Ascoltare le
proprie voci di dentro, guardarsi vivere macinando il tempo, è
una pena che soltanto la poesia può
lenire.
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Poate ca
suntem copii
strazii
Può
essere che
siamo bambini di strada
Camminare per le strade di Bucarest, poniamo, ai primi di febbraio
può essere unesperienza sorprendente. Io lho
fatto, per la prima volta, nel bel mezzo di un inverno che in Italia
si presentava bizzarro e mite. In Romania, invece, la cosiddetta
brutta stagione conserva tutto il suo rigore: chiaro, leale; fa
il suo dovere con scrupolo irreprensibile per lasciare senza rimpianti
il posto, quando verrà il momento, ad una primavera materna
che finge ogni anno di arrivare di sorpresa.
Non so dire esattamente cosa mi abbia colpito di questa città:
forse qualcosa nellaria, forse laria stessa, il suo
colore... la luce. Faccio il fotografo e sarà, quindi, per
deformazione professionale se da questa luce mi sono sentito inondato,
toccato fin dal momento in cui per la prima volta ho posato lo sguardo
su questa terra dalla scaletta di un aereo.
La luce dellEst. Lho ritrovata poi negli occhi e nello
spirito della gente di Romania e, più chiara e carica di
malinconia ancora inconsapevole, nello sguardo dei bambini. Ci sono
moltissimi bambini qui, spesso sono bambini di strada, comunque
bambini che non ci somigliano, che non si potrebbero scambiare per
i fratelli minori dei trentenni adolescenti che sono di casa nelle
nostre società occidentali.
Ma qui, in Romania, i bambini sono una delle emergenze sociali:
figli della povertà, bambini costretti dallassoluta
indigenza delle famiglie dorigine a cercare di imparare larte
tragicamente banale del sopravvivere contando solamente sulle proprie
forze. Ne ho visti, di notte, abitare le fogne di Bucarest con agghiacciante
naturalezza, col cervello bruciato dalla vernice che sniffano per
spiegarsi il mondo.

I più fortunati si imbattono da piccoli nellaiuto
dello Stato: conoscono una prima e talvolta una seconda istituzionalizzazione
in case di accoglienza che dovrebbero segnare le tappe di un progressivo
distacco dalle regole e dallo spirito della vita di strada. Certo,
chi ha vissuto la strada non può cancellarne così
facilmente le tracce, spesso è una memoria del corpo, più
che della mente, ad incaricarsi di mantenerle indelebili, malgrado
ogni sforzo.
Sarà forse per questo motivo che laccorto buon senso
di un occidentale potrebbe istintivamente avvertire inquietudine
alla vista di una scena come quella, singolare per la verità,
a cui si può assistere passeggiando per le vie di Bucarest.
Un uomo cammina come un capobranco alla testa di un piccolo gruppo
di ragazzi, si muovono frettolosi, rapidi come se fossero a caccia
di qualcosa... Se tuttavia il buon senso si facesse meno accorto,
le cose si potrebbero probabilmente osservare sotto una diversa
luce: nella realtà la fretta è entusiasmo, la caccia
è ricerca. Dalla luce dellOvest alla luce dellEst.
Ogni tanto i ragazzi si fermano davanti a bambini che passeggiano
con i genitori, fanno domande, intervistano e... fotografano! Fotografano
bambini.
Ragazzi, bambini che fotografano bambini. E un gioco, un caso,
uno scherzo? No, unidea, una lampadina che si è accesa
nella testa del capobranco. Io lo conosco, si chiama Andrea Mosso,
anche lui è un fotografo italiano, ispiratore e anima di
unassociazione culturale, CameraOscura, attiva
da anni nellambiente fotografico italiano e internazionale
e impegnata nella realizzazione di progetti fotografici con un occhio
(e spesso più di uno) al sociale.
Lidea di Andrea Mosso in questo momento si chiama Progettooglinda,
che più o meno significa Progetto Specchio: si
tratta di un corso di fotografia per bambini di strada che hanno
già vissuto esperienze di istituzionalizzazione. Lo scopo
che il progetto si prefigge è duplice. Da un lato, in senso
più pratico, immediato cè il tentativo di arricchire
la vita di questi ragazzi con nuovi interessi e professionalità.
Dallaltro, si vogliono fornire loro gli strumenti tecnici
per elaborare una propria via alla percezione delle immagini intesa
come ricerca di realtà possibili in cui specchiarsi,
scoprendosi un io che crea il mondo intorno a sé.
Un mondo da scoprire e creare allo stesso tempo, che restituisca
allindividuo il suo senso più profondo e non serva
invece ad umiliarlo con imperativi legati alla sussistenza.
Lidea non è nata oggi. Tra il 1997 e il 1999 CameraOscura
si è avvicinata alla realtà dei bambini di strada
con un lavoro realizzato in collaborazione con lONG Terre
des Hommes Italia e pubblicato dalla rivista Transition, mensile
della Harvard University. Da qui la determinazione a realizzare
un progetto più grande e duraturo: il Progettooglinda,
appunto.
I ragazzi coinvolti sono quattro: Florin, George, Wally e Micaela,
tutti hanno tra i 16 e i 18 anni detà, molti dei quali
trascorsi dentro case di prima e seconda accoglienza, finché
sono arrivati al punto in cui si impara a camminare da soli
o non si cammina affatto.
Relazionarsi con questi ragazzi direttamente, per quanto entusiasmo
possano dimostrare verso una proposta nuova e stimolante come quella
di Andrea, può non essere così semplice. Bisogna farlo
con umiltà, disponendosi ad imparare il loro linguaggio,
i loro tempi prima di trasmettere loro qualsiasi nozione.
Andrea ha insegnato loro ad usare due tipi di macchine: un banco
ottico portatile e la macchina da 35 mm. Il banco necessita, per
un uso ottimale, del treppiedi, cosicché i nostri aspiranti
fotografi sono costretti a fermarsi per utilizzarlo e nascono così
fotografie più pensate, più accurate.
La 35 mm si presta ad un uso più dinamico, premia maggiormente
lentusiasmo, la spontaneità e la voglia di scattare,
che certo non fa difetto ai ragazzi. E evidente che, per loro,
apprendere il procedimento completo di scatto, sviluppo e stampa
ha avuto il senso di un atto creativo nel vero senso dellespressione.
Il loro interesse, lo scrupolo leggero nel fare sono identici sia
mentre sono intenti ad operazioni essenzialmente tecniche come caricare
gli chassis con la carta fotografica, sia quando hanno modo di sperimentare
lavori ad effetto più immediato e nei quali possono sbizzarrirsi
con la fantasia, come nella realizzazione di una cianografia,
che consiste nellimpressionare dei grandissimi fogli di carta
cianografica con il proprio corpo, esponendola ai raggi ultravioletti
del sole.
La tecnica però non è tutto; più importante
in questo caso, dati gli scopi del progetto, può essere la
scelta delle tematiche. Bambini che fotografano bambini si è
detto, ma dove, come?
A volte avviene per caso, in strada, magari al mercato di Obor,
dove molti bambini lavorano o più semplicemente accompagnano
i genitori a far compere: un volto interessante, una bella luce,
ed ecco il desiderio di non lasciarselo sottrarre dal tempo, dalla
dimenticanza... così può nascere una fotografia. Altre
volte si organizzano appuntamenti fotografici presso istituzioni
statali per linfanzia, come gli orfanotrofi, ma mi viene in
mente anche la visita allIstituto per i Bambini Olimpici...
No, no, nessuno corre i 100 piani in 10 secondi netti, qui! Si tratta
di convitti per bambini con capacità superiori di apprendimento
in discipline come la matematica, le scienze, le lettere. Solo in
questo modo lo specchio riflette tutto.
Al termine delle due settimane il numero delle stampe realizzate
è altissimo. Lattività di sviluppo e stampa
dei negativi viene svolta allArt Expò del
Teatro Nazionale di Bucarest, messa gentilmente a disposizione dal
suo direttore, Mihai Oroveanu.
Progettooglinda
Progettospecchio
Il progetto, del quale la mostra Poate
ca... è una delle espressioni più immediate,
è stato elaborato dallAssociazione Culturale
CameraOscura, in collaborazione con Terre
des Hommes Italia, lIstituto Superiore di Fotografia
e sei istituzioni locali rumene, Assis, Casa Deschisa, S.
Maria, Concordia, Art Expò e Ministero degli Affari
Esteri rumeno nella persona di Lilian Zanfiroiu.
La prima fase è stata la realizzazione di un corso
pilota, che è durato due settimane, durante le
quali si sono sondate le potenzialità e le problematiche
del Progettooglinda.
La seconda fase del progetto prevede un corso di fotografia
di quattro mesi che permetterà ai ragazzi di avvicinarsi
a unarte che può diventare un lavoro. Ma soprattutto
tenterà di farli sentire protagonisti della loro vita,
più consapevoli delle loro capacità e in grado
di acquistare più fiducia nelle proprie potenzialità.
Alla base di ciò la convinzione che la fotografia,
oltre ad essere un potente mezzo di comunicazione, di analisi
e di sintesi, sia un ottimo strumento per raccontare se stessi
e la realtà circostante, accrescendo la propria consapevolezza;
inoltre, tra i ragazzi che frequenteranno il corso ne verranno
selezionati due tra i più dotati e meritevoli, a cui
saranno assegnate due borse di studio, in Italia, per il master
professionale, finanziate e messe a disposizione dallIstituto
Superiore di Fotografia e Comunicazione integrata di Roma
in collaborazione con lAccademia di Romania.
Con i lavori svolti dai ragazzi durante il corso si realizzeranno
un libro fotografico e una mostra itinerante. Il progetto
prevede inoltre lorganizzazione di una serie di colloqui
per gli allievi, allo scopo di favorire il loro inserimento
nel mondo del lavoro.
Nella terza fase del progetto lAssociazione CameraOscura
simpegnerà nellorganizzazione di una piccola
agenzia fotografica e di una redazione gestita dai ragazzi
stessi, con il supporto e la supervisione di collaboratori
esterni sia locali che stranieri, giornalisti e fotografi.
I lavori dei ragazzi saranno inseriti in unagenzia fotografica
on-line, con lo scopo di costituire unagenzia indipendente.
I ragazzi inoltre provvederanno alla distribuzione delle immagini,
sperimentando anche unulteriore forma di occupazione,
in linea con le finalità del progetto che intende innescare
un meccanismo creato e gestito dai bambini e dai ragazzi,
protagonisti della fotografia.
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E giunto il momento di dare visibilità a tutto il
lavoro dei ragazzi e di chi li ha seguiti. Wally, la scenografa,
prepara un invito, linvito ad una mostra fotografica. Linvito
è una farfalla; il gruppo di giovani fotografi, infatti,
si è chiamato fin dal principio di questavventura Ninfe,
larve di farfalle, e ora, alla fine del viaggio, rivendica agli
occhi del mondo il diritto di proporsi, di essere considerato come
unentità adulta e consapevole. La mostra viene allestita
presso il Teatro Ion Creangã di Bucarest e si
intitola Poate ca... suntem copii strazii, ovvero Può
essere che... siamo bambini di strada. Fin dal titolo, la
sana noncuranza di chi va per la propria strada... perché
sa di averla trovata! Il successo e lentusiasmo sono travolgenti.
Intanto, mi faccio rapire dalla bellezza delle fotografie di questi
ragazzi, dallimmediato e infantile gusto per la composizione.
Vorrei essere davvero in grado di descrivere ciò che vedo,
ma, più ancora, ciò che sento.
Non ci riuscirò, forse, ma cè una sensazione
che avverto nel guardare queste foto: ancora questa luce, questi
sguardi... luce attraverso vetri tersi dacqua e sapone, colori
caldi e decadenti di maglioncini di lana grezza con la zip sul davanti.
Scampoli dinfanzia, la mia. Che mi trovi davvero davanti a
uno specchio?
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