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Alle origine
dell'Umanesimo salentino
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Il miracolo basiliano |
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Luciano
Milo
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Della vitalissima
cultura greco-bizantina, che penetrò a fondo in Terra d'Otranto,
informando di sé la coscienza delle popolazioni, sviluppando la
cultura, trasformando l'economia, restano solo pochi ruderi sparsi, spesso
irriconoscibili per il colpevole abbandono degli uomini e per l'inevitabile
ingiuria dei tempo.
Un'antica consuetudine
ci fa parlare di "monaci basiliani", anche se è sufficiente
un minimo di conoscenza storica per stabilire che non ci fu mai un vero
e proprio ordine monastico creato da San Basilio. Di fatto, il pensiero
e la dottrina del Santo di Cesarea influenzarono a tal punto e così
radicalmente la vita e l'opera di quei monaci, appartenenti ai più
diversi ordini religiosi, che furono definiti dai più, tout court,
"basiliani". E per comodità critica, così continueremo
a chiamarli anche noi. La testimonianza dello storico Tasselli Che la promozione
culturale fosse un risultato diretto e immediato del benessere economico,
del resto, lo riconosce anche il Tasselli, colorito storico di Casarano,
del secolo XVII, che scrisse: "Prima delle celebrate scuole di
Montesardo, furono i monaci basiliani in Leuca, nella terra d'Amito,
in Casaranello, e poco lontano da Otranto, in San Nicolò da Casole,
in Galatone, in Nardò e in altri luoghi ( ... ) e da questi monasteri
di religiosi si virtuosi, e nationali di questo Capo, come da' cavalli
Troiani, uscirono tanti dotti, Filosofi, Teologi e Letterati, che da
essi appunto se ne avvaleva la Chiesa Per fronteggiare l'heresie, e
per comporre le differenze insorte tra i più Sovrani del mondo". Una storia malinconica Questo avveniva verso la prima metà del secolo XIII. La biblioteca di Casole andò dispersa, come ha affermato Moro, e scomparve quasi del tutto verso il 1480. Gli ultimi monaci vi restarono non oltre la fine del secolo XVI. Nel 1607, sotto Lucio de Mora, arcivescovo di Otranto, l'abbazia era praticamente deserta, ma riprese un pò di vita verso il 1665, quando l'arcivescovo otrantino, lo spagnolo Gabriele Adarzo de Santander, entusiasta ammiratore di quel movimento, culturale, che in passato aveva avuto Casole, promosse il restauro di quell'abbazia. Quel che resta oggi, per l'ingiuria del tempo e per il colpevole abbandono degli uomini, è stato documentato dalla "Rassegna". E si tratta di una malinconica storia, che ha accomunato altri monasteri e cenobi e badie della penisola salentina. Tuttavia - lo ripetiamo - il discorso deve partire sempre da Casole, tanta fu l'importanza, tale fu l'impegno profuso da chi vi dimorò, e così imponente l'azione spirituale che si irradiò da questo centro nodale dell'umanesimo salentino. A Casole si deve quasi tutto quel che sorse in questa terra, e la stessa fine di Casole èstata fatta da decine di cripte, laure e affreschi, che formano uno splendido itinerario, un mondo appartato e pressoché sconosciuto agli stessi abitanti di Terra d'Otranto. Splendidi, nella scoperta che si fa, portati dall'amore per le tradizioni e per la storia di questa penisola bimare, sono i resti dei monasteri basiliani di San Salvatore e delle Centoporte (Giurdignano); di Santa Maria delle Cerrate (dintorni di Lecce), recentemente restituito alla sua antica, inimitabile bellezza; di San Mauro (Gallipoli); dei SS. Stefani (Vaste); e quelli superstiti nei territori di Galatone, Nardò, Galatina, Leuca, Tricase, e via dicendo. Tra le numerosissime immagini che affrescano le pareti interne di questi resti architettonici, ricordiamo in Santa Maria delle Cerrate una stupenda "Annunciazione", che per la disposizione dell'ambiente ci ricorda quelle più celebri del Beato Angelico; in questa stessa chiesa sono due altri affreschi d'alto valore: il "San Giorgio che uccide il drago", e il "Transito della Vergine". Un mondo da scoprire Diffusissime le
immagini di Madonne bizantine, alcune di particolare incanto, come la
"Madonna della Coltura", alle radici di Parabita. Ma a parlare
del complesso di opere architettoniche, di tutte le dimensioni, e degli
affreschi che ne decorano gli ambienti interni, come direbbe il Tasselli,
"saria bisogno di formarne volumi". Non è possibile
tuttavia non richiamare l'attenzione su alcune testimonianze, fra le
meno note, ma non per questo meno affascinanti. Diciamo delle cripte
di Sternatia (di recente scoperta), e del santuario di Santa Maria della
Grotta (a Presicce). Addirittura sconosciute molte altre, fra le quali
una badia, bella e in rovina, in contrada d'Amito, nei pressi di Tricase,
cui accennava anche il Tasselli. Risulta da un affresco sopra quella
che era stata la parete dell'altare maggiore, che vi fu una restaurazione
nell'anno 1665. Vale a dire, nello stesso momento in cui l'arcivescovo
Adarzo promosse la restaurazione di Casole. Testimonianza evidente,
a parere di eminenti studiosi, che la sua opera di recupero non si limitò
alla sola abbazia di S. Nicola, ma andò ben oltre. |
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