Lislamismo
khomeinista si era presentato fin dagli anni Ottanta come lerede
legittimo
e protervo
del comunismo agonizzante.
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Poco più di un quarto di secolo fa, nel 1979, scoppiava
in Iran la più strana rivoluzione del XX secolo. Il nome
stesso di Repubblica Islamica, che layatollah
Ruhollah Khomeini volle dare al regime teocratico da lui fondato,
appariva una contraddizione in termini. Dai tempi di Platone la
parola repubblica, res publica e non divina, evoca un
ordinamento politico laico, secolare, magari autoritario, in ogni
caso sottratto alla volubile volontà degli dei o dei monarchi
che si incoronavano e governavano per grazia di Dio.
Laltra grossa trovata di Khomeini fu la dottrina della velayat-e-faqih,
letteralmente giurisprudenza dei dottori della legge:
una dottrina rivoluzionaria che mescolava il sacro al profano, la
religione alla politica, affidando al clero sciita il compito di
sostituirsi ai governanti ordinari e di reggere in presa diretta
lo Stato in nome dellIslam.
Da allora in poi studiosi e analisti videro, nella repubblica islamica,
un ritorno alle origini del tradizionale fondamentalismo iraniano.
Ma le cose erano sottilmente diverse. In realtà, si trattava
di una rottura della tradizione, la quale mai, prima di Khomeini,
aveva combinato in maniera così diretta e così ambigua
la moschea col Parlamento, mettendo nelle mani dei preti tutto il
potere politico. La forza e lattrazione dellIran sciita
moderno, dellIran cosiddetto fondamentalista, la cui nascita
nel 79 doveva conferire una dinamica svolta antioccidentale
allintero mondo musulmano, dapprima del Vicino Oriente e poi
planetario, sono derivate dalla miscela del verbo coranico con il
nazionalismo di matrice socialistoide e baathista; in sostanza,
da un ardito e occulto innesto del laicismo autoritario arabo (con
legiziano Gamal Abdel Nasser, liracheno Saddam Hussein,
il siriano Hafez Assad) nel purismo religioso sciita.
Su un piano irregolare e asimmetrico ritroviamo anche nel geoterrorismo
scientifico di al-Qaeda una medesima combinazione di precetti
coranici e di tecniche occidentali nelluso dei media e degli
arsenali distruttivi.

Limpeto religioso e teocratico degli ayatollah al potere
ha infatti ricongiunto, per tanti aspetti, la loro politica ultraislamica
a quella che il secolarizzato liberal-nazionale Mohammed Mossadeq
praticava mezzo secolo fa contro limperialismo petrolifero
e il Grande Satana americano. Laspirazione iraniana,
che tanto turba lAmerica, a diventare una grande e temuta
potenza regionale, munita di esercito efficiente, di deterrente
nucleare, di servizi segreti collegati con cellule terroristiche,
la dice lunga sulle ambiguità di uno Stato che strumentalizza
e degrada la religione a ideologia totalitaria imperante sulla società,
sulleconomia pianificata, sulla cultura appiattita.
Il discorso ci riporta sempre al genio equivoco e megalomane del
fondatore Khomeini. LIslam rivoluzionario teorizzato dal grande
vecchio era assai meno pio e tradizionalista di quanto volesse apparire.
Egli ideologizzava lIslam ai fini di un progetto politico
che avrebbe dovuto fare dellIran il vessillifero di una sovversione
prima regionale e poi mondiale. Secondo lislamista Ramine
Kamrane, «lappello al retaggio religioso islamico gli
serviva soprattutto per giustificare artificialmente un sistema
di idee che non aveva alcun legame con la vera religiosità».
La rivoluzione iraniana è stata e in parte resta essenzialmente
ideologica, essenzialmente moderna, e difatti non si richiama solo
a Maometto e ad Alì: si richiama anche alle dottrine rivoluzionarie
atee, di tipo marxista-leninista o terzomondista, delle quali ha
conservato la forza di mobilitazione e la straordinaria capacità
operativa.
È quindi spesso sviante, analizzando lIran teocratico
inventato da Khomeini, mettersi a esplorarlo solo con erudite ricerche
sui fondamenti mistici e culturali dello sciismo. Sarà meglio
aguzzare lo sguardo su quello che allo sguardo non si palesa subito:
un sistema di potere la cui organizzazione e volontà di dominio
sulla società civile sono proprie di tutti i sistemi rivoluzionari
del Novecento.
Nellambiziosissimo progetto di mettere lIran, magari
con latomica, alla guida dei popoli diseredati della Terra,
lislamismo khomeinista si era presentato fin dagli anni Ottanta
come lerede legittimo e protervo del comunismo agonizzante.
Bisognerebbe rileggere, in proposito, la lettera che il profetico
pontefice degli sciiti inviò poco prima di morire a Mikhail
Gorbaciov [per comodità dei lettori, la riportiamo di seguito,
N.d.R.]. In essa, il superbo teocrate iraniano imponeva allultimo
segretario del Pcus di riconoscere pubblicamente che il comunismo
ateo era ormai una mummia archeologica, destinata come il capitalismo
ateo a svanire nel nulla. Insomma, il povero Gorbaciov, già
prossimo allo sfacelo, avrebbe dovuto passare il testimone e ammettere
che sulla scena mondiale restava una sola invincibile potenza spirituale
in grado di liberare lumanità dalla «prigione
dellOccidente e del Grande Satana»: lIslam marxistizzato,
con la benedizione di Khomeini e di Allah.
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