Perché siamo
al Finis Terrae, dove finisce il mondo, ma un altro ne inizia,
di avventure e di fantasia, e dove,
a dispetto delle mode, i suoi
abitanti non si sono ancora
venduti l’anima
al diavolo.
|
|
Lo so, quando
si è presi da questa passione
e il cuore ha un peso rispettabile
non c’è niente da fare, Don Chisciotte,
niente da fare, è necessario battersi
contro i mulini a vento. N. Hikmet
Che cosa è successo al nostro Paese in questi ultimi cinquant’anni?
Quali sono le cause che hanno trascinato l’Italia e i suoi
abitanti in una profonda crisi depressiva e in uno stato di generale
decadenza? La mancanza di una forte identità nazionale (poteva
diventare la nostra forza se intuita come identità di popolo
e non di nazione)? Le ferite non ancora rimarginate della Guerra
Civile tra fascisti e comunisti? Le varie mafie e le collusioni
con queste di partiti come la Democrazia Cristiana? L’eterna
politica clientelare? Una destra becera? Una sinistra illiberale?
La corruzione nell’Italia craxiana prima e in quella berlusconiana
dopo, per non parlare della sua lobotomizzante televisione? La sudditanza
di una considerevole parte della popolazione nei confronti del Vaticano
e di Mosca? Un Mezzogiorno che non riesce a ritrovare una sua autentica
vocazione mediterranea? E ancor prima, l’Unità d’Italia,
un fine più che un sogno a quell’epoca ineluttabilmente
moderno, concepita secondo un progetto massonico e dal 1861 la conseguente
guerra dei piemontesi contro i briganti nel Sud? ( La nostra vera
grande ferita! E’ da quella data che bisognerebbe ripartire,
dall’anno in cui viene realizzato il grande malinteso politico.
Intendiamoci, parlo da italiano e non da napoletano.) Un’aristocrazia
meridionale inetta e latitante, una borghesia settentrionale sedotta
dal fascismo e un popolo costretto a emigrare nelle Americhe? Eppur
si muove, dissentiranno i cristiani fiduciosi nelle italiche virtù.
Pienamente d’accordo, a dispetto di una gestione della res
publica – tranne rara avis – non intelligente
per non dire sciagurata, è il mistero del nostro vitalissimo
istinto di sopravvivenza. Ma ora siamo agli sgoccioli!

Argomenterei intorno alle ipotesi sull’origine dei nostri
mali in maniera più complessa e strutturata se il mio senso
del pudore non mi obbligasse ad un’autocensura dettata dal
timore di un fraintendimento di tipo disfattistico che mi affretto
subito a chiarire.
Il nostro è un Paese meraviglioso, abitato da popolazioni
con alta concentrazione di genialità, generose e fortemente
individualiste che tendono a conformarsi in massa belante se mosse
(o manipolate) da ideali unicamente economicistici e, in passato,
da sogni imperialisti: con la retorica del pane (sacrosanto) si
negava agli italiani una vera educazione impedendo loro di emanciparsi
da sudditi-schiavi in cittadini-individui; con la scusa della modernità,
dello “sviluppo” (quanta malafede dietro queste due
parole!) si negava al popolo il nutrimento dell’anima, che
altro non è che la Bellezza, in tutte le sue forme.
L’effetto di questa decadenza, derivante in parte dalle cause
sopraccitate, è lo smarrimento, o meglio (o peggio!), la
perdita della percezione della Bellezza. Ci siamo! Concludo questa
mia pomposa requisitoria da storico dilettante di provincia per
raccontarvi, cambiando registro, la ricetta salentina a questi mali,
la “soluzione ab finibus terrae”. D’ora innanzi
si consiglia una lettura che contempli l’ironia, senza farsi
da questa troppo distrarre, pregiudicando altrimenti l’apprendimento
dei nostri intenti, che sono molto seri.
Non è colpa degli Dei se siamo schiavi
W. Shakespeare
Fra i sassi del Capo di Leuca è ricomparsa “Coppula
Tisa”, la lucertola salentina, e ha deciso di aiutarci per
ritrovare l’Armonia italiana: lei (il piccolo e saggio rettile)
pensa che codesto valore sia l’unico vero collante del nostro
Paese. Ma chi è, cos’è veramente “Coppula
Tisa”? E’ un Comitato di cittadini che vuole ripristinare
la percezione della Bellezza ambientale, estetica ma soprattutto
comportamentale e morale attraverso delle azioni ben concrete. Sarà
una goccia nel mare, lo sappiamo, ma noi nel Tacco d’Italia
pensiamo che “petra su petra ozza parite” (pietra su
pietra rialza il muretto a secco). We the people of Salento,
siamo o no le formiche delle Puglie?
Tutto è iniziato dalla fantasia e dalla passione civile di
Norman Mommens, artista anglo-messapico-fiammingo, creatore del
personaggio della lucertola salentina, che attraverso delle strisce
metteva alla berlina le magagne di certi politici locali con alcuni
disonesti imprenditori delle nostre latitudini (e non solo!). I
disegni e le storie erano caratterizzati da una pungente ironia
e, direi anche, umana pietà; il sentimento per chi leggeva
era del tipo “ma ne vale veramente la pena?”.
L’idea di “Coppula Tisa” – così chiamata
dal berretto con la visiera rialzata tipico dei contadini sinceri
e orgogliosi del Capo di Leuca – era venuta a Mommens (nel
frattempo abilissimo nell’esprimersi in perfetto salentino
con inconfondibile accento britannico) leggendo il grande poeta
tedesco Heinrich Heine. Quest’ultimo descrivendo le lucertole
incontrate durante il suo viaggio nella Penisola le tratteggiava
come vecchie e sagge, forse eterne, altresì divertenti e
mai noiose.
Duecento anni dopo l’artista anglo-messapico ritrovò
il piccolo rettile fra le pietre di un muretto salentino. I due
si parlarono, risero per gli esseri “pensanti” del Pianeta,
piansero a causa degli stessi, s’intenerirono per il loro
comune amore verso il genere umano (nonostante tutto!), ma soprattutto
“Coppula Tisa” trasmise a Norman delle idee per arginare
e chissà fermare la distruzione ambientale e morale della
Terra e dei suoi abitanti.
Purtroppo, il grande vecchio artista non c’è più,
ma grazie a Dio prima di morire ha consegnato le “soluzioni”
della lucertola (contributive più che risolutive) nelle mani
di molti giovani uomini e donne, fra i quali anch’io. Per
cui un anno fa, in memoria di Norman Mommens (lungi dal volerne
fare un santo o un guru figlio del fricchettonismo salentinocentrico
di stampo terzomondista: la nostra è solo gratitudine) e
seguendo il pensiero di “Coppula Tisa” alcuni amici
– tra i quali il sottoscritto – hanno costituito il
Comitato Finis Terrae al fine di attivare la Campagna per la Bellezza,
appunto detta Campagna “Coppula Tisa”.
A parlare di Bellezza si corre seriamente il rischio di andare incontro
a legittimi fraintendimenti e facili sarcasmi, ancora di più
se si ha l’utopia di realizzarla con azioni concrete. Perché
la Bellezza è ineffabile, soggettiva, inafferrabile come
un pavone e a volte il solo parlarne rende il tema frivolo mortificandone
l’importanza. Forse la Bellezza bisognerebbe solo sentirla
e tacere, respirando piano. Ma l’uomo contemporaneo ha quasi
del tutto perso quel sentimento che tocca più i sensi e meno
l’intelletto che è la percezione estetica delle cose
belle.
Non c’è più niente da fare allora? L’uomo
ha fatto la sua scelta definitiva, produrre e consumare... dimenticando
il rumore del mare? Forse ancora no, forse c’è ancora
speranza. Noi vogliamo, anzi dobbiamo crederci, lottando contro
la volgarità dilagante e il contemporaneo cinismo per recuperare
l’Incanto perduto... e se sconfitti (ma confidiamo nella vittoria)
almeno da uomini, e in piedi.
Ma quali sono queste benedette azioni di Coppula Tisa? Sono l’acquisto
di pezzi di territorio ritenuti interessanti dal punto di vista
naturale e paesaggistico allo scopo di preservarli da edificazioni
e discariche selvagge, l’interramento di pali di cemento,
la bonifica di aree ritenute importanti dal punto di vista ecologico,
il coinvolgimento dei ragazzi e delle scuole per le più disparate
attività a scopo educativo, una serie di campagne di sensibilizzazione
ambientale ed estetica attraverso film, Internet, brochure, mostre,
seminari e specialmente feste molto divertenti, l’acquisto
e la piantumazione di piante botanicamente (e culturalmente) compatibili
con il territorio, l’abbattimento di “mostri”
e la costruzione al loro posto di edifici degni di questo nome,
un “pensatoio” economico e legislativo per “immaginare
la Bellezza” incentivando, per esempio, chi ha costruito dopo
aver abbattuto o aumentando in certe zone il valore dei terreni
sgombri da edifici (fra poco meno di quelli “ingombri”)
e tante altre azioni che hanno anche l’intento di far partecipare
attivamente i cittadini – senza deleghe statali percepiranno
il territorio bonificato come sacro – al recupero di un nostro
pezzo di paesaggio dell’anima, e non solo.

Per iniziare in maniera eclatante, la prima grande azione sarà
l’acquisizione in un luogo ameno di un terreno molto bello
ma con una costruzione orrenda, di quelle inutili, tipo scheletri
di cemento non terminati o cose del genere, la distruzione poi del
Golem architettonico, il ripristino in seguito dell’Armonia
originaria e infine il festeggiamento con una Grande Festa per la
Bellezza ritrovata.
Finiti i festeggiamenti la “follia” continua perché
il pezzo di Salento finalmente “ritrovato” verrà
regalato ad una qualche istituzione affinché non ci siano
malintesi della famiglia degli affari ma specialmente perché
attraverso quest’ultimo gesto, apparentemente assurdo, raccontiamo
un amore disinteressato verso la terra che ci ha visto nascere.
Quest’ultima operazione ci verrà a costare sui centocinquantamila
euro! Come faremo tutto questo? Con una grande colletta popolare,
alla quale tutti sono invitati, anche chi è stato abusivo
o più o meno incivile; l’importante tuttavia che sia
pentito e non consideri “Coppula Tisa” come una forma
di riciclaggio morale, semmai piuttosto un condono morale. La lucertola
veglierà!
Qualcuno potrebbe legittimamente obiettare riguardo ai metodi, allo
stile burlesco, alla provocazione allegra, ad una certa consapevole
e dichiarata retorica? A parte il fatto che il Comitato è
aperto ad ogni interessante idea che non sia logora, ben vengano
quindi nuovi contributi creativi, questo modo di comunicare ci consente
di rimanere indipendenti rispetto alle faziosità partitiche,
al fondamentalismo della politica italiana. Il “comportarsi
bene” iniziando da una considerazione alta, quasi sacrale
del territorio italiano è un punto di partenza per comportarci
bene, essere gentili e rispettosi verso i nostri simili e la vita
in generale: questo vale per tutto il popolo, perché la Bellezza
è un valore unificante che trascende l’appartenenza
sociale e confessionale (chiese e partiti) diventando popolare perché
è di tutti. Non rinneghiamo comunque l’allegria: è
un gioco, ma serio. Eccome se lo è!
Infine perché il Salento? Perché siamo al Finis Terrae,
dove finisce il mondo, ma un altro ne inizia, di avventure e di
fantasia e dove, a dispetto delle mode, i suoi abitanti non si sono
ancora venduti l’anima al diavolo. Chissà per quanto
ancora!? E poi perché è una metafora – come
la Toscana, le Langhe, le colline del trevigiano, la campagna romana,
il Golfo di Napoli, tutta la Penisola in fondo – di questo
miracolo italiano, avvenuto fra uomo e natura, che, come un disegno
divino di armonica perfezione fra architettura e urbanistica, paesaggio
selvaggio e quello plasmato dalla civiltà contadina, ha reso
l’Italia, nonostante tutte le contraddizioni e le sofferenze
patite dal suo straordinario popolo, il più bel Paese del
mondo.

In quest’ultimo mezzo secolo gli italiani hanno invece dimenticato,
a volte rinnegato, la loro identità migliore che è
artistica a tutti i livelli. Gli effetti di quest’oblio sono
le violente ferite inferte dagli abitanti al loro stesso Paese,
alla loro stessa anima. Per questo è rispuntata “Coppula
Tisa”, per aiutare tutti noi a immaginare un Rinascimento
della Bellezza e a realizzare questa utopia senza mai demordere,
con tenacia e dolcezza. “Datte canza, beddhu!”: trova
pace amico mio, cercala!
Qui c’erano accademie e monaci sapientissimi.
Vittorio Bodini
Prima di congedarmi vorrei fornire alcune notizie sulle azioni
di “Coppula Tisa” fino ad oggi. Innanzitutto la diffusione
in maniera massiccia del “pensiero gentile” della Lucertola
Salentina attraverso giornali, televisioni e radio, dalla prima
pagina di Repubblica alla rivista parrocchiale di un paese
del Capo di Leuca, da “Che tempo fa” di Fabio Fazio
e TG2 Dossier a Tele Rama.
“Coppula Tisa” ha inoltre patrocinato “Acqua allu
Puzzu”, Festival d’Arte e Cultura nato per il recupero
del rione “Puzzu” nel vecchio centro storico di Tricase,
ed ha anche partecipato a molte battaglie ambientali (e culturali)
al di fuori e all’interno del Salento.
Il Comitato ha pubblicato una rivista sulla storia e sul carisma
di “Coppula Tisa” con tutti i disegni di Norman Mommens.
La grande azione è senza dubbio l’acquisto di un bellissimo
terreno di 3.000 mq sulla serra costiera vicino ad un’antica
torre d’avvistamento con sopra un rustico di cemento non terminato
e in parte abusivo. L’acquisizione della terra e della costruzione
è costata 58.000 euro, dei quasi 80.000 raccolti attraverso
una grande colletta di privati cittadini, da Inge Feltrinelli al
cristiano de Santu Dana, da Beppe Modenese all’ambientalista
di Cocumola, dalla Poli Bortone e Alberto Maritati alla bizzoca
di Depressa, da Michelangelo Antonioni al centrosocialino di Cavallino:
alla fine più o meno 2.000 persone, guadagnandosi il nostro
Comitato il titolo di “popolare” sul campo e con i numeri.
In aprile il rustico verrà abbattuto gratuitamente dalla
Ditta Italgest di Paride e Ivan De Masi con l’aiuto del simpatico
vecchio proprietario “redento” alla bellezza. Il 21
giugno invece faremo una grande festa in onore dell’Armonia
ritrovata. La Campagna “Coppula Tisa” ha inoltre ricevuto
il Premio Bruno Carli per la “resistenza civile” al
Val Susa Film Fest (nel 2004 è andato ai ragazzi della radio
di Cinisi, quella di Peppino Impastato per intenderci). Il prossimo
ottobre invece la Galleria San Fedele della Compagnia di Gesù
di Milano ci ha invitato assieme ad alcuni dei maggiori fotografi
italiani a partecipare con un film alla Mostra “Sfregi. La
trasformazione del paesaggio umano”.
Tutto questo sarebbe stato molto difficile senza l’aiuto della
benemerita Banca Popolare Pugliese, che è diventata partner
di “Coppula Tisa” donando alla causa 22.000 euro: noi
ringraziamo e ci leviamo il capello ammirati e grati. Per concludere,
vorrei dire che la Lucertola Salentina non si vuole moralisticamente
ergere ad “arbiter elegantiarum”, di ciò che
è bello o brutto, ma altresì ricordare con umiltà
e gentilezza, attraverso una piccola provocazione, qualcosa di molto
semplice: che esiste un valore che si chiama Bellezza e che questa
salverà il mondo
Finibusterrae...
Ed è qui che i salentini dopo morti
fanno ritorno
con il cappello in testa.
Vittorio Bodini
|