Quellentusiasmo reciproco nasceva dal fatto
che i due uomini si erano
riconosciuti come artisti tedeschi, anzi, come artisti della nuova
Germania.
|
|
Cè il sospetto che la musica di Wagner sia pericolosa,
faccia nascere pessimi pensieri, sia peccaminosa, procuri una febbre
maligna. In un suo film Woody Allen lanciò una delle sue
folgoranti battute: Quando ascolto il preludio dei Maestri
cantori di Norimberga sento limpulso di invadere la Polonia
. Anche a chi non viva in uno stato danimo guerrafondaio,
lascolto di quel potentissimo pezzo orchestrale ispira senza
dubbio una sana carica di energia.
Thomas Mann insiste spesso su un versante opposto: due suoi personaggi,
il piccolo Hanno nei Buddenbrook e Gabriele Klöterjahn in Tristan,
muoiono uccisi dallestasi prodotta dalla musica wagneriana,
filtrata nel loro sangue come malattia. Nelluno e nellaltro
caso, Wagner agisce come un veleno.

Esiste dunque davvero un legame tra larte wagneriana e il
tossico del nazionalismo? È indubbio che le considerazioni
di Wagner sullinferiorità della razza ebraica, espresse
nel saggio Il giudaismo nella musica, siano imperdonabili. Ma si
dovrebbe chiamare in causa lintero plurisecolare antisemitismo
diffuso in tutta lEuropa, non solo in Germania. In sé,
la musica wagneriana, che si colloca sempre a un livello alto, non
ha alcuna attinenza con quei rancorosi sentimenti situati a un livello
così basso. Se il nazismo volle farla sua e riempirla dei
propri significati, la colpa è dei nazisti. Detto questo,
è innegabile che larte wagneriana sia quel che si dice
un caso. Il caso Wagner non è soltanto una formula
di circostanza usata per definire qualcosa di insolito. In questa
accezione, il termine caso si accosta volentieri al
nome di molti artisti, soprattutto musicisti. Cè il
compositore di musiche profondissime e sublimi che commette un omicidio
feroce (il caso Ciajkovskij), che si mutila dinanzi alla memoria
dei posteri distruggendo quasi tutta la propria opera (il caso Duparc),
che muore insieme con tutti i propri manoscritti poiché dalla
sua casa spara da solo contro le truppe nemiche in avanzata ed è
polverizzato da una cannonata (il caso Magnard).
In genere, leccezionalità che giustifica la parola
caso è costituita da unanomalia legata
alle circostanze coeve, e soltanto in quellepoca tale da essere
avvertita come qualcosa di anomalo. Nessuno, attualmente, definirebbe
musica teatrale le Cantate di Bach, come fece qualche
critico musicale lipsiense intorno al 1740; nessuno, ascoltanto
il Quartetto n. 2 di Schönberg, salterebbe indignato sulla
sedia per via di «un do che non dovrebbe esserci secondo le
regole dellarmonia», come fece nei primi anni del Novecento
il critico Ludwig Karpath.
Per Wagner è obbligatorio fare un discorso diverso. Egli
rappresentò un caso culturale rispetto alla cultura dOccidente
nellepoca in cui visse e che dominò con la propria
esondante presenza, ma continua ad essere un caso, anzi il caso
per eccellenza nella storia delle arti, ancora oggi. Lanomalia
che egli rappresentò e tuttora rappresenta va molto al di
là della rivoluzione da lui introdotta nel linguaggio musicale,
nellarmonia e nellorchestrazione, nelluso dei
motivi conduttori e nel rapporto tra melos e tessuto armonico: percorsi
importantissimi, ma non sufficienti a capire lassoluta novità
del Musikdrama wagneriano, concepito come opera darte
totale e somma di arti diverse; insufficienti, soprattutto, a farci
capire in pieno la grandezza del pensiero estetico e, in senso lato,
filosofico di Wagner.

Le questioni aperte da questo musicista, e oggi più che
mai scottanti, anzi arroventate, non sono emergenze culturali di
illustre risonanza storica coinvolgenti lEuropa del tardo
secolo XIX (epoca peraltro decisiva, matrice di tutte le nostre
inquietudini) e riguardanti Eduard Hanslick o Friedrich Nietzsche
o Giuseppe Verdi, più o meno ostili a Wagner per motivi diversi.
Quelle questioni ci riguardano da vicino.
Il vero caso Wagner è la somma di problemi permanenti che
nellopera wagneriana hanno avuto il loro nodo cruciale: la
posizione eternamente problematica dellartista nella società,
lautentico rapporto della musica con luniverso, la relazione
tra arte e politica, la scoperta che la musica è onnipotente
e può permettersi di scavalcare ogni regola tradizionale,
a costo tuttavia di unespansione che è anche autodistruzione.
Questultimo è anche il problema che nel 900 ha
più angustiato i musicisti: lalternativa terribile
tra la conservazione del linguaggio tradizionale, il cui prezzo
da pagare è il nobile ma sterile epigonismo, e linnovazione
senza limiti, il cui prezzo può essere lalienazione
dal pubblico, la babele dei linguaggi musicali, la dissoluzione
delle forme e quindi della riconoscibilità da parte di chi
ascolta, ossia la solitudine dellartista.
Certo, anche quel che Nietzsche definì allora, in un breve
scritto, il caso Wagner, ha un significato che ci investe
direttamente. Nietzsche incontrò direttamente Wagner per
la prima volta nel novembre 1868 a Lipsia, dopo che per anni, sin
dalladolescenza, era andato in estasi al pianoforte suonando
il preludio di Tristan und Isolde. Il fatto che anche
Nietzsche conoscesse la musica in maniera eccellente e fosse un
buon compositore dilettante non fece che aggravare, più tardi,
la crisi insorta nei rapporti tra i due uomini di genio.
Luno e laltro si ammirarono di primo acchito. Si entusiasmarono
a vicenda. Duole dirlo (non perché si tratti di posizioni
oscene e censurabili, ma perché era un tema culturale alquanto
effimero, galleggiante sulla superficie della storia dOccidente),
in gran parte quellentusiasmo reciproco nasceva dal fatto
che i due uomini si erano riconosciuti come artisti tedeschi, anzi,
come artisti della nuova Germania.
Oggi può apparire strano che Nietzsche, più tardi
ammiratore della mediterraneità, (Carmen di Bizet da lui
contrapposta al Ring des Nibelungen) e sarcastico canzonatore
della cultura universitaria germanica, abbia partecipato con convinzione
alla guerra franco-prussiana del 1870, durante la quale, per inciso,
si ammalò probabilmente della sifilide che lo avrebbe condotto
nel gennaio 1889 allesplosione della follia.
Nel 1876, quando venne inaugurato il Festsplelhaus di Bayreuth ed
ebbe luogo il primo festival, Wagner volle che fosse Nietzsche a
scrivere e a pronunciare il discorso inaugurale, Richard Wagner
a Bayreuth. Eppure, già allora Nietzsche apparve meno
convinto, già critico, già a disagio, anche se pochi
anni prima aveva immaginato la nuova Germania retta da un ideale
triumvirato di uomini sommi, il politico (Bismarck), lartista
(Wagner) e il filosofo (lui medesimo).

Il dissidio tra Wagner e Nietzsche ebbe il suo punto di irreversibile
caduta nellavversione prodotta nel più giovane dei
due dal libretto di Parsifal, opera scandalosamente
cristiana agli occhi dellanticristiano Nietzsche.
Non avrebbe dovuto forse Wagner, nel quale la lettura di Schopenhauer
aveva prodotto un benefico trauma, una benemerita lezione di anticristianesimo,
continuare ad essere nemico della redenzione, così
come aveva fatto splendidamente nel finale del Ring des Nibelungen?
La trasmutazione di tutti i valori, sommo progetto dellultimo
Nietzsche, non doveva implicare labbandono della morale cristiana,
fondata secondo il filosofo sullillibertà
del pensiero? Nietzsche aveva incontrato per lultima volta
Wagner a Sorrento, nel 1876. Poi, deluso, abbandonò gradualmente
lamicizia con lui, e con i virulenti scritti del 1888, Il
caso Wagner e Crepuscolo degli idoli, (ironica e allusiva inversione
del titolo Il crepuscolo degli dèi), annientò persino
nella propria anima, appunto, lidolo di un tempo. Da pochi
anni Wagner era morto. A Venezia, nel 1883.
|