AMORE PER IL CREATO
MARE DI SHELLEY
Oh i bianchi stormi radenti con l’ale il fiore dell’onda!
O flutto azzurro!
E tu, vento, che mi ravvolgi e sussurri,
frascheggi sordo nei platani, e incalzi l’onda canuta!
Mare divino fragrante! L’acre salsedine io bevo
riconoscente, le membra do al vento, l’anima al mare.
Lo guardo, palpito, aspiro: sento il mio sen dilatarsi,
crescermi il cuore nel petto, splender nell’anima il sole...
Enrico Thovez
NOTTE
La notte è chiara in chiarità stellare;
l’ombravive; dileguano le forme;
ansie d’attesa passano, ed il mare
leva a fior d’acqua il cuore che non dorme.
Campi di gigli nel silenzio enorme
per tutti i cieli sembrano sbocciare;
armonioso d’astri e d’astri a torme,
lo spazio freme come un alveare.
Fiumi sonori fluttuano per l’etra
verso foci invisibili, e ne vibra
d’amor la Terra tutta, immensa cetra...
Antonino Anile
DORME IL VENTO
Il vento dorme e avido sogna.
È preda l’immobile verde distesa
e i fiammanti papaveri,
e la glauca seta del mare:
gli eretti cirri di fumo
gli attoniti ulivi del colle;
e le nubi ferme all’amplesso dei monti
e il sommesso favellar dei boschi.
Dorme il vento ma avido sogna…
Garibaldo Alessandrini
AMORE PER L’INFANZIA
OCCHI PURI
Occhi puri, tutto raggio,
sotto le ciglia vostre, bambine
(e le dolcissime colline
che laggiù fanno lento il viaggio);
riso chiaro dell’anima nuova
che vi splende su la fronte
(e i castagni su per il monte,
lucidi ancora di fresca piova);
parolette che sono una festa
e ogni gesto ch’è una grazia
(e il piccolo lago che si spazia,
bianco, in fondo alla valle mesta);
io lo so bene che non v’è un bene
come questo sicuro e grande
che da voi dentro me si spande,
tra cose semplici e serene…
Diego Valeri
FANCIULLO
Con un’arancia in mano, abita il prato
un fanciullo di luce e d’aria tenue.
Gloria di suoni e d’ali, e risa ingenue
e profumi celesti hanno creato
il suo bel capo biondo,
ove sorride il mondo.
Fili di sole e uccelli lampeggianti
fanno ghirlanda angelica al suo riso,
esalando, in quel volto, un paradiso
tessuto in oro tacito dai canti
degli angeli corali,
che fanno rullii d’ali.
Arturo Onofri
CONCERTO IN GIARDINO
A quest’ora
innaffiano i giardini in tutta Europa.
Tromba di spruzzi roca
raduna bambini guerrieri,
echeggia in suono d’acque
sino a quest’ombra di panca.
Ai bambini in guerra sulle aiole
sventaglia, si fa
vortice;
suo no sospeso in gocce
istante ti
specchi in verde ombrato;
siluri bianchi e rossi
battono gli asfalti dell’Avus,
filano treni a sud-est
tra campi di rose...
Vittorio Sereni
LE MIE FIGLIOLE
Occhi color di rhum nel bicchiere che brilla,
occhi color mattino specchiato nell’acqua tranquilla,
occhi-passione della mia maggiore,
occhi-piacere della mia minore,
occhi nuovi, umidi e felici,
venuti a risplender per me
nel posto d’occhi che si chiusero in quest’anni.
Occhi belli delle mie figliole,
così luminosi nelle giornate sole...
Giovanni Papini
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Pablo Picasso, “Acrobata e giovane equilibrista”, 1905, olio su tela. - Archivio BPP |
LA BAMBINA CHE VA
La bambina che va sotto gli alberi
non ha che il peso della sua treccia,
un fil di canto in gola.
Canta sola
e salta per la strada; ché non sa
che mai bene più grande non avrà
di quel po’ d’oro vivo per le spalle,
di quella gioia in gola…
Camillo Sbarbaro
AMORE PER LE CREATURE ANIMALI
IL RONDONE
Il rondone raccolto sul marciapiede
aveva le ali ingommate di catrame,
non poteva volare.
Gina che lo curò, sciolse quei grumi
con batuffoli d’olio e di profumi,
gli pettinò le penne, lo nascose
in un cestino appena sufficiente
a farlo respirare.
Lui la guardava quasi riconoscente
da un occhio solo. L’altro non si apriva.
Poi gradì mezza foglia di lattuga
e due chicchi di riso. Dormì a lungo.
Il giorno dopo all’alba riprese il volo
senza salutare...
Eugenio Montale
CAPINERA
La capinera cuce cuce e cuce.
Dalla quercia solitaria
con le acce lunghe lunghe del suo canto
ombra e sole in terra cuce,
cuce sereno e nuvole nell’aria,
finché fra i tronchi l’erba è tutta luce
e il cielo è tutto eguale liscio e bianco
come una pura conchiglia di canto.
Arturo Onofri
CANICOLA
Oggi la mia felicità è l’allodola
che nell’incendio del mattino estivo
dagli abissi del cielo versa il rivo
fresco e giulivo del suo canto,
mentre la terra par che dorma, e intanto
tutto matura, ed io riposo accanto
alla schiera che miete
grave le spighe d’oro vivo
e le vespe irrequiete ingannano la sete
con il sangue degli ultimi papaveri.
Oreste Ferrari
AMOR DI SILENZIO
Nell’intrico più fitto ha posto il nido
un usignuolo, amico del cipresso.
Mai nel sereno,
da che imbianca l’alba,
un colpo d’ali, un temerario tuffo:
mai su le roste ove la luce sfila,
a fior di fronda, un favellìo fugace.
L’albero ammanta, fuso d’ombra stretto,
quell’amor di silenzio che s’imbosca.
Solo, quando la notte ode il fruscio
della luna che transita pei cieli,
poeta malinconico, dal folto,
come un raggio di luna il canto esprime...
Elpidio Jenco
ULTIMA FARFALLA
La farfalla venuta su al tepore
del mattino d’ottobre
che non vedrà la sera
e troppo vento agita su quei pruni
ecco si leva alta su tormentose
pareti al sole che l’accende invano
ed appena difesa dall’aggetto d’un tronco
un po’ rallegra un vortice di foglie
e nel profumo estivo della polvere
è gioia che non pesa.
Ma dai monti rapisce ogni calore
l’ombra che s’avvicina.
Ora ha posato
tutto il verde delle ali
e se n’è andata, dove non so, a morire.
Alessandro Parronchi
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Marc Chagall, “Il compleanno”, 1915. Museum of Modern Art, New York. - Archivio BPP |
PISPIGLIA LA QUAGLIA
Un sole mézzo, arato sul declivio
dove arsero l’altr’ieri
come un segno del fuoco
primevo le stoppie,
e dove ondeggiò il grano
a piè di queste dune,
or è un anno, di luce, ora un canneto
cela il pispiglio della quaglia
che attende il primo nato,
sferza e avvelena il buio
la scolopendra,
la tua nuca lampeggia dove ho amato.
Piero Bigongiari
AMORE CAMPANILISTICO
TRIESTE
... Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore; come un amore
con gelosia.
Da quest’erta, ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrante spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
Umberto Saba
FIRENZE
A Firenze, in Via Tornabuoni
una fuciacca di cielo è tesa
sui fili
del telefono 8-85.
L’altro emisfero si rinfresca da Doney e Nipoti,
con una penna di paradiso
al cappello,
e fra le trine un profumo
di Floride e di Splendid Hotels.
Un vecchio affogato nella primavera
trascina un paniere d’iride sul marciapiede,
lungo le vetrine infocate
di cravatte, di fogli da mille e di liquori:
“Due soldi il mazzo le violette,
i narcisi e gli anemoni”.
La collina di San Miniato
sciacqua nell’Arno i suoi ori di Bisanzio,
i suoi cipressi,
e le ville;
il Ponte Vecchio incrostato di gemme,
i campanili,
i tea rooms,
coll’acqua verde
partono fra due argini felici di sole...
Ardengo Soffici
COLLINA PIEMONTESE
Bel tornare per quelle azzurre strade
di collina, la sera di settembre.
C’è aria di serene confidenze,
una stanchezza vogliosa di baci.
S’imbattono catene di ragazze,
carri dibimbi. A un tratto è grande l’ombra con lumi di lontane case sparsi,
e là, sospesa in un canto, la luna.
Francesco Pastonchi
TERRA MIA
In un cofano azzurro
traluce la gemma dei monti
con iridi di valli
e baleni di prati:
avesse la terra una mano
da inanellare e far mia!
Clemente Rebora
LUNA AL PAESE DI MIA MADRE
Tarda sale la luna verso l’alba,
logora e grigia senza forza d’ombra
o di schiarire in sogno acque dormenti,
sopra i monti sereni.
Appena impallidito dagli ulivi
snoda il torrente e sfuma nella valle
la sua traccia di serpe in mezzo all’erba.
E quando il sole all’improvviso versa
dal crinale incendiato la colata
del suo sorriso ardente,
pare rapita in cielo trasparente...
Corrado Govoni
SALENTO
E qui, se mai verrai, l’estate
quietamente si sfanno obelischi
e cattedrali come sortilegi
consumano in esilii avventurosi.
Prossimi alle scogliere noi
parleremo del Sud, dell’Europa,
dell’uggia e del campo di tabacco
che avanza in bilico tra noi e il mondo.
Vittore Fiore
CONTADINE DEL CAPO
Quando affrontano il giorno sui cammini
col fazzoletto in testa e il vando nero
hanno lo sguardo fiero e un metro fisso
di marcia sotto la roggia del sole.
Non parlano non cantano
non guardano dintorno, cavalcatrici di strade e di sentieri.
I segreti pensieri ruotano lentamente
magri falchi su bisogni elementari.
Nessuno le vide nascere
nessuno ancora le vedrà morire.
Destino affamigliato le porta alla campagna
che anela fra le rocce come la loro bocca.
Al giro indifferente di cielo e di rapaci
le scarpe in mano vanno su asfalti provinciali
o lungo le carrare polverose.
Finiscono d’un tratto dietro case di pietra
e lasciano solo ombre d’occhi neri.
Donato Moro
SCOGLIERE
Sopra i campi di Siracusa, presso le scogliere,
ove, lasciata la sua bianca voce,
l’onda che urta si ritrae nel mare,
con rauco grido s’alza la cornacchia.
Immensa solitudine!... Contro il mare e il sole,
il ripetersi continuo di quel volo e di quel grido.
Teocrito, Archimede, i trionfi, le bighe
sparirono quali schiume sul duro
esistere; ma della rauca voce, del volo nero
mai non perdono l’orma le scogliere.
Luciano Nicastro
VERSO FERRARA
Questa è l’ora che vanno per calde erbe infinite
nel mio paese gli ultimi treni, con fischi lenti
salutano la sera, affondano indolenti
in sonni dove tramontano rosse città turrite.
Dai finestrini aperti il vino delle marcite
monta al madido specchio delle povere panche;
dei giovanili amanti scioglie le dita stanche,
fa deserte di baci le labbra inaridite.
Giorgio Bassani
PIANURA PADANA
Nel fremito delle sue dieci penne
il Po nasce da una costola
del Monviso, incoronato dai venti.
Il bigio monte sassoso
scarse vene possiede, ha un arido cuore,
ma sotto un’ombra sperduta
cresce la polla che fugge
col viso teso, ridente, alla valle…
Mela spaccata, la pianura
da monte a mare è preda del fiume
che ronfa nella spenta bellezzadella notte,
o simile alla vipera s’acquieta. Mormora, racconta
stupefacenti nomi… poi livido d’orrore,
con la bava alla bocca,
strappa, avventa
verso il delta inquieto il suo furore…
Roberto Roversi
MIO SUD
Mio sud, mezzogiorno
potente di cicale,
sembra una leggenda che vi siano
torrenti a primavera.
Mio sud,
inverno mio cald
come latte di capre, già si dorme
fratello e sorella
senza più gusto.
Mio sud,
pianura mia,
mia carretta lenta. Anime di emigranti
vengono la notte a piangere
sotto gli ulivi,
e domani alle nove il sole già brucia,
i passeri
a mezz’ora di cammino
non hanno più niente da cantare.
Mio sud,
mio brigante sanguigno,
portami notizie della collina.
Siedi, bevi un altro bicchiere
e raccontami del venti di quest’anno.
Mio treno di notte
lento nella pianura
Battipaglia… Salerno…
mio paesano, stanco sulla valigia,
come vagabondo…
Franco Costabile
CASA DI MONLIONE
Bene che sia caduta
dal platano la foglia più alta,
che ricoprano il fiume
tenerissime nebbie
e la macchiola resti greve di pioggia;
o che una fila di quaglie
ricerchino mute
il margine ombroso del bosco,
fuori della rovente stoppia
dove giace la serpe falciata;
sempre io amo queste colline
della terra di mia madre.
Casa di Monlione,
per prima ti vedo
sul fianco della collina
sotto l’albero di noce.
Incontro gli uomini
che portano giacche di velluto
odorose di polvere da sparo e di tabacco…
Paolo Volponi
CALABRIA
… E un giorno non troppo lontano
unito a te nella zolla sarò anch’io Calabria,
sarò il fremito dei tuoi alberi,
il murmure della tuaonda, il sibilo dei tuoi uragani,
il profumo delle tue siepi, la luce del tuo cielo.
Si dirà Calabria e anch’io
sarò compreso in quel grande e immortale nome, anch’io
diventato
un ulivo
dalle enormi braccia contorte
spaccate dal vento dei secoli,
anch’io sarò favola al canto che sgorghi improvviso
come acqua dal sasso
dalle labbra di un giovinetto pastore dell’Aspromonte…
Leonida Répaci
ELEGIA MOLISANA
… Risonanze sommerse porta il vento
quando s’alza negli orti a sera e mugghia,
ostile, sulle case antiche e vuote
che immagini conservano
remote e ricordi di morti senza tempo.
In queste mura intesse la sua vita
di rinunce e miseria la mia gente:
i vecchi non ricordano che fame
e le mamme hanno il petto dissanguato dalla fame dei figli:
nelle mani esse stringono la pena e grani di rosario.
Come vorrei lungo i tuoi tratturi,
terra mia dolce, unirmi ai tuoi pastori
che lenti vanno e muti come numi
antichi nel silenzio sopra l’erbe;
o per le strade unirmi ai pellegrini
a ritrovar la fede dei miei padri
dietro un ramo intarsiato fatto croce…
Ma non odo che pianto nei crocicchi
e sulle soglie vedo solo addii.
Non si piangono morti, qui, ma vivi!
Uomini vanno col fardello carico
di stracci e di illusioni, chissà dove.
Partono!
Parte tutta la mia gente
per approdi lontani. Partono all’alba, come i condannati…
Sabino D’Acunto
LA MIA TERRA
Sotto pallidi olivi
sparse greggi sul margine dei greti brucano l’erba rugginosa.
Sole
d’inverno, lievi erranti fumi azzurri su chiuse ville e casolari.
Dolce
quiete di vita, immagine remota
del mio sogno, tu esisti, bella quanto ignara. E la memoria
ti ritrova in un ansito di gioia,
ed incontro ti viene
come il soldato alle braccia materne.
Giovanni Titta Rosa
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Marc Chagall, “La passeggiata”. Museo Statale d’Arte, San Pietroburgo. - Archivio BPP |
IL PANE
Sulla pendice estrema del Gargano
la masseria giaceva e l’abbagliava
la piana solatia del Tavoliere: accoccolate sulla bassa costa
ammiccavan le case linde e bianche.
Come branco di capre l’oliveto
selvatico saliva alla montagna brulla, mentre alle falde si snodava
attraverso boschetti d’elci e d’olmi
il Candelaro torpido e silente…
Grande era l’opra e tempo d’affrettare:
la spiga d’oro già pendea matura.
Albeggiava e la stella mattutina
come un fanale rosso s’inarcava
sul Gargano. Pungeva quasi il fresco.
Subito mosser gli uomini in silenzio
al limite del campo, e là arrivati
ristettero un momento per pregare.
Roco un grido s’udì, e le prime falci brillaron nel chiarore antelucano…
Umberto Fraccacreta
LE ALPI
I verdi balzi e i pascoli ridenti,
reduce pellegrino, ho riveduto;
ai ghiacci eterni, ai fiumi ed ai torrenti ho ridato dal cuore il mio saluto.
Qui dov’io seggo schiudesi agli intenti
sguardi il riso del ciel limpido e muto;
quidov’io seggo il mio pensiero in lenti
desideri di pace erra perduto.
La catena dell’Alpi in ampio giro variata di nevi e di pinete
in vallate profonde, ecco, s’adima.
E vagabonda d’una ad altra cima,
solca una nube l’immortal quiete della nitida volta di zaffiro.
Giovanni Bertacchi
AMORE PER LA MADRE
LA MADRE
E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all’Eterno, come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia, come quando spirasti
dicendo: “Mio Dio, eccomi”.
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi,
ricorderai d’avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Giuseppe Ungaretti
GRIDO ALLA MADRE
Madre, mia madre
dove sei nel lontano?
Dove ti sei sperduta dopo la morte,
che più non mi mandi la tua immagine,
e deserti sono i miei sogni, ma meno della mia vita?
Io
sto quaggiù lo vedi in quale pericolo:
strani mostri mi fanno le cacce,
girano intorno intorno alla poca rupe.
Madre, se esisti ancora
in qualche punto dell’universo
o sei tornata alla bontà indivisa
da cui ti staccasti nel nascere, fammi sentire
diminuita la mia solitudine, schiariscimi gli occhi,
che io giunga a rivederti nell’alto del tuo sereno,
e smetta di scorgere al tuo posto le ambigue
larve che ti nascondono al figlio.
Giorgio Vigolo
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Pablo Picasso, “Due donne che corrono sulla spiaggia”, 1922. Musée Picasso, Parigi - Archivio BPP |
FAVOLA E SOGNO
(Elegia per mia madre)
Oh, la brina degli anni sui capelli!
È scesa lenta e d’improvviso è sera.
Ma nel crepuscolo ancora
l’anima ad una qualche favola s’indora dolcemente.
Un navicello antico scivolando su meraviglie d’acque
nel mattino, mi porta ad un’isola verde
ove sotto platani frondosi in riva a un quieto lago
sorridono le madri:
la mia con gli occhi andalusi, giovane come nel tempo
ch’era appena fanciulla.
Non parla,
tra le braccia ella mi stringe al seno; e l’aria m’avvolge
d’un canto invisibile d’uccelli tra i rami
in mutevoli voli
dentro le folte fronde.
Oh!! La brina degli anni sui capelli!...
Carlo Saggio
IN TERRA
Chiese d’essere sepolta in terra, mia madre;
e che marmo non pesasse
sul suo sonno, ma l’erba vi crescesse che non chiede
fatica, soltanto pioggia e sole;
mio padre nella cappella
a prestito, nel gorgo dei platani,
attende che si faccia
posto anche per lui, in terra. Il muratore, come una stanza
intonaca la tomba, con pietre sotto il fondo, che l’aria vi respiri.
Seduta sull’orlo
mia sorella lavora a maglia.
Alberico Sala
MADRE
Madre, disteso il volto
se quest’ansia di cedere alla morte,
mentre sormonti gli evi
stanchi, ti si converte in cantico
di gaudio farai di questa notte l’esile regno, ma non circoscritto.
Madre, il tuo regno
in questo breve fiato – velato di sapienza – che la morte
contrasta.
Da fresche scaturigini
tu scorgesti, in vetta al tuo respiro, il tuo parlare
già al di là delle ore, quando
pur si sdipana e resta illeso il groviglio del vivere.
Sovrana, sul silenzio, inaudibile ai pochi, assisa,
per tradurre in affetto i confini del giusto.
Una notte d’inverno
fu il tuo manto di pellegrina cui la strada preme, ormai. Passo
dietro passo, non nata,
non da nascere più, t’accompagnai lungo un viale di ghiaia.
La notte infine livellò pietosa ogni orma.
Enzo Panareo
SOLITUDINE
Tu che m’hai messo madre in questa grande
solitudine del mondo
non mi sarai vicina
quando dovrò morire solo come la luce
solo ancora a compiangermi a riconoscermi a ricordarmi
solo senza il tuo latte
che mi crebbe per la solitudine senza più questa fede proterva
che tutto mi tende a quel giorno certo.
Giuseppe Longo
LE ORE MIGLIORI
… Nessuno ci corre dietro. Ma tu
macchinalmente solitaria persisti
nel ritmo ordinario in cui ogni ora
ha la sua norma: sai già che il mattino avrà stanze
disfatte e l’odore del sonno e l’aria
che un brivido nebbioso vi porta o il sole
nella bella stagione. Bisogna dunque concludere tutto perché tutto ricominci,
dopo un riposo di affrante bestiole,
col primo atto del domani: vivrà la vita per chi non ha tempo
di vivere. Così anche ora da me ti allontani,
spingi cassetti, fai scattare sportelli, ammàini l’avvolgibile con fragore:
e siamo soli con tutte le storie
dei libri che promettevano in cambio di virtù felicità.
Così finiscono le tue ore migliori…
Giovanni Giudici
AMORE PER IL PADRE
A MIO PADRE
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno…
Alfonso Gatto
A MIO PADRE
L’uomo che torna solo a tarda sera dalla vigna
scuote le rape nella vasca
sbuca dal viottolo con la paglia macchiata di verderame.
L’uomo che porta così fresco
terriccio sulle scarpe, odore
di fresca sera nei vestiti
si ferma a una fonte, parla
con l’ortolano che sradica i finocchi.
È un uomo, un piccolo uomo ch’io guardo da lontano.
È un punto vivo all’orizzonte. Forse la sua pupilla
si accende questa sera accanto alla peschiera
dove si asciuga la fronte.
Leonardo Sinisgalli
OSTERIA DELLA BELLA BREZZA
Padre, finita la giornata uscivi
le belle sere
a prender l’aria di mare. Sedevi fuori dell’osteria che non c’è più; che aveva un nome così fresco, pinto
in azzurro di lettere leggere
sulla bianca maiolica. Hanno stinto
il tempo ed il salino
tante in me cose e non quel nome: spira dal suo celeste ancora
la bella brezza.
Discendevi su l’ora
che il nostro mare è una cara contrada
con tesi teli e fumo di comignoli. Tra poco, e ancora è giorno,
treman sull’acque lumi e nelle case.
Cantan, su’ remi, amanti. Navi fanno ritorno,
escono navi dal prossimo porto,
van per quieta strada all’orizzonte che il vespro avvicina.
Andavano, per te, sul mare grande.
Andavano distante
anche i piccoli barchi, e tu con loro. I capitani della Bella Brezza
rifanno a gara la traversata, toccano le Americhe.
Tempi di vela! Un palpito di nomi…
Angelo Barile
SILENZIO
Padre, le sere i lunghi treni a riva
e le stelle sospese alle scogliere,
a risacca di mare. Il vento secco
delle zàgare nuove nei giardini.
Segno di lume alla finestra e il cupo
dorso selvoso del vulcano. Entravi
alto nell’ombra. La cucina nera
schermata dalle fiamme e il volto chino della mamma. Di voi solo silenzio
ora resiste. Lucida dal mare
la notte cala sui velieri antichi.
Giuseppe Villaroel
LETTERA
Padre, il mondo ti ha vinto giorno per giorno
come vincerà me, che ti somiglio.
Padre, i tuoi gesti sono aria nell’aria,
come le mie parole vento nel vento.
Padre, ti hanno umiliato, tradito, spogliato,
nessuno t’ha guardato per aiutarti.
Padre di magre risa, padre di cuore bruciato,
padre, il più triste dei miei fratelli, padre,
il tuo figliuolo ancora trema del tuo tremore,
come quel giorno d’infanzia di pioggia e paura
pallido tra le urla buie del rabbino contorto
perdevi di mano le zolle sulla cassa di tuo padre.
Ma quello che tu non dici devo io dirlo per te
al trono della luce che consuma i miei giorni.
Per questo è partito tuo figlio; e ora insieme ai compagni
cerca le strade bianche di Galilea.
Franco Fortini
AMORE ONIRICO
AVORIO
Parla il cipresso equinoziale, oscuro
e montuoso esulta il capriolo,
dentro le fonti rosse le criniere
dei baci adagio lavan le cavalle.
Giù da foreste vaporose immensi
alle eccelse città battono i fiumi
lungamente, si muovono in un sogno affettuose vele verso Olimpia.
Correranno le intense vie d’Oriente
ventilate fanciulle e dai mercati
salmastri guarderanno ilari il mondo.
Ma dove attingerò io la mia vita
ora che il tremebondo amore è morto? Violavano le rose l’orizzonte,
esitanti città stavano in cielo
asperse di giardini tormentosi,
la sua voce nell’aria era una roccia deserta e incolmabile di fiori.
Mario Luzi
GIOVINETTA AI CONFINI DEL MONDO
(Per una morgana in figura di bellissima fanciulla
apparsa sul deserto una sera dopo una battaglia.
Tre piccole stelle la seguivano)
Giovinetta ai confini porporini del mondo,
placida forma che da lungi pace
già dare potresti agli eroi
quando avvampati irrompono nel cielo
con l’odore bruciato della terra! Sorta sei nei silenzi
per chi, se non per noi, o sorella dei venti e dei soli irreale
e pur vera
più della verità stessa alla nostra sete sì lunga: canto
d’un’aerea grazia fuggitiva
sull’ombra che ci affossa
senza materno pianto?
Ti soffermassi un poco, volta così, là sul limite estremo
che varchi, mentre una tua mano alzata (solo il gomito punge rubicondo
l’aria di rosa)
dietro l’ammatassata chioma accenna
tre palpitanti piccole
vite d’uno sciame d’oro
che ti seguono: un coro,
inaudito ai mortali, di tre note dal tremolo lucente;
e pare che beatamente le ascolti tu reclinato il belviso: sì per il chiaro mento,
come alone da due lievi onde,
dalle schiuse labbra si effonde la labilità d’un sorriso!
Dove vai? Verso quali più lontani orizzonti cammini?
A illudere fugace
quali spiriti d’altri mondi,
se in altri mondi han vita esseri mesti d’inaccessibili misteri?
Addio, misericordioso
incantesimo della morte/
Consci, i nostri occhi, e muti
di quaggiù te salutano oramai
come chi miri al confine del mare
vascello dileguare
carico d’umani sospiri…
Umberto Zerbinati
 |
Giorgio de Chirico,“Gli sposi”, 1926. Musée de Peinture et de Sculpture, Grenoble - Archivio BPP |
SPIRITO D’ARMONIA
L’architettura solare delle giornate perfette
dona più altezza alle vette
più profondità al mare,
concilia fuochi turchesi
con tenerissimi albori e suddivide in riflessi
eterei canti di fiori.
Tutto l’azzurro combacia
– sferica e morbida selva
d’alito d’oro e di perla –
con la votiva tenacia
delle radici e dei frutti e degli spiriti tutti.
Girolamo Comi
PARTENZE
I marinai raccontano che nel partire sempre
guardano la terra ansiosi:
dove la terra muore
e le ultime palme ondeggiano
sorridenti fanciulle coi fazzoletti muti
il volo dei capelli neri
promettono ai marinai perduti.
Giacinto Spagnoletti
SOGNO GRECO
Son tornato, stanotte in sogno, in Grecia
a un sepolcreto antico non violato,
in un’isola forse o in terraferma:
ma, sconosciuto e di me stesso ignaro,
morto ero fuor di tempo da mill’anni.
Poi, fu d’ignota doglia un ineffabile: sognavo infatti d’essermi presago
che al tempo e al giorno e a non so che memoria
la tomba profanata avesse a rendermi
forse all’istante oppure fra mill’anni.
Io dico doglia, ma non ci fu tempo,
mentre sognar che mi destava un sogno,
il silenzio violava ed il segreto
intatto d’un sepolcro in terra greca,
fuor di tempo un momento e mille anni.
Riccardo Bacchelli
LUNGO UNA STRADA
Lungo una strada senza nome,
in un dolce paese di sogno, incontro talora una dolce figura,
un amico, o forse me stesso.
Se ne va né curva, né altera,
un po’ melanconica,
in cerca di aspetti svaniti. La spio di là da una siepe fiorita,
la seguo col cuore che batte,
ma quando da presso
le tendo le braccia/
svanisce come ombra leggere.
E non mi resta che tornare solo.
Filippo De Pisis
UN SOGNO
Era mattina; e, il mondo, trasparente.
Le ragazze parevano ruscelli.
Fucilate d’eterei cacciatori come chicchi di grandine passavano
da parte a parte i tordi di cristallo.
Si vedeva attraverso le colline,
quasi attraverso un vetro, città e porti,
campi e foreste, diafani miraggi.
Guardavo in cuore a tutti; e sotto all’erbe,
come sul fondo d’un laghetto,i morti.
Corrado Pavolini
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Carlo Carrà, “Madre e figlio”, 1917. Pinacoteca di Brera, Milano. - Archivio BPP |
ERA SOGNO
Se ti ricordo, eri Dafne fuggente inseguita.
Ora sono una pietra
e se un tuo bacio mi ha scosso era sogno.
Ennio Bonea
AMORE IDILLIACO
SONETTO
La luna lenta e blanda divagava
fra l’ombre degli ulivi e dei vigneti
sul colle addormentato, che posava
nel lume amico dei suoi poggi lieti.
L’aria tranquilla e tiepida odorava
di fiori, di fogliame e di frutteti,
e l’usignuolo limpido irrorava
gli orti ombrati di mirti e di laureti.
Nella quiete splendida fioriva il suo delirio con il suo lamento,
e ricadeva là donde saliva,
riscintillando per la fronda, in una
pioggia di note roride, che il vento
spargea su l’erba intorno ebra di luna.
Enrico Somarè
ADAGIA LA TUA VITA
Adagia la tua vita in questo campo
che fa sera tutto pieno delle viole
nel più dolce autunno senza vento.
E parlami di te, ché tanto bramo sentire la tua storia in questo buono
dell’ora e del cuore mentre cade
la prima stella nel fiume.
Non dirmi che ti turba il mio fissare
lo sguardo nei tuoi occhi, se del bene vi trovo della vita. Tu non sei,
o cara, meno dolce della sera
che cala sopra il mondo e infonde calma.
Umberto Bellintani
MORMORA NELLA SERA
Mormora nella sera
come una voce gelida la brezza che muove dall’oriente. Bruna
si vela nello sguardo trepido, fisso; ti trascorre
quasi una luce il petto dove il cuore
dal silenzio invernale lentamente si sveglia… Liberata
nel celeste è la fronte…
Come un mare, a onde
bagna il vento i capelli, tra le nuove fronde trema bianca la luna.
Antonio Rinaldi
OMAGGIO A CATULLO
Viviamoci, mia cara, che ci amiamo,
e i bròntoli dei vecchi moraloni,
noi ce li valutiamo, tutti, un soldo:
il sole sa morire e ci ritorna:
ma se un giorno ci muore il breve giorno,
la notte eterna, noi, ce la dormiamo: tu i mille baci mi dai: dopo, i cento:
e i mille, dopo ancora: e i cento, poi:
e dopo, gli altri mille: e i cento, ancora:
poi. Fatti i nostri multimila baci,
ci confondiamo il conto, in un pasticcio:
se no, un cattivo ci fa il menagramo,
che sa che sono tanti i nostri baci.
Edoardo Sanguineti
PAROLE D’AMORE SUSSURRATE
…Io ti ricerco in mille
frammenti, morso dalla fame, o unico
sorriso, unico ricordo, amore.
Cerco la fonte, ma il cercarla è, in cuore,
chiuderla: si posta sulla cresta
dell’essere – già simile al parere –
questa abbondanza, questa vanità.
Tu che irrori la mensa ed alzi il calice
all’altezza degli occhi, io che ti bevo,
cieco, e ti tocco sulle labbra, ecco
io per te sono l’ultima favilla,
già tuo nel quieto spegnersi per l’aria,
ma non tuo per il fuoco che ha condotto
questo parere ad essere, già fiamma
nel brivido di freddo che le imposte aprendosi ora lasciano filtrare
d’un giorno, questo: giorno tuo se è mio.
Piero Bigongiari
COME APPARSA NELLA SERA
T’incontrai come apparsa, nella sera;
e il cuore ansiosa e schiva ti portava.
Un lampione oscillando allo scirocco
ti illuminava gocciole fra i riccioli in tempesta.
Sera d’inverno, e a noi di primavera.
Giovanni Francesco Romano
FRESCHEZZA AZZURRA
Freschezza azzurra effusa chiarità,
luce infinita da non so quale miracolo esplosa.
Silenzio a pace si sposa.
Un veliero
su le tremule acque senz’orme
con l’ali aperte incantato dorme.
Né foglia né fiore
nel bosco si move.
Il pensiero
segreto rema verso un come verso un dove
e nel profondo trema.
Angiolo Silvio Novaro
AMORE FULMINEO
AL PARCO
Nell’ombra della magnolia
che sempre più si restringe, a un soffio di cerbottana
la freccia mi sfiora e si perde.
Pareva una foglia caduta dal pioppo che a un colpo di vento
si stinge – e fors’era una mano
scorrente da lungi tra il verde.
Un riso che non m’appartiene
trapassa da fronde canute
fino al mio petto, lo scuote
un trillo che punge le vene,
e rido con te sulla ruota
deforme dell’ombra, mi allungo
disfatto di me sulle ossute radici che sporgono e pungo
con fili di paglia il tuo viso…
Eugenio Montale
AMORE DESIDERATO
ORA CHE SEI VENUTA
Ora che sei venuta
che con passo di danza sei entrata nella mia vita quasi folata inuna stanza chiusa – a festeggiarti, bene tanto atteso, le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.
Il pigolio che assorda il bosco al nascere dell’alba, ammutolisce
quando sull’orizzonte balza il sole.
Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo nella notte d’estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m’affannava il cuore. E tutte tue sono le parole
che, come l’acqua all’orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l’ore deserte, quando s’avanzavan
puerilmente le mie labbra d’uomo da sé, per desiderio di baciare…
Camillo Sbarbaro
È TARDI
È tardi, mio fermo cuore.
Una donna non è nostra e si stringe, eco pallida,
a un nido di rondine sul profilo dei sentieri.
Ogni moto è un’isola che tu potevi accostare.
Le giunture dolgono. I richiami
assalgono l’aria. Un filo d’oro terso
teso è un canto remoto. Negli aliti lievi purché tu ti svegli,
lo stellato plumbeo, da fiori fusi,
spezzati in alto nelle varie orbite, è un vuoto.
Lorenzo Calogero
LE MANI
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso. Quando lenta le schiudi, là davanti
la città è quell’arco di fuoco.
Sul sonno futuro saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento quando le riprenderai.
Vittorio Sereni
AMORE E SOFFERENZA
PIANURA
A quest’ansito sordo del cuore
non gigli schiumosi infiora il mare
né l’antica pianura un arco incurva di luna e di tremore.
Qui il cavo silenzio delle ore disperde suoni solitari,
lampi iridescenti nell’occhio
del pastore in mezzo ai pioppi
che il respiro coglie di stormi e venti al sud in fuga oltre la siepe mossi.
Giovanni Bernardini
PROCESSIONI E SUFFRAGI
Processioni e suffragi
s’aprono a ventaglio
sulle pagine scure del nostro giorno
Mai più inni di gloria dopo l’assedio dei Saraceni
Altre strade infinite Navi che salpano
e treni di pianti lunghi Mi guardo le mani
e parlo con mia madre Anche il fratello è partito
dice
resti tu solo a vegliare la casa
Solo io E il mare torna a infuriare
Terra dell’Est spugnosa d’argilla
Mare che tante storie puoi raccontare
di sangue e fiori sparsi Ha vinto il Saraceno
quando ha trafitto il tuo e il mio cuore.
Bruno Epifani
SETTE SASSI
Sette sassi ho trovato per strada,
sette sassi a punta di chiodo e capocchia di duro mercante:
passo più passo meno,
quattro nell’ombra e tre nel sole.
I miei passi andavano piano
come su un lastrico di cimitero,
posando pensiero dopo pensiero,
– quattro nell’ombra, tre nel sole –
ma con tal senso di natura morta,
che una lucertola guardò quei passi e il mezzogiorno s’irrigidì.
Silvio Catalano
CATOI
Nera miseria cova nei catoi,
tossiscono bestie e fanciulli,
fave cotte quando si hanno,
cicoria amara e cardi senza pane.
L’inverno è una sentenza di dolore.
L’asino morto tutto pelle ed ossa,
la tramontana che passa la porta
e non bastano i sacchi di concime
e le vecchie bisacce a scaldarci le ossa trapanate.
E la luce ci tagliano, ci tagliano anche l’acqua e ci svendono all’asta il canterano.
Non contano più niente i santi protettori
e il ferro di cavallo sulla porta
e le croci di palma benedetta, non c’è misericordia,
ci tolgono anche i chiodi dalle mura.
E le madri sono come coniglie,
coniglie nere sepolte dai lutti
e i padri se ne stanno sulla piazza a guardare la pioggia maledetta
che gonfia le fiumare
e dieci son le bocche da sfamare, dieci paia di scarpe sono un occhio.
Mandiamo la sorella cameriera,
la sorella più grande, ancora tenera,
quella che coltivava nelle grasse
i garofani e guardava nella via con occhi grandi e tristi le ragazze
con quattro letti di biancheria
e il picciotto massaro col carretto...
Mario Gori
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Joan Mirò, “Rondine/Amore”, 1933. Museum of Modern Art, New York. - Archivio BPP |
AMORE
La luna coronata di margherite
ride nei vaghi occhi infermi, caprioli d’argento
scherzano nelle radure del cielo.
I fiori si macchiano di sangue…
Oh, lontana, lontana in questa notte
come una nave con le sue vele
nel mare scuro.
Ma presto verrà il tempo
arido e melodioso dei papaveri
e tu sarai tornata già donna.
Attilio Bertolucci
RITRATTO
Dentro di me porto i cori della sera,
i lamenti e la dulia delle novene,
gli inni cantati nelle processioni,
di notte, all’inquieta luce dei ceri
per le strade sgombre di peccato.
porto il terrore del rigido ramarro,
il seme d’orzo che germina le felci,
la mestizia del campo devastato
e il cupo desiderio d’una donna.
Quando tomba si fanno le parole
e vani sono i cori ed i lamenti,
mi regge il sogno d’impreviste razzie
o il silenzio ch’entra dalle porte
spalancate in faccia al gelo della luna. Ho lo stupore di Lazzaro risorto,
la pietà delle cave di pietra
che offrono il ventre alle perforatrici
e con me porto la ruvida scorza dell’olivo contorto di dolore,
la magra polpa dell’uva zibibbo
e il torbido furore dei torrenti in piena…
Geri Morra
MORTE DI UNA STAGIONE
Piovve tutta la notte sulle memorie dell’estate.
A buio uscimmo
entro un tuonare di pietre, fermi sull’argine reggemmo lanterne
a esplorare il pericolo dei ponti.
All’alba pallidi vedemmo le rondini
sui fili fradice immote spiare cenni arcani di partenza –
e le specchiavano sulla terra
le fontane dai volti disfatti.
Antonia Pozzi
AMORE EPISTOLARE
MIA PICCOLA LIRÒ…
Mia piccola Lirò ti scrivo un po’ turbato,
al lume della candela, col cuore in apprensione
non so perché, ma come se un innocuo moscone
entrato nella mia stanza vi ronzi all’impazzata.
Lirò, ti vorrei dire tante, ma tante cose,
più dolci di quei confetti che ti piacciono tanto;
tante cose soavi e tepide come il sangue
che corre alla tua fresca bocca di melarosa;
e tante altre leggère come il profumo di fieno
che tu prodiga versi nei tuoi fazzolettini,
leggère come il sorriso tuo che mi fa sereno;
cose morbide, come i tuoi capelli fini,
fini più delle vene che ti battono le tempie
e molto traspariscono, azzurre e un poco verdi,
per la tua candida pelle disfatta e vellutata
Lirò, ti vorrei dire tante cose, ma semplici,
e pure come i tuoi occhi, tante cose leggiadre...
Ti vorrei bisbigliare cose tristi e dolci come
gli occhi delle caprette, cose nere più delle chiome
tue, più dei tuoi occhi; più bianche delle tue mani,
più gradite dell’odore della menta se pian piano
si schiaccia sotto le dita. Neppure questo: “Lirò,
mia viva tenerezza, se tu per me sarai
quel ch’io sarò per te, sarò quel che tu vorrai!”
Neppure questo udrai dalla mia bocca triste…
Arturo Onofri
LETTERA 1951
Natale altro non è che quest’immenso
silenzio che dilaga per le strade,
dove platani ciechi
ridono con la neve,
altro non è che fondere a distanza
le nostre solitudini,
sopra i molli sargassi
stendere nella notte un ponte d’oro.
Sono qui, col tuo dono che mi illumina
di dieci stelle-lune,
trasognata guidandomi per mano
dove vibra un riverbero
di fuochi e di lanterne (verde e viola),
di girandole e insegne di caffè.
Van Gogh, Parigi azzurra…
Un pino a destra
per appendervi quattro nostalgie
e la mia fede in te, bianca cometa
in cima.
Maria Luisa Spaziani
LETTERA DA MILANO
Solo il tuo nome ora ricordo, aria leggera
estivi tramonti. Meglio non ricordare.
(Ogni giorno fu nostro, ogni sera ci appartenne,
un attimo la fine).
Non credere, cara, che con amici a Milano la sera
stia volando in metrò verso nuove avventure.
Non credere. Amo adesso tristezze civili:
strade larghe senza cuore, gialle senza foglie.
Ho tentato, sai, di estirparti dal cuore. Ho tentato.
Ma occhi perlati e seni avviliti dopo notti d’amore
m’implorano sempre:“Vattene, appartieni a qualcuna,
appartieni!”
Non chiedetemi quando i ricordi cadranno
“Presto” risponderei, e il cuore “Mai”.
Lucio Romano
AMORE NELLA RIMEMBRANZA
PASSATO
I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo,
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire
che m’appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapido!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l’amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
Vincenzo Cardarelli
QUANDO FU L’ORA
Quando fu l’ora
gli orologi avevano perduto la voce
e la pietra lunare del cui bagliore
sinistro s’era nutrito il mio esilio
scivolò in mare dove qualcuno
un giorno la troverà, qualcuno che invidio
perché sarà come me triste e ilare
quand’io non potrò più esserlo. Camminerà sulle rive
dei miei pensieri di ora credendo d’esser solo, solo e diverso,
e un giorno, dopo una pioggia, in una grotta del cielo vedrà un celeste limpido e disperato
(limpido e disperato amore mio!)
e lì potrebbe scorgere, mestamente confuse,
le tracce dei miei passi nell’infinito.
Vittorio Bodini
OTRANTO
Otranto ha gustosissimi grumi di neve
un lungo discorrere della memoria
vuota silenzio invernale nella mia mano
bianca di turco spolpato
È lontano ricordo anche l’aria
che penetra tutto che tutto riempie
e ricordo il mare che guarda masse
corpi d’abbandono, memoria ancora
– cristalli morbidi mutanti… –
scrostata pazienza di casucce di storia…
Antonio L. Verri
SERA DI GIORNO ESTIVO
È caduta già l’ombra e una cicala,
fra i rami del cipresso, ancora canta,
credula sempre se pur l’accecante
abbaglio più non la rende frenetica.
Retriva, con mestizia, eppure canta.
S’illude forse che faccia ritorno
subito il sole, e intanto si distilla
nel cuore chiuso fra le cartilagini
la luce e il canto del passato giorno.
Più felice di me,
ché partita per sempre la mia luce
non mi consola del trascorso bene
(sognato forse) il ricordo, anzi il cuore adombra di rimorso e nostalgia
mentre fa cenno qui presso una tomba.
Ettore Serra
RODODENDRI
Busso alla porta dei ricordi. Ed ecco,
da cenere di tempo, mi balzi tu, a colori vivaci.
Ti ritrovo oggi su quel ponticello
estemporaneo che lega i due ripidi
versanti d’abetaie: in fondo, un mugghio schiumante d’ire.
Sulle tue guance sono i rododendri.
Scagliano contro l’azzurro i ghiacciai
quei loro quarzi puri, ma per noi
scendono docilmente in filo casto
di refrigerio a questa nostra ciotola.
Un aroma di funghi alle narici,
in bocca ancora il gusto dei mirtilli.
Fresca d’alpestri delizie, trattengo
la te stessa di allora, accanto, a lungo.
Poi, la ripongo delicatamente
nelle pieghe della memoria. Mai
– oh, stanne certa! – vi appassiranno i cari rododendri.
Lionello Fiumi
OCCHI
Che occhi chiari quella sera
e molti non tornarono più: c’era un’aria di primavera / un’aria che non tornerà più.
Fumavamo così per fumare
con delicatezza ed amore,
non avevamo voglia di parlare
per paura di far rumore.
– Addio, addio, arrivederci qua – e ciascuno per la sua via:
tanta dell’anima mia è rimasta sotterrata là.
Nicola Moscardelli
LA CASA
La casa dove nacqui era chiusa come un autunno
tiepido che s’attarda.
Il vento ci portava le foglie, la caserma gli squilli
e il rumore di tanti cavalli,
le prigioni dal muro grandissimo ogni tramonto rosso, una paura.
Stavo solo negli anni un po’ spaurito
come il falco che avevo nutrito
di topi morti.
Nacqui lì dov’è il geranio,
il muschio nel pozzo,
il sole impoverito sui muri sporchi.
Erano i giorni buoni che penso ancora,
tracce di solitudine che non cancello mai,
tiepidezza materna, come il primo amore ricordi.
Guglielmo Petroni
SOLA CAMMINO
Sola cammino alla fine del mio giorno.
I baci ov’era terra spiga mare forse in me cresceranno
in tanta terra spiga mare.
Amore, pazza attesa, fisso lume tu sei;
ma inutile
è sperare se il cuore non risponde
e l’eco di un bacio non ha suono.
Biagia Marniti
NEL MARE DEL TUO VIVERE
Quali paesi mai alla tua luce
offrire? Quali nomi delle antiche
favole a te? Non ne conservo
alcuno dell’infanzia, incantato millennio,
nell’incauto tempo che assottiglia
la grama fantasia, sepolto.
Mari d’eventi l’isola sommerse ove ancorata l’anima attendeva
nella rada speranza ad echi umani…
Oh, mitica memoria che riemerge
dall’infuocato cielo, dalla terra
contrita, dal marinosepolcro,
umile foglia nell’incerta mano
del fanciullo che ignaro passo muove
tra scheletriti mostri,
è già ventura e grazia, intatta forma, alle favole nuove, a te che andrai
nel mare del tuo vivere a spiegate
vele,col radar nell’aperta mente.
Elio Filippo Accrocca
L’ARTE DEL PRIMO SONNO
Che pece tenera l’inesperienza
tua e mia dell’umano, che amore
l’amore catafratto d’ironia, questo illudersi a ore alterne d’una
maturità che non esiste o almeno
non esiste nel nostro destino.
Quanto poco fu il tempo per descriverti
e meno ancora quello che serviva
a viverti. Illeso amore, accento
di sorriso sulla mia prima costola
fratturata, questo scherzo sottile
di primavera, e al suo velo invisibile
io e te ringiovaniti nella spera
del vaniloquio: la chiave è sul banco
che ti apre e mi vuota come l’uno
in euforia dopo l’altro i bicchieri.
Silvio Ramat
AL FRATELLO
Un giorno amaro l’infinita cerchia
dei colli
veste di luce declinante,
e già trabocca sulla pianura un autunno di foglie.
Più freddi ora dispiega i suoi vessilli d’ombra il tramonto,
un chiaro lume nasce
dove tu dolce manchi all’antica abitudine serale…
Attilio Bertolucci
AMORE PASSIONALE
TANTI ANNI E TANTI
È agosto, è meriggio, alti prati intorno,
iocompio tanti anni e tanti, e da lungi
ecco tu mi scrivi con la cara mano, scrivi
che troppo io son giovine e zingara e inquieta,
tu miobene segreto, tu che mio non sei,
tu alto sovra quanto amai, alto amore, e da lungi il tuo sorriso di carità dolce
vita e morte ugualmente m’illumina,
colme e preziose di pianto e gloria.
Sibilla Aleramo
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Carlo Levi, “La Santarcangelese”, 1936. Olio su tela, Matera, Centro Carlo Levi. - Archivio BPP |
LA TUA SERA
La tua sera con tutte quelle luci
posate sopra i rami e sopra i cigli
alle soglie notturne ti conduce, sguardo che al raggio steso rassomiglia.
Ama il raggio posarsi eppoi fuggire,
tingere d’oro il cielo eppoi lasciare
d’ombre distese nell’azzurro ali sopra i sonni mortali.
Ma in te diventa balenar d’un’orma,
colore dell’affetto e una sua forma,
riso d’umida sera
che si fa per durare una preghiera.
Luigi Fallacara
UN GIORNO O L’ALTRO
Un giorno o l’altro ti lascio, un giorno
dopo l’altro ti lascio, anima mia.
Per gelosia di vecchio, per paura di perderti – o perché
avrò smesso di vivere, soltanto.
Però sto fermo, intanto, come sta fermo un ramo
su cui sta fermo un passero, m’incanto…
Giovanni Raboni
LIRICA ANTICA
Caro, dammi parole di fiducia
per te, mio uomo, l’unico che amassi
in lunghi anni di stupido terrore,
fa che le mani m’escano dal buio incantesimo amaro che non frutta…
Sono gioielli, vedi, le mie mani,
sono un linguaggio per l’amore vivo
ma una fosca catena le ha ben chiuse
ben legate ad un ceppo. Amore mio
ho sognato di te come si sogna
della rosa e del vento,
sei purissimo, vivo, un equilibrio astrale, ma io sono nella notte
e non posso ospitarti. Io vorrei
che tu gustassi i pascoli che in dono
ho sortiti da Dio, ma la paura mi trattiene nemica; oso parole,
solamente parole e se tu ascolti
fiducioso il mio canto, veramente
so che ti esalterai delle mie pene.
Alda Merini
TU
Tu unica, tu viva, tu acqua e aria del mio vivere
e veemente complice di morte;
tu mio pugno e stendardo
contro le scure procedure della sorte;
tu mio grano, mio grembo, mio sonno,
fuoco d’inverno che sventi l’obliqua
nube di notte dove abita l’Orsa,
tu unica e viva, tu canto di grave organo e grido
di lenta carne e fiore e cibo, mia roccia
di paragone e tiepida
tana, mia donna, tu unica,
tu viva.
Gesualdo Bufalino
(1 - Continua) |