La società
di Smith era
composta da esseri razionali che
cercano una
felicità terrena, edificata sul
costante progresso materiale e civile.
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Corruptissima in republica plurimae leges.
Tacito
Il 1776 non è soltanto lanno della Dichiarazione dindipendenza
americana del 4 luglio, ma anche lanno in cui nelle librerie
londinesi compare (il 9 marzo) An Inquiry into the Nature and Causes
of the Wealth of Nations, dello scozzese Adam Smith.
I due avvenimenti, in apparenza così lontani, sono invece
strettamente correlati. I coloni americani ribelli stanno semplicemente
realizzando ciò su cui un intero secolo filosofico, da Locke
a Hume, ha speculato; ed è una lunga tradizione di pensiero
che con lopera di Smith trova il suo sbocco terminale. Il
Boston tea party (nel 1773), la ribellione dei coloni americani
di Boston alle condizioni inique del dispotismo fiscale imposto
dalla madrepatria, trova nelle pagine di Smith sulla critica al
mercantilismo una delle sue più alte celebrazioni.
Da Locke a Mandeville, a Hume, ad Hutcheson, la filosofia morale
inglese aveva ragionato sulla possibilità di conciliare linteresse
individuale con il benessere sociale. La quadratura del cerchio
la trova Smith con il concetto di mano invisibile. Nel capitolo
II del Libro IV della Ricchezza, Smith propone la metafora della
mano invisibile per sostenere che il benessere sociale si realizza
più facilmente se vi è libertà di iniziativa
privata. Se ciascun individuo «mira soltanto al proprio guadagno
[
], in questo, come in molti altri casi, egli è condotto
da una mano invisibile a promuovere un fine che non entrava nelle
sue intenzioni. Perseguendo il proprio interesse, egli spesso promuove
quello della società in modo più efficace di quanto
intenda realmente promuoverlo. Non ho mai visto che sia stato raggiunto
molto da coloro i quali pretendono di trafficare per il bene pubblico».

Si tratta di un passaggio polemico in cui Smith si oppone alla
pesante regolamentazione statale del commercio, o meglio, allingerenza
dellautorità politica negli affari commerciali. Più
avanti, infatti, prosegue ricordando che «luomo di Stato
che dovesse cercare di indirizzare i privati relativamente al modo
in cui dovrebbero impiegare i loro capitali non solo si addosserebbe
una cura non necessaria, ma assumerebbe unautorità
che non soltanto non si potrebbe affidare tranquillamente a nessuna
persona singola, ma nemmeno a nessun Consiglio o Senato, e che in
nessun luogo potrebbe essere più pericolosa che nelle mani
di un uomo abbastanza folle e presuntuoso da ritenersi capace di
esercitarla».
È la rivendicazione dellautonomia dello spazio economico,
e insieme è latto costitutivo di una nuova scienza,
leconomia politica, che con Smith si stacca definitivamente
dalla tradizione settecentesca della jurisprudence, un mix di etica,
diritto, economia, con il quale si era cercato di dare una spiegazione
in termini morali dellinteresse individuale. Con Smith divenne
quindi legittimo il perseguimento del self interest nella sfera
economica, ma non per questo lhomo oeconomicus smithiano è
amorale o impolitico.
Si comprenderà a questo punto come sia immediato il legame
tra le concezioni, smithiane, elaborate in anni di silenziosa riflessione,
e gli schiamazzi rabbiosi dei coloni di Boston che gettano in mare
balle di tè. Si può dire che le idee di Smith erano
nellaria nellultima parte del Settecento, e questo spiega
lo straordinario successo di pubblico che accompagnò la pubblicazione
della Inquiry.
A 230 anni dalla sua pubblicazione il fascino dellopera resta
ancora intatto. Lottimismo razionale di Smith coinvolge il
lettore moderno, così come ammaliò il pubblico colto
di fine XVIII secolo. Anzi, forse, per il lettore moderno il fascino
della Inquiry diventa ancora più irresistibile, dato che
lidea del libero mercato torna ad essere prepotentemente vincente
dopo la sconfitta dei regimi ad economia collettivista.
Smith nei primi due Libri della Inquiry ha saputo delimitare il
campo dazione dellinteresse individuale, chiudendolo
nella sfera dellagire economico; e lo ha fatto seguendo per
lo più unargomentazione astratta che fornirà
poi il metodo delleconomia ricardiana. Dal Libro III passa
sul piano concreto dellanalisi dellimpatto dello sviluppo
economico nei diversi Paesi europei in seguito alla caduta dellImpero
romano, soffermandosi soprattutto sul problema dei rapporti tra
città e campagna. Nel Libro IV passa alla disputa tra i sistemi
di economia politica: il mercantilismo e la fisiocrazia, per affrontare
infine nellultimo Libro, il V, il tema per nulla neutrale
delle «spese del sovrano o della repubblica».

Ma dellintera opera è in particolare il Libro IV a
mantenere intatti il vigore polemico e la lucidità analitica.
È il Libro in cui Smith definisce «il sistema della
perfetta libertà economica» come una cerniera tra la
libertà individuale e il ruolo della sfera pubblica; contesta
non soltanto il mercantilismo, ma anche lastrattezza della
fisiocrazia; è il Libro in cui si affronta il tema delicato
delle colonie e del ruolo delle istituzioni nel favorire la crescita
economica (come si sarebbe evoluta leconomia del Vecchio Continente
se si fosse seguito un ordine naturale); è il Libro in cui
vagheggia listituzione di una pacifica Grande Repubblica Mercantile,
un nuovo ordine mondiale costruito sulle regole del grande gioco
del commercio, sulle regole della competizione economica, nel quale
nessuno può avere posizioni di predominio precostituite e
permanenti.
Ma possiamo dire che lutopia della Grande Repubblica Mercantile,
così come la intendeva Smith, sia stata realizzata oggi?
O questo mercato e questo ordine mondiale sono solo una tragica
caricatura di quanto Smith aveva immaginato?
Se gli si chiedesse ora di riscrivere per il lettore moderno la
sua Ricchezza delle Nazioni, egli si libererebbe subito del mito
che lo ha considerato come il maggiore sostenitore dellidea
che il libero mercato sia lunica condizione per conseguire
risultati socialmente ottimali. Un mito che è stato creato
nel XIX secolo più dai suoi seguaci francesi, come Say e
Bastiat, che dai più problematici e diretti eredi anglosassoni,
come Ricardo e Malthus. Un mito che si è tramutato di generazione
in generazione, e che ha coinvolto gli accademici allo stesso modo
dei non-specialisti, e con il quale oggi si suole giustificare il
liberismo selvaggio, di fronte al quale lo stesso Smith resterebbe
inorridito, così come lo fu nei riguardi dei privilegi feudali.
Ma alla fine del XVIII secolo lopera di Smith veniva considerata
con particolare favore nei circoli più progressisti della
cultura europea. In Francia, soprattutto nei primi anni della Rivoluzione,
la sua opera fu annotata da Condorcet, e in Inghilterra si riferirono
ad essa esponenti del pensiero radicale come Thomas Paine. Nel campo
opposto, quello conservatore, Smith, insieme a Hume, era considerato
un autore addirittura sovversivo, ed era visto piuttosto come il
difensore della libertà politica, più che lapologeta
del libero commercio.
Nella sua ipotetica riscrittura della Inquiry, Smith comincerebbe
sicuramente col ricordare che è lautore, come professore
di filosofia morale a Glasgow, di un fortunato libro dedicato ai
problemi etici, La teoria dei sentimenti morali, in cui si discute
della legittimità morale dei sistemi economici e sociali
e in cui i rapporti umani sono guidati dalla simpatia e dalla benevolenza.
Richiamerebbe lattenzione sullimportanza del rispetto
delle regole alla base della convivenza civile, senza il quale nessun
ordine spontaneo può costituirsi e durare. E porrebbe lattenzione
direttamente sul ruolo dello Stato, che oggi sembra essere solo
una figura ingombrante da ridurre al minimo, ma che è centrale
nel sistema di libertà economiche di Smith.
Nel capitolo IX del Libro IV, lautore rivendica fortemente
il ruolo dello Stato, ricordando che ha «tre compiti di grande
importanza»: «il compito di proteggere la società
dalla violenza e dallinvasione di altre società indipendenti»,
«il compito di proteggere per quanto possibile ogni membro
della società dallingiustizia o oppressione di ogni
altro membro, ossia il compito di instaurare unequa amministrazione
della giustizia», e «il compito di creare e mantenere
certe opere pubbliche e certe istituzioni pubbliche, che non potranno
mai essere create e mantenute dallinteresse di un individuo
o di un piccolo numero di individui, perché il profitto non
potrebbe mai ripagarli del costo, benché spesso questo costo
possa essere ripagato abbondantemente a una grande società».
Non si tratta di compiti secondari, ma essenziali per il buon funzionamento
del meccanismo di accumulazione fondato sul libero mercato.
Il richiamo ai limiti dellinteresse individuale appare sorprendente
in colui che ne è stato il maggior teorico. Eppure lopera
di Smith non è una semplice apologia delliniziativa
privata, ma in modo molto più complesso in essa emerge marcatamente
il legame tra etica, politica ed economia, che tutte si sintetizzano
nellidea del libero commercio. Se Smith riscrivesse
lopera, partirebbe dalla distruzione del mito che lo vuole
padre degli apologeti del mercato e dello Stato minimale
per ripristinare lidea dello Stato etico liberale,
e forse partirebbe proprio dal Libro IV. Lidea liberale di
Smith non è poi così lontana dal modo in cui gli italiani
della Destra Storica intesero il liberalismo dopo lUnità,
e per i quali la fondazione di un autorevole Stato unitario era
la condizione per sviluppare un moderno mercato nazionale. Essi
diedero libero spazio alliniziativa privata, ma seppero sempre
salvaguardare gli interessi generali.
Nel momento in cui la civiltà occidentale è impegnata
in una riflessione sulle proprie radici ed è concentrata
nel confronto con culture che la rifiutano apertamente, la rilettura
del Libro IV può apparire come un contributo illuminante
per meglio definire le caratteristiche ideali «del sistema
della perfetta libertà economica» su cui si fonda la
moderna economia di mercato.
Ma dobbiamo rileggere lopera smithiana senza pregiudizi, così
come la lesse il pubblico colto di fine Settecento; troveremo senza
dubbio tutti gli elementi che fecero di Smith un filosofo morale
più che un apologeta dellidea di mercato autoregolato.
Si comprenderà che la società che Smith intende costruire
non era composta da monadi mosse dal puro interesse individuale,
ma da esseri razionali che cercano una felicità terrena,
edificata sul costante progresso materiale e civile. Di questo progresso
la libertà diviene lelemento essenziale, ma essa non
può mai coincidere col sopruso e col privilegio. Il perseguimento
dellinteresse personale garantisce esiti socialmente ottimali
solo se avviene allinterno di un quadro di regole morali e
giuridiche, che possano fungere da contrappeso al libero dispiegarsi
delle passioni egoistiche.
Senza pregiudizi, la Ricchezza apparirà come un prodotto
dellIlluminismo europeo, e il programma scientifico di Smith
come una componente importante di un unico grande progetto, diretto
a considerare il funzionamento della società come il risultato
di fattori etici, giuridici ed economici, considerati come elementi
complementari, e non contraddittori.
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