La domanda da porsi, oggi come oggi, è
questa:
che cosa succederà se si verificherà
il bis del vecchio scenario?
Si cercherà
di accrescere
la flessibilità
del lavoro?
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La mia posizione si può riassumere in cinque punti: 1) nulla
esclude che il prezzo del barile superi i sessanta dollari e magari
sfiori anche i settanta; 2) a livelli del genere leconomia
mondiale dovrà fare i conti, come negli anni Settanta, con
la stagflazione, vale a dire con il micidiale mix di inflazione
e di recessione: e si tratterà di un tremendo ritorno al
passato; 3) la dottrina economica ancora oggi non dispone di alcuna
ricetta sicura per affrontare la stagflazione; 4) in uno scenario
simile, ci saranno forti pressioni per accrescere la flessibilità
del lavoro e per ridurre i livelli salariali; 5) è improbabile
che i contraccolpi della crisi incidano sul confronto tra Stati
Uniti e Unione europea.

È realistico presumere che il petrolio vada su con i prezzi,
anche per fattori contingenti: basterebbe che il Venezuela frenasse
la produzione, oppure che il greggio iracheno non riuscisse ad essere
esportato, o infine che la Cina continuasse ad accrescere la domanda
(cosa che ha fatto quasi esponenzialmente fino ad oggi), per accelerare
laumento dei prezzi. Se così fosse, si annacquerebbero
le residue speranze di una ripresa solida, duratura, mentre il presidente
della Federal Reserve sarebbe costretto a rivedere i suoi piani
di un morbido, graduale rialzo dei tassi. Come ho detto, appunto:
si ritornerebbe alla stagflazione degli anni Settanta, che penalizzò
lOccidente e sconvolse le economie dei Paesi industriali.
Quello fu un periodo molto brutto anche per noi economisti. Nessuno
riusciva a trovare una valida via di uscita. Non avevamo (e non
abbiamo neanche ora) strumenti efficienti per contrastare il fenomeno.
La stagflazione, infatti, rende inutilizzabili i metodi classici
della politica monetaria: fra laltro, se i tassi vengono aumentati,
si controlla linflazione, ma si frena la crescita; se vengono
ridotti, si accelera la ripresa, ma inevitabilmente si aggrava linflazione.
Tanto per fare un esempio significativo: il presidente Richard Nixon,
oltre tutto dimenticandosi di essere un repubblicano, provò
con una politica di controllo dei prezzi e dei salari: fu un fallimento
totale, perché non fece altro che peggiorare la situazione.
La domanda da porsi, oggi come oggi, è questa: che cosa succederà
se si verificherà il bis del vecchio scenario? Io temo che
si cercherà di accrescere la flessibilità del lavoro,
abbassandone simultaneamente i costi. Francamente, negli Stati Uniti,
dove i sindacati sono stati da tempo evirati, non sarà tanto
difficile. Anche se permangono situazioni abbastanza paradossali,
come quella dei portuali californiani che guadagnano 100 mila dollari
lanno grazie al numero chiuso, alla loro particolare forza
sindacale e alla mancanza di concorrenza. Per assumere di nuovo
stanno facendo una lotteria...
Paradossale anche quel che si verifica in Italia, dove la massiccia
presenza di occupazione nera, il celebre sommerso,
finirà per tradursi in un vero e proprio vantaggio. I problemi
maggiori riguarderanno le economie della Francia e della Germania.

Riassumendo: la ripresa in atto è debole, fragile e non
riesce a creare che pochi nuovi posti di lavoro. Il ritmo di sviluppo
è insufficiente. In questo contesto, un ulteriore incremento
di prezzo del greggio imporrà alla Federal Reserve, ma anche
alla Banca centrale europea, una manovra più drastica sui
tassi di interesse che bloccherà ulteriormente la crescita.
Lalternativa nucleare? Può essere una delle soluzioni,
ma occorre mettere in evidenza il fatto che anche luranio
è in via di esaurimento e che dopo decenni non si è
riusciti a trovare una soluzione per il problema dello smaltimento
delle scorie. Sarò eccessivamente pessimista. Ma poco o nulla
mi autorizza a pensarla diversamente.
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