Preleva sui loro beni unelemosina tramite la quale
li purifichi e li mondi e prega
per loro
(Corano 9, 103).
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Uno degli aspetti più misteriosi del fondamentalismo islamico
e della lotta al terrorismo è quello dei finanziamenti, che
evocano immagini a dir poco sconcertanti. Come non ricordare, infatti,
la maratona televisiva saudita per finanziare le bombe suicide palestinesi
durante la seconda Intifada, unoperazione che raccolse centinaia
di migliaia di dollari? I politici occidentali sono del tutto consci
che lopinione pubblica trovi raccapricciante lidea che
organizzazioni caritatevoli vengano usate dal terrorismo come canali
finanziari. Per questa ragione ogni volta che nei governi cè
maretta, i ministri delle Finanze avanzano nuove proposte per decurtare
i soldi del terrore.
Pochi mesi fa, il Cancelliere dello Scacchiere britannico ha suggerito
restrizioni nei confronti delle organizzazioni filantropiche
islamiche, senza tuttavia specificarne la natura. Ancora più
di frequente legislazioni internazionali che potrebbero aiutare
a penetrare il labirinto della finanza del terrore furono rigettate
per paura di recar danno ai paradisi fiscali ubicati nei propri
Paesi. Nel 2001, nella riunione dei ministri delle Finanze europei
a Nizza, fu lo stesso Cancelliere a bocciare la proposta di armonizzare
il sistema fiscale e la legislazione sul riciclaggio della black
money allinterno dellUnione europea. Quella proposta
avrebbe consentito di monitorare i flussi finanziari dai paradisi
fiscali del Vecchio Continente, inclusi i fondi del terrore inviati
dopo l11 settembre dalle Isole del Canale britannico alla
moschea milanese di Via Quaranta.
Il fallimento della lotta contro il finanziamento dellintegralismo
islamico è anche legato alluso sporadico e inconsistente
che i governi occidentali fanno delle legislazioni che mirano a
combatterlo, ad esempio le Liste del Terrore, elenchi di persone
fisiche e giuridiche sospettate di finanziare quel fondamentalismo,
introdotte nel novembre 2001. Tra i banchieri di al-Qaeda manca
però Wamy (World Assembly of Muslim Youth), messa fuorilegge
per il finanziamento dellinsurrezione islamica alla fine degli
anni Novanta nelle Filippine, dove era gestita da Kalifa, il cognato
di bin-Laden. Ancora oggi, il quartier generale di Wamy si trova
ad Alessandria, in Virginia. Fino all11 settembre, il presidente
di Wamy Usa era Abdullah bin-Laden, fratello di Osama. Wamy è
operativa in 34 Paesi e controlla 450 organizzazioni. Sempre alla
fine degli anni Novanta, lFbi lanciò unindagine
internazionale sul ruolo che Wamy ricopriva nel giro delle finanze
di al-Qaeda, indagine che venne insabbiata dallavvento dellamministrazione
Bush.

Ancora più sconcertante è il caso di al-Qadi, tra
i primi sauditi ad essere inserito nelle liste del terrore. Nonostante
le ripetute richieste al governo saudita e malese, (al-Qadi ha infatti
doppia nazionalità), è tuttora a piede libero. Ancora
nel 2003 la moglie del principe Bandar bin-Sultan, allora ambasciatore
saudita a Washington e amico personale del presidente americano,
fu accusata di aver trasferito 5.000 dollari a unorganizzazione
saudita basata in California e legata a due dei dirottatori dell11
settembre. Per ironia della sorte, fu suo marito, insieme con lattuale
ambasciatore a Washington, il principe Turki al-Faisal, ad insegnare
negli anni Ottanta, insieme alla Cia e allIsi, i servizi pakistani,
il sistema di dirottamento della zaka¯t saudita, per finanziare
i mujahedin in Afghanistan. Turki dette lincarico di distribuire
i fondi sul campo di battaglia ad Osama bin-Laden. Iniziò
così lavventura terrorista del giovane saudita!
La zaka¯t, lofferta obbligatoria pari al 2,5% del reddito
annuale (se la ricchezza posseduta, però, non supera una
certa soglia, chiamata nisab, pari a 87,48 grammi doro, si
è sollevati dallobbligo, N.d.R.), è uno dei
cinque pilastri dellIslam, ed è un modo di ridistribuire
la ricchezza ai meno fortunati. È un serbatoio monetario
non indifferente. Secondo i servizi segreti pakistani, durante la
jihad antisovietica in Afghanistan lammontare annuo della
zaka¯t saudita era pari a un miliardo di dollari. Se si considera
che oggi in Arabia Saudita i membri della famiglia reale sono 6.000,
con un reddito superiore ai 600 miliardi di dollari, e dunque con
una zaka¯t pari a 15 miliardi di dollari, si ha unidea
del volume globale del filantropismo musulmano.
La zaka¯t è incorporata nella struttura bancaria islamica:
ciò significa che le banche musulmane detraggono il 2,5%
da ogni transazione finanziaria e bancaria che gestiscono. Questo
gran fiume di denaro confluisce nel dipartimento della zaka¯t,
che fa parte del ministero delle Finanze o in quello del Tesoro
dei Paesi muslim. Da lì, ogni anno i fondi raccolti dalle
banche vengono distribuiti alle organizzazioni caritatevoli. Solo
in Arabia Saudita ce ne sono 241.
Il criterio, ovviamente, è discrezionale: decidono il ministro
e le lobbies del governo, che in Arabia Saudita sono rappresentate
da membri della famiglia reale. La partecipazione alla distribuzione
della zaka¯t dei politici non è comunque garanzia delle
buone intenzioni dei fondi. Allinizio del 2002, ad esempio,
il dipartimento della zaka¯t saudita inviò fondi sotto
forma di donazione al Comitato per il sostentamento dellIntifada
al-Quds, (Gerusalemme), il cui presidente era il ministro degli
Interni. Loperazione sembrava perfettamente legale, anche
perché al-Quds non era citata nelle Liste. Solo nellaprile
2002 si scoprì la documentazione che provava che quei fondi
erano stati usati per compensare attacchi suicidi.
Il nocciolo della questione non è dunque aumentare i controlli
e restringere la libertà di movimento dei gruppi filantropici
islamici in Occidente, incluse ovviamente le moschee, ma ottenere
la collaborazione dei Paesi musulmani che, come lArabia e
la Malesia, da decenni finanziano la colonizzazione del fondamentalismo.
Senza questa cooperazione nessuna misura anti-finanziamento funzionerà.
Criminalizzare la generosità dei musulmani non riduce la
popolarità dellintegralismo: tra i giovani, finisce
per rafforzarlo e spingerlo nella clandestinità, fenomeno
facilitato dallattuale basso costo dellattività
terroristica. I quattro uomini bomba avevano abbandonato
la moschea locale ed erano entrati in un network di moschee clandestine,
che operavano al di fuori dei circuiti tradizionali. Allinterno
di questo network racimolarono le 7.000 sterline per finanziare
lattacco alla metropolitana di Londra. Si trattò di
una somma minima, rispetto al costo dell11 settembre, la cui
sola esecuzione costò mezzo milione di dollari.
Lesperienza londinese fa riflettere anche su un altro aspetto
della guerra contro il terrore: la decisione di puntare tutte le
carte sullopzione bellica, tralasciando le ipotesi del risarcimento
delle famiglie delle vittime innocenti dei bombardamenti; il coinvolgimento
dei giovani nelle attività di soccorso, di ricostruzione,
di redistribuzione; il simultaneo dispiegamento di una strategia
di creazione di reti di beni e di servizi civili e sociali; e in
ultima analisi, unattività complessiva di attuazione
di un progetto di sviluppo di empatia, (gli italiani
hanno fatto scuola, in questo campo), che miri alla ricostruzione
morale delle coscienze ferite.
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