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Dalla Puglia al Salento
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Incognita anni Novanta |
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Maria
Rosaria Pascali
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Attualmente
la Puglia è una delle regioni maggiormente progredite del Mezzogiorno.
Ma questo dato di fatto non copre i lati oscuri e le incertezze di una
struttura economica ancora, sotto molti aspetti, precaria, in bilico
tra sviluppo e involuzione. Forse per ereditò del passato, o
per vocazioni represse, o per cultura mancata, o per mancata volontà,
non abbiamo rispettato un'esigenza fondamentale: quella di dare una
base allo sviluppo economico; quella, cioè, di creare un terreno
culturalmente e tecnicamente pronto ad accogliere tale sviluppo. A quest'esigenza
abbiamo risposto con politiche frettolose, di comodo. Sono quelle stesse
politiche che ancora oggi iniettano sfiducia verso le potenzialità
interne, deviano capitali verso attività improduttive, inducono
a credere che solo un adeguato sistema di incentivazione possa dare
la fatidica spinta. E anche la Puglia, regione progredita, rientra in
silenzio nella storia del Mezzogiorno.
La situazione industriale nella nostra regione si presenta in modo alquanto contraddittorio. Da una parte, infatti, c'è un consolidamento, in alcune aree e per alcuni settori, di attività tradizionali e di nuova installazione, favorito dalla nascita di una realtà imprenditoriale che fa perno sulla modernizzazione delle tecniche e dei comportamenti sociali. Dall'altra parte, invece, emerge un quadro meno roseo, caratterizzato sia dall'incapacità, per molte altre attività tradizionali, di avviare opportuni processi di ammodernamento; sia dalle inevitabili problematiche di un processo di industrializzazione che, in molti comparti, sta ancora attraversando la fase della ristrutturazione o della riconversione. Una fase che ha toccato le industrie di base, chimiche e siderurgiche, ma anche, in un secondo tempo, le industrie di piccole e medie dimensioni del comparto manifatturiero leggero (abbigliamento, vestiario, calzature, ecc.). Ed è un processo -ripetiamo - tuttora in atto, come dimostrano, per l'industria d'i base, la presenza consistente di lavoratori in cassa integrazione a zero ore; e per l'industria manifatturiera leggera, il protrarsi di una posizione subalterna rispetto ai circuiti di commercializzazione centro-settentrionali. Anche il primario è in seria difficoltà. Nonostante rappresenti l'attività di gran lunga più rilevante nella regione, resta un settore solo parzialmente sfruttato. Lo conferma il fatto che esso fornisce quasi esclusivamente prodotti grezzi. L'ulteriore lavorazione degli stessi avviene in altre zone del Paese o addirittura all'estero. Inoltre, l'agricoltura oggi smentisce anche la sua funzione di "settore rifugio": infatti, colpita anch'essa dai processi di razionalizzazione delle produzioni, non solo riesce a sostenere un aumento dei posti di lavoro, ma tende essa stessa ad espellere manodopera. A differenza degli altri settori, il terziario ha avuto, invece, uno sviluppo notevole. La crescita dei servizi, però, se da un lato ha favorito un consistente assorbimento della forza lavoro, dall'altro ha alimentato le attività improduttive dell'apparato burocratico. E questo sia perché è stata generata in un'ottica puramente assistenzialistica; sia perché l'offerta locale di terziario avanzato non ha compratori: le imprese, infatti, preferiscono indirizzare la propria domanda all'esterno della regione. Viene meno, quindi, in Puglia, la funzione essenziale del terziario, quella cioè di fungere da supporto ad un ulteriore sviluppo industriale. Mentre, la sfiducia verso le potenzialità interne alimenta uno stato di dipendenza del tutto incompatibile con l'obiettivo di sviluppo autonomo dell'area. Anche l'analisi dello sviluppo industriale nel Basso Salento non può prescindere da alcune considerazioni di carattere generale, che meglio possono spiegare ciò che è stato fatto e ciò che si poteva fare nella provincia. Ci riferiamo, soprattutto, a quella corsa contro-corrente, imitativa dei modelli di sviluppo del Centro-Nord, che ha portato a sacrificare, trascurare, sottovalutare potenzialità proprie della zona. E nata così una cultura industriale, su un terreno ancora immaturo ad accoglierla. E sono nate le industrie, in un contesto provinciale estremamente isolato, povero di infrastrutture e di collegamenti, lontano dai circuiti di commercializzazione del resto del Paese. Questo non significa che siano esatte quelle tesi che considerano il fenomeno industriale come non rispondente alla vocazione del territorio. 'E l'impostazione che è sbagliata, non il fenomeno in sé. Il processo di industrializzazione, ad un certo punto dello sviluppo locale, si è rivelato un passo obbligato. L'errore è stato il volerlo considerare sostitutivo di attività - come l'agricoltura o l'artigianato - che tardavano a liberarsi dello stato di arretratezza. Si è cioè guardato al secondario, perché il primario non riusciva a dare in termini di produttività e di occupazione, risposte adeguate alle esigenze della zona. Così come oggi si guarda al terziario, di tipo esclusivamente impiegatizio, per far fronte alla crisi che investe primario e secondario. Sono cioè risposte di corto respiro, che non hanno come base una visione globale del processo evolutivo dell'area, e che concorrono ad aumentare la precarietà dell'assetto produttivo locale. Allo stato attuale delle cose, il settore secondario nel Basso Salento non ha prospettive incoraggianti. Esistono difficoltà interne ed esterne. Tra le prime ricordiamo la debolezza della struttura produttiva, che si caratterizza per la prevalenza di attività di tipo tradizionale - quali l'industria dell'abbigliamento, delle calzature, alimentare - a basso contenuto tecnologico strettamente dipendenti dall'andamento del mercato internazionale ed esposte ad un'accesa concorrenza estera. Mentre i settori più moderni, di recente formazione, come quello dei prodotti derivati dalla chimica e dalla plastica, nonché il settore meccanico, stentano ad emergere. Per quanto concerne le difficoltà esterne, dobbiamo innanzitutto tener presente l'esistenza di un ambiente ostile, che spezza anche il dinamismo della piccola e media impresa. Gravi problematiche vengono anche da un altro versante, quello della crisi che investe alcuni settori, come l'edilizia, e che ha effetti deleteri sull'attività ad essi collegate. Eppure, ad oggi, il secondario si è dimostrato carico di vitalità. L vero che il tasso di mortalità delle imprese è alto; ma è anche vero che è alto il tasso di natalità. Il che lascia ampi margini di speranza nei riguardi di un consolidamento e di una futura evoluzione del fenomeno industriale nella nostra provincia. Purché - ripetiamo - si soddisfino le condizioni che sono alla base di tale ripresa: a) l'allentamento della subordinazione esterna dell'industria locale; b) l'attuazione di tutta una serie di infrastrutture, essenziali per superare il tradizionale isolamento dell'area; c) forti iniezioni di inputs innovativi; d) l'avvio di ampi processi di formazione professionale, che forniscano figure specializzate anche a livello dirigenziale. - Aree coinvolte
nel processo di espansione industriale nel Basso Salento: - Cenni sui comparti dell'industria manifatturiera del Basso Salento: INDUSTRIA DELLA LAVORAZIONE DEI MINERALI NON METALLIFERI Questo settore, diffuso su tutto il territorio, registra una maggiore presenza nell'area sub-provinciale Nord (Lecce) e nell'area sub-provinciale Jonico-centrale (Galatina-Nardò). Esso comprende due grandi comparti: quello dei materiali da costruzione e quello della lavorazione della pietra e dei minerali non metalliferi. Proprio per il fatto di essere strettamente collegato all'edilizia, subisce gli effetti della crisi che investe quest'ultima. Per contro, esso si rivela un settore molto dinamico in quelle attività che non hanno una relazione funzionale con il ramo edile. INDUSTRIA DELLA CHIMICA E DEI MANUFATTI DI MATERIE PLASTICHE Si tratta di un settore di giovane costituzione, concentrato anch'esso nelle aree di Lecce e di Galatina-Nardò. In queste zone, l'industria per la lavorazione dei prodotti derivati dalla chimica ha trovato un terreno molto favorevole di insediamento. Nonostante prevalga ancora la dimensione piccola e medio-piccola, il settore sembra avere le carte in regola per porsi in maniera competitiva sul mercato nazionale. le relative aziende, infatti, sono dotate di una efficiente struttura gestionale e di una tecnologia abbastanza avanzata. INDUSTRIA MECCANICA In questo comparto,
non si è avuto l'indotto atteso in seguito all'installazione
della Fiat-Allis. Si è verificato, invece, un processo di riconversione
delle industrie esistenti, per adeguare le produzioni locali alla
domanda di sub-fornitura che proveniva dalla fabbrica torinese. Da
qui una vera e propria involuzione dell'industria meccanica, che si
è adagiata sulle commesse Fiat, a basso contenuto tecnologico.
INDUSTRIA ALIMENTARE Si tratta di un settore che ancora oggi non riesce ad imporsi come un sistema autonomo e integrato di imprese. Esso sconta gli effetti di un lungo e pesante sfruttamento da parte dei compratori esterni. Dedito essenzialmente alla prima trasformazione dei prodotti agricoli, ha dovuto fare i conti con un'organizzazione altamente autarchica, che ha compresso la domanda locale e ha costretto le aziende del comparto ad accettare le condizioni strozzistiche che venivano dal mercato esterno. Solo a partire dagli anni '60, in corrispondenza di accresciuti livelli di benessere, l'industria alimentare ha cominciato a svincolarsi dalle manovre speculative e ad acquistare dinamismo. Nonostante questo, il settore continua ad essere caratterizzato dalla presenza di imprese isolate fra loro. Quindi, è ancora lontano dall'acquistare importanza a livello regionale. La localizzazione delle aziende segue il principio della vicinanza con la zona di produzione agricola, come si può constatare soprattutto per il comparto dei vini e dell'olio. I maggiori insediamenti si riscontrano nell'area di Lecce e nell'area di Maglie-Nardò. INDUSTRIA TESSILE L'industria tessile deve il proprio sviluppo ad un'antica tradizione artigianale, largamente diffusa nel leccese. E' stata appunto l'esistenza di un contesto socio-economico naturalmente predisposto a dare le basi ad un settore di per sé ad alto rischio. Dopo aver conosciuto, negli anni '70, una crescita notevole, con importanti presenze aziendali soprattutto nelle aree di Lecce e di Casarano, l'industria tessile ha attraversato una fase involutiva che ha provocato la rapida contrazione del tessuto produttivo esistente. Il comparto che attualmente dà maggiori problemi è quello della maglieria, particolarmente diffuso nelle aree di Lecce, Casarano e Maglie. Meno preoccupanti appaiono, invece, le condizioni del comparto delle confezioni, concentrato nelle aree di Casarano e di Galatina-Nardò. Il comparto della biancheria per la casa, esteso soprattutto nelle zone di Nardò e di Maglie, ha sfruttato la naturale vocazione al ricamo per alimentare un mercato nero di notevoli dimensioni. INDUSTRIA DEL LEGNO Il settore, strettamente connesso all'edilizia, sconta gli effetti del negativo andamento di quest'ultima. A ciò si aggiunge una presenza industriale estremamente frazionata sul territorio e ancora alle prese con il processo di ristrutturazione interna. Il comparto che evidenzia maggiori difficoltà è quello degli infissi, più legato al settore edile e al mercato locale delle abitazioni. Quest'ultimo, in particolare, registra una tendenza alla personalizzazione tale da non rendere fattibile la produzione in serie, con gravi ripercussioni, in termini di costi, sull'industria in questione. INDUSTRIA DELLE CALZATURE L'industria delle calzature rappresenta un settore di notevole importanza per la provincia di Lecce. I maggiori insediamenti industriali si registrano nell'area jonico-meridionale: Casarano, come centro calzaturiero, è affermato ormai a livello internazionale. Purtroppo, le prospettive del settore non sono molto incoraggianti. L'entrato sul mercato di nuovi Paesi produttori, soprattutto della Spagna e dei Paesi dell'Est, rischia di mettere in crisi un assetto industriale ormai consolidato nel tessuto economico del Basso Salento, ma che, per troppo tempo, ha trascurato l'importante politica della diversificazione produttiva. INDUSTRIA DELLA LAVORAZIONE DEL TABACCO IN FOGLIA L'industria della lavorazione del tabacco è tipica della provincia di Lecce, soprattutto della parte meridionale di essa. Basata essenzialmente sulla lavorazione dei tabacchi orientali, ha avuto un enorme sviluppo nel decennio '71/-'81. Oggi, invece, deve fare i conti con l'atteggiamento ostile della CEE, che tende a penalizzare i tabacchi Sun Cured italiani, a favore delle più commerciali varietà americane. SITUAZIONE INDUSTRIALE NEL BASSO SALENTO Intervista al presidente dell'Assindustria della Provincia di Lecce, Sergio D'Oria: - Io penso che,
per gli anni futuri, l'industria potrà contare ancora sui settori
tradizionali, quali quello delle calzature, dell'abbigliamento, metalmeccanico
e alimentare. Si aprono però per questi comparti possibilità
di sfruttamento diverse. Si pensi, ad esempio, alla prospettiva di
unire il settore alimentare al settore agricolo: in termini di crescita,
i benefici per entrambi questi comparti sarebbero notevoli. Non solo.
lo stesso metalmeccanico, che fino a ieri era in genere un carpentiere
metallico, ossia un saldatore, oggi tende ad estendere la propria
attività a più fasi del processo produttivo. Il classico
esempio è quello dell'abitacolo per la macchina a movimento
terra: una volta, il metalmeccanico si limitava a saldare le lamiere;
le fasi successive - del trattamento del materiale, della verniciatura,
ecc. - erano svolte da altre aziende in ciò specializzate.
Adesso, invece, la stessa Fiat sta cercando di raggruppare i fornitori.
Per cui, se vediamo l'industria in quest'ottica, in futuro - ripeto
- non ci saranno nuovi settori, ma ci sarà un potenziamento
dei settori esistenti, i quali avranno la possibilità di sviluppo
notevoli rispetto al passato. L'industria del crimine Un aspetto ancora
da molti sottovalutato e che, invece, ha implicazioni enormi per lo
sviluppo socio-economico della Puglia è l'esistenza di un tessuto
criminoso che rischia di lasciare pochi spazi alla libera iniziativa.
La Puglia del benessere, apparente e non, mostra l'altra faccia: quella
di "terra di conquista" per mafia, camorra e 'ndrangheta.
Oltre 800 chilometri di costa ancora tutti da sfruttare, omicidi a
catena, rapine a mano armato, sequestri di persona, contrabbando,
drogo. E poi, ancora, riciclaggio di denaro, investimenti "puliti",
investimenti sporchi sempre in drogo o in armi, speculazioni edilizie:
un giro enorme di capitali, di ricchezza e di miseria, in grado di
creare dei dislivelli notevoli, se già non esistono. Un'emergenza
economica. Ma non solo. Prima di tutto, un'emergenza sociale. Con
quanto leggerezza si dice: "Puntiamo sui giovani". Ma guardateli
questi giovani: gran parte di essi è già morto. Morto
dentro. Morto di fumo, di sniffo, di eroina. Cosa importa loro di
"assurde" leggi economiche, di industria e di agricoltura:
in uno società che li sottomette e li spersonalizza. Non è
questo ciò che vogliamo. Non è questa la Puglia che
vogliamo. Lo sviluppo non può convivere con le regole spietate
di un rinvenuto medioevo. |
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