Nino è un amico angelico fatto di
musica, assistito dallangelo della musica che gli sta sempre
accanto, e attorno, con delle grandi ali.
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«La musica entra nei miei film con i dischi mentre giro
raccontava Federico il Grande . La musica può condizionare
una scena, darle un ritmo, far mutare atteggiamento a un personaggio,
suggerire una soluzione diversa. I miei assistenti, che lo sanno,
fanno a gara per arrivare sul set con dischi antichi, oppure molto
recenti
Ovviamente, che succede? Che quando ho finito di girare
il film, mi affeziono a quella colonna sonora e non vorrei più
cambiarla. Nino mi dà subito ragione, dice che i motivi con
i quali ho girato sono bellissimi (anche se si tratta della più
zuccherosa e sgangherata canzonetta). E proprio quel
che ci voleva, dice, io non riuscirei a fare meglio.
Dice proprio così, e intanto giocherella con le dita sul
pianoforte. Che cosa è questo? domando io dopo un
po Che cosa suonavi? Quando?, dice Nino
con aria distratta. Adesso insisto io mentre parlavi
hai suonato qualcosa. Ah, sì?, dice Nino. Non
so, non mi ricordo più. E continua come per caso a
carezzare i tasti qua e là, e mi sorride con laria
di volermi tranquillizzare, non devo aver rimorsi o scrupoli, i
dischi scelti sono davvero molto belli. E intanto continua a giocherellare
col pianoforte. Nascono in questo modo i motivi dei film che mi
conquistano subito, e mi fanno dimenticare le suggestioni delle
vecchie canzonette utilizzate durante le riprese».
La musica di Nino Rota nasceva esattamente come Federico Fellini
racconta: seducente al naturale, conquistatrice senza sforzo apparente.
Piccolo compositore prodigio, che a otto anni riempiva i bauli di
musica, e che sempre fanciullo rimase, puro, pulito, inattuale
per tutta la sua carriera. Aveva cominciato a scrivere colonne sonore
già nel 1942, e per Fellini le compose quasi tutte, per Lo
sceicco bianco, per Prova dorchestra, per La dolce vita, per
Otto e mezzo; senza dimenticare quelle per Il Gattopardo, di Visconti,
per Il Padrino, di Coppola, e per Zeffirelli, e per la Wertmüller

Eppure, Nino Rota era compositore completo come pochi. Nato in una
famiglia di musicisti, allievo di Pizzetti e di Casella, diplomato
a Santa Cecilia, dal 1930 al 1932 aveva studiato al Curtis Institute
di Filadelfia e frequentato i corsi di direzione dorchestra
di Fritz Reiner. Laureato in Lettere a Milano, dal 1937 aveva cominciato
a insegnare. Dal 1950 era diventato direttore del Conservatorio
di Bari, e Riccardo Muti se lo ricorda molto bene, con riconoscenza,
tanto da dedicargli più volte la sua attenzione di interprete.
Era stato precocissimo compositore. A soli undici anni aveva creato
loratorio Linfanzia di San Giovanni Battista. E aveva
proseguito con una vasta produzione, essenzialmente estranea a qualunque
esperienza dellavanguardia contemporanea, essendo intrisa
delleleganza della tradizione operistica e strumentale italiana
del Sette-Ottocento, ricca di fantasia, di inventiva, di una linearità
di strutture armoniche che si rivestivano di una stupenda vena melodica,
di un rassicurante piacere del linguaggio, di un impareggiabile
stile plastico.
Tra le composizioni più significative, vanno citate la farsa
musicale Il cappello di paglia di Firenze (1955), e lopera
buffa La notte di un nevrastenico (Premio Italia 1959); in campo
sinfonico, il Concerto per arpa e orchestra (1948), Variazioni sopra
un tema gioviale (1953), Concerto per orchestra (1958), e la cantata
Mysterium catholicum (1962). Il Concerto per pianoforte e orchestra
in Do è del 1949-50, gli anni de Lo sceicco bianco,
mentre il Concerto in Mi è un salto accanto a Prova dorchestra
(1978), ultime splendide composizioni, prima della scomparsa modesta
e silenziosa, come sempre, di questo versatile autore. Limmediatezza,
la felicità dellispirazione, la capacità di
raccontare con i mezzi puri della musica, fluiscono da una meravigliosa
fantasia per immagini: se un compositore giovane, se
un musicista neoromantico di oggi avesse il suo dono melodico, il
suo senso dellarmonia, la sua facilità (apparente)
di scrittura, farebbe immediatamente parlare di sé. Ma «ai
suoi tempi» lavanguardia dominava la scena, e pertanto
Rota fu costretto a vivere allombra del grande schermo. Cosa
del resto nobile, oltre che redditizia, di cui molti soprattutto
ai nostri tempi vanno fieri, pur essendo palesemente meno dotati
di lui.
Si è parlato, a proposito della sua arte, di musica sorgiva,
diretta, espressa con autentico amore, di doti che sintetizzavano
sapere e levità, in un melange di cui è capace soltanto
chi possiede la scintilla, il pregio dellilluminazione, il
genio insuperabile dellispirazione, dello stupore, dellincanto.
Perché, come diceva ancora Federico Fellini, «Nino
è un amico angelico fatto di musica, assistito dallangelo
della musica che gli sta sempre accanto, e attorno, con delle grandi
ali».
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