L’Italia
del miracolo
era fatta di operai
che si costruivano
la casa con le
proprie mani,
e si compravano
anche la Seicento
o la Cinquecento
firmando cambiali. |
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Correva l’Anno Uno (sui cinque complessivi)
del Grande Balzo italiano. Un anno
che si era aperto con l’occupazione dell’Avana
da parte delle truppe di Fidel Castro,
il 2 gennaio; ed era proseguito con la convocazione
del Concilio Vaticano II da parte
di Papa Giovanni, il 25 dello stesso mese.
Altri avvenimenti avevano arricchito le
cronache del pianeta: il 29 marzo era uscito
il film di Billy Wilder “A qualcuno piace
caldo”, con la splendida Marilyn Monroe;
il 2 giugno Charly Gaul vinceva il Giro
d’Italia; il 21 agosto le Isole Hawaii diventavano
il 50° Stato degli Usa; il 13 settembre
la sonda sovietica Lunik 2 era il primo
oggetto volante a raggiungere il nostro satellite;
due giorni dopo il presidente sovietico
Nikita Kruscev compiva la prima visita
negli Stati Uniti; il 21 ottobre a New
York si inaugurava il Solomon R. Guggenheim
Museum; il 29 dello stesso mese
nasceva sulla rivista francese Pilote il fumetto“Asterix il gallo”, il 10 dicembre, a
Salvatore Quasimodo veniva assegnato il
Nobel per la Letteratura.
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Milano.Una Seicento Saloon del 1958. - Archivio BPP |
Era il 1959. Esattamente cinquant’anni fa,
quando in Italia esplose il “boom”. Il quotidiano
inglese Daily Mail pubblicò una corrispondenza
da Roma in cui registrava con
sorpresa la crescita e i successi dell’economia
italiana: «Il livello di efficienza e di
prosperità del potenziale produttivo dell’Italia – si leggeva nell’articolo – costituisce
uno dei miracoli economici del Continente
europeo».
Era il 25 maggio, e veniva in questo modo
ufficialmente sancita e simbolicamente proclamata
una svolta nella storia del nostro
Paese: dopo la fase della ricostruzione postbellica
(1946-1948) e il decennio dell’accumulazione
di capitale (1948-1958), gli italiani
conoscevano il benessere e il consumismo,
la forza delle esportazioni, il fiorire
della piccola impresa, le trasmigrazioni dal
Sud verso il Nord, approdando al neo-capitalismo.
Si trattava appunto del boom, dal
lessico inglese della Borsa, detto anche più
familiarmente “miracolo economico”. Perché
in un Paese stremato dalla Seconda
guerra mondiale facevano ritorno modernità
e ricchezza. Durò fino al 1963.
La svolta veniva percepita e commentata
anche su tutta la stampa italiana, in concomitanza
con la favorevole Relazione annuale
del Governatore Domenico Menichella
all’assemblea della Banca d’Italia, e di un
piano di Vittorio Valletta, numero uno della
Fiat, per la formazione nelle aree del Sud di
operai specializzati da inserire nelle fabbriche
del Nord. «Di anno in anno migliora il
tenore di vita dei cittadini – scriveva Nicola
Adelfi, di origini pugliesi, in un articolo di
fondo sulla Stampa del 2 giugno – e ci lamentiamo
di cose che neppure si sognavano
tredici anni fa». E ancora: «La maggioranza
dei cittadini ha il necessario, anche l’utile e
talvolta perfino il superfluo». L’Espresso parlerà in seguito di “grande balzo in avanti”,
grazie al consolidamento di potenti
gruppi: Fiat, Eni, Olivetti, Pirelli, Falck,
Italsider, Snia, Montecatini, Edison, Borletti.
Cifre impressionanti: dal 1955 al 1958 il
reddito nazionale era aumentato in media
del 7,5 per cento all’anno, l’industria privata
marciava al ritmo del 6,8 per cento, i titoli di
Stato rendevano attorno al 5,5 per cento.
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Alcune cartoline commemorative della Vespa, un altro simbolo dell’italian style e del boom economico degli anni Sessanta |
Ma ciò che più contava, il vero significato
del boom, anche a confronto con le drammatiche
ristrettezze della crisi di questi nostri
giorni, era la ricaduta sui consumi privati:
nel quadriennio del “miracolo”, vale a
dire dal 1959 al 1963, le famiglie in possesso
di un frigorifero passarono dal 13 al 55 per
cento, quelle provviste di apparecchi televisivi
dal 12 al 49 per cento, con il leader
marxista Giorgio Amendola che non mancava
di gridare ai quattro venti: «Noi non ci
faremo incantare dalla civiltà dei frigoriferi
e dei televisori».
L’Italia del miracolo era fatta di operai che
si costruivano la casa con le proprie mani,
ma che si compravano anche la Seicento o
la Cinquecento firmando cambiali, diventando
protagonisti di un’esplosiva motorizzazione.
Fatta la scelta di fondo (costruire
l’Autostrada del Sole, trascurando l’ammodernamento
dei trasporti ferroviario e marittimo),
si triplicò il numero di automobili
in circolazione: da 1.392.525 nel 1958, si
passò a 3.912.597 nel 1963. Per auto, in rapporto
al numero di abitanti, si passò perciò
da una ogni 24 italiani a una ogni 11 italiani.
E girava più denaro, con aumenti dei salari
nel periodo 1959-1963 che sfioravano il
5-6 per cento.
Le dinamiche economiche spinsero processi
culturali destinati a diventare la vera
faccia del boom. Luciano Bianciardi, l’aguzzo
scrittore della Vita agra, bersagliò
sul quotidiano socialista l’Avanti! «l’epidemia
del sabato» che contagiava le donne
milanesi, manifestandosi con «il tic del
borsellino», cioè con la mania di comprare
di tutto, svuotando i negozi e i supermercati.
Giancarlo Fusco, altro giornalista e
scrittore satirico, raccontava a suo modo,nella colonna che firmava sul Giorno, il Festival di Sanremo, con Modugno da una
parte e gli “urlatori” dall’altra, visto da un
bar della semi-periferia milanese. Gadda si
confessava frastornato dai cambiamenti:«Scrivere, camminare, viaggiare, ciarlare
per necessità e avere gli inevitabili rapporti
umani con la folla di questo ineffabile manicomio -
festival che è l’Italia e un po’ tutto
il mondo, mi riesce penoso: e a momenti
impossibile». Dopo aver descritto le premesse
del boom nella Speculazione edilizia,
nel 1959 Italo Calvino dava alle stampe Il
cavaliere inesistente, terzo titolo della trilogia
degli antenati, critica iperletteraria del
ruolo degli intellettuali nella società di
massa prodotta dal boom.
Le icone della svolta storica attraversavano
ogni campo. Innanzitutto Salvatore Quasimodo
ed Emilio Segré, Nobel 1959 per la
Letteratura e per la Fisica; poi il Premio
Strega al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa,
che raccontava proprio il sorgere di
una nuova classe sociale: poi ancora l’elaboratore
elettronico Elea 9003, disegnato
da Sottsass per gli stabilimenti Olivetti;
mentre in ambito Euratom, a Ispra, cominciavano
i lavori del primo reattore italiano:
tutte immagini del prestigio internazionale
della nostra cultura.
Ma fu un’icona del boom anche Adriano
Celentano, che dopo gli inizi in sordina con
Ciao ti dirò (1957), ancora sulla scia di Elvis
Presley, esplose al Festival rock di Ancona
e dominò le classifiche con “Il tuo bacio è
come un rock”. Né si può dimenticare che il
1959 fu anche l’anno della mitica “Canzonissima”
condotta dall’insuperabile terzetto
Manfredi-Scala-Panelli; l’anno del primo“Zecchino d’oro”, il festival canoro per
bambini inventato da Cino Tortorella (il
Mago Zurlì); l’anno del 45 giri, che segnò
l’esordio della stralunata coppia Giorgio
Gaber-Enzo Jannacci…
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Dammi una vespa e ti porto...”, in un paesino del Capo di Leuca - Rosa Pugliese |
Poi, nel 1963, i cancelli dell’Eden si chiusero
sonoramente sul tramonto di un sogno:
anche qui una data emblematica, quella del
31 maggio, quando Guido Carli, nuovo
Governatore della Banca d’Italia, nella Relazione
annuale sostenne la necessità di
mettere un freno alla spesa pubblica, di limitare
il credito e di contenere i salari. Era
tornata l’Italia di sempre. Quella che aveva
preso l’Oscar per la stabilità della lira passava
la mano a quella nella quale Vittorio
De Sica metteva su un film che si intitolava,
sì, “Il boom”, ma che – per la legge di
un drammatico contrappasso – vedeva protagonista
un Alberto Sordi costretto a vendersi
un occhio. |