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L'INEDITO
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UN SONETTO INEDITO DI VITTORIO ALFIERI |
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Alessandro
Laporta
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La
pubblicazione di un ulteriore sonetto di Vittorio Alfieri, or son due
anni, a cura di Arnold Cassola (1), ha sollecitato anche il sottoscritto
a dare il suo contributo ad una edizione il più completa possibile,
alla luce delle nuove acquisizioni, delle Rime dell'Astigiano.
E' noto - per sua spontanea confessione - che l'Alfieri giurò di non fare più poesia "col compiere degli anni cinquanta" nel 1799: al passo comunemente invocato per documentare ciò ("e se dopo ho fatto qualche sonettuccio o epigrammuccio, non l'ho scritto; o se l'ho scritto, non l'ho tenuto, e non saprei dove pescarlo, e non lo riconosco più per mio", Vita, cap. XXVII), vorrei aggiungerne un altro tratto dalla stessa autobiografia, ma dal capitolo XXIX in cui egli, a proposito dell'aggregazione all'Accademia Piemontese delle Scienze rifiutata perchè "non voleva essere di nessuna", ricordando di avere infranto il giuramento e "pien d'ira" per avere composto un sonetto ("quattordici versi"), scrive: "ma non ne tenni copia, né questi né altri che l'indegnazione od altro affetto mi venisse a strappar dalla penna non registrerò oramai piú fra le mie già troppe rime". Esso ci informa, a confronto dell'altro, di due cose: primo, che quando scriveva, ora non teneva più le copie ma le mandava ai suoi amici (come in quel caso all'abate di Caluso) o se ne liberava in modo diverso; secondo, che in preda "all'indegnazione od altro affetto", cioè a grandi tempeste emotive, lo sfogo naturale rimaneva per lui sempre la poesia. Mi sono soffermato su questi due passi perchè, a mio giudizio e contrariamente a quanto ritenuto da altri (2), questi componimenti inediti dell'Alfieri, salvo indicazioni esplicite di carattere cronologico e a condizione di ricevere conferma dalle circostanze esterne al testo, debbono datarsi tutti fra il 1799 e il 1803, anno della morte. Ed ecco il testo del sonetto da me rintracciato, il cui titolo è "Sonettone ad un campione che si noma Napoleone": Pingi, pittor,
d'umano sangue lordo Ai pianti,
ai prieghi, alla pietà sia sordo Sotto il piè
vincitor l'iniquo prema Irto abbia
il crin insanguinati gli occhi Il "ritratto"
di Napoleone come ce lo dipinge l'Alfieri - giacchè il suo
intento è proprio quello di darci un ampio, orrido affresco
- è perfettamente coerente all'immagine che egli se ne era
fatto e che andava diffondendo con i suoi scritti: l'uomo crudele,
impietoso, sanguinario, ladro (3), ingiusto, irriverente nei confronti
della religione tanto da essere "Io sdegno di Dio" non poteva
che rappresentare il principale oggetto dell'odio di chi, per tutta
la vita, aveva perseguito ideali esattamente opposti. l'aver poi questi
calpestato ogni libertà per conseguire il potere assoluto,
non poteva che incontrare la disapprovazione di chi aveva fatto della
lotta alla tirannia la propria bandiera (4). Ecco perchè non
si può escludere che l'Astigiano abbia dedicato anche a questo
"campione" del tempo suo (come ad altri) qualcuna delle
sue poesie, e bisognerebbe anzi pensare che più di un componimento,
in occasione delle tappe salienti della sua ascesa e nella forma più
congeniale del sarcasmo, sia uscito dalla sua penna all'indirizzo
di un uomo che a tutti i difetti aggiungeva quello di essere francese,
componimento che ben avrebbe figurato in una appendice "napoleonica"
al Misogallo. Ma lasciamo stare le ipotesi e torniamo alla realtà.
Gli "strali satirici" -come giustamente li chiama lo Jannaco
(5) - lanciati da Alfieri a Napoleone ed ufficialmente noti sono solo
tre e tutti e tre datati: pochi altresì i passi di prosa dove
il Corso viene citato; anche a voler ammettere che un certo riserbo
tenesse Alfieri lontano dalla volontà di polemizzare (e ciò
- tuttavia - in contrasto con quanto testimoniato nell'intera vita),
sono troppo pochi. Perciò sono propenso a ritenere autentico
questo sonetto - che peraltro caratteristiche di stile e di lingua,
originalità di immagini e di sentimenti indicano per suo -
ed a considerarlo anzi uno dei più lucidi e del meglio riusciti
per l'impressione che suscita nel lettore.
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