Le grandi banche della Mitteleuropa si riempiono
le tasche di titoli
maleodoranti,
che promettono alti rendimenti
e scarso rischio.
|
|
Si dice che una volta Albert Einstein, avendo assegnato ai suoi
studenti, per un test universitario, una serie di domande che aveva
già usato in un precedente esame, fosse messo in allerta
da un assistente, il quale presumeva che la svista del professore
fosse dovuta alla sua leggendaria distrazione; e che Einstein, sorridendo,
lo avesse rassicurato: «Non si preoccupi, le risposte nel
frattempo sono cambiate».
Ora, facciamo idealmente ricorso alla macchina del tempo. Se
non tanti anni fa avessimo chiesto a studiosi e a studenti
di descrivere il Dna socio-economico della Mitteleuropa, il compito
avrebbe avuto approvazioni e complimenti se geni e cromosomi avessero
allineato morale calvinista, rigore della cosa pubblica, efficienza
amministrativa e rispetto per uno Stato sociale teso ad attenuare
le disuguaglianze.
E ai giorni nostri? Forse oggi le risposte giuste sono cambiate,
e per risalire alle ragioni del cambiamento è necessario
volare alto e lontano. Non soltanto in Europa, ma in tutto il pianeta
la disuguaglianza dei redditi e della ricchezza è in aumento.
A livello globale questo fenomeno non è necessariamente negativo.
Se tutto il mondo fosse un unico Paese, osserveremmo una riduzione,
e non un aumento della disuguaglianza: la fortissima crescita delle
due aree più popolose dellorbe terracqueo, la Cina
e lIndia, garantisce questo risultato. Ma allinterno
dei singoli Paesi è indubbio che vi sia una tendenza alla
crescita delle disuguaglianze. Non è questa la sede per discutere
delle ragioni di questo aumento (i fattori sono almeno quattro:
progresso tecnologico, globalizzazione, finanziarizzazione e uno
star system che premia abilità non riproducibili, e non soltanto
nel mondo dello spettacolo), ma è tuttavia doveroso constatare
gli effetti corrosivi di questi andamenti sul tessuto sociale.
Al vertice della piramide della distribuzione i beneficiari dei
super-redditi hanno naturalmente più stimolo a sottrarli
alla progressività delle imposte, malgrado le riduzioni di
questi ultimi anni nelle aliquote marginali. E ad essere indotti
in tentazione sono anche gli austeri grand commis della Mitteleuropa.
A riprova della fondamentale somiglianza dei tratti genetici dellhomo
oeconomicus? Oppure ci sono altri e più specifici fattori
concorrenti?

Era facile non essere indotti in tentazione, per i dignitosi mitteleuropei,
quando levasione fiscale assumeva, come decenni fa in Italia,
laspetto rozzo degli spalloni che nottetempo valicavano le
Alpi, portando in Svizzera zaini ricolmi di banconote. Queste cose
venivano lasciate agli italiani, che erano bravi a tracciare ambigui
confini tra il bene e il male. Ma la finanziarizzazione delleconomia
ha reso rispettabile levasione col doppiopetto gessato. E
non solo. Il passaggio della finanza da ancilla a domina delleconomia
ha cambiato la percezione del rischio, annebbiando i confini fra
produzione e speculazione. I soldi hanno ormai due dimensioni: la
dimensione reale, quella con la quale si misura la spesa, il fatturato,
il costo del lavoro; e la dimensione finanziaria, quella che gira
nel mulinello delle compravendite di titoli e di derivati, quella
nella quale si fanno scommesse che gettano sul piatto somme che
ci guarderemmo bene dallarrischiare se dovessimo valutare
i soldi col metro reale. Ecco che le grandi banche della
Mitteleuropa si riempiono le tasche di titoli maleodoranti, che
promettono alti rendimenti e scarso rischio. I campanelli dallarme
non scattano, perché i titoli sono sofisticati,
si nascondono dietro acronimi esoterici, celebrano il nuovo magistero
alchemico, quello che trasmuta prestiti fragili in titoli AAA.
E nei torrenti impetuosi della nuova finanza molta liquidità
va ad arricchire operatori e manager. I bonus e le stock options
creano fortune, annegando anche la celebre etica protestante in
una spirale rutilante di guadagni di capitale. Forse i tanti tedeschi
che (molto più degli altri) hanno evaso le imposte con le
fondazioni del Liechtenstein non si sarebbero spinti per simili
operazioni fino alle Isole del Caimano; perché perdersi nellesotismo,
quando ci sono più a portata di mano quei rispettabili bastioni,
avvolti nellaura dellantica storia europea, che sono
la Svizzera, Monaco, Andorra, e i castelli alpini torreggianti nellaria
cristallina di Vaduz?
Le crescenti disuguaglianze nella distribuzione del reddito hanno
creato una classe di nuovi ricchi e hanno colmato i traboccanti
forzieri dei vecchi ricchi; allo stesso tempo, la travolgente innovazione
finanziaria ha creato nuovi mezzi per occultare e trasformare questi
flussi di ricchezza. Ma le tossine creano antitossine. In Europa
le disuguaglianze entrano in rotta di collisione con gli ideali
egalitari che sottendono le architetture redistributive della tassazione
e della spesa sociale. Politicamente, cè una domanda
di equità distributiva che la politica non può ignorare.
Ecco che, come in Germania, perfino i servizi segreti entrano in
campo per combattere levasione fiscale. E si creano altre
collisioni etico-finanziarie: è giusto incriminare sulla
base di informazioni acquisite a pagamento da ladri di dati?
NellUnione europea si aprono sui temi fondamentali dellequità
e della distribuzione delle linee di faglia che segneranno il dibattito
politico e gli esiti elettorali futuri. Non è facile trovare
soluzioni, nella misura in cui le cause portanti degli squilibri
distributivi sono annidate in fattori senza ritorno: libertà
degli scambi, crescita degli emergenti, innovazione finanziaria
e tecnologica. Ma almeno ed è un imperativo minimo
e categorico è necessario che i meccanismi redistributivi
in essere, primo fra tutti la tassazione, funzionino come dovrebbero.
Trasparenza dei rifugi fiscali e lotta allevasione, da sempre
capisaldi morali del dover essere, diventano anche e
soprattutto presidii essenziali per la tenuta del tessuto sociale.
|