Esempio positivo. La fermata della Metro di Napoli
di Fuksas.
Sarà la più bella del mondo.
I passeggeri prima
di viaggiare
cammineranno in un tempio romano.
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Mosaici e bassorilievi del I secolo avanti Cristo; un criptoportico
anteriore al IV secolo dopo Cristo, di notevoli dimensioni; importanti
resti di un pavimento in mosaico con fondo nero nel quale sono inserite
tessere colorate del I secolo avanti Cristo; sedici vani (di cui
sei ipogei) del I secolo avanti Cristo con coperture a volta; una
rete idrica sotterranea: sono le consistenti strutture archeologiche
ritrovate nel luogo in cui sorgevano gli Orti Luculliani, nel punto
in cui venne uccisa Messalina. Quarantadue carotaggi hanno agito
come una macchina del tempo nel Pincio, la collina più amata
dai romani, protetta dallUnesco, ma destinata, secondo un
progetto di qualche anno fa, ad essere svuotata, per
far posto ad un garage sotterraneo a più piani, in grado
di accogliere settecento automobili.
La polemica innescata da questi ritrovamenti verteva su una domanda
che coinvolge altri siti archeologici individuati nel sottosuolo
di varie città italiane: si deve scavare comunque, anche
là dove vengono individuati resti poco importanti, tenendo
dietro allaccanimento di certe Soprintendenze, e anche là
dove non si compromettono in modo irreversibile il valore storico
e le qualità estetico-ambientali?
Articolate nel senso di contrapposte le risposte date
da esperti e studiosi, e da burocrati responsabili di lavori urbanistici
di pubblica utilità. Secondo il professor Giorgio Muratore,
i lavori di svuotamento andavano bloccati, senza che ci fosse neppure
la tentazione di spostare il parcheggio, perché questo espediente
non avrebbe risolto un bel nulla. Nessuno poteva pensare che si
lavorasse a cuor leggero in un luogo così significativo,
si ribadiva. Ma per lideatore del parcheggio, nonché
presidente di Roma Metropolitane, Chicco Testa, occorreva procedere
senza indugio, trovando una soluzione rispettosa dellarcheologia,
e che nello stesso tempo liberasse le splendide aree della città
(Piazza del Popolo, Via del Babuino, Via di Ripetta, Piazza di Spagna
)
dal numero eccessivo di macchine in sosta, comprese quelle dei residenti.
Problema tuttaltro che semplice da risolvere, dunque. Ma alla
fine ha prevalso il buon senso: gli scavi non si faranno, il Pincio
resta intatto, le testimonianze archeologiche sono salve.
Del resto, le cifre sono davvero impressionanti: sono 8.074 i siti
archeologici censiti nella sola provincia di Roma, grazie a un sistema
informativo che abbraccia 120 Comuni, per evitare intoppi ai lavori
pubblici. Per quel che riguarda larcheologia urbana, sono
proprio questi lavori a rendere possibili le scoperte; sul versante
dellarcheologia preventiva, la tendenza attuale è di
prevedere possibili ritrovamenti prima dellinizio dei lavori;
per i cantieri della Tav, lungo il tragitto della linea ferroviaria
Roma-Napoli la Soprintendenza partenopea ha recensito 200 siti di
epoca romana; nellambito delle indagini sulla metropolitana
romana, ogni giorno emergono dai cantieri decine di reperti: quelli
raccolti fino a questo momento superano le centomila unità.
Oltre ai resti di gran prestigio individuati nellarea pinciana,
va ricordato che a Piazza Venezia sono stati bloccati anche i cantieri
per la costruzione di una nuova stazione della metropolitana, mentre
a Testaccio, nei lavori per la realizzazione del nuovo mercato è
stato già previsto un parco archeologico.
In quel di Milano, poi. A Piazza Meda, dai lavori per la costruzione
di un parcheggio sono emersi reperti del IV secolo. Il cantiere
è stato riaperto da qualche settimana; per il parcheggio
nelle vicinanze della basilica di SantAmbrogio, alcuni ritrovamenti
dellepoca paleocristiana hanno rallentato sensibilmente i
lavori; alla Darsena, gli scavi per la realizzazione di un parcheggio
sono stati bloccati a lungo per una serie di rinvenimenti archeologici;
in Piazza XXV Aprile, infine, dopo una lunga sospensione sono ripartiti
i lavoro per la costruzione di un ennesimo parcheggio.
Passiamo a Venezia. Nellarea di Mestre, i lavori per la linea
tramviaria sono stati bloccati di recente, dopo il ritrovamento
di preesistenze romane; nella Cittadella della Giustizia, nel corso
dei lavori di restauro dellex Manifattura Tabacchi, a Piazzale
Roma, nel 2005 sono venuti alla luce reperti dellepoca medioevale
e resti di abitazioni rinascimentali; al Casinò veneziano,
inoltre, nel corso di un restauro, è stato scoperto un muro
di riva del VII secolo.

A Napoli, nellarea del Duomo, dagli scavi per la metropolitana,
integrati nel progetto della stazione firmato da Fuksas, è
emerso un tempio romano; a Piazza Municipio, gli scavi hanno riportato
alla luce tre barche romane: i lavori riprenderanno dopo il loro
recupero.
A Firenze, infine. A Piazza della Stazione, sono riemersi dai cantieri
della tramvia il porto Granducale e importanti resti delle mura
altomedioevali; ai Grandi Uffizi, il progetto della pensilina di
Isozaki venne fermato una prima volta durante gli scavi per il ritrovamento
di alcune mura romane: il progetto, poi, non è stato mai
portato a termine.
(Nel suo piccolo, anche Lecce ha un problema. Come scrive sul Corriere
Marco Errico, nellottobre del 2007, «dopo alcune tombe
del IV secolo avanti Cristo e di epoca messapica, era venuta alla
luce, proprio di fronte al portone dingresso di Palazzo Carafa,
unintera strada di epoca romana. Un ritrovamento di grande
valore storico, considerato che si tratta dellunica via consolare
completa scoperta nel sottosuolo del centro storico di Lecce».
Di fatto, il sito sepolcrale era stato rilevato già negli
anni Trenta, quando vennero recuperati i reperti presenti. Lo scorso
anno, comunque, è stato rinvenuto altro materiale archeologico,
anche questo databile al IV secolo prima di Cristo, con testimonianze
presumibilmente riferibili ad epoche precedenti.
Il confronto sulla soluzione da trovare per questarea ha visto
contrapposta la Soprintendenza, secondo la quale i reperti potrebbero
essere lasciati a vista, grazie a una copertura con i cristalli
che consentirebbe ai turisti di fruire della loro visibilità,
e il Comune, secondo il quale larea potrebbe diventare un
ricettacolo di rifiuti, mentre il ricorso alla copertura con i cristalli
è ritenuta del tutto inutile, dal momento che si è
già dimostrata un fallimento nella vicina piazzetta Castromediano.
Alla fine, si è deciso di ricoprire larea, «soprattutto
per ovviare a problemi di natura logistica».
Se la memoria non ci tradisce, qualcosa di analogo era accaduto
alle tombe messapiche di Alezio, che a causa di diatribe poco chiare,
o mai del tutto chiarite, vennero sottratte alla fruizione del pubblico,
con linterramento; mentre sarebbe stato più opportuno
inserire questa preziosa area archeologica in un itinerario
messapico che avrebbe potuto abbracciare non solo altri centri
vicini (da Parabita a Ugento, tanto per fermarci al versante jonico
della Penisola salentina), ma anche quelli remoti, come
Manduria, o dirimpettai, come i recinti archeologici dellarea
centrale e adriatica del Salento).
Riassumendo. O meglio ancora, analizzando i casi più eclatanti,
si può affermare che tra Grandi Opere e Archeologia il dialogo
rimane quanto mai difficile. Per fare un esempio emblematico: Roma,
mattina del primo dicembre 1999; il custode della discarica di Via
della Pisana corre a chiamare i carabinieri: tra vecchi televisori,
elettrodomestici vari e biciclette arrugginite ha rinvenuto unanfora
bollata, pezzi di intonaco decorato, mattoni marchiati depoca
romana. Provengono sicuramente dal cantiere del parcheggio del Granicolo,
deducono al Comando della Tutela del Patrimonio Culturale. Qualcuno
ha eliminato altri ostacoli (oltre a quelli di ordinaria burocrazia)
per unopera fortemente voluta dal sindaco Rutelli, in vista
del Giubileo del 2000, altrettanto fortemente osteggiata dal ministro
per i Beni Culturali dellepoca, Giovanna Melandri, a suon
di ispezioni archeologiche, e contestata anche dal senatore a vita
Giulio Andreotti, che sulla sua rivista 30 giorni ha parlato di
profanazione di luoghi resi sacri dal martirio dei primi cristiani.
Anno di grazia 2008: ora il parcheggio è lì, attivo
da otto anni. Ma sospettano i maligni quanti altri
pezzi e documenti archeologici sono spariti alla chetichella da
quel cantiere, sacrificati nel nome delle quattro ruote?
Lultimo capitolo del confronto, sempre romano, è
appunto quello del mega-parking da settecento posti del Pincio,
progettato dalla giunta Veltroni e poi in via di attuazione ad opera
della giunta Alemanno. Se si diceva di sì ai lavori, tuonava
Vittorio Sgarbi, il neo-sindaco di centro-destra avrebbe smentito
se stesso, realizzando unAra Pacis di Meier-bis. Avendo
forse definitivamente detto di no, con tutta probabilità
si dovrà pagare ai costruttori una penale di 10 milioni di
euro. E sempre nella Capitale, a piazza Venezia, si dovrà
cambiare il progetto della Metro C: non si può distruggere
la vasta scalinata imperiale ritrovata in quel sottosuolo. Ancora
incerto lindirizzo della variante. E incerti i rischi di altri
rinvenimenti importanti.
Ritorniamo al discorso su Mestre. Lì, il sindaco di Venezia,
Massimo Cacciari, nel corso di un sopralluogo in bicicletta
ai cantieri del nuovo tram, ha telefonato al Soprintendente
Luigi Fossati, sollecitandolo a prendere una decisione sui reperti
rinvenuti in Via Cappuccina, dove le ruspe sono ferme. E che ne
pensa Cacciari? «Che i lavori pubblici nel nostro Paese soffrono
per mancanza di fondi, ma anche per lostilità della
pubblica opinione. E per laccanimento terapeutico dimostrato
da certe Soprintendenze. Noi a Venezia abbiamo ottimi rapporti con
gli uffici. Ma negli anni ho visto cose che non stanno né
in cielo né in terra». Quale formula applicare, allora?
Presto detto: «Usare la materia grigia. Se si trova la Venere
di Milo, è ovvio fermarsi. Ma se ci imbattiamo in un muretto
del 700
e diciamolo, per favore: si può anche
buttare giù!».
A Milano, intanto, si sono appena sbloccate, dopo diversi mesi,
le procedure per i parcheggi di Piazza Meda (ritrovato un quartiere
artigianale di età romana; ma fece scalpore il talismano
di Abraxas su diaspro nero del IV secolo dopo Cristo, riapparso
tra la polvere) e di Piazza XXV Aprile (bastioni spagnoli del Cinquecento):
la Soprintendenza ha spostato e destinato a future esposizioni i
reperti, talismano incluso, poi ha accettato che il progetto di
Piazza XXV Aprile prevedesse una vetrata per mostrare i muri. E
si sono da poco riaperti i cantieri.
È questa la via: far dialogare contemporaneità e conservazione,
inglobando i reperti nelle opere? Ne è convinto Massimiliano
Fuksas, architetto e urbanista, che negli scavi della sua
fermata Duomo della metropolitana di Napoli si è imbattuto
in un tempio del I secolo avanti Cristo.
Grazie a un costruttivo confronto con la Soprintendenza, ha sostenuto
Fuksas, si è deciso di smontarlo e di portarlo a una quota
visibile a tutti i visitatori: «Intorno a questo evento
abbiamo ricostruito la nuova stazione. Larchitettura non può
essere una guerra di religione. È un valore».
Ancora nel capoluogo partenopeo, dopo interminabili discussioni,
si riprenderà a lavorare per la fermata Municipio. Risolti
i nodi della scoperta dellarea portuale romana, con i resti
delle tre navi che abbiamo citato, spostati nel 2004.
Ma esiste una soluzione al problema? Secondo il Direttore Generale
del ministero dei Beni Culturali, che è anche Commissario
straordinario per la prosecuzione dei lavori nelle metropolitane
di Roma e di Napoli, è vero, nei Comitati tecnico-scientifici
molte contrapposizioni alla resa dei conti finiscono per sciogliersi:
«Limportante è affrontare in tempo reale emergenze
e criticità, senza rimandare le decisioni alle calende greche.
Questo è lindirizzo del dicastero: creare un raccordo
tra archeologia e ingegneria delloggi. Occorre tutelare e
proteggere, rispettando le valutazioni storico-artistiche degli
archeologi. Ma non possiamo incarnare lamministrazione che
tende a fermare lo sviluppo del Paese».
Un esempio positivo? Proprio la fermata della Metro di Napoli di
Fuksas: «Sarà la più bella del mondo. I passeggeri,
prima di viaggiare, cammineranno in un tempio romano... Splendido!».
Non scavare, daltra parte, può significare anche rischiare
la scomparsa dei reperti ad opera dei professionisti del furto archeologico,
o comunque del furto darte. Basta una domanda, («Le
interessa qualche cosa di maggior valore?»), e in pochi secondi
nelle mani del rigattiere oppure dellantiquario disonesto
possono materializzarsi i pezzi forti della bottega: quadri dautore,
sculture antiche, monete delletà classica, vasellame,
frammenti marmorei
Tutti rigorosamente depredati. È
in questo modo che ogni anno passa di mano almeno un terzo delle
opere darte e dei reperti culturali di provenienza illecita
che transitano per la Penisola. È così che pochissimo
tempo fa la Scena carnevalesca di Giandomenico Tiepolo (una tela
del 1765 valutata un milione di euro), che era sparita a Roma un
anno prima, è ricomparsa su una bancarella di Pordenone,
dove stava per essere venduta per 15 mila euro. I carabinieri hanno
bloccato appena in tempo la trattativa.
Caso tuttaltro che isolato. Il nostro Paese è uno dei
più importanti crocevia dei traffici clandestini di opere
darte: un fenomeno che a livello mondiale, secondo lUnesco,
determina un giro daffari annuo di oltre due miliardi di euro.
Superiore ai 110 milioni, secondo stime aggiornate, è invece
il valore di quanto è stato trafugato in Italia nel solo
2006. Nel Bel Paese, tra il 1970 e il 2006, sono scomparse 850 mila
opere, sostengono i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale:
una mole enorme di reperti, che nella maggior parte dei casi finisce
a collezionisti o a musei senza scrupoli, molto spesso stranieri.
Quella che viene reimmessa in circuito e ritrovata, come nel caso
del Tiepolo, purtroppo è soltanto una minima parte.

Tutto ciò che non viene ritrovato viene repertato, perché
a differenza di scippi e rapine, dove la refurtiva evapora
in pochissimi giorni, un furto darte su commissione può
essere risolto dagli inquirenti anche dopo venti o trentanni.
La banca dati dellArma, creata nel 1980 e collegata con gli
archivi dellInterpol e della Conferenza episcopale italiana,
(le chiese sono bersagli preferiti dai ladri e dai trafficanti),
è considerata una delle migliori al mondo, con due milioni
e 600 mila oggetti catalogati. Tra questi, la celeberrima Natività
del Caravaggio, trafugata a Palermo poco meno di una quarantina
di anni fa e non ancora ritrovata; una serie di monete doro
misteriosamente scomparse dalla Zecca negli anni Settanta; vasellame
etrusco, italiota e di Magna Grecia, materiale scavato clandestinamente
dal Nord al Sud della Penisola; persino sculture irachene sparite
nel caos bellico...
Anche sul fronte delle opere darte, tuttavia, la musica sta
cambiando registro. Controlli, arresti eccellenti, linasprimento
delle pene detentive (da tre a sei anni) e pecuniarie (da 500 a
30 mila euro), e laccordo stipulato nel 2006 tra lItalia
e la Svizzera, (per decenni destinazione principale e mercato molto
attivo della maggior parte dei beni trafugati), hanno fatto precipitare
il numero dei furti dal 2007, anche se in realtà le denunce
erano già in calo da cinque anni consecutivi.
Più che dimezzata è la quantità degli oggetti
rubati, mentre i recuperi sono stati 55 mila in più rispetto
al quinquennio precedente. Le opere recuperate appartengono per
il 35 per cento al settore dei reperti archeologici (maggior quota
fra tutti i comparti), per il 20 per cento a quello dellantiquariato,
per il 15 per cento al settore quadri, per il 13 per cento a quello
delle icone e di altri oggetti chiesastici, per il 7 per cento al
campo della numismatica, per il 5 per cento alle sculture, per un
altro 5 per cento ad oggetti darte di varia natura.
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