La forma
delle scatole
dei pomodori
e quella dei cetrioli ci ricordano come lottusità
e leccesso di zelo non risparmino
un ridotto numero di dirigenti
e funzionari delle istituzioni europee.
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Utile: ma anche impicciona e, qualche volta, perditempo? La domanda
riguarda lEuropa di cui ci occupiamo in questo spazio della
nostra Rivista. LEuropa impegnata per migliorare la vita dei
cittadini. LEuropa che abbiamo definito utile,
quella che, come abbiamo documentato nei precedenti articoli, è
al lavoro per difendere la nostra salute, la nostra alimentazione,
per aumentare e migliorare le nostre possibilità di lavoro,
i nostri viaggi, i nostri studi, la nostra cultura e tanto altro.
Ma che, a giudizio di qualcuno, a forza di far tanto finisce con
il fare troppo, anche quello che non sarebbe necessario fare o,
addirittura, sarebbe meglio evitare.
Un giudizio recentemente espresso dal ministro del Tesoro Tremonti
«LEuropa funzionerebbe meglio se non sprecasse
energie per occuparsi della forma delle scatole dei pomodori pelati»
mette, per così dire, il dito sulla piaga o presunta
tale. Richiama infatti alla nostra attenzione lesistenza di
interventi europei su problemi di modestissima rilevanza o tali
da poter essere lasciati alle competenze dei governi nazionali.

Fatta questa ammissione, va anche però subito dopo aggiunto
che la piaga è una piaghetta e costituisce uneccezione
davvero eccezionale. La forma delle scatole dei pomodori pelati
e pochi altri casi di interventi europei di non sicura utilità
e serietà (un altro, qualche anno fa, riguardò la
forma dei cetrioli) ci ricordano che a questo mondo nessuno e niente
è perfetto e che quindi è inevitabile che lottusità,
leccesso di zelo e altri difetti umani non risparmino un ridotto
numero di dirigenti e funzionari delle istituzioni europee. Ecco
così qualche sbaglio, qualche leggerezza, forse qualche episodio
di vera e propria stupidità.
Ma ecco anche gli atti positivi, interessanti, importanti dellEuropa
utile. Ed eccoli in quantità enorme, in maggioranza talmente
schiacciante da permetterci di affermare tranquillamente che le
eccezioni non fanno che confermare la regola, contribuendo così
a mettere in evidenza la validità dellEuropa utile.
Tanto più perché spesso, anzi quasi sempre, tale validità,
per chi sa guardare e valutare con obiettività, è
confermata perfino da molti casi che, in partenza, sembrano destinati
a portare acqua al mulino di chi ironizza sullEuropa utile
o addirittura la critica pesantemente. Potrebbe perfino avvenire
(non abbiamo sufficienti elementi di giudizio per affermarlo con
certezza) per la forma delle scatole dei pomodori. Certamente avviene
per gli interventi europei di cui parleremo in questo articolo,
quelli che riguardano nientedimeno che
le figurine Pokemon
e i giardini zoologici!
Prendere questi due casi per dimostrare che si tratta di esempi
di validità dellEuropa utile sembra, lo sappiamo, unarrampicata
sugli specchi. Non lo è, nonostante lingannevole apparenza.
I lettori che avranno la pazienza di seguirci si convinceranno da
soli che anche occupandosi di figurine Pokemon e di giardini zoologici
lEuropa utile può fare, anzi fa, una bella figura.

Cominciamo con le figurine Pokemon. Stampate (su licenza della
giapponese Nintendo) dalla multinazionale americana Topps, dal 1999
in poi hanno conquistato un vasto pubblico di bambini, adolescenti
e anche un buon numero di adulti. E sono diventate la materia prima
di un ottimo giro di affari. Nel 2000 le vendite delle figurine
e degli adesivi raffiguranti i 250 personaggi del gioco Pokemon
hanno raggiunto, nello Spazio Economico Europeo (15 Paesi dellUnione
più Norvegia, Islanda e Liechtenstein), 600 milioni di euro,
pari a 1.161 miliardi delle vecchie lire. Una cifra di tutto rispetto.
Fatta questa osservazione, dato che ognuno è libero di spendere,
anche di sprecare a proprio piacimento i soldi che ha in tasca,
niente altro ci sarebbe tuttavia da dire se da unindagine
della Commissione europea non fosse risultato che i mille e passa
miliardi di vecchie lire incassati in un anno con la vendita di
figurine e adesivi sono stati messi insieme ricorrendo a espedienti
non proprio corretti, anzi in aperta violazione con le norme europee
che regolano la concorrenza nellUnione.
Lindagine è scattata nel 2000 sulla base di una denuncia
che segnalava abissali differenze di prezzo nella vendita delle
figurine e degli adesivi nei diversi Paesi dello Spazio economico
europeo. Un corpo di ispettori della Commissione si è messo
in moto. E visitando i vari Paesi europei ha fatto scoperte strabilianti.
In Francia le figurine e gli adesivi di Pokemon erano venduti a
un prezzo che era il doppio di quello praticato in Spagna e molto
più alto anche di quello richiesto in Italia. Il record era
rappresentato dalla Finlandia: in questo Paese, figurine e adesivi
costavano il 243 per cento in più che in Portogallo.
Come poteva avvenire? Gli ispettori hanno approfondito lindagine
e sono arrivati al perché e al per come: tutte e due semplicissimi,
anzi elementari. La differenza enorme nei prezzi delle figurine
nei vari Paesi era, in un certo senso, pilotata. Faceva parte di
una strategia finalizzata a realizzare, senza troppi scrupoli, i
massimi profitti.
Per scendere nel concreto, la Topps, attraverso la sua organizzazione
europea e alcune reti nazionali di distribuzione, era intervenuta
per impedire quella che avrebbe potuto essere la giusta soluzione
del problema, cioè le esportazioni di figurine adesive dai
Paesi dove i prezzi erano più bassi (come il Portogallo)
ai Paesi dove come in Francia erano più elevati.
Se questo tipo di esportazioni fosse avvenuto le differenze si sarebbero,
come minimo, ridotte notevolmente. Sarebbero però anche diminuiti
gli incassi della Topps e di alcuni distributori regionali.
Era il costo da pagare per il rispetto delle norme sulla concorrenza
stabilite, tra laltro, con il Mercato Unico Europeo (entrato
in vigore nel 93). Ma la Topps e i suoi alleati hanno preferito
cavarsela con disinvolte contromisure. In pratica, hanno fatto di
tutto per impedire le esportazioni dai Paesi con prezzi bassi ai
Paesi con prezzi alti. Sono arrivati a quanto risulta dagli
atti dellindagine a minacciare il taglio delle forniture
di figurine e di adesivi ai distributori che non si fossero adeguati
a tale linea.
Accertati i fatti, la Commissione europea è intervenuta presso
la Topps facendo presente che il sistema in atto nella distribuzione
delle figurine e degli adesivi violava le norme europee ed era quindi
illegale. La multinazionale ha promesso di mettersi in regola. Avveniva
a novembre del 2002. Sono trascorsi alcuni mesi e un successivo
controllo ha accertato, nel corso del 2003, che poco e niente era
cambiato. E scattato allora un procedimento formale contro
la Topps per violazione dellarticolo 81 del trattato dellUnione
europea, cioè, detto in parole più povere, per avere
impedito la concorrenza. «Si tratta di comportamenti
ha commentato Mario Monti, commissario europeo che hanno
leffetto di mantenere artificialmente alti i prezzi al consumo
e costituiscono una violazione delle norme antitrust». «La
Commissione ha aggiunto Monti ha combattuto tali comportamenti
illeciti nel passato e continuerà a farlo energicamente».

Che succederà ora? La Topps ha alcuni mesi di tempo per
difendersi dagli addebiti; potrà chiedere anche che un suo
rappresentante sia ascoltato dalla Commissione europea. Se con questi
interventi non dimostrerà di avere ragione e pare
improbabile che riesca a farlo sarà obbligata a rispettare
le norme sulla concorrenza. Dovrà anche pagare una multa
che potrebbe essere molto pesante. E come conseguenza di tutto questo
il commercio parallelo, o transfrontaliero, cioè
quello che si svolge dai Paesi a prezzi più bassi ai Paesi
a prezzi più alti, con sensibili benefici per i consumatori,
avrà dallEuropa utile un ulteriore incoraggiamento,
comè già avvenuto con i precedenti interventi
della Commissione contro le non giustificabili differenze dei prezzi
delle principali marche di automobili nei vari Paesi europei.
Bene, ci sembra di non esserci arrampicati sugli specchi, ci sembra
di aver chiarito che anche il caso Pokemon dimostra, e molto bene,
che lEuropa utile è valida e importante per tutti noi
anche quando apre gli occhi e impegna le proprie energie su problemi
e fatti che apparentemente riguardano e interessano solo una parte
dei cittadini dellUnione.
Si può dire lo stesso per laltro dei casi di cui ci
occupiamo in questo articolo, quello dei giardini zoologici europei?
Ci pare di sì. E sperando di convincervi vi spieghiamo subito
perché.
Qualche mese fa, la Commissione europea ha deciso di deferire alla
Corte di Giustizia delle Comunità europee otto Stati membri,
tra cui lItalia (gli altri sono la Germania, il Regno Unito,
lIrlanda, la Grecia, la Spagna, il Portogallo, la Finlandia),
per la mancata applicazione della Direttiva 1999/22/Ce approvata
il 29 marzo 1999 dal Consiglio dei Ministri dellUnione europea.
La Direttiva, come si sa, è la forma legislativa europea
più vincolante. Ogni Stato membro dellUnione è
obbligato a inserirla nella propria legislazione nazionale, quindi
ad applicarla. Ma nel caso della 1999/22/Ce questo obbligo non è
stato ancora rispettato. Quattro anni dopo lapprovazione da
parte del Consiglio dei Ministri europeo la Direttiva non è
legge nazionale in Italia, Germania, Regno Unito, Germania, Irlanda,
Grecia e Portogallo. Un ottavo Stato, la Finlandia, ha fatto propria
la norma europea, ma la sta applicando solo su una parte del suo
territorio, escludendo le isole Aland.
Di fronte a questo collettivo atto di disobbedienza, dopo varie
sollecitazioni e inviti, lUnione europea ha deciso di mostrare
i muscoli. Attraverso la Commissione ha deferito gli otto Stati
inadempienti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee.
Si è aperto così un vero e proprio processo che da
una parte vede le istituzioni europee e dallaltra metà
abbondante dei 15 Stati di cui lUnione è attualmente
composta.
Qual è la materia del contendere? I giardini zoologici europei!
Proprio così. Stropicciatevi gli occhi, guardate bene e vedrete
non solo che non state sognando, ma che si tratta di una cosa seria.
La direttiva approvata dal Consiglio dei Ministri nel marzo del
1999 e finora non applicata da oltre la metà degli Stati
membri stabilisce tra laltro che in tutta lUnione i
giardini zoologici devono essere gestiti sulla base di regolari
licenze rilasciate a persone di sicura competenza in materia, devono
garantire il rispetto delle esigenze per la conservazione delle
varie specie, mantenendo un alto livello qualitativo nella custodia
degli animali grazie a trattamenti veterinari preventivi e curativi
e a programmi di alimentazione sofisticati.
Sempre secondo la Direttiva, i giardini zoologici devono inoltre
diventare la sede di ricerche sulla conservazione delle specie,
sulla riproduzione in cattività, sul ripopolamento, sulla
possibilità e lopportunità del reinserimento
di alcuni animali nella vita selvatica. Devono infine promuovere
listruzione del pubblico su problemi quali la conservazione
della biodiversità, le specie esposte al rischio di estinzione
e lhabitat naturale da cui esse provengono.
E molto di più di un intervento per permettere ad adulti
e bambini di godersi al meglio la visita domenicale al giardino
zoologico della propria città. E una doverosa tutela
dei diritti degli animali. E unoperazione culturale.
E un contributo alla ricerca scientifica.
La Direttiva del 1999 ha dunque quanto basta per essere considerata
un nuovo fiore allocchiello dellEuropa utile. Bene ha
fatto la Commissione europea a difenderla e valorizzarla deferendo
alla Corte di Giustizia gli otto Stati membri, tra cui il nostro,
che almeno finora non lhanno inserita nella propria legislazione.
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