Solo qualcosa sembra sottrarsi alla casualità
senza rimedio, forse perché
è il risultato di un puro processo del pensiero: il sogno
e la speranza
del futuro.
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Come un grande amore. Così come accade per ogni grande amore;
così come sempre ogni grande amore si confronta col dissidio,
con lincomprensione, tra Vittorio Bodini e il Sud cè
stata la tensione lacerante di ogni grande amore.
Cè stata la passione ebbra, lillusione delleternità
di quellamore, cè stato il desiderio prorompente,
lansia, la frenesia, la sensualità spossante, poi lintenzione
delladdio, la separazione. Poi il ritorno malinconico. Poi
lallontanamento. Un altro. Lultimo: nostalgico, pietoso,
soffocato dal rimpianto.
Mai, però, ci fu lindifferenza. Mai ci fu lestraneità,
il sentirsi slegato da ogni vincolo, affrancato da una sentimentale
soggezione, spiantato dalla terra, abbandonato dal sogno e dall
idea di una nuova vita per una terra e per i destini che dentro
quella (questa) terra si generano e si dipanano, si annodano e si
aggrovigliano, si ritrovano o si disperdono, si differenziano o
si rassomigliano.
Così come accade per ogni grande amore, Vittorio Bodini ha
vissuto il Sud con una contraddizione carica di energia inquieta,
con un alternarsi di attrazione e di rifiuto, tra listinto
di fuggire e il desiderio di tornare, fino a raggiungere lesasperata
e al tempo stesso lucida coscienza di unassoluta, irreversibile,
drammatica volontà di morte nella lontananza.
«Qui non vorrei morire dove vivere / mi tocca, mio paese /
così sgradito da doverti amare».
È in questo disperato desiderio di un altrove ultimo, di
una morte inappartenente e sradicata dal qui dove lesistenza
è costretta per destino, o per necessità, o forse
per quellamore così prepotente e sfrenato da restare
sempre e irrimediabilmente inappagato, che esplode lespressione
del rifiuto della terra comè nel suo presente.
Ma cè quel doverti amare: come una costrizione
allamore determinata da un senso di legame filiale impossibile
da disconoscere, irrinunciabile, un nodo al cuore che non si può
slegare e che fa sempre più male perché sempre più
si fa disperato affetto.

Non dice, Vittorio Bodini, quale sia laltro luogo; non cè,
per Vittorio Bodini, un altro amore per unaltra terra. Cè
soltanto lo straziante sentimento di uninsofferenza del qui;
cè soltanto laspirazione ad una fuga che coincida
con una dissolvenza anche del possibile ricordo che si può
lasciare negli altri che rimangono lì dove un giornale loda
la guardia campestre che spara sui ladri di chiocciole.
Il ritorno si rende sopportabile soltanto se contempla la possibilità
di una trasformazione, di un diventare altro dallessere,
per riappropriarsi di un senso originario che è stato perduto
o rifiutato.
Ogni partenza di Bodini è sempre impregnata del senso di
un addio anche quando questo senso racchiude la prefigurazione di
un ritorno.
Partire svanendo, dunque, e poi fare ritorno, ma con un altro cuore,
con un altro pensiero «duro e sofistico», disposto
o costretto al confronto serrato e impietoso con se stesso
e con quello che intorno appare in superficie o si nasconde nel
passato profondo.
Lesperienza poetica del ritorno, per Bodini, è unesperienza
della morte: di una morte che coinvolge tutte gli esseri e le cose,
ogni dimensione del tempo; è un nostos che annichilisce,
che provoca uno stordimento esistenziale, che stringe in una condizione
di abissale vuoto interiore.
Il luogo verso cui tende e si conclude il viaggio di ritorno è
quel paese nel Sud, «dove ogni cosa, ogni attimo del passato
somiglia a quei terribili polsi di morti / che ogni volta rispuntano
dalle zolle / e stancano le pale eternamente implacati».
È nel luogo e nel tempo del ritorno che matura la comprensione
della ineluttabilità di una perdita: «qui»
dice Bodini «sera fatto il mio volto»,
in quel luogo destinato dallorigine, in quellincessante
riaffiorare di un passato che il tempo e la morte non riescono a
placare, nella lontananza assoluta e definitiva da altri luoghi
e altre esistenze.
Il volto dellaltro, di chi si è costretti a perdere,
quel volto che ha il profilo di un amore forestiero, si è
fatto, invece, in altri paesi «a cui non posso pensare».
Cosa cè dietro dentro- il verso «a cui
non posso pensare»?
Se si può anche leggervi una nostalgia di altri paesi ai
quali non si appartiene per origine, allora Bodini scardina lassioma
della nostalgia del proprio paese, o soltanto del proprio paese.
Il solo paese in cui sia possibile ritornare senza farsi sommergere
dal senso dilagante di morte, è quello della memoria. Ma
il paese della memoria è un luogo inesistente. È soltanto
proiezione dellimmaginazione. È una pura invenzione
della parola. Però è questo paese che per Bodini diventa
lorizzonte di uno struggente desiderio. È il paese
dellinfanzia che è, anchessa, uninvenzione,
una fiaba consolatoria, il possibile rifugio quando il presente
è la furia di una bufera. È il paese dello stupore
per la scoperta di se stesso e degli altri che abitano quel paese:
creature che proteggono da ogni insidia del mondo e soprattutto
dallagguato che tende il futuro. È il paese edificato
giorno per giorno con le parole di una poesia.
Solo in quel paese, Vittorio Bodini si riconosce, riesce cioè
a riconoscere se stesso, il proprio essere autentico.
Ma allora: se lessere autentico è una possibilità
concessa solo alla poesia, se il riconoscimento di se stesso avviene
solo dentro il luogo della poesia, si può ipotizzare che
sia soltanto la poesia il vero e unico paese che Bodini abita o
che può abitare, in cui non si sente mai straniero, dal quale
non deve mai partire, al quale non deve mai ritornare.
Come un grande amore, dunque, la storia tra Bodini e il Sud ha dentro
il suo sviluppo tutta limpossibilità di unordinaria
situazione e tutta lincomparabile poeticità della straordinarietà
di una condizione.
Ci sono eventi che accadono per caso, nella poesia di Vittorio
Bodini, come, talvolta, accadono per caso gli eventi, in ogni vita:
per disegni imponderabili, ragioni ingovernabili, cause senza unorigine
che si renda manifesta, impreviste deviazioni lungo il transito
dei giorni, occasioni inaspettate, insospettate, cattive o buone.
Per caso accade in Bodini, innanzitutto, quellevento dal quale
ogni altro deriva e al quale è subordinato, quello che una
creatura si porta dentro con felicità in certe stagioni,
in altre con disperazione, o con felicità e disperazione
mescolate, in altre ancora.

Esistere. È questo il caso originario, per Vittorio Bodini:
un caso che poi si carica di una connotazione umana radicale, di
un destino dal significato inequivocabile: esistere al Sud. Pensarsi
e rappresentarsi come lesito di un colpo di dadi, come numero
deciso dalla sorte che realizza innumerevoli combinazioni.
Tutto il resto, ogni altro evento, discende e dipende da questa
espressione del caso. Tutto il resto non è che una variante,
una rifrazione, una scaglia, una specularità, una rassomiglianza.
La casualità di esistere al Sud determina la condizione del
rapporto con la terra e con il cielo, con la vita e con la morte,
con il dolore, con lamore, con il tempo, con la Storia, con
il silenzio e con la parola, con limmanente e il trascendente,
con la luce e con il buio, con lattesa e il rimpianto, la
fuga e il ritorno, la realtà e limmaginario.
Esistere al Sud è un continuo corpo a corpo con le figure
concrete di un passato che affiora, come dentature di cavalli uccisi,
dalle profondità dellappartenenza alla terra, o con
quelle fantasmatiche che prendono perfino i nomi di un bestiario,
la forma degli ulivi, i colori di un tramonto, le voci di una leggenda,
e, più malinconicamente, i volti, i pensieri, i trasognamenti
di uninfanzia, le malinconiche euforie di unadolescenza.
Ma il sentimento del caso di esistere al Sud si fa tanto più
forte, più pesante, più pregnante, quanto più
con il Sud Bodini stabilisce, psicologicamente e fisicamente, una
distanza.
È nella dimensione della lontananza, nella nostalgia dellirrecuperabile,
nella mancanza delle cose che sono state il lievito del modo di
essere, di pensare, di agire, di amare, di sognare, che il vincolo
con la terra si trasforma in rimpianto lacerante, in un groppo di
emozione che genera lansioso desiderio di un ritorno: di un
ritorno impossibile. Perché il ritorno di Vittorio Bodini
non è verso un luogo da cui è sempre in frenetica
fuga ma è dentro luniverso di una memoria che
ha elaborato la trasmutazione del luogo reale in luogo esclusivamente
interiore, che ha introdotto nella trama della storia personale
e generazionale luoghi e personaggi che hanno la conformazione e
la fisionomia del mito.
La relazione poetica che Vittorio Bodini vive con il Sud è
essenzialmente unesperienza amorosa con una creatura che non
è più comè stata unaltra volta,
oppure come si pensa che possa essere stata, o come viene figurata
nel ricordo. Allora questa relazione si incaglia nelle secche di
una delusione derivante dallesperienza del presente, si immalinconisce
nella convinzione di una fine inevitabile, subisce la frattura,
lasincronia, la discordanza tra il tempo del soggetto che
ama e quello del soggetto che è amato, si rifugia (o si esilia?)
nel tempo passato che il pensiero può selezionare, modificare,
ricostruire, rigenerare e, quindi, rivivere scegliendo i luoghi,
i volti, le storie con cui prolungare un rapporto daffetto,
anche se quasi esclusivamente in una dimensione di autoriflessione,
forse anche di autoreferenzialità, anche se tutto sempre
in dissolvenza.
Bodini avverte che il presente lo accerchia ad ogni passo, lo costringe
a fare i conti con miti sgretolati, idoli caduti.
Ha ragione Donato Valli quando dice che il poeta «non riesce
a portarsi fuori dal presente che preme da ogni parte» e che
gli oggetti dellinfanzia e delladolescenza che spesso
tramano la sua poesia «fanno da contrappunto a un canto ora
nostalgico ora disperato, ma sempre ridotto oramai alla misura dellio».
In fondo, è sempre la misura dellio che per Bodini
costituisce la categoria e la metodologia per la comprensione del
mondo e dellessere al mondo, del Sud e dellesistere
al Sud.
Il mondo si mostra con i paesaggi del Sud: gli orizzonti, le ombre,
le lune, le crune dei campanili e i deliri, i racconti da narrare
e da narrarsi, la vita che splende come un raggio o che scivola
come un rigagnolo in Via De Angelis, strada sbilenca, traballante,
dove sembra che possano compiersi tutti i destini, dove dice
ho abitato in ogni numero civico, «con tutti / con
le rondini / coi vecchi che muoiono allalba / in una verde
luce dacquario / con quelli che sloggiano / portandosi coi
mobili sul carretto / i vetri della finestra / e lalbero di
limone del cortile».
Il mondo per Vittorio Bodini è una grande pianura che a una
certora vede cadere un tramonto da bestia macellata, è
unesule provincia, unamara contea, una periferia infinita
dove accade qualcosa che «il mondo» unaltra
realtà, dunque, diversa ed estranea al Sud «non
può volere».
Il mondo è quel luogo dove un tempo cerano accademie
e monaci sapientissimi, dove un eremita può rivelare il modo
per tamponare «lo sgocciolio suicida» del paesaggio.
Il mondo è quella realtà dove ogni cosa la
nascita, la morte, lavventura di vivere accade senza
un progetto, talvolta anche senza una consapevolezza, come se fosse
fine a se stessa, indifferente al tempo e alla natura.
Tutto accade per caso, allora. Solo qualcosa sembra sottrarsi alla
casualità senza rimedio, forse perché è il
risultato di un puro processo del pensiero: il sogno e la speranza
del futuro. Cioè quelle cose più casuali, in assoluto:
il sogno e il futuro.
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