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Le iniziative prese dal governo italiano per
battere la crisi? Vanno nella direzione giusta,
ma occorre avere più coraggio su fisco e
misure strutturali. Parola di Nobel. Di cinque
Premi Nobel per l’Economia convenuti
a Trieste per i “Nobels Colloquia”. I cinque,
richiesti di un commento sui pacchetti
di emergenza varati a caldo, per 80 miliardi
di euro, ne promuovono perlomeno lo spirito:«Vanno bene tutte quelle politiche che
stimolano i consumatori a spendere e le
banche a erogare impieghi», chiarisce il decano
dei Nobel economici, Robert Solow,
che ricevette il Premio nel 1987. «L’importante– precisa – è che alla fine gli stanziamenti
siano adeguati, almeno il 2 per cento
del Prodotto interno lordo».
Non tutti i provvedimenti, però, hanno
convinto gli economisti. Ha notato per esempio Robert Mundell, premiato a Stoccolma
nel 1999: «Per quanto concerne gli
aiuti alle famiglie (social card e bonus) mi
sembra un buon piano di welfare. Aiuterà
in qualche modo le persone con i redditi più
bassi, ma non credo possa fare molto per la
ripresa economica». Lui la butterebbe di
più sulle politiche fiscali, «nonostante il pasticcio
italiano abbia creato un deficit consolidato
da tempo», puntando su una drastica
riduzione delle aliquote per le imprese,«sul modello tedesco del 15 per cento».
Un’aliquota più bassa, ha incalzato anche
Edward Prescott, Nobel 2004, «permetterebbe
un aumento del gettito, in quanto limiterebbe
il fenomeno del sommerso». Ma
l’Italia deve fare i conti proprio con il suo
deficit, e, secondo il Nobel 1996 James
Mirrlees, «dovrebbe riflettere su quali tasse
aumentare, anche se non subito, ovviamente.
Preferisco i piani chiari, che prevedano
riduzioni temporanee della pressione fiscale,
per riaumentare le tasse dopo un anno,
per esempio».
Per venir fuori dalle secche, hanno concordato
tutti, l’Italia dovrebbe pensare soprattutto
ai suoi problemi strutturali.«Prima di tutto, alla bassa crescita della
produttività – rileva Prescott –. Serve una
maggiore flessibilità nel mondo del lavoro.
Le imprese dovrebbero poter sperimentare
di più, nel Paese più famoso nel
mondo per il suo talento imprenditoriale».
E invece? «Invece vi ritrovate in un Paese
bloccato dai sindacati.
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Dario Carrozzini |
Ho assistito da lontano alla vicenda Alitalia.
Avrebbero dovuto farla fallire, permettendole
così di riorganizzarsi, come
succede negli Stati Uniti».
Anche il piano per nuove infrastrutture ha
posto qualche interrogativo: «L’importante – secondo lo stesso Prescott – è che non
si ripeta anche da voi quanto fu fatto in
Giappone negli anni Novanta: per risollevarsi
dalla crisi, hanno costruito autostrade
lanciate verso il vuoto…».
Per uscire dal momento critico, comunque,
l’Italia non potrà commettere alcun
errore perché, come ha sottolineato Eric
Maskin, Nobel 2007, «la crisi economica
nel vostro Paese ha soltanto aggravato un
rallentamento che, contrariamente a
quanto verificatosi in altri Stati, era già in
atto». La nota positiva l’ha trovata invece
Solow, il quale ha sostenuto di avere l’impressione,«ma soltanto l’impressione, che
il sistema finanziario italiano sia stato meno
colpito dalla tempesta finanziaria globale.
I casi sono due: siete estremamente
intelligenti, o avete un’enorme fortuna».
Un popolo di risparmiatori (un popolo di
formiche, se si preferisce) non può che appartenere al primo gruppo, professor Solow! |