Basilea2 spinge
a definire su base universale il
concetto di rischio di credito e
a misurarlo in modo trasparente per ogni singolo cliente e
nell’ambito di tutte le operazioni di finanziamento.
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Premessa
Il cosiddetto “Nuovo Accordo di Basilea” – a
tutti ormai noto come “Basilea2” – che si sta
delineando nell’assetto e nei contenuti definitivi ha stimolato
in maniera crescente il dibattito fra i differenti attori interessati
a comprenderne e a valutarne le ricadute alla sua entrata in vigore
prevista, ad oggi, per la fine del 2006.
I ragionamenti sviluppati negli ultimi mesi intorno all’applicazione
dell’Accordo si sono concentrati soprattutto sugli scenari
di riferimento per il sistema bancario e sulle imprese. Con riferimento
a queste ultime, la discussione dell’Accordo è stata
caratterizzata dalla nota dominante delle lamentele sulle presunte
ricadute negative in termini di riduzione del credito e di crescita
dei prezzi.
Verificata l’inconsistenza dei suddetti temuti effetti e nella
prospettiva di cogliere appieno le relazioni fra il sistema delle
regole dell’Accordo e le relative ricadute, le opportunità
e le aree di convenienza per le banche, per le imprese e per il
loro sistema di relazioni, la riflessione dovrebbe essere più
ampia e completa.
Per una corretta disamina della portata dell’Accordo di Basilea2
occorre infatti sviluppare preliminarmente almeno un’analisi
intorno a quattro aspetti: i presupposti dell’Accordo di Basilea2,
i contenuti qualificanti dell’Accordo Basilea2, le risposte
strategiche e organizzative delle banche e, da ultimo, le trasformazioni
nelle relazioni fra banche e imprese.
I presupposti dell’Accordo di Basilea2
La redazione del “nuovo” Accordo nasce dalla necessità
di un’evoluzione rispetto alle disposizioni di Basilea1 (1988)
che per la prima volta afferma il principio operativo, consolidato
in dottrina, che il Patrimonio rappresenta il primo presidio a fronte
dei rischi connessi con la complessiva attività bancaria
e costituisce il punto di riferimento per stabilità delle
banche e dei sistemi bancari. Basilea1 definisce infatti, a livello
internazionale, una regola semplice e pragmatica per la gestione
delle banche e per l’esercizio della vigilanza prudenziale
del sistema bancario: i mezzi propri di ciascuna banca devono essere
costantemente adeguati rispetto al volume degli impieghi e alla
rischiosità dei medesimi.
In particolare, la regola del 1988 – ancora oggi in vigore
in oltre 140 Paesi – stabilisce che l’ammontare di tali
mezzi deve essere almeno pari all’8% della somma degli impieghi
ponderati per il rischio. La ponderazione tuttavia non avviene sulla
base del giudizio di affidamento della banca medesima, ma sulla
base di una semplice tabella di ponderazione fissata ex ante.
Di fatto, i finanziamenti concessi alle imprese, a prescindere dall’effettivo
livello di rischiosità stimato dalla banca, sono sempre ponderati
al 100% indipendentemente quindi dalle differenti condizioni di
solvibilità del singolo prenditore di fondi.

I contenuti qualificanti dell’Accordo Basilea2
La definizione del nuovo Accordo deriva dalla constatazione che
Basilea1 ha svolto nel corso del tempo un ruolo fondamentale di
stimolo alla crescita della capitalizzazione delle banche; le nuove
sfide di mercato richiedono tuttavia regole di vigilanza e di gestione
bancaria più fini e calibrate. Ne segue che se da un lato
la proporzione fra mezzi propri e totale degli impieghi ponderati
per il rischio rimane inalterata, dall’altro lato lo sforzo
dell’intero Accordo è rivolto a far sì che la
ponderazione avvenga ex post sulla base del vero livello
di rischio della controparte affidata.
Il buon senso e l’ovvietà di tale affermazione nascondono
in realtà la portata rivoluzionaria di Basilea2 che spinge:
a definire su base universale il concetto di “rischio di credito”;
a misurarlo correttamente e in modo trasparente per ogni singolo
cliente (Rating di cliente) e nell’ambito di ogni
operazione di finanziamento (Rating per operazione); a
fare discendere dal suddetto processo la determinazione dell’entità
del finanziamento e il relativo prezzo. Ciò porta: all’abbandono
di logiche binomiali di concessione del finanziamento lasciando
spazio a logiche multininomiali che prevedano diversi gradi di merito
creditizio delle imprese; all’accantonamento, a regime, delle
logiche di relazione oggi largamente dominanti, prevalentemente
basate sulla forza contrattuale (dimensione) delle imprese richiedenti
credito.
In tale contesto, il nuovo concetto di rischio di credito è
riferito ad una logica finanziaria, vale a dire all’analisi
della «Possibilità che una inattesa variazione del
merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste
un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa
del valore di mercato della posizione creditoria».
La misurazione corretta del rischio di credito rappresentata è
definita a livello analitico da Basilea2 sulla scorta di tre grandi
princìpi:
• Il rischio di credito è dato da tre componenti rappresentate
dalla probabilità di insolvenza della controparte, la cosiddetta
PD (acronimo di Probability of Default), dal tasso di perdita
al netto del recupero delle garanzie in caso di insolvenza (LGD
- Loss Given Default), dal valore dell’esposizione
al momento del default (EAD - Exposure At Default) che
è funzione anche della discrezionalità del debitore
nell’aumentare la sua esposizione, della vita residua dell’operazione
(EM - Effective Maturity). Qualsiasi istruttoria di affidamento
deve essere orientata alla valutazione della PD e della LGD attraverso
un processo di rating.
• Le modalità di calcolo della PD devono essere differenziate
in rapporto alla tipologia di controparte affidata (corporate, piccole
e medie imprese, retail), in quanto differenti risultano essere
i profili informativi della clientela.
• Le modalità di determinazione dei prezzi del credito
e dei relativi accantonamenti, per la perdita attesa, e dei necessari
presidi patrimoniali a fronte della volatilità della stessa
in un determinato orizzonte temporale (perdita inattesa) sono fondate
su approcci basati su processi di rating alimentati da indicatori
di misura discreti della probabilità di insolvenza. Essi
consentono di assegnare un prenditore (PD) o un’operazione
(PD+LGD) ad una determinata classe di rischio. Nel caso dell’approccio
standard, la ponderazione avviene ancora ex ante sulla base di una
nuova tabella collegata ai rating delle agenzie internazionali;
nel caso dell’approccio IRB - Internal Rating Based,
invece, il calcolo della ponderazione è legato ai valori
di PD e di LGD determinati rispettivamente in modo parziale o totale
dalla singola banca sulla base del livello di sofisticazione e di
autonomia del modello di rating interno adottato (Foundation e Advanced).

Le risposte strategiche e organizzative delle banche
Al riguardo, è utile fare riferimento al fatto che gli Accordi
di Basilea2 poggiano su tre pilastri.
Il primo pilastro definisce i requisiti patrimoniali minimi in termini
di capitale delle banche, che sono rivisti al fine di attribuire
un maggior peso alle valutazioni effettuate dalle banche stesse
in ordine ai rischi cui sono esposte.
Con riferimento al rischio di credito, l’obiettivo primario
del primo pilastro è di fornire un metodo Standard (Rating
esterni) più sensibile ai rischi che non aumenti né
abbassi mediamente il patrimonio di vigilanza delle banche (metodo
Standard).
Il secondo pilastro è un completamento essenziale del primo.
Le Autorità di Vigilanza dovrebbero assicurare che ogni banca
disponga di valide procedure interne per la valutazione della propria
adeguatezza patrimoniale sulla base di un’accurata misurazione
dei rischi di credito. In tale contesto viene previsto da parte
delle Autorità di Vigilanza nazionali il riconoscimento di
modelli di ogni singola banca per la quantificazione del rischio
di credito di vario livello di sofisticazione (Rating interni) basati
su tre anni di conformità operativa.
Il terzo pilastro impone alle banche condizioni di forte trasparenza
informativa anche verso i clienti e il mercato con riferimento alle
procedure e alle logiche valutative utilizzate; essa viene considerata
parte essenziale del nuovo Accordo. Sono previsti al riguardo requisiti
informativi specifici quale presupposto per il riconoscimento del
modello da parte delle Autorità.
Da quanto esposto è evidente che le specificità di
Basilea2 spingono le banche a compiere scelte organiche e strutturali
nel medio termine, rivolte a definire l’architettura e i contenuti
operativi dei processi di rating in vista dell’introduzione
effettiva del nuovo Accordo e quindi del cambio di mentalità
imposto dalla sostituzione del regime regolamentare di Basilea1
con quello di Basilea2.
Tali scelte investono l’assetto strategico, quello organizzativo
e quello produttivo, in quanto richiedono di riposizionare sia le
metodiche di valutazione del merito creditizio sia le modalità
di concessione del credito in quanto collegata ai valori della PD
e della LGD in termini espliciti e trasparenti. Ciò significa
che larga parte dell’attenzione e delle risorse della banca
viene oggi indirizzata alla realizzazione di un sistema originale
e competitivo di rating che sappia cogliere in maniera puntuale
il profilo di rischio effettivo della clientela.
Si osservi, al riguardo, che la scelta del tipo di approccio alla
definizione del rating (Foundation o Advanced) è solo teoricamente
aperta alle valutazioni delle singole banche. Nel medio periodo
tutte le banche tenderanno ad adottare modelli Advanced per almeno
tre ordini di motivi.

• Da un punto di vista reputazionale, dapprima per le banche
italiane internazionalmente attive (certamente i primi 8-12 gruppi
italiani), la scelta di un approccio Irb-Advanced è una non
scelta, in quanto fortemente suggerita e attesa dai principali operatori
istituzionali del mercato, dalle Autorità di Vigilanza, dalle
Agenzie di credit rating ai grandi Fondi di investimento internazionali.
Nel tempo, tuttavia, anche le altre banche dovranno dimostrare un
solido approccio metodologico alla valutazione del merito creditizio
per non subire impatti negativi e istantanei rispetto al costo della
provvista e, infine, al rispetto delle condizioni di creazione di
valore per i propri stakeholders.
• Da un punto di vista patrimoniale, la dimostrata liberazione
del capitale di vigilanza ottenibile attraverso gli approcci Irb
risulta elemento di elasticità strategica fondamentale, anche
ai fini della gestione del free capital della banca nell’eventualità
di future operazioni di acquisizione e consolidamento esterno.
• Infine, da un punto di vista economico, il pay-off associato
agli investimenti richiesti dagli approcci Irb riguarda in particolare:
la riduzione delle perdite attese e inattese, che vengono ottimizzate
attraverso la diversificazione del portafoglio impieghi, e il contenimento
dei costi operativi dato che i processi di credito ridisegnati a
partire dall’utilizzo degli strumenti di credit rating favoriscono
il trattamento standardizzato e automatico di un certo numero di
pratiche, liberando buona parte delle risorse di rete.
La trasformazione nelle relazioni tra banche e imprese
In questo scenario, le ricadute sulle relazioni fra banca e impresa
assumono contenuti e risvolti solo in parte ad oggi immaginabili
e comunque non riconducibili a giudizi superficiali cui molti appaiono
tentati. Sotto questo profilo, più che di ricadute in senso
stretto vale la pena di approfondire le tre grandi “regole
del gioco” contenute nell’Accordo di Basilea, intorno
alle quali banche e imprese dovranno rapportarsi per creare sinergie
utili alle une e alle altre.
La prima regola del gioco è legata al concetto
di insolvenza, determinante per il calcolo della PD. La definizione
utilizzata infatti, che si rifà all’enunciazione proposta,
è ben diversa dal concetto attuale di “sofferenza”
ed è riferita ad un ritardo nei pagamenti delle imprese italiane
pari ad almeno 180 giorni che diverranno 90, come per le altre imprese
europee, dopo 5 anni dall’attuazione di Basilea2. Ciò
comporta per sé l’esigenza da parte delle imprese di
un uso più equilibrato della leva del capitale circolante
e più in generale un’attenzione più responsabile
alla gestione finanziaria, intesa come funzione di produzione, e
alla gestione dei rapporti con il sistema dei clienti e dei fornitori.
Il nuovo Accordo di Basilea, sempre con riferimento alla valutazione
della PD, lascia inizialmente ampi spazi alle banche sia nella fase
di assegnazione del rating sia nella scelta dell’entry
level nell’applicazione dell’Accordo medesimo,
definendo le tre gradazioni dell’approccio Standard, dell’approccio
Foundation e dell’approccio Advanced. Questo significa che
la determinazione della PD sarà strettamente collegata alla
filosofia di fondo adottata dalla banca nell’assegnare il
rating, per cui potranno coesistere logiche a forte base statistica
con logiche a forte base quantitativa e qualitativa strutturata,
come avviene già nei mercati bancari più evoluti.
In questi termini, le banche si sfideranno (e, in parte, già
lo fanno) nel verificare la bontà e la superiorità
del proprio approccio. Anche in questo caso per il cliente impresa
vengono a crearsi ancora più forti spazi di arbitraggio speculativo
in quanto i rating assegnati da banche diverse alla stessa controparte
potranno essere diversi. Ciò permetterà alla clientela
di spostare la domanda verso le istituzioni che in quel momento
offrono un giudizio più benevolo o il cui processo è
meno efficiente. Non vi è dubbio comunque che tale meccanismo
porterà a forti spostamenti di quote di mercato.
La seconda regola del gioco è legata al concetto
di LGD e alla sua rilevanza nella trattativa fra banca e impresa:
se la valutazione del rischio è collegata anche al recupero
in caso di insolvenza, risulterà cruciale per la banca acquisire
garanzie e collaterals con i più alti valori di
recupero. Al di là delle apparenze, il campo di gioco appare
ben più ampio rispetto alla vecchia logica delle garanzie
e tale addirittura da comportare il significativo ridimensionamento
delle garanzie personali (dotate di un basso valore di recupero)
e, per contro, una forte crescita, fra l’altro, dei contratti
di leasing, dei contratti derivati su credito, delle procedure stragiudiziali.
Il nuovo Accordo pone infatti al centro dell’attenzione il
tema del valore di mercato dei collaterals sottostanti
la singola operazione creditizia e della loro possibilità
di recupero da parte della banca.
In altri termini, più elevato è il valore monetario
netto attuale dei collaterals, maggiore è l’impatto
favorevole per l’impresa sotto il profilo delle condizioni
e dei volumi di credito ottenibili. L’affermazione genera
due differenti ricadute sul sistema delle relazioni fra banca e
impresa. La prima è riferita al fatto che l’azienda
che saprà valorizzare in modo creativo il proprio sistema
di garanzie avrà forti vantaggi. La seconda è riferita,
ancora una volta, a logiche di arbitraggio in quanto il calcolo
della possibilità di recupero è demandato alla valutazione
della singola banca. Ne segue che le banche più efficienti
(o i sistemi bancari più efficienti) nell’attività
di recupero presenteranno LGD mediamente più contenute e,
a parità di condizioni, tassi mediamente più bassi
sul finanziamento alle imprese. Non si può negare, al riguardo,
che il sistema delle imprese italiane appare fortemente penalizzato
rispetto ad altri sistemi europei sia dal difficile utilizzo di
procedure stragiudiziali per il recupero dei collaterals sia della
scarsa abitudine ad utilizzare qualsiasi componente degli asset
come garanzia per un’operazione creditizia.

Le richiamate condizioni modificano anche significativamente alcune
situazioni consolidate in materia di garanzie spendibili dalle piccole
medie imprese; si pensi, ad esempio, alle garanzie tradizionalmente
rilasciate dai Confidi che operano spesso come strumento potenzialmente
decisivo nel loro accesso al credito bancario. Si rilevi al riguardo
che l’Accordo di Basilea2 non modifica alcunché rispetto
a quanto previsto da Basilea1, che non attribuisce alcun valore
alle loro garanzie ai fini della mitigazione del rischio di credito.
Esso peraltro ne impone una profonda rivisitazione strategica, gestionale
e organizzativa per consentire che le garanzie dei Confidi possano
concorrere alla mitigazione del suddetto rischio nell’ambito
della valutazione LGD: Basilea2, infatti, definisce i requisiti
richiesti alle suddette garanzie per essere accettate a copertura
diretta, integrale e incondizionata del rischio di credito; ciò
in termini di requisiti soggettivi del garante (natura giuridica
e attribuzione di rating) e di qualità del rating stesso
che, per dare valore alle garanzie fidejussorie prestate in termini
di mitigazione del rischio, deve essere migliore di quello dell’impresa
garantita.

La terza regola del gioco è legata infine al grande
dilemma circa il rapporto fra Basilea2 e la crescita dei tassi applicati
alla clientela e fra Basilea2 e le relazioni fra banca e impresa.
Sotto il primo profilo, il problema appare mal posto, anche perché
Basilea2 non stabilisce rigorose connessioni fra tassi applicati
e rischio di credito di un singolo prenditore; le suddette connessioni
tuttavia non possono che essere parte integrante della relazione
fra la banca e l’impresa in quanto prescritte da qualsiasi
manuale di buona finanza.
Più che di dilemma si deve parlare, allora, della maggiore
o minore preparazione delle banche e delle piccole e medie imprese
italiane a giocare a carte scoperte: da un lato le imprese saranno
chiamate senza alibi a proporre correttamente i propri progetti
e il proprio profilo aziendale, dall’altro, le banche saranno
chiamate a valutare altrettanto correttamente le controparti.
Le imprese che proporranno male la propria posizione, quelle che
cercheranno di nascondersi dietro logiche di multi-affidamento,
quelle che non saranno caratterizzate da una gestione “consapevole”,
quelle non disponibili a concorrere all’azzeramento delle
asimmetrie informative con la banca, o quelle che non avranno nulla
da proporre avranno maggiori difficoltà ad accedere al credito
e pagheranno tassi più elevati rispetto a quelle che, grandi
o piccole che siano, dimostrino capacità di creare valore
per i propri stakeholders.
Un fatto è comunque chiaro: l’ottenimento di un buon
rating e, conseguentemente, di un finanziamento adeguato alle aspettative
sia in termini di quantità che di prezzo non è frutto
di una buona negoziazione con la banca, ma il risultato di una corretta
gestione aziendale nel tempo. Anche le banche che avranno una bassa
capacità di valutare le controparti sul piano strategico,
organizzativo e produttivo e che non saranno pronte a gestire le
relazioni di clientela in modo differenziato per tipologia di controparti
(dalla Transazione alla Relazione al crescere delle dimensioni del
rapporto o della controparte, ad esempio) andranno incontro a pesanti
rischi, che potrebbero culminare nella progressiva perdita della
legittimazione del mercato.
Si consideri da ultimo che il nuovo Accordo di Basilea impone una
classificazione delle operazioni e della relazioni di clientela
in differenti classi ai fini di una più precisa determinazione
dei parametri di base della valutazione del rischio di credito e
dei correlati criteri di ponderazione (corporate, small business,
retail). Il tema è solo apparentemente di esclusiva
pertinenza delle banche. I criteri di calcolo delle componenti di
rischio e di ponderazione, infatti, risultano diversi sotto il profilo
sia regolamentare sia delle scelte operative individuali delle singole
banche. In corrispondenza delle differenti categorie si avranno
prezzi del credito e politiche di concessione differenziate. Le
imprese che saranno in grado di valutare questo aspetto potranno
compiere significativi arbitraggi fra banca e banca, oppure fra
tipo di operazione e tipo di operazione, acquisendo vantaggi significativi
in termini di crescita dei volumi di fondi e di riduzione del costo
del capitale. Tale effetto risulta essere ulteriormente potenziato
per quelle imprese che sposteranno il piano degli arbitraggi da
un livello prettamente domestico ad uno internazionale.

Conclusione
In conclusione, la valutazione congiunta dei tre ambiti esaminati
mette in luce la presenza di spazi di arbitraggio consistenti e
importanti per le aziende, fondati su una pluralità di elementi.
Ciò porta, ovviamente, ad una condizione tassativa: la singola
azienda deve imparare a “determinare” il proprio profilo
creditizio e a verificarlo con la banca. Questa capacità
deve necessariamente fondarsi sulla cultura della trasparenza e
della chiarezza dei progetti imprenditoriali di medio termine, a
prescindere dalla dimensione aziendale.
Gli imprenditori che non rispetteranno questa regola fondamentale
correranno indubbiamente grossi pericoli. Ciò non avverrà,
tuttavia, a causa del nuovo Accordo di Basilea, ma perché
la valutazione del rischio di credito seleziona sempre più
le imprese in funzione della loro capacità di stare sul mercato.
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