La Sala è
animatissima
di operatori che gridano, si
sbracciano,
prendono appunti, e fanno strani gesti, alcuni dei quali non molto
appropriati per compassati uomini daffari.
|
|
Difficile, se non proprio impossibile, dire quali siano state le
sue vere origini. Probabilmente il nome fu suggerito da un sacchetto,
o proprio da una borsa, che faceva bella mostra di sé nellinsegna
di una casa di Bruges, nella quale erano soliti riunirsi i mercanti
del luogo. Mistero anche sulle origini delle contrattazioni collettive
dei titoli. Di sicuro cè che già nella metà
del XIII secolo agiva a Venezia un mercato regolato del debito pubblico.
Un secolo dopo, verso la metà del 1300, mercati analoghi
erano operativi a Pisa, a Verona, a Genova e a Firenze. Nel 1602
la Compagnia Olandese delle Indie Occidentali concentrò ad
Amsterdam la contrattazione pubblica dei propri titoli, creando
con ogni probabilità la prima Borsa valori moderna. Mercanti
londinesi si riunirono con una certa regolarità sin dal 1688
nella Taverna di Jonathan per contrattare azioni e obbligazioni.
Il decreto reale che autorizzava la Borsa di Parigi è datato
1724.
Le Borse moderne nacquero allalba del XIX secolo. Nel 1801
vennero riorganizzati tanto il London Stock Exchange quanto la Bourse
de Paris. Il primo mantenne, nella tradizione anglosassone, la forma
di libera associazione di brokers; la seconda, invece,
divenne ente pubblico. Nel 1808, la Borsa di Francoforte, che aveva
operato per più di 220 anni come istituto privato, fu posta
sotto legida pubblica della Camera di Commercio.
Fu, pertanto, in una fase europea di ristrutturazione e di riorganizzazione
di antichi mercati mobiliari che un decreto napoleonico del 16 gennaio
1808 istituì una Borsa anche a Milano.
Le contrattazioni ebbero inizio il 15 febbraio di quello stesso
anno, in alcuni spazi messi a disposizione dal locale Monte di Pietà.
Non si trattava, però, della sola Borsa attiva nella Penisola,
e neanche della principale. Genova aveva mantenuto a lungo, nel
declino economico dellItalia, il rango di piazza finanziaria
europea. Allinizio dellOttocento la città della
Lanterna manteneva il primato nel frammentato panorama della finanza
italiana. Tra le nove Borse peninsulari, quelle di Trieste e di
Napoli (create rispettivamente nel 1775 e nel 1778) erano le più
antiche, e lo stesso Napoleone istituì la Borsa di Venezia
(nel 1806) prima di quella milanese.

Per tutta la prima parte del secolo XIX, il numero e la quantità
dei titoli trattati furono piuttosto limitati. Nel 1832 le negoziazioni
si limitavano a quattro titoli del debito pubblico, saliti a sette
dieci anni dopo. Soltanto nel 1858 fecero capolino nel listino le
prime azioni, quelle della Società delle Strade Ferrate del
Lombardo-Veneto.
Subito dopo lUnità dItalia, il mercato mobiliare
nazionale venne vivificato dalla creazione del Gran Libro del Debito
Pubblico, che consolidava i debiti dei singoli Stati esistenti in
precedenza. Per tutta la seconda parte dellOttocento, la Rendita
5 per cento fece la parte del leone tra i titoli trattati nelle
Borse italiane, anche se una quota importante di essa migrava alla
Borsa di Parigi. Tra le azioni, primeggiavano quelle ferroviarie
e bancarie.
Lunificazione del mercato finanziario italiano si realizzò
soltanto nei primi anni Ottanta: la piazza di Milano non ottenne
un primato se non ad inizio secolo. Per lunghi anni gli agenti di
Borsa delle singole città cercarono di proteggere il proprio
monopolio, giungendo fino a resistere allapertura, nel luogo
delle contrattazioni, di stazioni telegrafiche che avrebbero favorito
gli arbitraggi e, dunque, lemergere delle piazze più
efficienti. Solo con il Codice di Commercio del 1882 si frantumò
il monopolio dei mediatori locali e si realizzarono di conseguenza
le condizioni di una poco costosa possibilità di scelta per
tutti gli italiani della piazza sulla quale operare.
Il primato di Milano si concretizzò con larrivo a listino
delle imprese manifatturiere nellespansione economica dellepoca
giolittiana. La concentrazione dellattività industriale
nel Nord-Ovest del Paese rendeva naturale il quotarsi a Milano per
la maggior parte delle imprese che a mano a mano raggiungevano la
dimensione sufficiente. Le 23 azioni che si contavano nel listino
milanese del 1895 erano salite a 160 nel 1913.
La piazza di Genova restò importante per i titoli bancari
e finanziari, ma, proprio per questa ragione, ricevette un colpo
più duro di Milano dalla crisi del 1907. Nel 1913 fu finalmente
approvata una legge la cui discussione era iniziata immediatamente
dopo lapprovazione del Codice di Commercio. Con essa, il sistema
delle contrattazioni assunse il carattere pubblico della Borsa.
Nel 1925 gli stessi agenti di Borsa divennero pubblici ufficiali.
La crisi del 1925 e quella del 1929-31, i salvataggi bancari, lespansione
del capitalismo finanziario di Stato e dei cosiddetti Istituti Beneduce
ridussero sia il numero dei titoli a listino sia limportanza
della Borsa valori per lallocazione delle risorse finanziarie.
La storia del secondo dopoguerra è più nota. A una
forte crescita delle quotazioni fece seguito, a partire dal 1962,
un clima di sfiducia nei titoli azionari che proseguì senza
soluzione di continuità fino a tutti gli anni Settanta. La
Borsa si resse soprattutto sulla contrattazione dei titoli del debito
pubblico in rapido aumento. Negli anni Ottanta la comparsa dei fondi
di investimento di diritto italiano, la ripresa della crescita economica
e alcune innovazioni, quale la custodia centralizzata dei valori
immobiliari, diedero nuovo impulso alla Borsa di Milano. Nel 1985
comparve a Piazza Affari il primo tabellone elettronico. Tra il
1992 e il 1994 la contrattazione gridata fu sostituita da una piattaforma
elettronica con telematizzazione degli scambi e con dematerializzazione
dei titoli.
Tra le privatizzazioni di fine secolo-millennio ci fu anche quella
del mercato azionario, con la creazione di Borsa Italiana SpA. Si
chiuse la lunga fase storica, iniziata con lImperatore corso,
che vide le Borse valori dellEuropa continentale distinguersi
da quelle del mondo anglosassone, caratterizzandosi come espressione
della volontà dei pubblici poteri di garantire le regole
del gioco capitalista attraverso enti di propria diretta emanazione.
In un sito (historytour.it) che celebra il bicentenario
della nostra Borsa si vede un signore che, seduto su una panca della
Sala delle Grida di Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa milanese,
legge tranquillamente un giornale. E allattrice che gli chiede
se sia un investitore, risponde che, avendo la pensione minima,
è lì soltanto per assistere, e gratis, ad una sorta
di spettacolo teatrale.

In effetti, la Sala è animatissima di operatori che gridano,
si sbracciano, prendono appunti, e soprattutto fanno strani gesti,
alcuni dei quali non molto appropriati per compassati uomini daffari.
Ma apprendiamo, sempre dal sito, che questi movimenti delle mani
hanno significati precisi e rigorosamente riferiti a temi economici.
Ad esempio, il signore che con lindice e il pollice si afferra
la lingua, sta semplicemente acquistando un pacchetto di Eridania,
mentre un altro, che muove le mani a coppa, rivolte verso il petto,
allontanandole vistosamente dal corpo (come a indicare una taglia
di seno molto abbondante, chiarisce ancora il sito) altro non fa
che vendere azioni Pirelli.
Questo accadeva fino a qualche tempo fa. Oggi il signore che leggeva
il giornale godendosi lo spettacolo degli esagitati
della Sala delle Grida sarebbe costretto a cambiare programma: per
vedere uno spettacolo teatrale, dovrebbe andare proprio a teatro.
La Sala è silenziosa, da quando è stata trasformata
nella meno divertente Piazza Affari Congress and Training Centre.
Oggi leconomia parla attraverso schermi senza voci, che hanno
sostituito grida e gesti con numeri di cristalli liquidi e con grafici
variamente colorati, rendendo certamente linformazione migliore,
più accurata, e disponibile a tutti. Un giorno le grida erano
appunto lunico modo di trasmettere le notizie
nei tempi ristretti in cui si decideva di comperare e di vendere
pacchetti azionari. E la Sala delle Grida era un mondo ristretto,
piccolo, forse accessibile a pochi che, se non addetti ai lavori,
avevano davvero del tempo da perdere. Siamo passati dalle urla degli
operatori al silenzio degli schermi, per rendere linformazione
universale, per consentire agli investitori di conoscere in tempo
reale landamento dei titoli e decidere in conseguenza. Segno
dei tempi che reclamano una propria identità, la tecnologia
avanza, e non cè nostalgia che tenga.
|