Poco dopo,
nellisola
di Schinoussa,
nelle Cicladi,
il mercante inglese trascorre tre
giorni e tre notti
a bruciare
documenti...
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Lorganizzazione era quasi perfetta. Robin Symes, britannico,
per non meno di trentanni uno tra i massimi mercanti internazionali
dellarcheologia scavata clandestinamente, disponeva di ben
trentanove depositi, nei quali conservava diciassettemila reperti,
che la magistratura inglese ha valutato 125 milioni di sterline
(corrispondenti a 165 milioni di euro, cioè 330 miliardi
delle nostre vecchie lire), e che per oltre sei decimi provenivano
da bacini archeologici del nostro Paese. I depositi erano sparsi
tra Londra, Ginevra e New York.
In quelli britannici, che gli investigatori italiani hanno potuto
esplorare, insieme con i colleghi inglesi, i reperti sono diciassettemila.
Ed è chiaro che ora assume una rilevanza eccezionale la catalogazione
di ciascun oggetto, per stabilirne la provenienza, e subito dopo
per avviare le procedure di rivendicazione da parte dellItalia.
È tempo, per noi, di colpi grossi. Uno fu fatto quando venne
alla luce il gran deposito di Giacomo Medici, al Porto Franco di
Ginevra: emersero oltre tremila pezzi archeologici e poco più
di mille foto; Medici venne condannato in primo grado a dieci anni
di galera e a 10 milioni di euro come provvisionale allo Stato per
i danni inferti al patrimonio culturale.
Un altro si ebbe quando si scoprì il centro di raccolta si
reperti di Gianfranco Becchina, a Basilea: settemila oggetti, che
la Svizzera non ha finora trasmesso, e migliaia di documenti; Becchina
non è stato ancora processato.
Quello londinese è dunque il terzo importante deposito dei
cosiddetti predatori dellarte perduta che i nostri
cacciatori di mercanti di frodo riescono a perlustrare in un relativamente
breve giro di tempo. Robin Symes è stato uno dei tre maggiori
fornitori del Getty Museum, che, ricordiamo, da costui acquistò
per 18 milioni di dollari, nel 1988, la Venere di Morgantina, che
farà ritorno nel nostro Paese nel 2010, e lo stupendo Vaso
di Eufronio, dal nome del vasaio che lo modellò, decorato
dal Pittore della Fonderia con una coppia di maschere di Dioniso
e di un satiro, finalmente recuperato dallItalia. Ma è
stato anche colui che ha dovuto consegnare ai nostri investigatori
la Maschera davorio, vale a dire il più grande oggetto
crisoelefantino (cioè in oro e in avorio) del mondo, ritenuto
«certamente commissione di un imperatore romano». Il
gran predatore lo aveva ottenuto pagando dieci milioni di dollari,
e avrebbe potuto venderlo per una somma almeno cinque volte superiore.
Gli specialisti italiani hanno potuto studiare fino a questo momento
soltanto una parte dei reperti che Symes aveva già acquistato,
ma non ancora venduto ai maggiori musei del mondo e ai più
disinvolti collezionisti privati, presenti al di qua e al di là
dellAtlantico. Ma non hanno potuto esplorare, purtroppo, il
suo archivio, per ragioni che sono state così ricostruite:
nel 1999 muore il suo socio e compagno, Cristo Michaelides; esala
lultimo respiro allospedale di Orvieto, dovera
stato ricoverato in seguito a una caduta dalle scale in una villa
di Terni, affittata da Leon Levy e da Shelby White: una delle coppie
più ricche degli Stati Uniti, collezionisti di grande fama
(lui oggi non cè più, lei poco tempo fa ha acconsentito
a restituire dieci importantissimi vasi al nostro Paese, e ha finanziato
la nuova ala greco-romana del Metropolitan Museum). E poco dopo,
nellisola di Schinoussa, nelle Cicladi, dove Symes e Cristo
possedevano una villa, il mercante inglese trascorre «tre
giorni e tre notti a bruciare documenti», secondo quanto hanno
certificato alcuni testimoni.

A Schinoussa, però, vengono ritrovati 995 reperti archeologici
(di cui 610 greco-romani), e, in diciassette album, ben 2.191 fotografie
di autentici capolavori. Per alcuni critici, si tratterebbe di reperti
magnifici, il meglio del meglio di quanto acquistato clandestinamente
dai tombaroli, tutti venduti dalla premiata ditta Symes-Michaelides.
Tra questi pezzi, cerano anche la celeberrima Artemide marciante,
che per fortuna è stata già recuperata dai nostri
carabinieri; un marmo di Zeus in trono, ripescato in mare e acquistato
dal Getty Museum; la scultura di un giovane, localizzata poi nel
Museo di Cleveland; la Kore arcaica restituita nel 2007 dal Getty
alla Grecia.
Attualmente Symes (settantanni, due figli) non commercia più.
È anche finito in carcere. La metà dei suoi beni è
stata attribuita agli eredi del suo antico socio. Ha dichiarato
bancarotta. La legge britannica vieta ai curatori di un fallimento
la vendita di oggetti di dubbia provenienza, e anche per questo
lexpertise italiana è importante, perché può
portare ad ulteriori sviluppi non soltanto nelle indagini, ma anche
nelle attribuzioni dei reperti alle presumibili aree di provenienza.
Le attenzioni, ora, sono rivolte anche ad alcuni collezionisti che
sono stati in contatto permanente con Symes. Per esempio, il re
del rame boliviano, come viene chiamato il collezionista Jorge Ortiz,
ha acquistato in un paio di anni diciannove reperti archeologici
una volta custoditi nei depositi del mercante britannico. Ortiz
vive in Svizzera da gran tempo. Forse sarà complicato, ma
non impossibile, dare unocchiata a questaltro tesoro.
Per saperne di più.
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