Non per nulla,
al di là delle
lamentele
dei cittadini,
i governanti
dei Paesi che sono rimasti alle porte di Eurolandia
intendono entrare nel club della
moneta unica.
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Qualcuno ha detto: leuro è una moneta che piace molto
ai governanti e poco ai governati. Giudizio che sembra essersi rafforzato
dopo che gli svedesi, al 56,1 per cento, hanno respinto ladozione
della moneta unica, mettendo così a nudo un problema troppo
a lungo negato: una sfiducia sempre più evidente nei confronti
delleuro.
Paura del nuovo che attraversa lopinione pubblica, in particolare
nei suoi settori più semplici, quelli popolari, secondo il
Presidente della Commissione europea. Ma la massaia che impreca
contro la moneta unica mentre osserva i prezzi degli ortofrutticoli
al supermercato non ha reazioni troppo diverse dal manager che controlla
i listini alla City.
Così, la nostalgia del passato, lattaccamento alla
lira, al franco, al marco, serpeggiano nella psicologia collettiva.
E non si tratta soltanto dei malumori degli industriali padani che
vanno a sommarsi alla diffidenza degli scandinavi abituati da tempo
al benessere sociale, degli inglesi conservatori, dei francesi nazionalisti,
dei catalani sospettosi.
La verità è che leuro, nei suoi primi anni di
vita, ha finito per diventare il parafulmine di un crescente scetticismo
verso lEuropa, il nodo focale dove si sta scaricando un problema
politico prima ancora che economico.

La tesi è così riassunta: la moneta euro, nella sua
ancora breve esperienza, si è sostanzialmente comportata
bene: ci ha liberato dallinflazione, il che è un bene
per le imprese e per ciascun cittadino europeo; ciò che è
mancato è il supporto più apertamente politico: giunta
quasi estenuata al varo della moneta unica, lUnione europea
non si è più interessata, occupata dei suoi sviluppi:
ha messo in cantiere lenorme scommessa del suo allargamento
ad Oriente, con tutte le conseguenze economiche e sociali che ciò
comporta, poi si è arenata a lungo sulle secche delle nuove
istituzioni, quelle da cui ora deve tirarla fuori il nuovo Trattato
di Roma, con la firma della Costituzione europea.
In ultima analisi, si dice che è colpa dei politici, che
non avrebbero saputo trovare il coraggio di sostenere un forte disegno
europeo di cui euro e mercato unico devono essere il punto di partenza
e non di arrivo.

Autodifesa dei politici. Nessuno nega le difficoltà che
si sono incontrate sul cammino dellUnione europea. Ma anche
gli economisti e i cosiddetti tecnocrati non possono dipingersi
come cavalieri senza macchia e senza paura.
Chi si prende la briga di riesaminare i modi di introduzione delleuro,
scopre che allinizio del 2002 (e anche prima) vennero commessi
errori che hanno pesato nella psicologia di massa. Intanto, il periodo
di uso della doppia valuta, nazionale ed europea, è stato
probabilmente troppo breve, due o tre mesi, dal momento che si intendeva
forzare labitudine della gente a pensare in euro. E anche
lobbligo di affissione dei prezzi nelle due valute è
stato limitato nel tempo e largamente disatteso nei fatti. Il periodo
di controllo sui listini dei prezzi dei grandi produttori è
durato, sostanzialmente, sei mesi; quello sui dettaglianti, in realtà,
neanche un giorno. In conclusione: mentre il commissario europeo
Solbes si preoccupava molto del problema degli arrotondamenti, delluso
disinvolto dei centesimi, leuro aveva effetti molto più
radicali sui prezzi al consumo. E la disonestà di non pochi
commercianti ha fatto il resto.

Quale sia stata la conseguenza reale dellintroduzione delleuro
sul costo della vita è materia di polemiche da oltre un anno.
Ufficialmente, linflazione europea è rimasta molto
bassa, in genere sotto il due per cento annuo, con qualche divario
tra i diversi Stati. Ma le associazioni dei consumatori parlano
di cifre molto diverse: nel settore alimentare e della ristorazione,
in quello dellabbigliamento e alberghiero, ci sono stati rincari
tra il 6 e il 15 per cento, con punte anche del 30-40 per cento.
In un certo senso, sostengono alcuni economisti, tutte e due le
cifre corrispondono a verità: a livello macroeconomico leuro
ha favorito un appiattimento dellinflazione, seguendo tendenze
planetarie. Ma per determinati settori i prezzi sono schizzati in
alto, a volte molto in alto, anche sfruttando lo shock psicologico
dellintroduzione della nuova divisa, con le sue monete troppo
simili ai vecchi conii nazionali (come le 500 lire italiane) e i
suoi biglietti troppo vivaci. Hanno dunque ragione gli altermondialisti
quando dicono che leuro ha ribassato i prezzi ai ricchi per
aumentarli ai poveri? Slogan non privo di suggestione, ma in realtà
tuttaltro che scientifico.
Come ricorda il commissario Mario Monti, lintroduzione del
mercato unico ha messo tutti quanti su un piano di parità:
leuro impedisce le svalutazioni competitive, luso disinvolto
del cambio, le piccole guerre tra monete di nazioni che confinano
o che distano anche pochi chilometri. Ottimo risultato, che tuttavia
non è gradito da diversi imprenditori dellItalia padana
o dellAlsazia-Lorena, che recuperano margini andando a produrre
ad Est, mentre si dicono assediati dalla concorrenza delle esportazioni
cinesi legate al dollaro.

E proprio il confronto tra le due divise è un altro dei
temi di scontro tra specialisti delleconomia. Partito con
una parità di 1,15 sul dollaro, leuro si è poi
progressivamente indebolito, fino a un cambio di 0,82 che era molto
comodo per le esportazioni (facendo tuttavia molto male alle importazioni:
vedi alla voce petrolio, fattore di notevole inflazione), ma non
era altrettanto propositivo per limmagine politica.
Attualmente, il rapporto è tornato a livelli di euro forte.
La faccia è salva, ma i problemi restano sul tappeto. Perché
leuro stenta a diventare una valuta di riferimento e di riserva.
La Banca centrale europea, in un Rapporto del 2002, rileva che «la
parte delleuro sul mercato dei cambi è simile a quella
che occupava in precedenza il marco tedesco».
Altri analisti hanno consegnato cifre abbastanza significative:
«Leuro rappresenta soltanto il 13 per cento degli scambi
commerciali nel mondo. Il Brasile, ad esempio, realizza intorno
al 30 per cento del suo export verso lEuropa, contro il 20
per cento verso gli Stati Uniti, ma tutto viene pagato in dollari».
La parte delleuro nei fondi di riserva nei principali Stati
del mondo è rimasta sostanzialmente marginale: erano in dollari
per il 71,5 per cento nel 1997, sono salite al 73,1 per cento nel
2002, nonostante la nascita della moneta unica europea.
Certo, da qui a parlare di fallimento ne passa. Leuro resta
una realtà irreversibile, che con ogni probabilità
una ripresa economica aiuterà a rafforzare, anche se le previsioni
2004 vedono lEuropa inseguire con un triste uno per cento
sia gli Stati Uniti sia il Giappone. E la Commissione europea ricorda
che si tratta della seconda moneta del mondo, che interessa unarea
economica paragonabile a quella statunitense; ed è ormai
lo strumento indispensabile per uneconomia continentale sempre
più integrata. Non per nulla, al di là delle lamentele
dei cittadini, i governanti dei Paesi che sono rimasti alle porte
di Eurolandia intendono entrare nel club della moneta unica. Era
vero per i Paesi dellEst entrati in Ue a maggio. E vero
per il governo svedese sconfitto, come quello danese, tempo prima,
proprio sulla questione. E resta vero per il Regno Unito.
Anche se tutto sembra rinviato a tempi migliori. Anche se occorre
tener conto di questo dato di fatto: il prodotto interno lordo dei
tre Paesi (Svezia, Danimarca, Inghilterra) aderenti allUnione
europea ma non alleuro rappresenta il 20 per cento dellUe.
A lungo termine, questo sarà un problema serio, anche perché
ladesione dei Paesi dellEst non può compensare
queste assenze. Semmai, il contrario: più leuro sarà
composto da monete di Paesi economicamente deboli, più rischierà
di diventare esso stesso debole.
Unultima considerazione, che riguarda esclusivamente il nostro
Paese. Intanto, occorre ricordare gli anni in cui i rapporti di
cambio tra le valute europee subivano frequenti modifiche e gli
industriali facevano fatica a programmare le campagne di acquisti
e vendite. Ora, è vero che le oscillazioni del cambio dollaro-euro
oggi comportano le stesse difficoltà. Ma è altrettanto
vero che il commercio dei Paesi membri dellUe è in
gran parte intraeuropeo e che tale commercio è stato molto
facilitato dallesistenza di una moneta unica.
Si aggiunga che leuro ha avuto per effetto la diminuzione
dei tassi di interesse e dei costi per il trasferimento del denaro:
due vantaggi di cui qualche impresa oggi, per meglio lamentarsi,
tende a dimenticare limportanza. Si aggiunga, infine, per
completare il quadro, che la lira, se ancora esistesse, sarebbe
stata travolta dalle crisi finanziarie degli ultimi due anni.
Cè chi sostiene che il nostro Paese avrebbe potuto
svalutare e trarne vantaggio per le proprie esportazioni, come accadde
nellautunno del 1992. Ma chi invoca il toccasana delle svalutazioni
ricorrenti dimentica che in un mercato unico, dove i dazi e il protezionismo
amministrativo sono stati aboliti, nessun Paese permetterebbe ad
un altro di acquisire vantaggi indebiti cambiando a proprio piacimento
il valore della moneta nazionale.
Resta il problema dellinflazione. Se si dà unocchiata
al tasso di inflazione degli altri Paesi dellUnione europea,
si può constatare che quello dellItalia è su
per giù il doppio di quello della media europea. Dunque:
se i prezzi sono saliti, la colpa è in buona sostanza italiana.
Siamo uno dei Paesi continentali in cui molti settori sono dominati
da grandi monopoli e la concorrenza è limitata o frenata
da cartelli, disposizioni amministrative, barriere corporative,
interessi settoriali. Leuro, se non altro, ha avuto il merito
di mettere in evidenza tutto questo. Anziché attribuirgli
la colpa dei nostri mali, cerchiamo di correggerli.
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