Dopo la libertà della Perestrojka, senza
nessun
controllo dallalto, noi ci scopriamo poveri e disonesti, e
non ci piacciamo affatto.
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La presidenza di Putin in Russia dimostra che lo stalinismo non
morirà mai. Emergendo dal passato, la dittatura russa si
proietta nel futuro senza quasi mai interrompersi, cambiando soltanto
il nome: Ivan il Terribile, Pietro il Grande, Koba lo Spaventoso...
Non molti anni dopo la caduta dellUnione Sovietica i russi
hanno scoperto che si vive meglio sotto i dittatori. Per questo
siamo stati così disponibili e pronti ad accogliere la mano
ferma di Vova Putin. Labbiamo appoggiato quando
ha messo in prigione gli oligarchi disonesti. Labbiamo
sostenuto quando ha schiacciato la stampa irresponsabile
e quando ha imposto la dittatura dellordine che scavalcava
il governo delle leggi trasparenti. Prestiamo ascolto volentieri
a chi inneggia a lui come in quella canzoncina pop che dice
«Voglio uno come Putin» e fa statue di cioccolato
raffiguranti questo moderno autocrate, oh sì, così
dolce.
Molti russi sono convinti che luso della durezza viene dettato
dallagenda stessa del presidente: riportare il Cremlino al
centro della politica e delleconomia, ridurre linfluenza
degli oligarchi, consolidare la verticale del
potere presidenziale per rafforzare la sovranità e
la sicurezza del Paese, garantire la cospicua produzione del settore
energetico statale e infine restituire alla Russia il suo prestigio
internazionale. E per quanto alcuni dei successi conseguiti dal
Cremlino siano discutibili, il 72 per cento della popolazione continua
a dare a Putin la sua fiducia.
Gente relativamente nuova alla democrazia, i russi credono ancora
negli Zar. Odiamo i governanti che ci assomigliano nellaspetto
e nelle loro azioni: Krusciov con i suoi vigorosi pugni sul tavolo
e la camicia da contadino ucraino; Gorbaciov con la voglia scura
sulla fronte pelata; Eltsin con la sua ubriachezza da muzhik.

Stalin invece si era pazientemente costruito unimmagine ufficiale
che occultava il fatto che lui fosse basso e avesse la faccia butterata.
Anche Putin costruisce scrupolosamente il proprio enigma: nonostante
numerose apparizioni in pubblico, ci chiediamo ancora che cosa nasconda
la sua anima. È un nuovo tecnocrate o una vecchia
spia?
Lo storico Richard Pipes ha più volte ammonito dei pericoli
che incontra la sfida della democratizzazione russa. La gente ha
bisogno, addirittura desidera venire protetta da se stessa e anela
a una mano forte dello Stato. Lattuale rigurgito di stalinismo
(nei sondaggi di opinione pubblica Koba-Stalin è al secondo
posto per preferenze dopo Vova il Mite, Putin) non è
da addebitarsi soltanto alla responsabilità dellattuale
padrone del Cremlino.
Quando Eltsin salì sul carro armato nel 1991, la Russia con
la sua storia di oppressioni non sapeva che la democrazia richiede
un contributo individuale, indipendentemente dal fatto se alla guida
del Paese ci sia Eltsin piuttosto che un altro leader. Non abbiamo
ancora assorbito lidea, propria della democrazia e del libero
mercato, che se le cose non funzionano non cè nessuno
da incolpare, se non noi stessi.
Dopo la libertà della Perestrojka e lanarchia del post-socialismo,
si è scoperto che, lasciati a se stessi, senza nessun controllo
dallalto, noi ci scopriamo poveri e disonesti, e non ci piacciamo
affatto. La nuova autocrazia ha scoperto di non avere bisogno di
un mausoleo dove rifugiarsi dal popolo: la paura della libertà
ci trasforma in volontari che chiedono un leader che sia una sensazione
di ordine alla nostra vita.
Va bene, Stalin governava grazie a una paura diversa, quella che
ciascuno provava per la propria vita. Ma oggi che cosa ce ne importa?
In fondo, non era così agghiacciante rispetto a questa vita
inedita in cui dobbiamo prendere decisioni per conto nostro. Ora
cè finalmente una risposta alla tradizionale domanda
che si pongono i russi di fronte alle sciagure: Di chi è
la colpa? Semplice: dei riformatori, di Krusciov, di Gorbaciov,
di Eltsin. Anche allaltra classica domanda: Che fare?
, la risposta è altrettanto pronta: tornare a Stalin
e allo Stato-Grande Potenza. Certo, era un passato in cui potevamo
venire uccisi o
incarcerati, ma quanto erano grandi le nostre vittorie e imponenti
le sfilate sulla Piazza Rossa!
Vyacheslav Molotov una volta si lamentò: «Con Stalin
seguivamo tutti la direzione imposta dalla sua mano forte, quando
divenne debole ciascuno cominciò a cantare la propria canzone».
Egli rimproverava i riformatori di avere «scatenato
la bestia che ha arrecato un danno orribile a tutta la società.
Questa bestia viene chiamata democrazia e valori umani, ma è
soltanto il frutto di uninfluenza borghese».
Oggi restano pochi dubbi sul fatto che la politica di Putin sia
una versione moderna di un governo della mano forte. Perfino quando
sono così obbedienti, i russi ricevono comunque indicazioni
e imbeccate dal Cremlino: negli ultimi anni è stato pubblicato
almeno un centinaio di libri che inneggiano a Stalin. Lautrice
di uno di questi, la giornalista pietroburghese Elena Prudnikova,
insiste: «Privato di ideali elevati, il Paese in pochi lustri
è decaduto. Dopo la denuncia dello stalinismo [1956, N.d.R.],
siamo diventati a mano a mano sempre più inutili e sporchi».
Un altro esempio. Il maresciallo dellUnione Sovietica Dmitrij
Yazov, ex ministro della Difesa e uno dei leader del golpe dellagosto
1991 contro linfluenza borghese di Gorbaciov,
da criminale politico quale veniva considerato poco più di
dieci anni fa si è trasformato in eroe, e le sue memorie
sono diventate un bestseller. Di più, Yazov oggi viene presentato
come vittima di unepoca, quando tutti questi Krusciov, Gorbaciov
ed Eltsin avevano manipolato lopinione pubblica al punto di
farle desiderare libertà inutili. Mentre allinizio
del nuovo secolo, grazie alla ferma e imperiosa leadership di Vladimir
Putin, la gente della Russia è ritornata alla ragione.
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