Le Sirene e il canto.
Le Sirene
incarnano
il canto negativo,
la loro è la voce oscura della
poesia, che perde
luomo e gli fa smarrire lidentità,
lo spinge nelloblio.
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«Una femminilità inquietante, oscura, parzialmente
animalesca e proprio per questo irresistibile, capace di sopraffare
la razionalità del maschio, fino ad annientarlo». Maurizio
Bettini, antropologo del mondo antico e scrittore, parla così
della donna nel mondo classico, in particolare della sua immagine
nel gran poeta, il più solare e mediterraneo tra i classici:
Omero.
Lo spunto glielo dà Luigi Spina, che ha scritto un libro
molto bello, Il mito delle Sirene. Queste creature anfibie, che
attraggono irresistibilmente con il loro canto i marinai, per poi
divorarli, sono lemblema della seduttività femminile
fine a se stessa, dei suoi terrificanti pericoli e del suo misterioso
legame con la natura. Alla loro attrazione fatale per primo sfuggì,
aiutato dalla dea della ragione, Atena, Ulisse, che sigillò
con la cera le orecchie dei compagni e si fece legare allalbero
della nave. Solo così si sottrasse alla malia delle Sirene,
esiliate nellisola maledetta per avere osato sfidare nellarte
del canto le Muse, ispiratrici dei poeti e di tutte le attività
creative umane.
Ma puntualizza a questo proposito Bettini non è
solo lastuzia di Ulisse a sconfiggere le Sirene. Cè
voluta la complicità di unaltra donna oscura
dellOdissea, la maga Circe, anchessa legata al lato
più torbido e ferino della femminilità. Infatti, tramuta
in porci i compagni delleroe, ma, amandolo, lo avverte del
pericolo e gli suggerisce come scongiurarlo.
Fra le creature del poema omerico le Sirene sono le più note,
anche se in realtà tutte le grandi figure che vi si incontrano
sono espressioni di femminilità inquietanti: non solo Circe,
ma anche lambigua Calipso (il suo nome deriva da kalypto,
nascondere); per non parlare di Elena, che con il suo
celebre Nepente fa perdere la coscienza agli uomini. Lunica
a salvarsi è Nausicaa, non ancora iniziata al sesso.
Per il resto, lOdissea è evidentemente prodotta da
una società che ha paura delle donne, che non si fida delle
donne, che le rappresenta come detentrici del dominio sugli uomini:
per i greci, esse hanno il potere della seduzione e nello stesso
tempo quello della perdizione. Per questa ragione la categoria del
desiderio ingannevole, da sempre incarnato nelle Sirene, tanto che
la parola ne è diventata sinonimo, in realtà per gli
elleni accomuna tutte le donne. Tantè che la loro Eva
è Pandora, bellissima ma spargitrice di mali, creata come
punizione per il furto del fuoco ad opera di Prometeo.
E tuttavia le Sirene, diversamente dalle altre donne del poema,
non hanno solo contiguità con il mondo animale, ma anche
un rapporto stretto con il canto e con la musica. «Ho trovato
le mie parole, la musica e la melodia, riarticolando la voce degli
uccelli», ha scritto il poeta Alcmane. Per lui, come in seguito
per i filosofi greci, musica e poesia, inestricabilmente connesse,
si articolano su un materiale sonoro naturale, che viene dal mondo
degli uccelli: ora le Sirene, tardivamente descritte come donne-pesce,
sorta di ninfe marine al modo delle Oceanine e delle Nereidi, nella
versione più antica del mito sono raffigurate proprio come
donne-uccello. Al modo delle perfide Arpie. Come la Sfinge greca,
donna-uccello che violenta i giovani maschi.

Queste creature saranno infine sconfitte. Non solo da Ulisse. Anche
dal mitico cantore Orfeo, e prima ancora dalle Muse. Ecco: nella
sfera attiva, limpida, assertiva, la musica è governata,
come indica la radice stessa del termine, dalle Muse. La relazione
delle Sirene col canto, invece, è perversa: le Sirene incarnano
il canto negativo, la loro è la voce oscura della
poesia. Se la Musa è la collaboratrice attiva del poeta,
colei che lo aiuta nel lavoro salutare e salvifico di esprimere
il proprio io, la Sirena rende passivo luomo che la ascolta,
gli fa smarrire lidentità, lo perde; lo spinge nel
vasto regno delloblio, antitetico a quello delle Muse, che
sono figlie di Mnemosyne, della memoria, appunto.
La minaccia della seduttività femminile è dunque la
regressione, la perdita del controllo e della coscienza. Che si
esprima nelle droghe di Elena o negli incantesimi di Circe o nellobliterazione
della realtà minacciata da Calipso, o infine genericamente
in ogni potere di seduzione sessuale femminile, il massimo
timore delluomo greco è sempre quello di smarrire lidentità,
di perdere i confini dellio, di tornare allo stato indifferenziato
della vita prenatale.
Allora la domanda è: quando diciamo a una donna che è
una Sirena, come si usava nei salotti di fine Ottocento, che cosa
le stiamo dicendo realmente? Non le stiamo dicendo che è
una prostituta, ma molto peggio: che è una seduttrice che
non ama, ma vuole la nostra morte; che è una che ci vuole
a tutti i costi, per poi distruggerci. Pensiamo allimmagine
evocativa, illuminante, della putrefazione dei corpi vittime delle
Sirene contrapposta ai fiori che le attorniano...
Nellimmaginario moderno, è la Sirenetta di Hans Christian
Andersen a rovesciare il mito: non è costei a far perire
il marinaio, trascinandolo in una dimensione per lui insostenibile,
ma esattamente il contrario. La Sirena diventa vittima, da carnefice
che era. Lautore ribalta non solo la tradizione omerica, ma
anche lantica tradizione delle Nixen, le ragazze dellacqua.
Nelle saghe germaniche ricorre un racconto in cui la Nixe, abitatrice
di un lago o di un fiume, esce dal suo elemento, va a vivere nella
casa delluomo e gli dà un figlio. Poi però si
rituffa nellacqua, portando con sé il bambino e abbandonando
definitivamente il partner. La Sirenetta rovescia dunque una tradizione
preesistente, e risolve lancestrale inquietudine che questa
rispecchia in una figura femminile di vittima innocua.
È probabile che questo sia linizio di una presa di
coscienza della condizione femminile. Nelletà romantica
germoglia un interesse per lirrazionale, per il mondo ambiguo
della natura, di cui la donna, come abbiamo visto, è considerata
parte. Dietro la pietà di Andersen si intravede unapertura
del sentimento, di cui fa parte anche una visione meno timorosa
della donna. Ma se fin dai primordi dellimmaginario occidentale
la Sirena rappresenta il desiderio ingannevole, non può darsi
che la nostra società, fondata ormai sulla libido effimera
e divorante del consumismo, abbia in qualche modo assolto le Sirene?
Che cosè alla fine il nostro mondo, ipnotizzato dalla
pubblicità, se non un grande, ininterrotto canto delle Sirene?

Devessere proprio così. Comè vero che
viviamo in una società buonista, che vuole stoltamente recuperare
tutti, addomesticare i tigrotti, insegnare agli avvoltoi a non nutrirsi
di carne, a trasformare quellanimale feroce che è lorso
in un teddy bear. Una società che vuole addolcire la natura.
Senza rendersi più conto che non cogliere la diversità,
la ferocia, il lato oscuro del mondo naturale, è molto pericoloso.
Più pericoloso ancora, forse, del canto fascinoso delle Sirene!
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