Se per anoressia
nervosa (AN) si intende un persistente o lunghissimo periodo di ossessivo
rifiuto del cibo, con progressivo grave dimagrimento, anche fino all'"exitus",
col termine di bulimia nervosa (BN) viene invece definita l'esagerata,
incontrollata e, talvolta, insana esigenza di mangiare, implicante
una stabilizzazione o, più frequentemente, un aumento o paradossalmente
un abbassamento del peso corporeo.
Le due sindromi, già note nel passato (XVII sec.) e successivamente
ritenute espressioni cliniche dell'isteria (Charcot, ecc.), sono da
alcuni decenni in progressivo sensibile aumento, elettivamente nelle
società industrializzate, tra il ceto medio-borghese, con medio-alto
livello culturale.
Per la loro insorgenza ed incremento non sono, a mio avviso, esenti
da colpa le letture e le "réclames" dei rotocalchi
e la visione di alcuni seducenti e diseducativi "spot" televisivi,
potenziali responsabili, nell'inconscio di soggetti psico-vulnerabili
o psicodepressi, di una ideazione falsata o distorta della propria
immagine corporea e personalità, complessandoli profondamente.
Oltre a fattori genetici, altri concorrono al loro determinismo:
a) Situazioni, frustrazioni e rapporti conflittuali familiari ed interfamiliari,
con disadattamento e disaffezione dell'ambiente domestico.
b) Scarsi o mancanti rapporti interpersonali esterni nell'ambito scolastico-professionale
e sportivo e comparazione con l'altrui bellezza e figura fisica e
culturale; sofferenze e delusioni sentimentali; inibizioni o violenze
sessuali.
c) Crisi esistenziali, quindi, fino al desiderio di morte; negazione
del riconoscimento di uno stato di malattia con bugiarda asserzione
di una normale efficienza fisica e mentale; ostilità per i
medici e le medicine.
d) Un ipotetico substrato neuroendocrinobiochimico con compromissione
dei centri della fame e della sazietà, inerente la costellazione
neuro-endocrina ed alcuni elementi bioumorali e (che mi astengo dall'analizzare
avendo l'articolo solo uno scopo educativo-divulgativo) da alcuni
AA. ritenuto preesistente e da altri susseguente all'irrazionale comportamento
alimentare.
I fattori etiopatogenetici invocati sono pressoché sovrapponibili
nelle due sindromi, tant'è che esse possono coesistere nello
stesso soggetto, assumendo in tal caso la malattia il termine nosologico
di "bulimoressia" o "bulimarexia".
Entrambe sono, ovviamente, da differenziarsi da quelle magrezze ed
obesità patologiche ad altre affezioni e disfunzioni riconducibili.
Se la frequenza della AN è stimata intorno al 3 per cento,
quella della BN ascende al 5 per cento.
Il rapporto femmine/maschi è, rispettivamente, del 10-20 ed
1 per cento, interessando quasi esclusivamente il secondo decennio
di vita, il primo quinquennio la AN, il secondo la BN.

Non sussistendo univocità di pensiero sulla loro etiopatogenesi,
per la definizione diagnostica ci si attiene ai criteri del "Manuale
Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali" (DSM - III - 1987),
nelle Tabelle 1 e 2 qui a fianco riportati.
Anoressia nervosa o mentale. Per uniformare l'orientamento diagnostico
si è convenuto che per definire anorettico un soggetto il suo
peso corporeo debba abbassarsi oltre il 15 per cento del corrispondente
fisiologico, rapportato alla sua età ed altezza.
Una ambiziosa ed esasperata aspirazione verso un perfezionismo estetico
fisico e culturale, con percezione sofferta di un'autodisistima o
di un auto-fallimento, integra la personalità del paziente
anorettico, irrazionalizzandone i comportamenti alimentari, in alcuni
casi fino alle estreme conseguenze, con un indice di letalità
del 15-20 per cento. Oltre ai criteri dal DSM stabiliti, peculiare,
ed in sintonia con essi, è il rapporto ostile che gli anorettici
intrattengono con l'alimentazione. Essi rifiutano il cibo per una
asserita mancanza di appetito, per la qualità, l'odore ed il
sapore, per un rapido senso di sazietà. Poi, di nascosto, ricorrono
al vomito provocato, ai lassativi ed ai diuretici, emaciandosi a tal
punto che a subirne i maggiori e, talora, irreversibili danni sono,
in varia misura, uno o più apparati dell'organismo (cardiovascolare,
gastrointestinale, emopoietico, renale, metabolico, immunitario, riproduttivo,
ecc.), aggravandone la prognosi e complicandone la condotta terapeutica.
E della complessa variegata e non standardizzabile terapia non faccio
cenno, competendo essa ad un team medico-specialistico interdisciplinare,
specie nelle fasi avanzate della malattia, quando il ricovero ospedaliero
ed una alimentazione forzata, enteroparenterale, si rendano obbligatori
ed indifferibili, in considerazione che anche i danni degli altri
organi subiti debbano essere curati.
Bulimia Nervosa. Poco è da aggiungere ai motivi etiopatogenetici
pressoché comuni a quelli della AN e già evidenziati.
Una maggiore importanza ed incidenza assumono nella BN quelli eredo-familiari
e costituzionali su base neuroendocrina e nevrotica.
La BN "va considerata - scrivono G.G. Rovera e D. Munno - come
una alterazione del comportamento alimentare caratterizzato da episodi
di impellente compulsiva e rapida ingestione di forti quantità
di cibo... Spesso questi episodi si verificano in solitudine e sono
accompagnati dalla incapacità a dominare gli impulsi, da una
depressione del tono dell'umore e sono segnati da grave senso di colpa
e da un elevatissimo sentimento di scoraggiamento" (in Medicina
Clinica, vol. III, cap. 23, Ed. Medico-Scientifiche, 1992). Per l'inquadramento
diagnostico sono validi i criteri adottati dal DSM nel 1987 (Tabella
2), atti a differenziarla, nei casi di sovrappeso, da altre obesità
patologiche.
Il senso di fame e la pulsione alla reiterata ingestione di esagerata
quantità di cibo con successivi atti di espulsione (vomito
auto-indotto, lassativi e purganti) finiscono col creare un circolo
vizioso pendolare, fino al determinismo di danni organico-funzionali
richiedenti l'intervento del team medico e l'eventuale ospedalizzazione.
Eccezionalmente però la BN si conclude con esito letale.
Il problema della AN e della BN, apparentemente di non frequente riscontro
e scarsa rilevanza clinica, è sottovalutato se superficialmente
letto e visto; esso è, invece, di notevole spessore se analizzato
in tutte le sue angolazioni, implicazioni, moventi etio-patogenetici
e riflessi prognostico-terapeutici.
Se nel passato le due sindromi erano di sparuta osservazione clinica,
ed a genesi emotivo-suggestiva prima e psiconevrotica poi ricondotte,
l'attuale loro progressivo e sensibile aumento non può non
destare interesse ed apprensione, specie se finalizzate ad una lenta
auto-distruzione ed impegnare, sul piano tecnico-professionale ed
eticopsicologico, il team medico per "ridare la vita - come scrive
V. Chini - a chi stava per perderla, per ridare il bene a chi era
stato abbandonato dalla speranza".