Dopo avere speso non so quanto per fare il giro
del mondo, conclusero che questo tour non andava fatto:
la fuga dei cervelli non era
un problema.
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Nel mio Paese la Nigeria durante uno dei regimi militari,
venne istituita una Commissione, destinata a indagare perché
mai la nazione fosse afflitta dalla fuga dei cervelli. Da noi, cè
un proverbio che dice: Ohun ti a nwa lo si Sokoto, o wa ni
sokoto. Sokoto è il nome di una città del nord,
mentre sokoto è il termine in lingua yoruba per indicare
i pantaloni (in questo caso, si riferisce alle tasche). Il senso
è semplicemente: quel che stiamo cercando lontano spesso
si trova nelle tasche dei nostri pantaloni.
Questo ci fa capire quale impegno si assunse quella Commissione
di alto livello, guidata dal numero due di quel regime militare,
quando si imbarcò in un giro del mondo per scoprire perché
mai nel Continente africano, e soprattutto in Nigeria, ci fosse
questo fenomeno della fuga dei cervelli. La risposta avrebbe potuta
darla anche un neonato. La delegazione visitò il Messico,
fece un giro negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, quindi andò
in Russia e in Zimbabwe. Non so proprio se ci fu un posto che non
visitò.
Alla fine, ecco la relazione: la fuga dei cervelli non era un problema.
Non cera motivo di preoccuparsi per la perdita di potere professionale
o intellettuale. Quel che accadeva era che, senza rendersene conto,
la Nigeria era diventata una specie di riserva africana di volontari
della pace. In altre parole, non avremmo dovuto preoccuparci per
lindebolimento produttivo causato dalla fuga di cervelli,
non avremmo dovuto preoccuparci per la perdita di medici e di agronomi,
per il fatto che alcuni dei nostri migliori tecnici lavorassero
ormai per la Nasa e per altre istituzioni hi-tech, che alcuni dei
nostri migliori specialisti chirurghi, ecc. operassero
in Arabia Saudita e alcuni dei nostri migliori piloti lavorassero
in qualche Paese dellAfrica orientale, come lo Zimbabwe. No,
la Nigeria doveva essere contenta, per non dire orgogliosa, di rendersi
utile al mondo intero mandando allestero la sua forza-lavoro
più qualificata.

Riuscite a immaginare che gli Stati Uniti abbiano bisogno delle
conoscenze tecnologiche nigeriane, e che il Sudafrica, che è
stato un pioniere della cardiochirurgia, richieda cardiochirurghi
nigeriani? Dopo avere speso non so quanto per fare il giro del mondo,
conclusero che questo tour non andava fatto. Sebbene tale insegnamento
fosse destinato ad un uso più cinico e perverso, questi degni
cittadini non avevano fatto che cercare a Sokoto ciò che
si trovava già nelle tasche dei loro sokoto; ovviamente sapevano
che la loro risposta non era veritiera, ma era piuttosto
il caso del diavolo che sa citare la Bibbia per i suoi scopi. Essi
conoscevano la verità anche prima di partire per la loro
insensata missione, e la verità era che la causa che stavano
ricercando intorno al mondo si trovava entro i confini della nazione
e delle sue politiche di sviluppo.
Lascerò che siate voi a trarre conclusioni da questo piccolo
racconto edificante. La mia risposta personale alla questione è
che le nazioni africane non mancano di forza-lavoro qualificata,
comè provato dal fatto che essa è molto richiesta
ovunque, nel mondo. Quel che invece manca è uniniziativa
della leadership, un impegno politico che crei entro le nazioni
stesse le condizioni per ottimizzare le competenze locali e dare
uno sbocco lavorativo ai quadri specializzati che abbiamo nel Continente.
Manca la creazione di incentivi. Qualsiasi iniziativa che tenda
a rinnovare, a rigenerare e risollevare il Continente africano verso
un Rinascimento africano, può consistere soltanto
nellaccordare la precedenza alla creazione delle condizioni
adatte ad usare effettivamente la forza-lavoro esistente.
Non è questione di aiuti, ma semplicemente di strategie consapevoli,
volte a creare le condizioni adatte allimpiego delle competenze
di cui già si dispone, nelle imprese o nelle campagne, forse
facendo risorgere la tradizione dellindustria a conduzione
familiare e adattandola alle tecnologie avanzate, creando modesti,
decentralizzati sistemi di produzione, e lasciando perdere lidea
di progetti di sviluppo pantagruelici, per orientarsi invece
per esempio verso il modello indiano, che ha messo la gente
comune in grado di valorizzare la propria innata, inventiva intelligenza,
tramite piccole imprese.
Perché scelgo questa opzione produttiva? Perché è
stata molto trascurata, a favore della sua alternativa, che ha ampiamente
dimostrato di essere disastrosa. Per convincersene, basterà
studiare la storia della siderurgia in Nigeria: un elefante bianco,
un assoluto spreco, uno sperpero di miliardi per non produrre un
solo lingotto o una barra dacciaio degna di finire nel libro
mastro. Continuo a non essere persuaso che la salvezza del Continente
africano sia in iniziative oppure in imprese mastodontiche.
È il momento di intraprendere una decentralizzazione, la
diffusione di iniziative produttive e di opportunità di piccole
dimensioni, che libereranno lo spirito creativo e intraprendente
dei nostri popoli.
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