisioni, centro delle informazioni
e dei servizi.
In questo primo servizio riportiamo delle conversazioni con imprenditori
e dirigenti di aziende leader della provincia di Lecce.
Alcune di esse operano già a livello internazionale, e tutte
comunque rappresentano punti di forza che, a determinate condizioni
politiche e sociali, possono svolgere una funzione propulsiva anche
per la miriade di aziende a piccole dimensioni. Abbiamo conversato inoltre
con il Dott. Sergio D'Oria, Presidente dell'Associazione degli Industriali
della provincia di Lecce.
EDILIZIA
Il settore edile,
in provincia, vive un momento difficile. Esaurita l'edilizia residenziale,
esso potrebbe rivitalizzarsi nel recupero e nella manutenzione del
patrimonio già esistente, nella costruzione di opere pubbliche,
tipo edifici, come sedi di concentrazione di funzioni amministrative
e finanziarie, fognature, strade, servizi turistico-alberghieri, industria
ecologica.
Ma la ripresa è difficile, data l'assenza di un ruolo propositivo
degli Enti locali.
MONTINARO DONATO,
SNC - Lecce
Donato Montinaro,
imprenditore edile (operaio edile il nonno, capomastro il padre),
è nato a Calimera, vive a Lecce. Ha 63 anni. E' sposato, ha
tre figli. E' stato Presidente dell'Associazione degli Industriali
fino al 1986. Attualmente è Presidente della Banca del Salento.
Legge riviste di carattere generale e tecnico. Ama viaggiare.
La sua azienda nasce nel 1955. Attualmente ha un organico di 150 operai,
60 impiegati e 5 dirigenti.
Lei è stato
presidente dell'Associazione degli industriali della nostra provincia.
E' stata un'esperienza...
Positiva, qui da noi ci sarebbe tanto da fare, c'è una notevole
possibilità di sviluppo, ma siamo ancora molto indietro. C'è
bisogno di tanta capacità di capire, per poi operare. Siamo
troppo sbandati, mancano i coordinamenti e soprattutto manca un supporto
politico. Stando così le cose, credo che crescere da noi diventi
motto difficile.
Vuole dire che l'imprenditore è molto solo?
Esattamente. C'è una carenza anche in noi stessi, nel senso
che siamo ancora troppo individualisti. Non ci rendiamo conto delle
potenzialità che può avere una cultura associativa.
Associarsi significa risolvere due ordini di problemi: quello di darci
più forza e più solidità sul piano organizzativo
ed economico e quello di usufruire di conoscenze più ampie,
se per esempio ci associamo ad imprese a partecipazione statale o
a carattere nazionale, che ci consentano di crescere.
Con il '93 ci sardi la liberalizzazione degli appalti possono partecipare
anche le aziende straniere...
Sono discorsi teorici, bisogna capire cosa si intende per Europa che
apre, ecc... Noi abbiamo molte opportunità perché il
terreno offre la possibilità di una crescita imprenditoriale
in diversi settori, manifatturiero, turistico-alberghiero, terziario
e anche in settori particolari, specialmente nell'agricoltura.
Nell'edilizia residenziale e abitativa ormai il grosso è fatto.
C'è da lavorare molto, ma nel recupero dei centri storici,
nella manutenzione del patrimonio edilizio esistente, nei servizi
che mancano, Università, fognature e strade, edifici pubblici
che hanno una ubicazione molto precaria e dispersiva. C'è scollegamento
fra un servizio e l'altro.
Cosa pensa del potere politico?
Se ci coordinasse, noi potremmo dare le risposte di cui parlavo prima.
Questi servizi dovrebbe essere lo Stato a predisporli. Ma se lo Stato
non ha le risorse necessarie, l'imprenditoria privata sarebbe interessata
e capace di realizzarli e offrirti in affitto allo Stato. Ma non esistono
i piani regolatori, non esiste la possibilità di programmare
il lavoro neanche dell'anno prossimo o di questo stesso anno. Viviamo
alla giornata, avere una concessione edilizia oggi è come vincere
un tredici al totocalcio.
Come mai allora la nostra costa è devastata...?
E' tutto abusivismo. Gli imprenditori che vogliono programmare non
sono messi in condizioni di poterlo fare e poi permettono quello che
si vede in giro; che non è lungimiranza, sappiamo che alla
fine non paga. Si continuo a parlare di crescita, di sviluppo, di
'93. Resteremo sempre quelli che siamo: una società preindustriale.
la vostra azienda ha cominciato con l'edilizia, in seguito vi siete
diversificati.
Sì, abbiamo fatto degli investimenti nel settore alberghiero
con Motel President. Abbiamo una partecipazione importante nel meccanico
e ancora dei programmi nel settore turistico-alberghiero.
Come giudica l'organizzazione di quest'ultimo settore in provincia?
Quello di cui c'è bisogno è una cultura del turismo.
Noi non abbiamo una tradizione, ci manca il management, l'albergatore
di tradizione che sappia dove andare a prendere i turisti, li porti
qui e sappia come gestirli. Manca un coordinamento. In questo siamo
carenti tutti. Faccio parte della giunta della Camera di Commercio,
e quando ci invitano a Fiere del turismo a Milano, Berlino, Londra,
si va tutti scoordinati, senza sapere come offrire e cosa offrire.
Non si riesce ad organizzarsi prima. Si spendono tanti soldi: la Regione,
la Provincia, la Camera di Commercio, l'Azienda autonoma fanno tutti
le stesse cose senza alcun coordinamento. Noi stiamo cercando di far
capire che bisogna prima riunirsi, fare un pacchetto delle risorse,
decidere quale immagine dare, chi la deve gestire e come gestirla.
Per esempio, qui il turismo estivo è un turismo di massa, ora
bisognerebbe sviluppare un turismo di qualità, un turismo culturale
di gente che vuole conoscere il Salento, il barocco leccese, le masserie.
Prima però si deve creare l'imprenditore; senza l'imprenditore
non c'è sviluppo. I politici sottovalutano il problema: aiutando
gli imprenditori pensano di compiere chissà quale atto. Noi
siamo partiti dall'edilizia, ma quando abbiamo avuto capacità
di guadagno abbiamo investito nei settori più strani, perché
l'imprenditore non è un imprenditore manifatturiero, edile,
ecc.: è imprenditore e basta.
I vostri figli saranno degli imprenditori?
Non credo, non lo so, certo non sono entusiasti del modo in cui si
fa imprenditoria.
I figli potrebbero cambiare qualcosa?
Bisogna vedere se il contesto sociale lo permette.
Lecce è stata fino ad ora culturalmente estranea a fenomeni
di delinquenza organizzata. Ora si leggono notizie sempre più
inquietanti. Lei è stato uno dei primi ad essere rapito, qui
in provincia...
Sono sempre esperienze molto tristi; io mi meraviglio come possa un
imprenditore, dopo aver subito queste esperienze, continuare a fare
l'imprenditore. Se un Filograna, un Montinaro, sono ancora sulla breccia
a combattere e lottare, vuol dire che c'è dentro qualcosa di
più forte. E, comunque, se la delinquenza dovesse continuare
a diffondersi, sarebbe un fatto negativo, anche sotto l'aspetto della
crescita economica.
E l'innovazione, quanto incide?
Bisogna sempre adeguarsi ai tempi, a tutti i livelli e in tutti i
settori. Chi non sta al passo viene tagliato fuori.
E l'aggiornamento del personale?
Sul posto del lavoro.
Lei sa dell'Università dei Nuovi materiali di Mesagne?
E' importantissima, perché dove c'è ricerca, scienza,
cultura, può svilupparsi tutto un tessuto di avanguardia.
Tecnopolis offre tecnologie avanzate, però le aziende non sfruttano
queste opportunità.
Sono cose che non si possono dimostrare nel giro di pochi anni. In
provincia di Lecce non c'è un terziario avanzato. Bari è
più avanti di noi di almeno trent'anni. Il barese è
più pratico, più fattivo, più solido, più
serio.
Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?
Dovremmo sederci intorno allo stesso tavolo - forze politiche, imprenditoriali,
sindacali, finanziarie - e creare un comitato per la programmazione
e lo sviluppo del territorio. Individuare delle priorità. Per
esempio, scegliamo Santa Cesarea, perché ha le Terme e può
ospitare, fare turismo per dieci mesi all'anno, perché ancora
non è stata attaccata dall'abusivismo, ecc. Convogliare le
risorse e fare una cosa completa, con servizi perfetti. Così
anche nell'agriturismo e nell'edilizia.
Le risorse finanziarie della Cee, dei vari Ministeri, della Provincia,
vanno convogliate sulle priorità. Solo dopo si può progettare
e realizzare; noi, invece, facciamo tutto all'inverso, improvvisiamo
e poi le opere vengono contestate. Per esempio, sono stati stanziati
110 miliardi per la Salentina San Cataldo-Otranto e adesso nessuno
la vuole. Del resto, fare una superstrada e non riuscire a fare la
circonvallazione a Lecce, per smaltire il traffico di passaggio, è
un'assurdità, ma occorreva pensarci prima.
Un giudizio sulla Fiat Allis.
La Fiat Allis è un'azienda seria. Ha consentito dai 1.400 ai
2000 posti di lavoro, più l'indotto. Ha iniziato a farci ragionare
con la mentalità industriale. E' un'impresa con una logica
diversa, con la logica che bisogna stare nel mercato, lavorare bene
e al minor prezzo possibile e con puntualità. E poi la Fiat,
qui a Lecce, non ha creato i problemi che hanno creato l'Italsider
a Taranto e la Montedison a brindisi, dove sono state fatte assunzioni,
create manovalanze e poi la gente è stata buttata sulla strada.
E nello stesso tempo non è stato creato nulla attorno. A Lecce
invece, anche se poco, qualcosa sta nascendo.
EDILIZIA, TURISTICA
Spontaneismo ed
improvvisazione hanno portato ad uno sviluppo dell'edilizia turistica
confuso e con effetti traumatici a livello ambientale e sociale. Nel
momento in cui l'internazionalizzazione delle vacanze rende più
competitivo il sistema turistico, il turismo salentino si presenta
estremamente debole, privo dei servizi che normalmente facilitano
il decollo economico.
Il turismo salentino deve puntare su connotati qualificanti di cui
tuttora è carente: strutture di tipo manageriale, quadri tecnici
specializzati, legislazioni di supporto, una politica di salvaguardia
dell'ambiente.
Obiettivi questi prioritari per la gestione dell'esistente e per il
superamento di un limite, la stagionalità, che rende provinciale
il turismo salentino. In questo senso, sarebbe importante potenziare
il turismo termale di Santa Cesarea, l'offerta congressuale e l'organizzazione
di itinerari turistico-culturali nell'entroterra.
E' indispensabile un lavoro di programmazione che porti alla creazione
di un pacchetto permanente di offerte e che con intelligenti azioni
pubblicitarie dia immagine, prestigio, forza ad un settore che rappresenta
una delle chiavi di volta dello sviluppo economico salentino.
THE BRIDGE SAS
- Torre dell'Orso
Amministratore unico Raffaele Tommasi Ingegnere Raffaele Tommasi vive
a Calimera, dove è nato. Ha 36 anni, è sposato, ha due
figlie.
Dopo la laurea ha esercitato la libera professione; scelte esistenziali
lo hanno portato all'attività attuale di imprenditore edile.
Legge molto, soprattutto testi di carattere tecnico. Fa dello sport,
ama viaggiare. E' membro di un'associazione a carattere culturale.
Fa vita politica attiva nel partito socialista, nella cui lista è
stato eletto consigliere comunale. Se potesse, tornerebbe a svolgere
la libera professione.
La "The Bridge" nasce nel 1973 da un'impresa edile già
attiva ed operante in costruzioni a tipologia turistica.
E' la prima società locale che interviene nell'edilizia turistica
secondo un progetto organico. Si erano avuti, fino ad allora, solo
interventi esterni di soggetti economici del Nord, tipo Valtur, Club
Mediterranée, ecc.
Ingegnere, la
vostra iniziativa rappresenta una novità. Come è stata
accolta, siete stati incoraggiati, oppure ... ?
Incoraggiati proprio non direi. Inizialmente c'è stata invece
molta diffidenza, riscontrata sia nel reperimento e nell'uso degli
strumenti finanziari sia a livello di mercato.
Abbiamo avuto indubbiamente difficoltà soggettive di tipo economico
e di gestione, ma le difficoltà maggiori sono state di carattere
burocratico e sostanzialmente di incomprensione nei confronti di questo
evento economico.
I rapporti con la classe politica, gli amministratori...
C'è molta più disponibilità verso i soggetti
economici del Nord che verso i locali, ritenuti incapaci di iniziative
di ampio respiro. Ma dopo i momenti di diffidenza iniziale, il rapporto
di collaborazione è stato abbastanza limpido. Man mano che
realizzavamo opere di interesse pubblico, come da impegni presi, venivano
a cadere anche i pregiudizi nei nostri confronti.
Avete avuto incentivi?
E' difficile superare i cavilli burocratici. Non è importante
essere nelle condizioni per poterli ottenere, è importante
predisporre un programma che appaia sulla carta conforme a quanto
previsto dallo strumento legislativo. Poi chi deve deliberare, se
vuole, lo fa.
Però le leggi ci sono...
Si', è vero, le leggi ci sono, ma spesso si dice che non ci
sono i fondi. Per ora intanto in Regione tutto è bloccato per
cinque anni, si fa in tempo a fallire... E comunque non ci si può
fare affidamento. Prima bisogna fare gli investimenti con i propri
soldi, poi se mai... Noi abbiamo fatto ricorso una sola volta alla
legge 517 per attività ristorative. Prima abbiamo però
impegnato i nostri soldi, dopo abbiamo dimostrato quello che abbiamo
fatto e finalmente ci è stato concesso un contributo in conto
interessi su un mutuo a tasso agevolato. E comunque, ripeto, non si
può contare sui soldi dello Stato.
Quali sono stati i criteri che hanno determinato la vostra scelta
tipologica costruttiva?
Il nostro è un mercato molto particolareggiato, controllato
con verifiche costanti in base alle esigenze del cliente, modificando
i progetti, se necessario. E' un mercato regionale con certe finalità,
che ci differenziano sia dalla concorrenza preesistente, tipo impresa
Mazzeo, sia da quella nuova, tipo Blue Area, per provenienza di acquirenti,
prezzo globale, superficie come tipologia urbanistica e per tipo di
vendita.
Per esempio, le differenze con la "Blue Area".
Noi abbiamo un mercato tradizionale con proprietà esclusiva
su scala regionale, la "Blue Area" si rivolge soprattutto
al Nord, e poi c'è una differenza sostanziale: il nostro coinvolgimento
sulla gestione dopo la vendita si riduce agli spazi condominiali esterni,
in attesa che si costituiscano consorzi o subentri il Comune per la
cura del verde, la "Blue Area" punta tutto sulla gestione,
con itinerari già prefissati, in una logica di autosufficienza
che...
Ma la "Blue Area" è un complesso chiuso, con servizi
propri...
Sì, nel cuore di un centro abitato come è Torre dell'Orso,
che può magari offrire gli stessi servizi o addirittura servizi
migliori, la scelta di un villaggio chiuso non ha motto senso. A tre
o quattro chilometri di distanza forse avrebbe avuto una ricaduta
maggiore e qualitativamente superiore. E' comunque una scelta gestionale,
come dicevo, diversa, i nostri acquirenti sono abitanti di grossi
centri della Puglia, Lecce, Bari, Foggia, Barletta, Taranto, Brindisi,
Galatina, Maglie, più un 30% di acquirenti del Nord, legati
ai nostri posti per origini o amicizie. E' gente che vuole trovare
qui quello che non ha in città, spazi aperti, verde. Il verde
è anche una questione di immagine. La "The Bridge"
ha tra i 700 e gli 800 mq di suolo attrezzato a verde pubblico.
A Torre dell'Orso ci sono problemi di sovraffollamento, si avverte
uno squilibrio tra la possibilità di capienza della spiaggia
e la densità abitativa estiva.
La corso alla seconda casa è un fatto sociale di portato nazionale,
non dipende da noi. A Torre dell'Orso siamo riusciti quanto meno a
razionalizzare l'intervento, cosa che non è riuscita a San
Foca o a Roca, dove l'abusivismo è dilagante, come risposta
irrazionale ad un'esigenza comunque forte, quella della seconda casa.
E comunque la spiaggia è sovraffollata.
L'utilizzo della spiaggia va visto per sé. Torre dell'Orso
è una delle più belle spiagge del Salento e quindi il
richiamo è notevolissimo. Ha una lascia di utenza diversificata.
Ma quest'anno le presenze sono diminuite: il divieto di parcheggio,
l'obbligo degli ombrelloni, la recinzione della pineta, sono provvedimenti
che allontanano il pendolare. Torre dell'Orso, senza case, avrebbe
la spiaggia piena egualmente. E' l'utenza che cambia. I nuovi interventi
abitativi e i nuovi servizi, se mai, sono il motivo dell'affluenza
di gente di sera perché in questo senso Torre dell'Orso è
diventata un centro di attrazione, per i servizi che offre rispetto
alle marine vicine.
Quali prospettive di mercato futuro?
Torre dell'Orso è un'esperienza finita per quanto riguarda
gli spazi urbanizzabili: insistere sul residenziale può portare
più denaro ma può far crollare l'equilibrio produttivo
della località turistica. Per questo noi insistiamo sui servizi,
e comunque manca una cultura imprenditoriale turistica. Il nostro
turismo è provinciale nel senso deteriore del termine, la gente
la casa la usa per 20 giorni in un anno e nel fine settimana.
Perfino in luglio le presenze, l'anno scorso, sono state del 30% appena,
del 40% il sabato e la domenica, poi il pieno in agosto e niente più.
Non c'è turismo degli anziani, dei giovani; li abbiamo cacciati
dalla pineta, dove non è più possibile il campeggio
libero, ma non abbiamo creato campeggi organizzati, strutture idonee.
Abbiamo soddisfatto una sola lascia di mercato, quella del professionista
medio con un buon reddito, che abita nel raggio dei 200-300 chilometri,
che la un uso tutto personale della casa.
Cosa suggerisce?
un albergo - ristorante con 100-200 tavoli sul mercato tutto l'anno,
servizi e attrezzature in funzione in ogni stagione. Sarebbero necessari
un movimento di stranieri, accordi con le agenzie per viaggi organizzati:
riuscire cioè a rendere produttivi tutto l'anno gli investimenti
fatti. Ma mancano alberghi e soprattutto albergatori, personale qualificato.
Come giudica i complessi turistici esistenti nel Salento?
Interventi come Valtur, Club Mediterranée sono dei segni di
qualificazione della zona; ma sono delle importazioni, soggetti estranei
alla cultura del luogo e, soprattutto, non creano ricchezza locale.
Parliamo dell'inquinamento. Per esempio, la centrale di Cerano potrebbe
nuocere al turismo salentino...
Ci sarà indubbiamente un'influenza negativa in senso pubblicitario
al di là del rischio reale, creerà dei pregiudizi. Per
quanto riguarda l'inquinamento in generale, si fa molta confusione.
Noi dobbiamo salvaguardare le ricchezze che abbiamo, il mare sopra
ogni cosa, ma certe campagne di stampa, fatte dalla Gazzetta del Mezzogiorno
e dal Quotidiano, in piena stagione sono inutili e controproducenti.
L'urbanizzazione selvaggia, i pozzi neri, l'assenza dei depuratori,
gli autospurghi, sono però una realtà...
Sì, certo, ma le indagini occorre farle su 12 mesi all'anno,
per 360 giorni e non per 5 giorni, magari a Ferragosto, rilevando
un tasso di inquinamento alto, ma passeggero. Ci devono essere delle
statistiche, altrimenti il dubbio della strumentalizzazione è
legittimo.
Si comincia a parlare di delinquenza organizzata, di morti per mafia
anche nel Salento.
Sì, è la stampa che...
Vuoi dire che è una montatura giornalistica?
Non è questo, ma io a livello personale non mi sono scontrato
con problemi di delinquenza. Qui da noi non ci sono fatti che mostrano
un cambiamento di tendenza. Comunque, contro gli imprenditori del
Sud c'è una campagna di stampa locale e nazionale. Per esempio,
su Il Sole-24 Ore e sulla Gazzetta del Mezzogiorno, si parla di assegni
a vuoto, di insolvenze da parte di imprenditori meridionali, ma non
parlano per esempio della politica del credito da parte delle banche
locali.
Sì, la politica del credito, un argomento importante.
Innanzitutto, le banche non si fidano degli imprenditori del posto
e poi non fanno una politica di investimenti, ma di vero e proprio
strozzinaggio.
Si lavora per guadagnare il 25% e bisogna dare alla banca il 20%.
Non conviene lavorare. Allora ci rivolgiamo altrove, noi alla Banca
Commerciale di Bari e alla Banca d'America e d'Italia dove, qualsiasi
problema si abbia, ti danno margini e strumenti per risolverlo nell'arco
di sette giorni, con tassi inferiori. Per non parlare di Milano, dove
i tassi sono 4-5 punti in meno rispetto ad una banca locale, che ha
tassi pari al 17 - 18%. Monte dei Paschi, Milano, Torino lavorano
a tassi pari al 12-13-14-15%.
Un imprenditore, per riuscire qui, deve avere maggiori capacità
che al Nord?
Maggiore coraggio, maggiore fantasia. Qui bisogna fare i conti con
la disoccupazione, con redditi bassi e quindi minore capacità
di spesa, con una produttività scarsa, con un'utenza per la
maggior parte costituita da impiegati statali, con una discendenza
di tipo agricolo e quindi con una cultura del risparmio e poco propensa
ad investimenti imprenditoriali.
Allora è stato difficile...
Sì, nell'83 nessuno credeva a iniziative tipo The Bridge. La
diffidenza è stata tanta, non a livello personale, ma globalmente
come imprenditoria locale. Perciò vendere appartamenti a gente
di fuori è stato un vero piacere, una rivincita, una specie
di rivalsa. Sono stati anni difficili, ma ce l'abbiamo fatta.
Dalle sue riflessioni, ma anche da quelle di altri imprenditori locali,
emerge un'allarmante sensazione di vuoto istituzionale. Interventi
che si sovrappongono, si contrastano, in assenza di qualsiasi politica
del territorio da parte degli enti locali, nessuna funzione, da parte
di questi, di coordinamento, di controllo, di progettazione. Il territorio
alle soglie del 2000 è ancora una terra di conquista...
E' una questione sociale; la dove c'è una classe imprenditoriale
con una tradizione, una cultura, anche gli amministratori sono diversi,
c'è una classe politica più presente, più attenta.
Allora non c'è speranza?
Sì, c'è, è la riforma elettorale, il collegio
uninominale, che libera l'uomo politico dalla necessità di
coltivare il suo singolo orticello elettoralistico e quindi permette
di alzare il livello del suo intervento politico verso problemi di
carattere generale.
Uno sguardo all'Europa: il 1993, con la piena attuazione del mercato
comune, cosa rappresenta per il settore turistico nel Salento?
Noi siamo ai margini del processo economico europeo, siamo un Paese
di frontiera, i nostri vicini sono i Paesi del Terzo mondo. La nostra
speranza è di diventare il Meridione d'Europa, in senso positivo
intendo. Noi rivestiamo già
un'appetibilità turistica a livello nazionale.
Potremmo diventarlo a livello europeo. Si spera in un'intensificazione
delle vie di comunicazione, soprattutto dei poli aerei, in un potenziamento
degli aeroporti di Galatina e di Brindisi. E poi è necessaria
una nostra maggiore capacità manageriale, una capacità
di attività a più ampio respiro.
Lei conosce Tecnopolis, la cittadella delle tecnologie con sede a
Bari?
No, ma so di cosa si tratta.
BLUE AREA SPA
- Torre dell'Orso Amministratore unico Angelo Licci - Imprenditore
Angelo Licci vive a Calimera, dove è nato nel 1942. E' sposato
e ha tre figli. Circostanze della vita lo hanno portato alla professione
di imprenditore nel settore edile. Da dieci anni circa opera nel settore
dell'edilizia turistica. Aspira ad inserirsi nel mondo della finanza.
Legge soprattutto giornali e riviste di informazione economica: Il
Sole-24 ore, Italia Oggi, Il Mondo.
La "Blue Area" nasce nel 1985 da una lottizzazione della
The Bridge s.r.l.
E' una multiproprietà che si rivolge soprattutto ad una clientela
non locale in un'ottica di autosufficienza.
Si sente realizzato
come imprenditore e come persona?
Un uomo ambizioso, per sentirsi realizzato, ha bisogno di grande successo.
lo l'ho già avuto, ma non sono ancora arrivato al vertice,
vorrei realizzare cose più grandi, ad esempio nel campo finanziario.
L'edilizia mi ha dato grande successo. ma è stata anche la
mia ambizione che mi ha fatto arrivare a livelli così importanti.
Come è nata la "Blue Area"?
L'azienda è nata nel 1985 da una lottizzazione di Melendugno
(The Bridge). Per motivi societari mi sono diviso ed ho creato un'altra
società, che si chiama Sifa, che detiene la "Blue Area".
Lei realizza in poco tempo il suo progetto. Quante persone sono coinvolte?
C'è stato un anno di grande impegno e un impiego massiccio
di persone perché abbiamo realizzato il complesso in nove mesi,
con un intervento di due miliardi. Oggi, per la gestione, occorrono
25-30 persone in alta stagione, 7-8 in bassa stagione.
E' una multiproprietà?
Sì. Non è la sola multiproprietà nel Salento.
La grossa fetta di multiproprietà nel Salento è venuta
fuori dall'Alimini 1, Alimini 2, che oggi si chiamano Serra 1, Serra
2, che hanno un diverso modo di vendita. La "Blue Area"
prevede la settimana di turnazione, l'altra prevede il mese. La "Blue
Area" è molto più grande.
"Blue Area" e "The Bridge": si crea una sovrabbondanza
di gente...
Sì, c'è sovrabbondanza. Noi, per ovviare a questa disfunzione,
abbiamo la nostra spiaggia privata vicino alle Due Sorelle.
Olivieri che funzione ha?
Il progetto era abbastanza ambizioso e di un'entità cospicua;
allora mi sono messo in contatto con grandi agenzie e mi sono fatto
rappresentare a Milano. Lì ho conosciuto Olivieri, che è
il leader della multiproprietà italiano e ho creato una joint
venture. L'esperienza di Olivieri dal lato dell'imprenditoria in multiproprietà
e la mia esperienza come amministratore della "The Bridge"
(9 anni) hanno potuto creare un polo di grande prestigio quale la
multiproprietà di oggi.
La multiproprietà può avere uno sbocco sui mercati europei?
Certo. Nel '93, con l'apertura delle frontiere, la multiproprietà
sarò veramente una vacanza di grande successo perché
le quote in multiproprietà potranno essere vendute in tutto
il mondo. Infatti Blue Area, oltre al successo avuto in Italia, avrà
senz'altro un successo in campo internazionale, fa parte della più
importante organizzazione di multiproprietà, la RSIAI, attraverso
la quale siamo associati con 1090 villaggi in tutto il mondo.
Che fatturato ha un'azienda del genere?
Diciamo che l'intervento finito di "Blue Area" ha un fatturato
di 30 miliardi.
Un turismo che si rispetti, europeo, deve essere meno disordinato,
meno disorganico di quello che abbiamo adesso...
E' chiaro, dev'essere regolato. Noi abbiamo fatto questo intervento,
però a supporto di questa realizzazione c'è anche una
specializzazione che noi porteremo nel campo della gestione, troveremo
gente adeguata.
Dove la trovate?
Abbiamo avuto già contatti importanti con le grandi organizzazioni
Valtur.
Conosce Tecnopolis?
No, ma il Presidente Dioguardi sì. Ne ho sentito parlare, è
una società edile, al di là della mia attività
prevalente.
La sua attività è solamente turistica a questo punto...
Sì, da oltre dieci anni opero nel settore turistico.
Come imprenditore turistico, sono più importanti incentivi
economici o infrastrutture?
Prima di tutto, chiederei un servizio completo e non questo disservizio:
Torre dell'Orso non può decollare perché mancano le
infrastrutture.
La pineta per Torre dell'Orso è importantissima. La pineta
è malata...
lo, come amministratore della "The Bridge", ho fatto diversi
interventi a mie spese, ho curato la pineta e il Comune non si è
mai degnato di spendere una lira. Oggi la pineta è a disposizione
del Comune, è il Comune che deve fare tutto. lo sono intervenuto
perché avevo fatto grossi investimenti ed ho dovuto anche sistemare
la pineta a mie spese. Oggi la pineta l'ho rifondata io.
Che densità ha la "Blue Area"?
Oggi ha una densità di 65.000 presenze. Quest'anno prevediamo,
con il completamento delle strutture, oltre 100. 000 presenze tra
giugno e settembre.
E' prevista un'area di parcheggio?
Noi avevamo degli approcci col sindaco per trovare una soluzione.
Però sino ad oggi il Comune non si è mai mosso.
A livello regionale, quali interventi?
A livello regionale abbiamo avuto soltanto delusioni, perché
manca effettivamente un interlocutore abbastanza valido per poter
realizzare queste strutture. Peccato, perché nel Salento e
in Puglia la più importante industria è il sole.
I depuratori?
Noi abbiamo creato uno dei più importanti depuratori. Solo
la "Blue Area" e la "The Bridge" hanno i depuratori.
Per farli, da chi vi siete serviti, chi li costruisce?
Ci siamo serviti a Taranto, da una grossa ditta. Lecce non è
all'altezza.
Voi avete continui rapporti con il Nord per personale qualificato...
Sì, per quanto riguarda gli architetti. L'intervento "Blue
Area" è stato realizzato da progettisti del Salento, Marco
Rossi e Franco Maggio, però c'è stata una svolta nell'arredamento
portata da un architetto di Milano, Bruno Pozzi.
Il futuro è per un turismo di qualità. Si può
prevedere uno sviluppo che permetta di valorizzare anche il turismo
interno, centri storici, monumenti, arte?
Noi portiamo a conoscenza dei nostri potenziali clienti che non c'è
soltanto vacanza, ma anche la possibilità di conoscere il nostro
mondo culturale.
Mancano delle guide, gli itinerari...
Non solo; non abbiamo interlocutori che possano risolvere il problema.
Sarebbe importante creare una società di servizi turistica.
So che a Lecce hanno cercato di fare un'agenzia turistica; però
non ha mai decollato perché non hanno nel sangue l'imprenditoria
turistica; c'è molta dispersione, improvvisazione.
Col '93 potrebbero arrivare imprenditori stranieri.
E' importante. Oltre alla "Blue Area" sto creando un grosso
complesso alberghiero che ospiterà 300 posti letto a Torre
dell'Orso. Non esistono ora alberghi di un certo livello, e non solo
a Torre dell'Orso. Anche i ristoranti sono a conduzione familiare,
non hanno una cultura alle spalle.
I piani regolatori?
Melendugno ha cercato sempre di creare uno strumento urbanistico quale
il Piano Regolatore, ma ancora oggi non c'è; esiste solo un
piano di lottizzazione.
Piano di lottizzazione non significa che ci sono i servizi però...
Assolutamente, anche perché la legge 56 blocca l'iniziativa
di imprenditori pubblici e privati, perché tutti i comuni sprovvisti
di Piano Regolatore non possono dare alcun parere. Oggi é tutto
bloccato, a Torre dell'Orso.
Sviluppi futuri?
Nel campo della finanza, imprenditoria bancaria: la mia aspirazione
è quella.
Ha usufruito di agevolazioni, incentivi?
Niente. lo ho realizzato tutto soltanto tramite amicizie abbastanza
importanti dal lato banchieri, non dal lato politico, perché
da questo punto di vista sono stato sempre calpestato, sono stato
sempre attaccato da tutti; ho realizzato il tutto contro tutti i pareri
politici, senza alcun aiuto e finanziamento, solo con l'impiego e
la collaborazione di diversi amici finanzieri, non politici.
La politica del credito qui in provincia...
Abbiamo banchieri che non sanno cosa dare ad un imprenditore o come
valutare il fido di un imprenditore. Oggi la cosa più importante,
e spero che avvenga subito, è l'apertura di sportelli stranieri.
Sarà veramente un successo nel campo della imprenditoria, nel
Salento abbiamo soltanto gente non preparata e poi, oltre a questo,
c'è una burocrazia unica, queste banche di diritto pubblico
mettono l'imprenditore in condizioni di chiudere. Veramente solo chi
ha molto coraggio, molta responsabilità, può andare
avanti.
Da chi si serve per le consulenze?
Ho un mio commercialista, che viene da un'esperienza bancaria, qui
della provincia, e oggi guida la mia società. La rete commerciale
la organizza Olivieri, che è il mio partner.
Ha una compartecipazione?
No, ha soltanto un diritto di vendita, una percentuale.
Con l'Europa ci sarà una riduzione del costo dei servizi finanziari
del 28%.
Va benissimo.
Con il '93, gli appalti saranno liberalizzati e quindi regolati...
Non mi interessa.
E la regolamentazione Cee per la difesa dell'ambiente?
Riguardo la parte ecologica, noi per ora siamo in regola. Abbiamo
molto verde; c'è un prato nano per tutto il villaggio, un impianto
irriguo tra i più importanti della zona, un grande pozzo artesiano.
Quale ritiene sia la zona più sviluppata turisticamente di
tutta la costa?
Gallipoli ha una tradizione alberghiera e una forma mentis diversa
dalla nostra dal lato imprenditoriale. L'amministrazione stessa ha
un altro concetto. Qui abbiamo gente che guarda soltanto ai voti,
non ad un imprenditore che ha investito 30 miliardi.
Amministrazioni miopi, che non vedono l'importanza di tale struttura
in una zona a vocazione turistica così importante. Politici
che guardano soltanto ai voti; ecco l'amministrazione di Melendugno,
miope: l'anno scorso ci hanno sequestrato tutto per una piscina che
era stata costruita 36 metri più in là rispetto al progetto
ed era il 13 agosto. Siamo stati noi ad affrontare tutti i problemi.
Mentre il Comune rilasciava autorizzazioni a costruire dietro la Chiesa
di Torre dell'Orso, senza verde e senza depuratori, perché
un depuratore costa 200 milioni.
VITIVINICOLTURA
La provincia di
Lecce è, a livello regionale, la meno diversificata per qualità
di uve. Con il '93, la liberalizzazione delle merci pone seri problemi.
E' necessario un riequilibrio verso vitigni ad alta qualità.
il mercato odierno è infatti caratterizzato da un'estrema frammentazione
dell'offerta; un'offerta peraltro eccessiva e di scarsa qualità
in presenza di una domanda insufficiente.
ANTICA AZIENDA
VITIVINICOLA LEONE DE CASTRIS, SRL - Salice Salentino Direttore commerciale
Pier Nicola de Castris - Avvocato Pier Nicola de Castris ha 28 anni.
Prima di lavorare nell'azienda paterna ha esercitato la libera professione.
E' attualmente Presidente dell'Associazione Nazionale Giovani Agricoltori
e vicepresidente nazionale dei Giovani Industriali.
La "Leone
de Castris" è un'azienda di antichissima tradizione...
Sì, come azienda agricola sorge alla fine del '700, poi si
sviluppa nei vari secoli, non solo nel campo della viticoltura, ma
anche nella olivicoltura, cerealicoltura e altre colture, come barbabietola
da zucchero e pomodori.
Ancora oggi c'è questa diversificazione, anche se il settore
vinicolo è quello più conosciuto, ed è anche
quello di trasformazione. Negli altri settori non c'è trasformazione,
viene venduto il prodotto iniziale. Agli inizi del '900, con mio nonno,
iniziano i primi tentativi di imbottigliamento e poi, a poco a poco,
si allarga il numero di prodotti offerti alla clientela. Il prodotto
più antico e più famoso è il Five Roses, che
è poi il primo rosato imbottigliato in Italia. Con quel nome
nasce nel 1943, ma era un vino che esisteva già nel 1925, sotto
il nome Rosè Stravecchio del Salento. Nel '43 questo vino è
stato assaggiato dal Generale Charles Poletti, addetto all'alimentazione
delle truppe americane. Lo trovò molto buono e decise di importarlo
negli Stati Uniti e chiese a noi di dargli un nome inglese. Il vino
proveniva in gran parte da vigneti di una contrada chiamata Cinque
Rose: ecco, il nome deriva da lì. Oggi l'azienda commercializza
più di 20 prodotti, anche tre tipi di spumanti. Quella degli
spumanti è una produzione iniziata sette-otto anni fa e sta
dando discreti risultati, anche se rappresenta una produzione ancora
limitato (30.000 bottiglie). Nel complesso, noi produciamo A milioni
e mezzo di bottiglie l'anno.
La nostra azienda, rispetto alle altre, è caratterizzata in
maniera diverso perché, ancora adesso. una buona fetta di mercato
è rappresentata dal vino rosato insieme al rosso e al vino
bianco. Quest'ultimo è a una percentuale più bassa,
ma crediamo nello sviluppo del bianco, abbiamo creato anche dei nuovi
prodotti; l'ultimo nato è uno spumante bianco da moscato.
Abbiamo cinque vini DOC: Salice Salentina, Salice Salentina Rosè,
Locorotondo, Donna Lisa, Salice Maiana.
Quali prodotti esportate di più?
Principalmente conosciuto è il Salice, si stanno sviluppando
abbastanza il Locorotondo, il Salice rosso e il Maiana.
La materia prima che utilizzate, l'uva, non è tutta prodotta
da voi.
No. Nel passato era completamente nostra, sia perché la produzione
era più bassa sia perché avevamo più vigneti
di quanti ne abbiamo adesso. Ora la percentuale varia da anno in anno:
il 50160% è nostra, il resto proviene da altri terreni, che
vengono seguiti tutto l'anno dai nostri tecnici, che garantiscono
una determinata qualità.
Ultimamente c'è un particolare interesse per le coltivazioni
biologiche, anche se per la vite è un po' un problema. Quali
trattamenti fate sulle piante?
E' inutile essere ipocriti e dire che non ci sono trattamenti sulle
piante.
Noi effettuiamo i trattamenti necessari e non nocivi. C'è una
sensibilità verso questo problema, stiamo lavorando per il
miglioramento delle sostanze.
L'azienda vinicola crea indotto?
Abbastanza. Intorno al vino ci sono tantissime aziende: l'azienda
che le capsula, il sughero, le etichette. La manodopera è tutta
locale. In genere la preferiamo. Abbiamo aperto un albergo ristorante
Villa Donna Lisa, a 4 stelle, a Salice, che ha creato anche un maggior
giro di clienti e quindi indubbiamente ha riversato su questo paese
qualcosa di positivo. L'indotto è notevole anche a livello
di produzione, ci sono poi dei prodotti che vengono passati alla distillazione.
Non escludiamo nei prossimi anni di creare un nostro distillato, una
nostra grappa, ci stiamo studiando.
Innovazioni tecnologiche?
Sono attentamente seguite anno per anno perché le aziende devono
rimanere al passo con i tempi, se vogliono rimanere delle aziende
vive, quindi investimenti ne facciamo ogni anno. In quest'ultimo anno
abbiamo investito moltissimo in vasche in acciaio inox, che erano
già presenti in azienda e che abbiamo potenziato, perché
costituiscono il futuro dell'azienda. E' un discorso che va avanti
costantemente, ogni anno, sia a livello di imbottigliamento sia rispetto
al materiale tecnico necessario all'ottenimento sia un vino di qualità,
perché indubbiamente è molto importante avere l'uva
giusta, ma se non la si sa lavorare o se non si hanno gli strumenti
per farlo è inutile avere anche la materia prima adeguata.
Cosa cambia col '93?
E' difficile fare dei pronostici adesso, nessuno sa quello che può
accadere. Indubbiamente ci sarà una concorrenza maggiore, anche
se io credo che il '93 sia un po' una data fittizia, perché
ci siamo già arrivati. La concorrenza esiste già a livello
internazionale. Noi abbiamo una certa fascia di mercato all'estero
e speriamo che da questa internazionalizzazione delle aziende si possano
avere anche dei maggiori vantaggi. Indubbiamente maggiori concorrenti
in casa, ma anche maggiori all'esterno. Circa il 75% delle nostre
vendite sono effettuate all'estero e stiamo cercando di potenziarle
in diversi Paesi. Certo non è un settore facile il nostro,
perché c'è una domanda che è stagnante e un'offerta
che è in espansione. Questa è un po' la contraddizione:
c'è una miriade di piccole aziende che, purtroppo, nel Meridione
proseguono una politica soltanto di basso prezzo, mai puntando sulla
qualità e questo a scapito di tutti. Noi saremmo ben felici
se le aziende puntassero sulla qualità, perché - come
insegnano i toscani - tutti venderemmo di più; certamente noi
venderemmo più degli altri.
Alla fine è la qualità che paga...
Sì, noi come azienda abbiamo puntato su questo, infatti, anche
a livello di prezzi, abbiamo prezzi più alti rispetto alla
concorrenza locale. Abbiamo una vasta gamma di prodotti e quindi prodotti
di prezzo abbastanza alto e prodotti di prezzo più modesto,
però cerchiamo di avere sempre un buon rapporto qualità-prezzo
e mai dei prodotti scadenti; anche nella fascio dei prezzi più
bassi diamo sempre dei prodotti abbastanza validi.
Concorrenti esteri?
La Francia è un grosso concorrente. In Italia è diminuita
la richiesta dei vini francesi da molto tempo, ma a livello internazionale
è stata sempre la nostra concorrente principale.
Comunque i francesi, a mio avviso, non è che abbiano dei vini
eccezionali, o meglio ne hanno, ma pochi; la maggior parte dei vini
sono normali, niente di particolare, ma hanno saputo vendere molto
bene la propria immagine, facendo dei buoni prodotti e vendendoli
a prezzi sostenuti, attraverso un appropriato lavoro di marketing,
quindi riescono ad avere dei fatturati molto alti, a volte con produzione
motto piccola di bottiglie.
Dovremo iniziare a temere molto anche i vini spagnoli, che sono molto
buoni e hanno dei prezzi molto più bassi dei vini francesi,
e anche i vini portoghesi.
Lo Stato vi ha favorito in passato con leggi, però non sono
state utilizzate...
Credo che una azienda debba essere aiutata all'inizio; però
poi deve mantenersi con le proprie gambe, altrimenti diventa un fallimento
per tutta la nazione. Questo a livello pubblico si vede dappertutto;
infatti, se molte aziende stanno tornando in mano ai privati, evidentemente
un motivo c'è. Non dico questo perché rappresento un'azienda
privata, credo ci siano dei dati di fatto che dimostrano questa realtà.
Quindi per voi l'unificazione dei mercati europei significa possibilità
di operare rapidamente e con maggior libertà, sempre puntando
sul fattore qualità...
Sì, io spero che con questa Europa anche in Italia si recepiscano
determinate politiche che in altri Paesi sono state già attuate.
Dovremmo rimanere in pochi, ma validi. C'è una frammentazione
così forte e un'offerta così variegata che le aziende
vengano messe in condizioni di guadagnare. C'è infatti bisogno
di costanti investimenti a livello pubblicitario, a livello di tecnologia,
ci vogliono investimenti che toccano con facilitò cifre di
diversi miliardi. Bisogno che le aziende sane rimangano in vita, quelle
invece che sono sostenute da carrozzoni politici, prima o poi, devono
scomparire. Non voglio fare nomi, ma in Puglia ci sono esempi eclatanti.
CALZATURIERO
Nel panorama dell'industria
leccese il comporta calzaturiero è quello che presenta i maggiori
segni di sviluppo e di consolidamento strutturale. Costituisce uno
dei punti di forza in assoluto dell'economia locale.
Sotto il profilo finanziario è dotato di una classe imprenditoriale
nuova e volenteroso. Il comparto si pone oggi all'avanguardia in campo
regionale, al 14° posto nella graduatoria nazionale delle province
esportatrici di calzature ed ha raggiunto tutti i principali mercati
mondiali.
Il più recente riassetto del comparto ha determinato un forte
processo selettivo nei confronti di molte aziende operanti nella provincia;
non ha però prodotto un indotto qualificato nel campo della
produzione di accessori per calzature.
Rimane pertanto la dipendenza nell'acquisizione di materie prime e
di componenti da altre zone italiane a tradizione calzaturiera già
consolidata.
Inoltre, il processo di accentramento rende meno precario il lavoro
nel comparto, ma pone seri problemi di qualificazione professionale:
il diffondersi di una cultura della scarpa favorisce il nascere di
addetti semispecializzati, ma il tentativo, in fase di attuazione,
di passare a lavorazioni più fini, richiede livelli di specializzazione
più alta di quella attualmente disponibile in zona.
Per quanto riguarda invece la modellistica e il designer, si fa riferimento
a professionisti esterni, provenienti da poli forti nel calzaturiero.
Sono completamente assenti strutture di formazione specifiche. Rimangono
andamenti differenziati tra le piccole imprese da un lato e le grandi
o medio-grandi dall'altro: le aziende forti, in grado di affrontare
i momenti critici, resistono alle difficoltà del mercato.
CALZATURIFICIO
FILANTO, SPA
Casarano (Lecce)
Franco Giovannetti - Direttore della Filanto dal 1984. Ha 45 anni,
è - sposato e ha due figli. E' stato responsabile amministrativo
dello stabilimento Fiat di Bari. Legge quotidiani e riviste di carattere
economico.
La Filanto nasce nel 1948. Dal 1988 è una Spa. Produce e vende
calzature da passeggio per uomo. donna e ragazzo.
Ha nel suo organico 2.049 tra operai e apprendisti, 79 impiegati e
7 dirigenti. Con un fatturato di 132 miliardi, si pone al quarto posto
fra le aziende del settore calzaturiero.
La Filanto è
un'azienda di grandi dimensioni, all'avanguardia nel proprio settore,
e non solo a livello regionale...
Sì, la Filanto è unica. Purtroppo, anche una Filanto
non basta in provincia di Lecce. La Filanto è sui generis in
tutto; non è un'azienda eccezionale solo nell'ambito provinciale,
ma anche nell'ambito nazionale e internazionale. Eccezionale perché
l'azienda calzaturiera, per sua natura, generalmente è di piccole
e medie dimensioni. Noi facciamo un'eccezione, usciamo dalla norma.
La Filanto ha fatto scuola. E' un'azienda forte, competitiva anche
all'estero, sana, condotta sempre con sani, veri criteri manageriali,
perciò risente meno di tutte le carenze strutturali e infrastrutturali.
L'azienda ha struttura flessibile, esistono unità che entrano
in funzione o smettono a secondo delle necessità. La produzione
è integrata: nel momento in cui è nata la Filanto, non
c'era un retroterra industriale. Si dipendeva per ogni cosa da imprese
collocate a grandi distanze. Il Sig. Filograna ha pensato di ridurre
al minimo i rischi derivanti da questa collocazione geografica sfavorevole
ed ha pensato bene di integrare la produzione. I risultati gli hanno
dato ragione. E' stata una mossa azzeccata, perché se c'è
personale competente, qui si produce a costi più bassi che
in altre zone.
Ma in seguito è nato un indotto.
Noi abbiamo cercato di favorirlo, tant'è che ora un certo indotto
si è creato, quasi sempre sotto la nostra spinta, vale a dire
che il Sig. Filograna ha dato delle indicazioni, ha messo a disposizione
anche mezzi finanziari. Adesso abbiamo delle aziende, ad esempio degli
scatolifici. Noi facciamo le scatole che contengono la calzatura con
impianti nostri al 90%, il restante lo fanno fuori perché noi
non abbiamo capienza sufficiente. L'imballo esterno, il cartone grande,
lo fanno scatolifici esterni. Ci sono tanti tomaifici. Si sono create
delle grosse rappresentanze anche di altre aziende all'esterno, non
si tratta più con l'azienda milanese chiamando al telefono
Milano, ma si tratta con quelle che sono già a Casarano.
L'azienda ha usufruito di agevolazioni ed incentivi. Una valutazione...
Abbastanza agevole. Noi abbiamo usufruito di incentivi a tasso agevolato
e a fondo perduto sugli investimenti (costruzione dell'impianto e
ampliamento) e di incentivi in conto capitale (per la progettazione
e direzione lavori, per l'acquisto di apparecchiature elettrocontabili,
per l'acquisto di scorte di materie prime, ecc ... ). Le agevolazioni
sono tante, più che altro dovrebbero essere più continuative.
Ad esempio, l'attuale sistema di esenzione fiscale porta all'abbandono
ed alla sostituzione di complessi validi dopo soli dieci anni. Ed
è un grande spreco.
Pur essendo una grande impresa, la Filanto non ha mai avuto grossi
problemi di ristrutturazione.
No, non abbiamo avuto scossoni, perché c'è stata una
sensibilità iniziale e poi un processo continuo. Un fatto la
dice lunga: non c'è stata un'ora di cassa integrazione da 40
anni a questa parte. Eppure si vive stagionalmente, perché
noi ci presentiamo sul mercato due volte l'anno, con un campionario
estivo ed uno invernale, per cui, ogni volta, se vogliamo, è
un'incognita, non sappiamo che successo avrà il campionario
che presentiamo. Ma è tanta e tale l'esperienza maturata che
la maggior parte dei modelli viene campionata. Ormai c'è una
sensibilità tale per cui l'incognita è ridotta al minimo.
Questa è la nostra forza.
Come avete affrontato e come affronterete il problema dello sviluppo
tecnologico, delle innovazioni?
L'azienda ha sempre fatto un discorso di piccola e continua innovazione.
E' essenziale, sostanziale. In che modo avviene questo: ogni volta
che ci sono delle fiere ritenute importanti, interessanti, il nostro
personale tecnico partecipa per vedere quali sono le novità
nel settore produttivo calzaturiero. Tutte le volte che ci sono degli
impianti, delle macchine utili, le compriamo. Si fa un breve calcolo
della redditività dell'impianto che intendiamo prendere, si
compara il costo al periodo di ammortamento ed i risparmi che conseguiamo
nel frattempo. Non tutti possono fare altrettanto, soprattutto quando
si tratta di impianti costosi. Certamente non siamo arrivati alla
robotizzazione della produzione. Ci abbiamo però pensato, abbiamo
avuto anche degli incontri con degli esperti di questo settore, i
quali alla fine si sono pronunciati nel senso che i tempi, a loro
avviso, non sono ancora sufficientemente maturi. La nostra resta ancora
una produzione prevalentemente manifatturiera, occorre ancora un grosso
impiego di manodopera. D'altra parte la robotica nel settore calzaturiero
non esiste.
Voi siete comunque sensibili...
Altroché. A quel punto si potrà parlare di grossa ristrutturazione,
cambieranno tutti i processi di lavorazione.
Avete avuto difficoltà a reperire manodopera qualificata sul
mercato del lavoro locale?
Qualche volta gli operai, al momento dell'assunzione, hanno una prima
qualificazione professionale, che è stata loro impartita da
altre industrie. In genere il problema della qualificazione specifica
è stato risolto attraverso la formazione diretta sul lavoro.
D'altronde, il funzionamento degli Uffici Provinciali del Lavoro per
l'individuazione della manodopera è praticamente inutile. Sul
mercato del lavoro locale è molto difficile trovare quadri
intermedi a livello professionale soddisfacente.
lei che cosa suggerirebbe per migliorare la formazione e la selezione
della manodopera e dei quadri intermedi?
Corsi di formazione interna. Anche l'attività di organismi
quali il Formez, lo Iasm, si è rivelata poco utile.
Quindi avete rapporti con professionisti esterni...
Si', soprattutto con modellisti e stilisti.
Che rapporti avete con Bari, conosce Tecnopolis?
No, non conosciamo Tecnopolis. I rapporti col capoluogo sono scarsi,
quasi inesistenti perché Bari non ha una tradizione calzaturiera,
per quanto esista nella zona di Barletta un settore abbastanza vivace
e da parecchio tempo. Abbiamo molti contatti con la Lombardia, in
particolare con la zona di Vigevano, che è un po' la culla
dell'industria calzaturiera. Lì troviamo degli stilisti e modellisti
in grado di realizzare modelli particolari. Abbiamo molti contatti
con Milano, una Show Room con esposizione di calzature in via Gesù.
Certo l'azienda è collocata in posizione geografica scomodo,
periferica, sarebbe essenziale essere ben collegati con aeroporti,
strade, Ferrovie. C'è una ferrovia Lecce-Bari per la quale
da decenni si parla di doppio binario a elettrificazione, ma non ci
sono mai i soldi, la promettono e poi immancabilmente non si fa più,
anche se è fatta a metà. E ne avremmo veramente bisogno,
Dio solo sa se ne avremmo bisogno! L'aereoporto di Brindisi è
quello che è, per cui il movimento merci non assorbe quasi
per niente, andrebbe potenziata la struttura. Dateci delle strade
a scorrimento veloce che ci colleghino in tempi brevi col Nord d'Italia
e col centro dell'Europa. E scuole mirate a creare manodopera qualificata
e figure di supporto per le quali attualmente dobbiamo fare ricorso
all'esterno. Di questo abbiamo bisogno. Purtroppo sono gli interessi
privati che prevalgono sul buon senso e soprattutto sull'interesse
collettivo, perché altrimenti bisognerebbe veramente potenziare
il sistema ferroviario. L'Italia, che ha uno sviluppo longitudinale,
ha solo il 10% delle merci che transitano su ferrovia. Siamo arrivati
a questo attraverso le pressioni economiche. Altri Paesi fanno transitare
di più su ferrovia.
La Filanto esporta più dell'80% del suo prodotto sui mercati
esteri. Questa vocazione ad esportare c'è sempre stata?
E' nata un pò alla volta. Nel '50, il Sig. Filograna ha cominciato
ad esportare, è entrato in contatto con un operatore maltese.
Malta è stato il primo Paese in cui abbiamo esportato. Poi
il Sig. Filograna, intraprendente com'è, si è spinto
nel milanese, ha preso contatto con operatori tedeschi e poi ha trovato,
soprattutto, una grossa struttura di agenti che si avvale di una fitta
rete di subagenti. Sono loro che si preoccupano, in Svizzera, ad Amburgo,
in tutta l'Europa, di piazzare la scarpa Filanto.
Cosa cambierà per voi con il '93?
Non credo che cambierà molto perché noi siamo già
transnazionali, facciamo le nostre brave ricerche di mercato, sia
pure con un marketing interno. Attraverso nostri agenti, noi cerchiamo
sempre di captare quello che vuote il mercato, siamo sempre pronti
a rispondere alle richieste del mercato.
lo credo che l'abbattimento delle frontiere non determinerà
cambiamenti radicali. Saremo agevolati nel senso che le merci circoleranno
più agevolmente, ma noi già oggi ci misuriamo con i
Francesi, con i tedeschi, con gli inglesi; se riusciamo ad esportare
molto in questi Paesi è perché siamo competitivi rispetto
a quelle industrie, loro hanno ancora dei costi più alti rispetto
a noi. Il '92 non ci fa paura, operiamo già su tutti i mercati
europei della Cee e finalmente si sono aperti i Paesi dell'Est, noi
abbiamo una grossa commessa con l'URSS. E' la prima e speriamo che
in seguito ne vengano altre.
METALMECCANICO
Il comparto metalmeccanico
si presenta estremamente frammentato e debole sotto il profilo produttivo.
E' caratterizzato infatti da aziende di piccole e piccolissima dimensione
operanti nei settori più vari (carpenteria metallica, infissi,
sub-forniture per parti meccaniche). La Fiat Allis rappresenta l'esperienza
più vistosa. Al di fuori della Fiat e del suo indotto, il comparto
perde la sua connotazione, si diversifica in mille rivoli a carattere
artigianale e microindustriale.
Per la maggior parte delle aziende il vero problema è rappresentato
dagli orientamenti produttivi, i quali o sono dipendenti dalla domanda
indotta da grossi insediamenti oppure sono originati dalla specializzazione
tradizionale delle imprese con conseguenti difficoltà di collocazione
sul mercato.
Inoltre, il comparto metalmeccanico proprio perché si fonda
sui fattori dell'industria moderna (tecnologia avanzata, efficiente
organizzazione produttiva), non ha potuto contare su quegli elementi
(disponibilità di manodopera a basso costo e decentramento
produttivo) che per altri comparti, come il manifatturiero tradizionale,
sono stati vincenti.
A ciò si aggiunge la penalizzazione dovuta alla mancanza totale
di supporti esterni di infrastrutture e di servizi alla produzione,
in un momento in cui il ruolo dei servizi quale fattore di sviluppo
e di sostegno alle attività produttive ha assunto un carattere
determinante.
FIAT ALLIS EUROPE
- Della Divisione Macchine Movimento terra di FIATGEOTECH, SPA Lecce
Fusignani Franco - Ingegnere, responsabile della Divisione Macchine
Movimento terra di FIATGEOTECH di Modena.
E' nato a Forlì, vive a Novara. Ha 44 anni. E' sposato, ha
due figli.
Lo stabilimento
di Lecce fa parte della divisione macchine movimento terra della FIATGEOTECH...
La Geotech ha due divisioni: una, quella delle macchine di movimento
terra; l'altra, relativa ai trattori e macchine agricole. Abbiamo
tre stabilimenti per la produzione di macchine movimento terra. Uno
a Torino, dove produciamo gli scavatori. E' una società joint
venture tra la Fiat (51%) e i giapponesi della Hitachi e Subimoto
(49%). Lo stabilimento di Lecce, che produce i caricatori gommati,
i caricatori cingolati, i doozer, le terne; uno stabilimento in Brasile
che produce le linee precedenti e anche i greider che vengono esportati
al di fuori del Brasile, verso gli Stati Uniti e l'Europa. Lecce è
uno stabilimento che ha un'area coperta di circa 1.600 mq, oltre 1.700
dipendenti e che produrrà quest'anno circa 4.300 macchine delle
gamme precedenti. In totale, la produzione della divisione, considerati
anche gli altri stabilimenti, è superiore alle 7600 macchine
in quest'anno, quindi 4.300 su Lecce, 2.000 su Torino, le altre sul
Brasile.
La Fiat Allis è la realtà di gran lunga più rilevante
nel settore metalmeccanico in provincia, ma non ha avuto grandi ripercussioni
sul territorio. Perché è stato scelto il Salento, che
non ha una vocazione d'origine industriale e dove non si può
dire che sia nata una "cultura metalmeccanica"?
Lo stabilimento è nato nel '73, la scelta deriva molto dagli
anni '70, dagli accordi tra Fiat e sindacato di quel tempo, che tendevano
proprio su richiesta sindacale a favorire una localizzazione degli
investimenti produttivi nel Sud.
Era il momento in cui la Fiat operava una ristrutturazione, un decentramento
attraverso lo scorporo, la separazione progressiva in tante società:
la Fiat Allis, la Iveco, la Fiat Auto...
No, non la vedo così. In quel momento era nato il problema
dell'industrializzazione del Sud, per la forte disoccupazione che
esisteva e per una certa difficoltà di manodopera al Nord.
Sotto la spinta della Fiat non è nata nel Salento una cultura
metalmeccanica, un indotto.
La strada dello sviluppo, la strada dell'indotto è una strada
molto lunga. Se lei considera quanto noi' acquistiamo all'estero e
se considero quello che è strategico, cioè il motore,
il cambio, chiaramente queste cose non possono essere costruite al
Sud, perché il motore lo acquistiamo dalla nostra consociata
che è l'Iveco, che ne produce 300.000 all'anno, i cambi li
acquistiamo dalla ZF o dalla Clark, che sono dei colossi mondiali
che fanno cambi o ponti o gli assali a migliaia all'anno.
Ci sono dei componenti, che ho chiamato strategici, che siamo obbligati
ad acquistare dai grandi produttori. Prendiamo invece gli altri, quelli
non strategici, che il Sud sarebbe quindi in grado di produrre: noi
ne acquistiamo al Sud il 50%. Certo, il mio Sud non è solo
Lecce o l'indotto di Lecce: è Bari, Foggia, la Campania...
Quale rapporto esiste con la realtà locale, cos'ha dato la
Fiat al territorio e cosa il territorio alla Fiat?
Indubbiamente occupazione, stipendi e via di seguito; ma, le ripeto,
il 50% di quei componenti non strategici sono acquistati al Sud, quindi
credo che un certo tipo di impulso lo abbia dato. Tenga presente che
per fare delle macchine movimento terra è necessario anche
trovare un'imprenditorialità specialistica, e non è
sempre facile trovare degli imprenditori specializzati nel produrre
questi componenti al Sud. Infatti noi nel Sud acquistiamo fondamentalmente
cablati elettrici, carpenterie saldate, lavorazioni meccaniche.
Nei primi anni '80, l'azienda vive un momento di crisi che induce
ad una completa ristrutturazione della produzione, si computerizzano
e robottizzano molte fasi della lavorazione. Non ne consegue però
alcuna ricaduta né sui livelli di occupazione né sull'indotto...
Lecce è partita per produrre solamente macchine cingolate,
dei doozer, perché in quel momento la richiesta era rivolta
a quel segmento di mercato. Negli anni '79-'80 è iniziata la
crisi delle macchine movimento terra, che si è protratta fino
ali' '85-'86, ed è stata una crisi drammatica, perché
a livello mondiale i volumi si sono dimezzati, si è perso il
60% delle produzioni e i piccoli produttori e i medi e anche motti
dei grossi sono morti, molti si sono consociati e altri hanno cambiato
le loro attività. A quel punto lì, man mano che abbiamo
razionalizzato nel mondo le nostre presenze, abbiamo portato a Lecce
delle altre attività nel campo delle macchine movimento terra.
Ad esempio quando abbiamo chiuso nel 1983-84 la nostra attività
negli Stati Uniti.
Essendo crollati i volumi del 50%, bisognava, a quel punto, concentrare
le produzioni. Diciamo che abbiamo salvaguardato i livelli occupazionali,
proprio trasferendo le attività di altri stabilimenti del mondo
o italiani su Lecce.
Questo a livello interno. E' chiaro che l'indotto in quel momento
ne ha sofferto, nel senso che si è preferito dare dell'occupazione
al personale che era già impiegato nello stabilimento, piuttosto
che sviluppare un indotto esterno. Quando lei ha 1800/12000 persone,
cerca prima di saturare le persone trasferendo attività e dando
lavoro all'interno. Superata poi questa fase, nel 1987, si è
iniziata l'attività di diffusione di questo all'esterno.
Che rapporti avete con le istituzioni locali?
Sono molto buoni, non esistono assolutamente delle tensioni, ci capiamo
abbastanza' come d'altronde in altri stabilimenti a Foggia, a Bari,
a Termoli: i rapporti tra la Fiat e le istituzioni locali sono molto
buoni.
Avete contatto con l'Università dei Nuovi materiali di Mesagne?
I nuovi materiali sulle macchine movimento terra sono molto limitati.
Noi abbiamo un Centro di Ricerca Fiat a Torino, che sviluppa appunto
tutte queste innovazioni sui nuovi materiali, però le ricadute
sulle macchine movimento terra sono limitate.
Per far fronte ad un discorso di innovazione in un'ottica futura stiamo
creando un centro di ricerche avanzate, Elasis, proprio nello stabilimento
di Lecce, per lo sviluppo di macchine innovative e di tecnologie,
di metodi e di processi innovativi: quindi non solo lo sviluppo di
nuovi componenti, ma anche la loro sperimentazione e il processo,
cioè il modo di produrre in maniera avanzata questi componenti.
Avete rapporti con Tecnopolis?
Non esistano a livello di stabilimento di Lecce, mentre esistono a
livello di Fiat in termini' generali: la Fiat affida al centro le
ricerche, il Centro entra in contatto con le Università e gli
altri organismi che operano a questo livello. Lo stabilimento di Lecce,
oggi, non programma l'innovazione, acquista, vende, programma a tempi
brevi, 6 mesi, un anno. Ora non c'è un canale diretto, in futuro
col centro Elasis che porta la ricerca nello stabilimento di Lecce,
i contatti saranno facilitati.
E' stata definita la strategia Fiat per il prossimo decennio. Come
si colloca la Fiat Allis nei vostri progetti?
Per quanto riguarda i processi di innovazione tecnologica, senz'altro
ce ne sono: noi stiamo investendo sullo stabilimento di Lecce circa
70 miliardi. Sono investimenti per l'avviamento di nuovi modelli innovativi,
con l'adozione di macchinari avanzati: robot da saldature, centri
di lavoro flessibili.
Lo stabilimento sta subendo una trasformazione, una razionalizzazione
industriale per rendere più flessibili le produzioni e, quindi,
per consentirgli di rispondere alle richieste del mercato in tempi
molto più brevi e per ridurre i costi di produzione.
Settanta miliardi in tre anni sono un investimento molto grosso, questo
è un messaggio molto forte.
Il '93...
Non ci preoccupa; europei lo siamo sempre stati, siamo sempre stati
internazionali, abbiamo sempre venduto il 60/70% del prodotto fuori
dall'Italia e dall'Europa.
ASSOCIAZIONE DEGLI INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI LECCE
Sergio D'Oria
vive a Maglie, dove è nato. Ha 39 anni. E' sposato, ha due
figlie. E' laureato in Scienze dell'Amministrazione. E' imprenditore
nell'azienda di famiglia, la Sabino D'Oria e figli. Ama il suo lavoro;
unico hobby, il mare.
La SABINO D'ORIA E FIGLI nasce nel 1937 come piccola azienda di abbigliamento.
Attualmente produce forniture ad enti pubblici e militari. Ha seguito
nel corso degli anni le varie tipologie di mercato: abbigliamento
maschile, femminile e per bambini. L'eccessiva diversificazione dell'attuale
mercato ha determinato la scelta odierna. La confezione di cappelli
rappresenta l'unica continuità produttiva. In questa tipologia,
infatti, esporta tecnologia. Nel 1984 una ristrutturazione tecnologica
e una riduzione del personale di 50 unità l'ha resa più
competitiva, aumentando la produttività. La manodopera, tutta
femminile, oggi è pari a 118 unità. I proprietari sono
anche dirigenti. Nel 1987 ha assunto la carica di Presidente dell'Associazione
industriale, carica che attualmente ricopre.
Un giudizio da
Presidente sull'imprenditoria della provincia di Lecce.
In questi ultimi 10 anni abbiamo avuto la nascita di nuove aziende.
Alcuni settori prima inesistenti ora incominciano ad essere presenti,
per esempio il terziario avanzato.
Interessante, può fare qualche esempio?
Come Associazione abbiamo dovuto provvedere a costituire una sezione
di terziario avanzato per la presenza piccola, ma interessante, di
aziende nella produzione di servizi che non sono quelli standard.
Per esempio?
Delle società di marketing e di produzione di design. Abbiamo
una delle più grosse aziende di desing del mobile esistenti
nel Mezzogiorno, anche come impianti su scala industriale.
Aziende che producono camere da letto, cucine, vengono a Maglie per
servizi fotografici. Quest'azienda ha un ambiente di 2.500 mq., un
vecchio cinema con impianti di illuminazioni particolari, carrellati
fotografici a livello industriale. Un'altra realtà interessante
è un'azienda di gadget che fa i termometri per la VOLVO, che
messi accanto ai cristalli segnalano l'eventuale presenza di ghiaccio
all'esterno.
Il prof. Gianfranco Dioguardi, in un'intervista, definisce aree tristi
quelle aree vergini, industrialmente parlando, in cui il ritardo nello
sviluppo industriale, da debolezza può diventare forza, nel
senso di una disponibilità ad uno sviluppo economico più
agile, più creativo e quindi più competitivo. Lecce
può rientrare nella definizione di Dioguardi?
Negli anni '50 tutti si sono scagliati contro chi aveva privilegiato
l'area di Brindisi e l'area di Taranto per gli investimenti nell'industria
di Stato. Quella che allora veniva definita una sfortuna si è
dimostrata una fortuna: non abbiamo deteriorato l'ambiente, inquinato
il settore industriale e il tessuto sociale; ed ora ci sono fermenti
che lasciano sperare bene.
Sì, però anche da noi si parla di delinquenza organizzata,
ci sono i primi morti...
La provincia di Lecce ha richiamato certe presenze per il suo essere
una zona tranquilla. Per fare certe cose occorrono situazioni tranquille.
Andando in crisi le zone limitrofe, le prime ad essere inquinate sono
quelle più vicine.
Ci potrebbero essere delle strategie per sconfiggere sul nascere il
fenomeno malavitoso...
Si potrebbe, ma non è un fenomeno locale, perciò è
difficile, ci sono delle interrelazioni e degli agganci a livelli
internazionali.
Quindi non dipende da un mancato sviluppo, da appuntamenti mancati.
No, non credo.
All'appuntamento del '93 la provincia di Lecce arriva preparata o...
Ci sono indubbiamente dei soggetti pronti a livello imprenditoriale,
ma la provincia non è in grado di affrontare la competizione
europea. Le piccole aziende non possono reggere autonomamente, dovrebbero
cercarsi dei partners stranieri per sviluppare delle sinergie. Per
esempio, è inutile affrontare come piccola impresa il mercato
spagnolo, sarà più utile cercare delle aziende complementari
alle quali offrire la presenza sul mercato italiano, una rete commerciale,
la diffusione, e viceversa.
L'Assindustria come intende favorire un processo di crescita della
coscienza imprenditoriale, migliorare le competenze, crearne delle
nuove?
Abbiamo costituito due società di servizi alle imprese. Inoltre
abbiamo usufruito di alcune professionalità a livello nazionale:
la SOCES di Torino è venuta qui per sviluppare delle competenze
professionali sul posto.
E Tecnopolis?
E' una gran bella struttura, ma non ha collegamenti con la realtà.
Come altri istituti di ricerca è stata disattenta alla realtà
esistente. I tempi dell'innovazione devono essere graduali, non si
può parlare di telecomunicazioni quando... Comunque le cose
stanno cambiando, proprio stamattina in Associazione dovevamo mettere
il primo terminale per accedere alla biblioteca di Tecnopolis, perché
noi non sappiamo cosa fanno loro e loro non conoscono la vita delle
aziende. C'è bisogno proprio di un contatto fisico per informazioni
reciproche.
Lei conosce il prof. Dioguardi?
Sono stato forse il primo presidente di un'associazione a chiedere
al professore di scambiarci delle visite. Prima è venuto lui,
poi siamo andati noi.
E il FORMEZ?
E' la formazione legata alla vecchia Cassa del Mezzogiorno. ora non
fanno più la formazione esclusivamente imprenditoriale, offrono
pacchetti complessivi a tutto il settore, metalmeccanico, tessile,
ecc.
E in Provincia?
Le associazioni di categoria tendono a fare formazione sul luogo di
lavoro. Sono le società che si spostano.
E l'Università?
Noi siamo stati i promotori del Centro Nazionale Ricerche Nuovi Materiali,
di cui è presidente il Professor Cavalieri. Il centro ha sede
a Mesagne.
Cosa sono i nuovi materiali?
Un esempio: i giapponesi, anche se in modo sperimentale, hanno realizzato
un motore in porcellana, materiale ritenuto più resistente.
E' importante avere questo centro?
Certo che è importante, non solo, ma verrò affiancato
dalla cittadella della ricerca, significherà far venire le
aziende lì al centro, dove ogni azienda che vi parteciperà
avrà un suo capannone li fatto che più aziende siano
insieme produrrà delle sinergie.
Con il '93 ci sarà la liberalizzazione degli appalti, possono
partecipare anche aziende straniere...
Già non siamo in grado ora, figuriamoci nel '93, quando arriveranno
i tedeschi: o impazziranno anche loro o faranno piazza pulito!
E le infrastrutture?
Basta guardare ai trasporti, non è un problema Milano, ma Bari
- Lecce. E poi abbiamo ancora la doppia tariffa: 14.000 da Casarano
a Lecce, 14.000 da Lecce a Milano. L'Italia si ferma a Bari.
E i politici, gli amministratori?
I nostri amministratori rasentano l'incoscienza, per esempio Lecce
non ha ancora un piano regolatore, dopo otto anni è arrivato
a Bari. Voci di corridoio dicono che sarà bocciato, e così
si perderà il conto degli anni. La nostra edilizia è
in crisi, già i nostri imprenditori devono difendersi dalle
imprese del Nord che vengono giù per accaparrarsi i lavori,
poi mancano gli strumenti urbanistici, tutto èfermo. Per gli
amministratori locali il piano regolatore serve solo per le nuove
costruzioni, perciò chi ne rivendica l'esistenza difende interessi
di categoria, cioè gli edili.
Invece...
Invece neanche le discariche possono essere fatte senza il piano regolatore,
molte aziende hanno progetti in campo ecologico; progetti operativi,
ma che non possono partire perché i Comuni non hanno gli strumenti
urbanistici. E comunque si hanno difficoltà di rapporti con
i Comuni, con la Provincia: a parole tutti d'accordo, ma poi ognuno
va per conto proprio, ed è male, perché anche il privato
risente molto del sistema politico.
E la politica del credito?
Avremmo bisogno di modifiche radicali. Abbiamo una presenza eccessiva
di banche locali, gli sportelli sono quelli che sono. Oltre ai problemi
del '92 del sistema bancario italiano, si aggiungono quelli appunto
di un'area che vede un'alta concentrazione di banche.
Si potrebbero unire...
Lo dovranno fare prima o poi, la politica del credito qui in provincia
è la politica della struttura che ha seguito gli eventi. Non
c'è stata una politica locale che ha preso delle decisioni,
c'è stato un processo di imitazione, si sono adeguati alle
esigenze del mercato, non le hanno interpretate, favorite.
Me aziende sanno usare le agevolazioni, gli incentivi?
No, non sono in grado; poi a questa incapacità si aggiungono
i ritardi della burocrazia. Non è in grado neanche il settore
pubblico. Basta pensare ai fondi Cee inutilizzati. Per fortuna la
Cee non è la Cassa del Mezzogiorno, se non si utilizzano li
toglie.
Ci sono direttive Cee che devono essere eseguite circa la qualità
dei prodotti?
Le direttive Cee devono essere seguite, le aziende sanno che per essere
presenti sul mercato devono adeguarsi a degli standards europei.
E il turismo?
Non ci siamo né per la quantità né per la qualità.
Ogni imprenditore è autonomo, ognuno va per conto proprio.
Abbiamo un'offerta turistica di 20.000 posti letto, senza alcun criterio
di omogeneità, non c'è uno standard uguale per tutti.
A me fa ridere quando si parla di offerta turistica del Salento. Ma
quale offerta, neanche uno dei 27 progetti pronti sembra abbia possibilità
di attuazione! Si parla di pacchetti integrati, e roba varia, ma sono
solo parole.
Come giudica la presenza della Fiat Allis?
La Fiat si è chiusa dentro i cancelli dello stabilimento, del
resto non mi sento di attribuirle tutti i forti, il territorio non
ha dato nulla. E, il nostro, un ambiente ostile, non favorevole all'industria,
la nostra è una mentalità da pubblica amministrazione.
Come ci presentiamo agli occhi degli acquirenti stranieri?
Abbiamo fatto, come Associazione, un'interessante indagine di mercato
di tre settori: calzaturiero, tessile-abbigliamento, mobili da cucina.
Dall'indagine emerge che gli acquirenti stranieri hanno difficoltà
a capire il rapporto con il Meridione. Le nostre aziende sono viste
come quelle che non rispettano l'epoca della consegna, che non consegnano
la stessa qualità per due volte. Il prezzo lievita e quindi
non hanno garanzie.
Ma è così?
No, non è così, ma non possiamo dire, scusateci, noi
non siamo così, ecc.. E' necessario creare uno strumento di
garanzia, una Trade Company, che garantisca tempi, prezzo, qualità.
Quale è l'augurio che fa alla nostra terra in attesa della
piena attuazione del Mercato Comune?
Che si operi e si raggiunga un'omogeneità di intenti con la
classe politica.
CONCLUSIONE
"Un'attenta
osservazione di quali siano i reali fattori critici di successo nell'arena
internazionale dall'inizio degli anni Ottanta porta alla ribalta tre
valori ben precisi: lavoro di gruppo, dove ogni individuo reca il
proprio contributo specialistico, la cooperazione fra settore pubblico
e settore privato per sfruttare tutte le sinergie possibili, la capacità
e velocità di innovazione, prima dell'efficienza (Il Sole-24
ore, 10 dicembre 1989, G.M.). Tenere presenti questi punti di riferimento
è importante per individuare i problemi anche di una provincia
come la nostra e coglierne le carenze che ci distanziano dai nostri
partners nella competizione europea ed extra-europea. Accorciare le
distanze tra Sud e Nord e fra l'Italia e gli altri Paesi dell'Europa
significa innanzitutto conoscere i motivi della distanza. Il nostro
è un contributo, se pur piccolo, verso questa direzione. l'individualismo
è il primo grosso limite della imprenditoria della nostra provincia.
C'è, infatti, una tradizione e una cultura di una gestione
della produzione, incentrata sulla figura dell'imprenditore che ha
difficoltà ad integrarsi con la realtà economica locale.
Un individualismo che diventa isolamento per la perifericità
della provincia e la marginalità del suo apparato produttivo.
Un isolamento accentuato dalla lontananza della politica dall'imprenditore
e per certi versi dell'imprenditore dalla politica. Una marginalità
accentuata da un sistema insufficiente di infrastrutture, fatto di
interventi a pioggia e senza alcuna progettualità strategica.
Gli imprenditori indicano tra le cause di difficoltà di un
decollo economico, anche in prospettiva del '93, l'assoluta inadeguatezza
dell'attuale rete dei trasporti, ferrovie arretrate e aeroporti inesistenti.
Difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di informazione
sulle tipologie più aggiornate sono le conseguenze più
vistose di una simile situazione.
Altre cause individuate sono: assenza di personale qualificato per
la manutenzione e di una politica di qualificazione del personale,
fatta ora tutta sul campo.
E' il lavoro stesso l'esperienza che qualifica. Assenza di ricerche
di mercato serie sui potenziali mercati emergenti; incapacità
di valorizzazione aziendale (politiche di marchio, cura dell'immagine);
poca propensione a servirsi degli istituti di ricerca (Tecnopolis
che esporta tecnologia alla Fiat è conosciuta poco dagli imprenditori
locali) una politica del credito con tassi differenziati che penalizza
la provincia nei confronti di altre aree geografiche. A questo proposito
i tassi bancari passivi sono a Lecce più alti della media nazionale
di circa un punto e mezzo.
Il dato più allarmante è il vuoto enorme delle strutture
pubbliche e dei soggetti istituzionali, di cui tutti gli intervistati
lamentano la sostanziale inettitudine. l'elemento più eclatante
è la mancanza dei piani regolatori che, oltre a permettere
l'abusivismo dilagante, impedisce lo sviluppo del nuovo. l'Associazione
degli Industriali della provincia di Lecce sta creando società
di servizi e si sta collegando con centri di ricerca, Tecnopolis e
con l'Università dei nuovi Materiali. la Divisione Diffusione
Tecnopolis ed il Consorzio A.A.S.TER., impegnati in Puglia con il
progetto Vitesse, interverranno anche nella nostra provincia per "animare,
suscitare e censire la domanda di innovazione degli imprenditori".
Di questa iniziativa e dell'Università dei nuovi Materiali
parleremo nella seconda puntata.
(fine prima parte)
