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Prospettive dell'alimentazione
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Fattorie del mare |
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P.
G.
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Il progressivo
impoverimento delle acque salentine ripropone in termini drammatici il
problema del ripopolamento dei fondali. Inquinamenti, pesca indiscriminata,
pessimo uso delle acque costiere, stanno trasformando l'intero Mediterraneo
in un lago semimorto. Abbiamo venti anni di fronte a noi: dopo di che,
se non si correrà ai ripari, quello che fu il " Mare Nostrum
"sarà solo una grande pozza senza più vita.
I giapponesi si
comportano in questo modo: vanno in giro per il mondo, (mondo marino,
ovviamente), scendono in profondità, si mettono a studiare non
solo le acque costiere, quelle interne che fluiscono verso il mare,
e quelle oltre il limite territoriale; ma anche la composizione dei
fondali marini, la vegetazione subacquea nella quale i pesci trovano
il loro naturale habitat. E trascrivono tutto, con assoluta fedeltà.
Dopo di che, ritornano in patria, scelgono un largo tratto di mare,
ricreano - quasi dal nulla - le condizioni ideali, vi immettono gli
avannotti. Per ciascun tipo di pesce, un ambiente particolare, il più
adatto. Importano tutto: pesce, piante, mangimi speciali. Curano con
competenza quel vivaio, procedono ad annuali ripopolamenti, garantiscono
la crescita e la moltiplicazione del materiale ittico, dopo di che danno
via libera. Nei mari del Giappone, quelle che si chiamano le "
sea-farms ", le fattorie marine, sono alla base di una ricchezza
controllata e senza fine. Non a caso, i giapponesi sono tra i maggiori
esportatori di pesce del mondo, pur utilizzando con parsimonia i branchi
ittici delle loro coste e dei loro mari. Quel pesce serve al consumo
interno, quello che vendono all'estero, o sovrabbonda o lo vanno a pescare
in altri mari, negli oceani. Leggi severissime impediscono la pesca
industriale sotto costa, e quella a strascico può essere esercitata
solo a cinque miglia: dentro questo "limite di sicurezza riproduttiva
" si rischia la galera, e qualche volta l'affondamento da parte
delle motovedette governative. Qualcosa del genere accade negli Stati
Uniti, in Canada e in alcuni paesi dell'America Latina. Da noi, siamo
sull'orlo del disastro. La penisola era ed è in una posizione
privilegiata, insieme con la Grecia e con la Spagna-Portogallo: il Mediterraneo
era un gran lago salato, ricco, con ambienti ideali alla riproduzione
rapida, con cicli perfetti, con " vie alimentari " studiate
a lungo: il pesce azzurro (dalle minuscole alici ai saraghi, ai tonni,
al pescespada) seguiva da millenni le stesse " vie marine ",
aveva Punti di riferimento precisi: ciascun tipo di pesce pagava una
quota, che serviva ad alimentare quello - più grosso - che seguiva
subito dietro: l'equilibrio era perfetto. La pescosità delle
acque assicurata. Fino a che sciabiche, tritolo e strascico, arando
il mare, sconvolgendo i passi, annientando i branchi e, in una parola,
frazionando le vie alimentari, hanno progressivamente spostato al largo
i passaggi, assottigliando i branchi fino all'inverosimile. Oggi, a
conti fatti, il Mediterraneo è uno dei mari più poveri
del mondo: sulle coste di tutti i paesi, ma in modo particolare del
nostro, sono dislocate le industrie di base (come le acciaierie) e quelle
di trasformazione (come le petrolchimiche), i cui scarichi -hanno creato
fasce di inquinamento a larghissimo raggio e al limite del recupero.
Agli scarichi naturali dei fiumi, si sono aggiunti quelli urbani, di
metropoli di tutte le dimensioni. Ai lavaggi indiscriminati delle petroliere
e delle navi da carico, vanno aggiunti gli scarichi più insidiosi,
quelli dei fiumi che le industrie dell'interno hanno da tempo trasformato
in " autostrade di veleni ", in giganteschi veicoli di acque
inquinate, già morte, e che portano - di conseguenza - la morte.
Anche il turismo ha un suo peso, ma tra i minori, e del resto facilmente
controllabile con l'apporto di opportuni correttivi nei sistemi di smaltimento
delle acque (oggi si è orientati a riciclarle). Il Mediterraneo,
dunque, è agli stremi, anche se si è finalmente cominciato
a dibattere, a discutere, nel tentativo di correre ai ripari: ci sono
di fronte a noi vent'anni, forse poco più: dopo di che, se non
si saranno rivitalizzate le acque del mare più ricco di storia
del mondo, quello che fu il " Mare nostrum " sarà solo
una gigantesca pozza priva di vita. |
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