La struttura del
sistema bancario operante oggi
nel Sud è in grado di assicurare
condizioni
favorevoli alla
crescita delle aziende.
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Il Ministro Tremonti, nelle pieghe del disegno di legge sulla Finanziaria
2006, ha rilanciato una proposta che egli stesso avanzò
un paio danni fa: quella di dar vita ad una banca per il Mezzogiorno.
La costituzione del nuovo istituto di credito da denominarsi Banca
del Sud è prevista allart. 54 del disegno di
legge, che, del nuovo organismo, sincarica di fissare gli
obiettivi, i princìpi a cui deve ispirarsi lo statuto, la
composizione dellazionariato, lacquisizione dei marchi,
ecc.
È simpatico e significativo notare come per ben tre volte
nei quattro punti che costituiscono il secondo comma dellart.
54 si operi un richiamo ai «banchi meridionali e insulari».
Sembra quasi una sorta di commemorazione tardiva che ricorda le
virtù di quegli organismi, accompagnata da una
non troppo sottintesa ammissione di colpa, in nome e per conto dei
governi precedenti, sulla liquidazione dei banchi meridionali,
ai quali sembra si vogliano legare, a mo di continuità
ideale e storica, la missione e le fortune della novella Banca
del Sud.
Ma che farà questa Banca? Sarà una Banca come le altre
o una Mediobanca in sedicesimi?
Il disegno di legge nulla dice in proposito. Anzi, il richiamo ai
banchi meridionali da un lato e dallaltro linterpretazione
dellart. 54 resa dal sottosegretario alle attività
produttive Giuseppe Galati («Una banca del Sud [...] che preveda
la partecipazione nel capitale sociale di Regioni, Enti locali,
Camere di Commercio, banche popolari e di credito cooperativo. Un
nuovo soggetto che [...] non si occuperà solo dellesercizio
del credito e del risparmio, ma anche di consulenza nei settori
immobiliare e fiscale») farebbero propendere più per
la prima ipotesi. Non è mancato, però, chi negli stessi
giorni ha salutato la nascita della Banca del Sud, ipotizzando
per essa un ruolo diverso da quello delle altre aziende di credito:
essere un istituto operante nel settore dellequity, cioè
della partecipazione al capitale.
Si è aperto sul punto un ampio dibattito, che ha registrato
consensi e altrettanti dissensi, nellambito del quale è
stata formulata unipotesi subordinata e alternativa a quella
della Banca del Sud: la costituzione di una Superpopolare
del Mezzogiorno.

Senza addentrarmi in analisi specialistiche, che ben volentieri
lascio agli studiosi, vorrei svolgere alcune considerazioni di ordine
generale, che potrebbero essere utilizzate per valutare sia lipotesi
Banca del Sud sia quella della Superpopolare.
Se si utilizza uno strumento è per raggiungere un fine! Ora,
tanto la Banca del Sud quanto la Superpopolare
credo che vadano viste non come finalità da perseguire a
tutti i costi, ma come strumenti atti a raggiungere un fine.
Quale fine si vuole perseguire attraverso lo strumento Banca
del Sud? Se lobiettivo è quello di «sostenere
lo sviluppo economico del Mezzogiorno» (art. 54) mi sembra
che i primi destinatari dellattività della Banca del
Sud siano gli imprenditori. Se così è, mi chiedo quale
apporto in termini di novità e di singolarità
potrà essere dato dalla costituenda Banca del Sud
nel panorama economico-finanziario odierno, se il nuovo istituto
si limiterà ad affiancare all«esercizio del credito
e del risparmio» lattività di «consulenza
nei settori immobiliare e fiscale» (Galati).
Se così fosse, non credo che lattività della
costituenda Banca si discosterà molto da quella che oggi
viene svolta dalle numerose banche (dalle più grandi alle
più piccole) a favore dellimprenditoria meridionale.
Non credo, in altre parole, che, almeno in questa ipotesi, sia giustificato
ricorrere addirittura alla disposizione legislativa per costituire
una banca che sostanzialmente sarebbe simile a quelle già
operanti nel Mezzogiorno dItalia. Né, da altro punto
di vista, mi pare che una Banca col suo patrimonio di uomini, know
how, relazioni, avviamento, ecc. si possa creare per legge.
Laltra via che potrebbe giustificare la nascita
di una Banca del Sud e per il Sud è quella della
banca che partecipa al capitale di rischio dellimpresa.
In astratto non vi sono ragioni per non guardare con favore ad un
istituto della specie, ma in concreto è legittimo
chiedersi se limpresa meridionale, per le sue caratteristiche
dimensionali e di governance, sia veramente interessata e in grado
di avvalersi di questa piccola Mediobanca.
La risposta non è semplice e va data soprattutto dagli imprenditori
stessi, che invece, dai primi commenti riportati dalla stampa, guardano
senza entusiasmo a questa prospettiva o addirittura con sospetto,
preoccupati che la politica voglia rioccupare spazi nella gestione
del credito.

La mia personale opinione è che lo strumento Banca
del Sud non sia in grado di essere di grande aiuto allimpresa
meridionale, che avrebbe bisogno di poter contare e da subito su
altri strumenti, quali:
- lavviamento di unefficace azione di contrasto di ogni
forma di illegalità presente sul territorio, in grado di
restituire ai cittadini quel clima di legalità diffusa di
cui si avverte sempre più il bisogno;
- il miglioramento delle infrastrutture;
- la riduzione dei vincoli autorizzativi;
- la possibilità di contare su organismi forti ed efficienti
in grado di supportare le aziende nellaccesso al credito (Confidi,
Basilea 2 compliance).
Per quanto riguarda in particolare le banche, ritengo che la loro
funzione non vada, a questi fini, eccessivamente enfatizzata. Esse
storicamente seguono lo sviluppo e non lo precedono. Il loro compito
è quello di sostenere al meglio la crescita delle aziende
con spirito imprenditoriale e largo uso di prodotti e servizi tradizionali
e innovativi.
Non mi sento di dire che la struttura del sistema bancario operante
oggi nel Mezzogiorno non sia in grado di assicurare condizioni favorevoli
alla crescita delle aziende sane presenti sul territorio meridionale.
Le considerazioni sin qui svolte possono essere estese per analogia
anche allipotesi della cosiddetta Superpopolare.
È un tema, questo, che ricorre insistentemente ormai da molti
anni, senza che dai dibattiti giornalistici si sia mai passati ad
unanalisi approfondita dei costi/benefici di unoperazione
che desse vita ad una banca di dimensioni medie, con il sacrificio
di un certo numero di aziende che, seppur di dimensioni minori,
occupano oggi più che degnamente la loro posizione sul mercato
regionale del credito, riconosciute come validi interlocutori dal
mondo delle PMI e delle famiglie. Un progetto del genere potrebbe
prendere corpo solo se si riuscisse a dimostrare che la sua realizzazione
è in grado di:
- moltiplicare i punti di forza che ciascuno dei partecipanti alloperazione
ha e che gli vengono riconosciuti dal mercato;
- minimizzare i punti di debolezza che unoperazione del genere
fatalmente si porterebbe dietro in termini di rapporti interni alle
strutture interessate e soprattutto in termini di relazioni con
la clientela servita, una parte della quale non potrebbe non vedere
nelloperazione lennesimo impoverimento di strutture
creditizie del proprio territorio.

Pesati bene i costi e i benefici, se la somma fosse tangibilmente
positiva, si potrebbe guardare alliniziativa per la sua capacità
di apportare valore al territorio, viceversa, e la casistica è
ricca in tal senso, una fusione che non rispondesse a quei princìpi
diventerebbe un moltiplicatore di inefficienze e di debolezze che
deluderebbe quanti (soci, clienti, personale, fornitori, collettività)
hanno aspettative nei confronti della banca.
Occorre, dunque, in concreto esaminare questa possibilità
prima di sposarla o scartarla aprioristicamente, avendo riguardo
soprattutto accantonando per un momento la tentazione di
correre subito ad aggregare dati di bilanci e numero di sportelli
alla tecnologia disponibile e, soprattutto, alla
cultura aziendale che caratterizza ogni impresa interessata alloperazione.
Lincontro fra due o più imprese potrebbe far emergere
la presenza di culture e valori aziendali tanto diversi da diventare
potenzialmente conflittuali in caso di fusione, e in tal caso è
bene restare separati, o, e questo ovviamente è sempre auspicabile,
mettere in luce la presenza di culture e valori vicini, che possono
incontrarsi e dar luogo a feconde sintesi.
Personalmente credo che il vero problema per le imprese meridionali
non sia quello della presenza o meno di un grande polo bancario.
È fondamentale per esse, invece, poter disporre e utilizzare
gli strumenti necessari e utili alla loro crescita, meglio se forniti
da una pluralità di banche di dimensione grande, media e
piccola come oggi il nostro territorio già offre ampiamente.
Detto questo, mi sia consentito di aggiungere che proprio il forte
radicamento nel territorio, lo stretto e storico legame con le aziende,
un diverso approccio al rischio, fanno delle cosiddette banche
locali un interlocutore importante delle imprese.
Va ricordato in proposito che proprio nelle zone in cui la presenza
di banche realmente locali è fortemente compromessa o è
scemata del tutto si sta registrando la nascita di nuove piccole
banche (quasi tutte di credito cooperativo o popolari),
quasi una sorta di compensazione storica per recuperare rapporti
e legami con la piccola e media impresa che altre banche crescendo
non sanno o non vogliono più intrattenere.
Come si vede, nessuna apertura o chiusura aprioristica, ma solo
la necessità e limportanza di verificare sul campo
se ladozione di nuovi strumenti possa essere utile
e funzionale allo sviluppo del territorio in cui le banche, popolari
in testa, operano.
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