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Seconda parte delle lettere spedite da Mario Luzi a Ercole Ugo
DAndrea: lultimo documento epistolare porta la data
del 4 settembre 1992, più di un quarto di secolo dai primi
contatti tra i due poeti, risalenti con ogni probabilità
al luglio 1966.
Sono documenti di notevole spessore, non solo perché codificano,
nella genuinità del rapporto, il clima intellettuale dellepoca
e i graffi della vita reale, ma soprattutto perché ci restituiscono
due personaggi diversamente impegnati ad affrontare e a risolvere
lurgenza della scrittura:
disincantato e realista il poeta fiorentino quanto penosamente inquieto
e travagliato il poeta salentino, divorato dallansia di vedere
pubblicate le proprie poesie. Luno e laltro persi nel
ritmo dei versi, in un vuoto di storia e di geografie, dentro lintrigo
di parole traslucide e macerate, per conquistare al di là
della momentanea attualità, forse, una quota
di paradiso.
3.8.77
Caro Ercolino,
non ti ho visto a Urbino in questo scorcio di tempo; ma forse era
agosto il tuo periodo.
Anchio mi sono fermato poco: e anche meno resterò ad
agosto. E un periodo in cui sono inquieto e impaziente: sento
che unaltra stagione della mia vita si è chiusa e oscillo
in una depressione lusingata da memorie (fallaci) e da promesse
(improbabili).
Frattanto... frattanto riempi tu la frase giusta e solo apparentemente
terribile, visto che ti intrattieni volentieri (per modo di dire)
su queste visuali.
Non so come leggere la tua ultima lettera: ma è da leggere
o da indovinare? Non vorrei essere diventato troppo bravo a farlo.
Non vorrei tu ne avessi bisogno. Sono febbricitante per via di denti:
e devo per ora salutarti.
2.12.77
Caro Ercole,
potresti anche accompagnare sul serio tua madre alla Messa. Non
ti dico di darti a pratiche di devozione: ma ascoltando la parola,
da dietro la sua pronuncia esulta una quantità enorme di
significato che il nostro cuore non contiene, che la nostra vita
si è organizzata a escludere per non crollare. Ma di questo,
tutto sommato, ci ammaliamo: proprio di questo cautelarsi, non esporsi,
linaridisce. Sed dic tantum verbum et sanabitur anima mea.
Non ricordi?...
Spero nelle vacanze di Natale di ritornare a stendere la nota che
desideri. Per ora sono alle prese con
1° residui di uninfluenza e faringite
2° conseguenze di un intervento sulla gengiva che, rimandato
di anno in anno, ho dovuto rassegnarmi a subire. Poco parlare, quasi
niente mangiare
3° preparazione in extremis di un corso, già cominciato,
su Diderot
4° preparazione delle lezioni urbinati su Valéry e Mann
(Faust)
5° contributi obbligatori al Giornale ed altri pedaggi
6° debâcle finanziaria dovuta al sorgere di difficoltà
reali di andare avanti
7° sentimento chiaro e preciso dellinutilità di
tutto questo tramenìo
8° desiderio immenso di liberazione e di felicità...
Spero che le tue crisi si attenuino nella misura in cui le analizzi
con lucidità e padronanza. Cerca di non farti pelare al poker.
Ricordami a tua madre e ad Aurelio. A te un abbraccio.
77/78
Caro Ercole Ugo,
esco da una seconda influenza in tempo per mandare agli amici
tu sei in primis un augurio che indori un po il 1978:
forse augurare consola e rallegra chi lo fa. Sarà per questo
che ci tenevo tanto a non mancare. Provvedi a parteciparlo a tua
madre e ad Aurelio con lancora sconosciuta sua moglie. Non
trascuro di pensare ai tuoi versi e presto mi metterò al
lavoro. Stai bene.
14 agosto 78
Caro Ercole,
sono di ritorno dalla Sicilia dove ho passato una decina di giorni,
dopo essere stato per due settimane a S. Quirico dOrcia per
le acque termali e qualche giorno in Umbria. Fuori sede, dunque,
spostamenti continui, interruzione dei rapporti (anche con me) di
cui avevo assolutamente bisogno per vari abusi psichici. E non parliamo
del cervello...
Spero che anche tu abbia potuto fare altrettanto in Abruzzo. Ora
mi aspettano due settimane intense a Urbino; dovrò recuperare
il tempo perduto oziando. E già la cosa a pensarla mi turba,
segno che il riposo non cè stato o non è stato
abbastanza.
Non so prevedere che vento tira a Urbino: i problemi sono grossi
e diffondono tensione e malumore. Constaterai tu stesso, se ti decidi
a venire. Per adesso ti abbraccio.
22 ott. 78
Caro E. Ugo,
ecco il topolino partorito
Vedi se ti pare che non abbia
fatto qualche scorreria proibita, non abbia commesso arbitri nei
suoi confronti con la massima libertà. Stai bene. Un augurio.
Vedo da anni la poesia di Ercole Ugo DAndrea poesia
solitaria, di un solitario per inclinazione e destino appropriarsi
sempre più lucidamente appunto di questo suo stato, elevarlo
a condizione indispensabile di vita e di conoscenza. Di necessità
virtù? Chi può dirlo? Certo il suo piccolo universo
domestico ha quasi cessato di stillare elegia dalla sua elementare
sacralità, dal suo implicito toccante rimprovero. Ciò
che lo compone, la casa e chi vi è dentro, la madre che ne
è anima, coscienza e vivente clessidra, la cameretta
di lui figlio non trasmigrato furono a lungo inscritti dal poeta
nel proprio testo come colonne dErcole e come luoghi santi
insieme di una elettiva separazione e di un esilio accettato; furono,
o apparvero, il salutare ancoraggio del deliquio e delle piccole
dissipazioni della provincia. Furono anche, o apparvero, il contraltare
a idoli di altro genere per i quali i non appartati
spendono se stessi, o dicono di farlo, là dove infuria la
mischia o più verosimilmente la grigia quotidiana schermaglia.
Ora la sua solitudine sempre più si spoglia, mi pare, dei
propri simboli consolatori, sempre più il suo universo relega
le figure amate e rituali nel triste eliso della citazione. Il mondo
si restringe a lui stesso e la sua casa diventa un nudo osservatorio,
una nuda polarità. Perfino i pochi suoni familiari gli sono
divenuti superflui e svianti: la notte è meglio del giorno,
ogni parvenza di quella vita che già gli era sembrata irreale
per troppa e troppo irrefutabile verità è ora riassorbita
nella pura consapevolezza di essa. Spogliata di ogni indugio o diversione,
prosciugata di ogni pathos, a parte certi ritorni e omaggi del poi,
la partita di rivela per quello che è: una scommessa tra
il grandioso anonimo perpetuarsi che il poeta avverte nel silenzio
di ogni altra voce, nel vuoto di ogni altra presenza, e lui che
vorrebbe incidervi il segno e il senso di una esistenza, di una
esperienza, siano pure esse state solo uno stillicidio. E
una scommessa che non si sa neppure quanto il poeta desideri veramente
vincere: si sa soltanto che non ritiene possa essere vinta se non
con la ritrazione e con lautoappiattimento dellego e
dei suoi lamenti. Anche la pulita e asciutta moralità che
egli rivendicava con arguzia alla sua condizione écartée
e al suo mondo povero è ormai sottintesa e come
rimasta alle spalle della linea su cui adesso combatte: una linea
di estrema frontiera, come dicevo.
Dunque ecco le considerazioni che il suo nuovo libro mi costringe
a fare tutte le strade conducono tutti da qualunque parte
a quellunico punto? Là dove improbabilità e
certezza (di essere presenti, di avere una momentanea attualità)
si alternano e si intercambiano; dove la possibilità di interloquire
in ciò che la natura dice o tace anche senza di noi sono
minime; dove si manifestano lestrema verità e lestrema
menzogna della voce che si alza a testimoniare una sofferenza individuale
o pubblica perché già la trasforma, già
la tradisce
Forse spingo con un po di impazienza la sua musa dove ancora
esita ad andare: a lei piace ancora delibare qualche fiore tardivo
e agonico; piace anche rifare, più allarmato, il solito esame
della sua penuria e della sua ricchezza. Ma ho pochi dubbi che è
proprio là che essa si dirige; là sembra trascinare
il poeta oltre le sue comprensibili resistenze. E per questo
che si allontana e si distingue da quella che era prima stata: e
si giustifica, più che altra, ulteriore. Inoltre è
per questo che inversamente alla sua naturale e ostinata privatezza
ha lindice puntato ad additare un movimento oggettivo, un
passo obbligato della poesia in questo tempo, quando tutti gli abusi
sono stati commessi. Ha dunque in qualche misura un valore anche
pubblico: è a modo suo anchessa storica.

18 dic. 78
Caro Ercole Ugo,
ho dovuto muovermi parecchio, infatti, e ora sono qui in cattivo
stato, abbastanza malconcio, ad aspettare il Natale e tutto quanto
vorrà venire. Tra laltro, sento, anche tu: che spero
contento relati-vamente, è ovvio.
Appena il tempo per gli auguri a tua madre e a tuo fratello, visto
che fra noi potremo farceli a voce. A presto.
1 feb. 79
Caro Ercole Ugo,
manda pure il tuo manoscritto a Raffaele Crovi C/o Rusconi, via
Vitruvio 43 Milano. Sono avvertiti e promettono attenzione e riguardo.
Speriamo. Sta bene. Ricordami ai tuoi.
7 luglio 79
Caro Ugo Ercole Ugo,
scusa il ritardo, dovuto al caos che conosci. In più faccende
teatrali per via di Ipazia che si è data in anteprima e sarà
data poi compiutamente a S. Miniato (dal 25 luglio) dallIstituto
popol. del Dramma. Beghe, ripicche tra regista e direzione... Infine
sembra, dopo varie mie sfuriate, le cose si siano avviate.
Ho finalmente potuto parlare a Sereni delle tue nuove poesie da
pubblicare nellAlmanacco. Mi ha consigliato di mandarle a
lui personalmente
Spedisci il tutto dunque a suo nome (presso
la Mondadori) e accenna al colloquio tra lui e me, di cui ti sto
appunto parlando.
Urbino: questanno ci sarò pochi giorni nella seconda
metà di agosto. Per il resto lestate passerà,
senza vero ozio, un po qua e un po là: Val dOrcia
e Sicilia. Forse qualche giorno in Versilia.
Ma pensando sempre al terribile ottobre che mi aspetta e per il
quale mi devo preparare.
Salutami tua madre e tuo fratello, a te un abbraccio.
5 luglio 81
Caro Ercole,
scusa il ritardo, ma che vita!
Volevo solo dirti che ho letto e riletto il tuo libro che ho trovato
bellissimo. Tenero e traslucido, macerato e freschissimo. Bravo!
E davvero il tuo libro, quello che dovevi scrivere.
Io sono molto stanco, soprattutto psichicamente. Non vedo lora
di potermi un po isolare e ritrovare il mio ritmo.
Salutami tua madre e tuo fratello e a te un abbraccio.
8.10.81
Caro Ercole,
di nuovo devo scusarmi per i lunghi silenzi. A un certo punto mi
sono barricato nel mio egoismo: volevo scrivere, volevo essere libero
di pensare un po anche a qualcosa di mio che aspettava di
essere scritto e ho tagliato le comunicazioni: non ho aperto la
posta, mi sono allontanato dalla stanza sommersa dalle carte di
mezza Italia che reclamano giudizi, prefazioni, consigli ecc. ecc.
Mi sono spostato qua e là, affaticandomi, è vero,
ma dimenticando per un po questo incubo.
Poi sono rientrato, diciamo così, nel seminato: e qui, primo,
trovo il tuo manoscritto. Indubbiamente hai trovato una vena pura,
scavata non solo in te come prima ma anche nella realtà a
cui resta aderente: tenue e profonda. Questi versi più recenti
sono belli, meno forse degli altri letti nella primavera scorsa,
ma belli e toccanti: forse un machadismo trasparente e anzi propugnato
offusca un po la limpidezza del testo. Ma, detto questo per
scrupolo di sincerità, resta un bel libro, cioè un
vero libro.
Quella di Einaudi e di Scheiwiller è forse una tua fissazione,
ma proverò: in ogni caso è assurdo andare in giro
con una mia lettera e credere che automaticamente quelle porte si
aprano. Non consideri la lumacosa politica degli scrivani addetti
alle patrie stampe.
Puoi intanto essere contento di questa tua stagione. E del piacere
che essa procura ai tuoi amici, tra cui il tuo vecchio Mario.
4.4.82
Caro Ercole,
le tue lettere tornano a intonare il lamento: capisco il tuo stato.
Gratificato dal sentire, dal vivo percepire, della trovata chiarezza
di un rapporto col tuo mondo che è poi il mondo, visitato
dalla parola e non dalla attenzione dei tuoi simili...
Cè quanto basta per torturarsi come fai. Ti sembra
anche che gli altri ti abbandonino, ti lascino alla tua povera ricchezza
che in te la delibi. Ma non è così, e tu lo sai. Sai
anche che tutti sono immersi in una violenza diffusa e velenosa
da cui tu, a un prezzo difficile a valutarsi, sei risparmiato. E
difficile per loro agire, per due ragioni, perché trovano
opposizioni tanto più dure quanto più anonime, e perché
sono essi stessi induriti nei loro pensieri e nei loro movimenti.
Quello che dico vale anche per me, certo.
Praticamente ho fatto poco per te, hai forse ragione a dolertene.
Ma ho in mano niente. Ho fatto, questo sì, qualche assaggio.
Dovremo parlare tête à tête con Carlo Carena
della Einaudi; anzi avremmo dovuto già incontrarci il giorno
29 marzo, ma poi non è venuto, ha rinviato.
Spero che la tua buona vena ti assecondi ancora: e tu abbia la tua
quota di paradiso. E il mio augurio di Pasqua.
Ricordami a tua madre e a tuo fratello. Con affetto.
21 giugno 82
Caro Ercole Ugo,
credo che abbia imboccato la via giusta e mai incriminabile: e
mi rallegro con te. Sia questa la tua estate piena! Intanto non
mi dimentico di te. Ho posto formalmente a Carena il problema della
pubblicazione dei tuoi versi. Dovrà pronunciarsi, finora
ha evitato discorsi su questo tema. Ma è anche lui un responsabile,
checché dica. Appena dirà qualcosa che non sia pura
o generica elocuzione, ti scriverò di spedire il malloppo
ormai voluminoso.
Ti ringrazio dei saluti che di quando in quando mi spedisci, sono
sempre benearrivati anche se raramente sono nelle condizioni di
mandarti una tempestiva risposta.
Grazie della nota che hai scritto per lAlbero. Ricordami a
tua madre, a te un abbraccio.

1 genn. 83
Caro Ercole Ugo,
in questi giorni che avrebbero dovuto essere di tregua e di raccoglimento
non sono riuscito ad avere una mezza giornata di vera tranquillità.
Sono disperato ed esasperato.
Tuttavia ho cercato di leggere attentamente e con simpatia
il tuo quaderno giapponese. E, certo, mi ha preso il
volitare dei suoi petali, il sussurro del vento che li stacca dallimmobilità.
Ma trovo che ti sei forse un po troppo invaghito della tua
figura poetica, che fai troppo affidamento sulla sua squisita onnipotenza.
Solo una mente che ha imposto la sua insostituibilità può
permettersi di espandersi e propinare il suo dono gratuito, apparentemente
gratuito, e considerare poetico e significativo tutto ciò
che la riguarda o promana da lei. Non credo tu sia in quella condizione.
Lo scarto tra la purezza e la levità della tua raccolta precedente
e la trasparenza presunta di questa mi pare grande, forse ti sei
lasciato prendere nel tranello della tua buona grazia. Francamente
non mi sento di battermi per questo libro: e trovo che anche per
te sarebbe un modo inefficace di presentarti pregiudicando le possibilità
di ciò che hai fatto e hai nel cassetto di valido da valorizzare,
appunto.
Naturalmente posso aver letto male o in una posizione sfavorevole:
ma questa è stata la mia impressione. Non ti amareggiare,
ma prendi spunto per ripensare al tuo lavoro e magari per darmi
torto. Intanto facciamoci fraternamente laugurio per il nuovo
anno. E penso anche a tua madre e a tuo fratello.
Belfast dic. 85
Caro Ercole Ugo,
prima di ripartire da questa strana isola nellisola: lUlster
dove ho passato più di un mese isolato, tagliato fuori, ma
in pace finalmente per un po, prima di riavvicinarmi ti mando
un saluto. Sarò domani a Londra e poi in Francia per due
settimane assai faticose, poi, a Natale, in via Bellariva.
Spero tu sia sereno e abbia avuto qualche segno di amicizia e di
stima: lo meriti e ne hai bisogno. Ricordami a tua madre. Un caro
saluto.
Firenze, 16 feb. 85
Caro Ercole,
attraverso un periodo (ottimismo!) di stanchezza e di esaurimento.
Franca non sta bene, mi tiene in ansia. Le intrusioni, le invadenze
nella mia vita sono continue, le pretese altrui mi dilaniano la
giornata, ogni giorno. Il lavoro mi medicherebbe, ma qui è
divenuto quasi impossibile. Il peggio è che non posso andarmene
in qualche possibile rifugio che ho adocchiato e anche un po
predisposto.
Tu stai appuntando non sul mio libro ma sulla stampa di esso tutte
le tue nevrosi intestine, domestiche, paesane. Il tuo stato presente
a me sembra maniacale. Non pensi più a quello che hai scritto
di buono e, sì, alla oggettiva difficoltà di farlo
convenientemente conoscere: pensi a me, a Gelli, a Garzanti come
a angeli, demoni o giustizieri. Io ho parlato di te a Gelli, gli
ho scritto, gli parlerò o gli scriverò di nuovo. Non
posso fare altro. Voglio dire: testimonierò per te, ma non
deciderò nulla. Nelle case editrici, tra laltro, non
cè rimasto più nulla di personale. Anche Gelli,
anche Garzanti, devono ascoltare i loro consulenti di mercato.
Tu invece ci demonizzi. Tu sai che è assurdo, e devi cercar
di capire perché lo fai.
Altri degni autori sono nelle tue condizioni. Penso a Francesco
Tentori (per citare un amico comune) che pur essendo eccellente
poeta e apprezzatissimo traduttore, non ha a sessanta anni un editore
e si contenta di occasionali, fortunose stamperie: il che non gli
impedisce di godere di una buona considerazione: pochi lettori,
ma buoni, insomma. E anche lui è in attesa. Ecc. ecc. Dunque
non mettere la vita e la morte nelle edizioni Garzanti: è
un vero peccato, ma cappello!
10.5.86
Caro Ercole,
finalmente ho trovato un po di quiete per leggere il tuo
libro nuovo. Lo trovo molto bello, macerato, vivo, vibrante sulla
corda dei nervi, tra notte e sorriso: specialmente nella prima parte
più sorprendente per me. Ma dolce, umano, delicato, puntuto
anche nelle altre due.
Dici di averlo mandato a Gelli. Allora prima di scrivere a Scheiwiller
mi pare il caso di tornare alla carica con luomo della Garzanti.
Ti direi: complimenti! se non fosse irrisorio per 1agonia
che ti ha dettato quei versi. Può essere vero che tout
aboutit à un livre
ma questo non cambia nulla
sul prezzo. Ti abbraccio. Ricordami a tua madre e a tuo fratello.
Firenze, marzo 87
Cari ragazzi, cari amici, una serie di circostanze affannose mi
ha impedito di rispondere alla vostra lettera, alla sollecitudine
che essa avrebbe meritato. E passato Natale, è passato
anche Carnevale e io sono ancora inadempiente con voi che invece
vi siete mossi verso di me con tanta fiducia e naturalezza. Fate
ancora di più, questa volta, e perdonatemi. Voi mi domandate
se ho speranza in voi ragazzi. E come potrei vivere se non lavessi?
E del resto il vostro comportamento, il vostro modo di sentire i
rapporti con le persone e le cose mi darebbero torto se questa speranza
la negassi.

Ciò che mi dite del vostro insegnante e delle sue lezioni
e delle sue confidenze rivela tutto il vostro affettuoso rispetto.
E un mio amico, lo è da molto tempo, e io posso dirvi
che il calore della vostra attenzione nei suoi riguardi è
davvero ben meritato e sono anche sicuro che esso lo ripaga di quelle
amarezze che la vita riserva a tutti perché la prova
che dobbiamo superare non esclude niente e che un uomo così
sensibile come lui soffre più degli altri. Seguitate dunque
a volergli bene: sarà un beneficio reciproco. Se un giorno
verrò a Lecce e a Galatone vi farò visita. Ma voi
dove sarete? Qualcosa in ogni caso ci unirà: lamore
alla vita e alla poesia che in qualche momento ci ha accomunato.
Buona fortuna, amici.
Vi saluta con simpatia autentica il vostro Mario Luzi.
Pienza, 4 agosto 89
Caro Ercole,
la busta delle tue nuove poesie, che credevo di essermi portato
dietro, è rimasta a Firenze. Dubito che la Bernardini possa
recuperarla e venire a portarmela. Dunque, scusami. Centra
un po anche linquietudine che mi dà la stanchezza
e lo stato insicuro della salute accresce qualche ombra. Non preoccuparti
dunque per la mia mancata sentenza e goditi la pace
aprutina.
Qui cè anche Tentori (per qualche giorno) e parliamo
spesso di te. Auguri e saluti a Silvana e a te.
luglio 92
Sorridi, ti prego, a questa pienezza destate. E a Silvana.
Mario
4 sett. 92
Caro Ercole,
ricevo Nature morte con febbre e delibo con intenso piacere il
tuo superiore pizzicato.
Dunque stai male-bene, stai.
Anche la pagina di Francesco che ti introduce la trovo molto bella.
Io sono in terapia, ancora: e ormai insofferente. Voyons. Un caro
saluto a Silvana. A te un abbraccio.
(Fine seconda parte. 4 - continua)
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