Fu soprattutto
un gran soldato,
capace di mettere nel sacco
il Saladino, e in grado di tenere in pugno gli uomini in battaglia
quando le cose minacciavano di mettersi male.
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Intricata e intrigante, la vicenda politica e militare di questo
avventuroso re dInghilterra, può essere inizialmente
riassunta così: figlio e successore (1189) di Enrico II al
trono inglese, fu tra i capi della Terza Crociata (conquista di
San Giovanni dAcri, 1191); catturato mentre rientrava in patria,
fu consegnato allimperatore Enrico VI, suo acerrimo nemico,
che lo liberò solo dopo due anni dietro pagamento di un ingente
riscatto. Tornato in Inghilterra, vi sventò i tentativi di
usurpazione del fratello Giovanni Senza Terra, e subito ripartì
per la Francia, dove riprese i possessi delle terre aquitane, di
cui Filippo II Augusto si era impadronito in sua assenza. Era nato
nel 1157. Morì abbastanza giovane, nel 1199, senza lasciare
grandi rimpianti in patria.

Riccardo Cuor di Leone è uno di quei personaggi storici
che sono diventati celeberrimi, e addirittura mitici, senza che
la gente in realtà sappia qualcosa di preciso su di loro.
Nate nelle capanne dei contadini e dei bracconieri inglesi, carichi
di rancore contro il governo del re, contro i suoi funzionari corrotti
e le sue imposte rovinose, le ballate di Robin Hood hanno tramandato
nei secoli la leggenda del buon sovrano prigioniero in terre lontane
che un giorno fa ritorno per raddrizzare i soprusi perpetrati in
sua assenza dal fratello malvagio e usurpatore; e in tempi più
recenti, grazie allopera di mass media dogni genere,
dai romanzi di Walter Scott (Ivanhoe) ai cartoons di
Walt Disney, hanno contribuito a mantenere popolare questa leggenda.
Sicché, quando capita di venire a sapere sul suo conto qualche
cosa di più concreto, e soprattutto di meno avvolto nelle
nebbie del mistero o nellalone della favola, è inevitabile
restare un po perplessi, spaesati.
Intanto: su dieci anni di regno, questo re dInghilterra ne
trascorse nellisola soltanto uno, perché la maggior
parte dei suoi possedimenti e delle sue ricchezze si trovavano in
Francia. Del resto, era un vero e proprio francese: parlava la lingua
doïl e loccitano, la lingua di sua madre, e non
conosceva una sola parola della lingua inglese. Poiché era
un figlio cadetto, la corona dInghilterra non era destinata
a lui, sicché Riccardo visse fin dopo i trentanni combattendo
e facendo politica come conte di Poitou e duca dAquitania,
prima che la morte del fratello maggiore lo sbalzasse allimprovviso
sul trono inglese. Durante le tumultuose feste per la sua incoronazione,
tra laltro, la plebaglia scatenò feroci pogrom antiebraici,
che il nuovo re fece poco o nulla per scoraggiare; dopodiché
si affrettò a tornarsene sul continente, dopo essere rimasto
in Inghilterra meno di due mesi.
Si comprende benissimo che per gli storici inglesi questo straniero,
che si ricordava del suo regno solo e semplicemente quando aveva
bisogno di riscuotere delle imposte, sia stato un cattivo re, capace
quasi esclusivamente di sperperare ricchezze in sciagurate avventure
militari e in una continua quanto inutile pompa cavalleresca. E
si comprende altrettanto bene come la leggenda nera del pessimo
re Riccardo I sia meno conosciuta dal grande pubblico, dal momento
che ha avuto libera circolazione quasi del tutto fra gli specialisti.
Ma non per questo è meno radicata, anche se negli ultimi
tempi alcuni studiosi hanno cercato di giungere a una sorta di compromesso,
vale a dire ad una valutazione più equilibrata della figura
di questo personaggio medioevale.

Quello che ne è emerso non è proprio un sovrano da
buttar via, né una figura del tutto mediocre; ma piuttosto
un politico duro e avventuroso, un generale fortunato che sapeva
fare un uso straordinario della propaganda. Riccardo era un grande
imprenditore, abituato a fare la politica e la guerra in grande
stile, a spendere molto, ad assumere sotto di sé molta gente,
ad affidare incarichi in modo strategico, e dunque a badare a un
valido ritorno dimmagine. La sua stessa partecipazione alla
Terza Crociata, che rischiò di costargli la pelle, ma rischiò
soprattutto di mandare in rovina le finanze del regno, bastò
per assicurare nel giro di pochissimi mesi la risonanza del suo
nome in tutte le latitudini del mondo cristiano, e, per il tramite
della leggenda, appunto, la sua immortalità nei secoli futuri.
Visto da vicino, non era comunque un uomo simpatico. Era uno di
quei politicanti ambiziosi per i quali non esiste scrupolo morale
che tenga quando si tratta di allargare il proprio potere e di impinguare
le proprie ricchezze. Gli incessanti litigi, le ribellioni, le riconciliazioni,
i tradimenti fra Riccardo, suo padre Enrico, e i suoi troppi fratelli
suonano come una squallida saga familiare, una Dynasty
medioevale; salvo che a quei tempi la lotta per il potere si portava
avanti senza tregue, a base di scorrerie e di devastazioni in paese
nemico, con villaggi saccheggiati, con bestiame razziato, con prigionieri
impiccati agli alberi. Riccardo non si tirò mai indietro
davanti a niente di tutto questo, ogni volta che cera da sottomettere
un vassallo, da ribadire un diritto, da allargare un possedimento,
e anzi si fece notare come un personaggio che faceva la guerra con
ancor maggiore brutalità, determinazione e annessa crudeltà
di quanto non fosse consueto al suo tempo.
Anche la più grande impresa della sua vita, la Crociata per
la riconquista di Gerusalemme, vista un poco più da vicino,
mostra ad ogni momento risvolti non proprio edificanti. Riccardo
prese il mare con ottomila uomini, dopo avere attinto abbondantemente
al tesoro del padre, Enrico II, e dopo aver proclamato una moratoria
sui debiti di tutti coloro i quali si sarebbero imbarcati insieme
con lui, a cominciare dai suoi. Durante il viaggio fece un diversivo
in Sicilia, dove costrinse Tancredi dAltavilla, Conte di Lecce,
a liberare sua sorella Giovanna (vedova di Guglielmo II il Buono),
che questi teneva prigioniera, e a pagargli una fortissima indennità.
A Messina si incontrò con Filippo II Augusto, con il quale
aveva deciso la crociata, stringendo un patto a Marsiglia, porto
dal quale aveva preso il mare. Anche nella città siciliana
ritenne di dover stipulare un nuovo contratto con Filippo. Ma neanche
questo gli bastò. Diede ordine, infatti, di saccheggiare
il porto messinese, oltraggiando gli abitanti della città,
che immediatamente si rivoltarono, costringendolo ad allontanarsi
velocemente dallo Stretto.
Era il mese di aprile del 1191 quando, attraversato il Mediterraneo,
decise di raggiungere lisola di Cipro. I ciprioti, notoriamente,
erano cristiani. Ciò tuttavia non li salvò dalla conquista
e dal saccheggio. Anzi. Tolta lisola a Isacco Comneno, re
Riccardo pensò bene di venderla a buon prezzo dapprima ai
Templari, e di rivenderla subito dopo a un prezzo maggiore a Guido
di Lusignano. Intascati i proventi delle due cessioni,
finalmente sbarcò in Terrasanta, dove trovò modo di
massacrare a sangue freddo prigionieri saraceni in quantità
tali da non passare inosservate anche in quel teatro di guerra dove
atrocità e rappresaglie erano allordine del giorno.
In Palestina riportò alcuni importanti successi: conquistò
San Giovanni dAcri e Ascalona, poi attuò una strategia
diversiva, raggiungendo Giaffa e preparandosi alla conquista di
Gerusalemme. Batté due volte il Saladino, che pure era un
eccellente stratega, oltre che un uomo di straordinaria cultura
e sensibilità (fu persino capace di salvare la vita a Riccardo).
E tuttavia la Città Santa non fu riportata sotto insegne
cristiane. Filippo II Augusto, adducendo a pretesto una malattia,
ma in realtà indotto dalle circostanze a curare i propri
interessi nella Fiandra e nei feudi plantageneti in Francia, oltre
che per procacciare altri nemici a Riccardo, del quale era divenuto
rivale, abbandonò la crociata, e dalla Francia diede il suo
appoggio a Giovanni Senza Terra, il quale intendeva trasformare
la reggenza in possesso definitivo.
A quel punto, Riccardo fu costretto a concludere una tregua col
Saladino e tentare un rapido rimpatrio. Ma non per niente durante
la crociata si era fatto un gran numero di nemici. Fra costoro,
il duca Leopoldo V di Babenberg, da lui oltraggiato a San Giovanni
dAcri, dove aveva sostenuto Corrado del Monferrato contro
Guido di Lusignano. Sulla via del ritorno, impossibilitato a sbarcare
in Francia, il re fu costretto ad attraversare i territori del Duca,
ma, benché travestito, venne riconosciuto, catturato e consegnato
a Leopoldo: fatto che alimentò ancor di più lalone
di leggenda che lo avvolgeva, dal momento che, trattandosi di un
crociato, destò una diffusissima commozione in tutta Europa.
Il duca, successivamente, consegnò il sovrano allimperatore
Enrico VI, il quale, come abbiamo ricordato, lo rilasciò
dietro pagamento di un oneroso riscatto. Giunto in Inghilterra,
Riccardo sconfisse Giovanni Senza Terra e i feudatari ribelli; subito
dopo, lasciato il governo allarcivescovo di Canterbury, passò
fulmineamente in Francia, dove recuperò i territori appartenenti
alla Corona inglese, battendo sul campo i feudatari ostili e Filippo
II.
La pace che ne conseguì fu frutto della mediazione di papa
Innocenzo III. Riccardo, tuttavia, morì proprio in quellanno
(1199), colpito da una freccia mentre cingeva dassedio il
castello di Châlus, dal cui feudatario (tanto per cambiare)
pretendeva la consegna di un tesoro che si diceva fosse stato rinvenuto
nella zona.
Privo di qualità politiche, Riccardo non fu privo di gusto
poetico, comè provato da alcuni suoi componimenti.
Ma fu soprattutto un gran soldato, capace di mettere nel sacco il
Saladino, e in grado di tenere in pugno gli uomini in battaglia
quando le cose minacciavano di mettersi male; così che tutti
ebbero modo di accorgersi della differenza, nel breve periodo in
cui ci fu lui in Terrasanta. E, ovviamente, chi non poté
vederlo di persona in quei luoghi, ne sentì parlare dai cronisti
e dai rimatori che Riccardo pagava molto bene e manteneva nel lusso,
con quel fiuto mediatico che sempre lo contraddistinse. Perfino
i suoi lati oscuri, quelli che apparivano tali per la morale di
allora, seppe trasformarli in punti di forza: come lomosessualità
di cui si sussurrava in modo anche troppo insistente, e per la quale
il re si assoggettò proprio in Terrasanta ad una penitenza
così spettacolare da accrescere ancor di più la sua
rinomanza.
Si fa fatica a riconoscere a questo aitante soldato dalle mani sporche
di sangue il buon re Riccardo delle celebri ballate di Robin Hood?
Certamente sì. Ma occorre ricordare che la leggenda non è
incominciata con quelle ballate, ha avuto inizio con quel soprannome
di Cuor di Leone che gli venne affibbiato già
dai crociati.E quella era gente che il leone laveva visto
davvero, e aveva imparato a rispettarlo, nei deserti dellOriente;
e sapeva molto bene che non è una bestia simpatica, e che
il suo fiato ruggente sa di carne. Anche umana.
In nome della leggenda
Robin Hood Eroe leggendario della letteratura popolare inglese.
Sarebbe vissuto tra il 1160 e il 1247. Alla testa di una banda di
fuorilegge che si nascondevano nella foresta di Sherwood, nelle
vicinanze di Nottingham, simboleggiò nella sua tenuta completamente
verde la resistenza dei Sassoni allinvasore normanno, e in
seguito la rivolta dei contadini contro i nobili e lalto clero,
e dei seguaci di Riccardo Cuor di Leone contro Giovanni Senza Terra.
Tra le innumerevoli leggende e le ballate di cui Robin Hood, infallibile
arciere, è protagonista, accompagnato dal fedele Little John,
la migliore è Robin Hood e Guy di Gisborne. La
sua autenticità non è del tutto esclusa.
Ivanhoe Romanzo storico di Walter Scott. Ambientato
nellInghilterra del XII secolo, è il primo romanzo
in cui lAutore abbandona il tema della Scozia, per trattare
un argomento squisitamente inglese.
Ivanhoe, figlio di Cedrio, feroce avversario dei Normanni e sostenitore
della restaurazione sul trono inglese della stirpe sassone, diventa
crociato al seguito di Riccardo Cuor di Leone, suscitando lira
del padre che lo accusa di scendere a patti col nemico.
Questo intreccio offre allo scrittore lo spunto per descrivere le
lotte sostenute dai Sassoni contro i dominatori normanni dopo la
conquista dellInghilterra da parte di Guglielmo I, gli intrighi
di Giovanni Senza Terra per usurpare il trono al fratello Riccardo
e le leggendarie imprese di Robin Hood.
Lopera ottenne un grandissimo successo in Europa e lanciò
la moda del romanzo storico, che ebbe molti imitatori. Nonostante
le inesattezze storiche suscettibili di critica, il romanzo ha il
pregio di ricreare latmosfera di unepoca in uno stile
narrativo fresco e vivace, che giustifica la straordinaria popolarità
del libro.
Decima Musa Riccardo Cuor di Leone, il re che
combatteva contro feroci musulmani e congiure domestiche, divenne
film nel 1954, con la stanca regia di David Butler. Nei panni dellindomito
crociato, cera George Sanders. Il Saladino, suo avversario
ma anche benefattore, avendogli salvato la vita, era Rex Harrison.
Tra tante spade, scimitarre e bicipiti, sfolgorava la bellezza corvina
di Virginia Mayo.
Dal classico romanzo storico di Walter Scott, Ivanhoe, Richard Thorpe
trasse lomonimo filmone nel 1952. I protagonisti erano grossi
calibri: Robert Taylor, Elizabeth Taylor, Jean Fontaine. Il ruolo
di re Riccardo, scippato del trono dal perfido Guy Rolfe, venne
affidato a Norman Wooland.
Riccardo compare nella lunga serie di film dedicati a Robin Hood
che lotta contro i potenti per sottrar loro ricchezze e per salvare
il trono del suo amato sovrano, andato a tagliar teste di musulmani
in terra di Palestina. La storia del principe dei ladri
venne portata sullo schermo già ai tempi del cinema muto
e conta numerose versioni. Compresi un cartoon di Walt Disney e
la parodia di Mel Brooks (Un uomo in calzamaglia).
E tra tutti i Cuor di Leone della storia, forse il più
affascinante sembra essere Sean Connery, protagonista di poche manciate
di minuti nel kolossal diretto da Kevin Reynolds, con Kevin Costner,
Morgan Freeman, Mary Elizabeth Mastrantonio.
Nulla esclude, comunque, che la catena di montaggio hollywoodiana
ritenga definitivamente conclusa la produzione ispirata alle ballate
tradizionali inglesi o al romanzo di Scott.
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