I cercatori di
lumache non hanno orizzonte; hanno un cammino senza direzione. Cercano
per il piacere e per l'ansia di cercare, come i bambini che cercano
i fantasmi nelle case abbandonate: dei bambini hanno lo stupore e
l'innocenza ma anche l'ostinazione di svelare un mistero, di comprenderlo
e rivelarlo.
I cercatori di lumache si riconoscono dalle dita sporche di terriccio,
dall'espressione di homo ludens che hanno sul volto, dalla malinconia
scritta sul volto di ogni uomo che gioca conoscendo l'effimerità
del gioco, il senso tragico che esso nasconde. Si riconoscono dal
desiderio di straniamento, di allontanamento da tutto quello che sta
fuori, che viene prima del campo, del bosco delle lumache.

I confini del bosco coincidono con i confini del reale, dell'affanno
quotidiano, del tempo misurato, scandito, incalzante.
Il bosco è il tempo dilatato, libero, senza scopo, e i cercatori
di lumache sono cercatori di una essenzialità che vive nell'humus,
che si cela tra l'erba, sotto i sassi.
Con i suoi cercatori di lumache Ezio Sanapo narra questa ricerca,
questo desiderio dell'uomo di riappropriarsi di un tempo individuale,
profondo, originale, un tempo liberato da ogni scoria, da ogni ingombro,
da qualsiasi urgenza.
La cerca di lumache pretende pazienza, pretende di mettere nel conto
anche il non trovare, l'inutilità del cercare.
E' una pazienza che sfinisce: sfinisce il guardare basso, il guardare
fisso il terreno. Ezio Sanapo dipinge un cercatore addormentato, la
testa sopra un tavolo, le lumache che tentano di scalare il paniere,
di fuggire, di riprendersi il bosco.
I cercatori di lumache non hanno un sentiero tracciato; vagano, con
passo lento, a volte perdono l'orientamento, si disorientano perché
non hanno un percorso spazio-temporale lineare. Il loro percorso tende
alla profondità, all'inoltramento, all' 'oltre' di cui il bosco
è metafora, si pone come scopo la scoperta (o riscoperta) di
una traccia, l'individuazione o il riconoscimento di un segno che
rinvia a un'esperienza, un ricordo, un'idea dimenticata, rimossa.

Le lumache di Sanapo sono tracce dell'esistenza: quelle tracce che
ciascuno tenta di individuare e riconoscere nel bosco interiore, rovistando
tra le foglie accumulate dal tempo, spostando le pietre.
I cercatori voltano le spalle a tutto ciò che non è
il bosco. I loro punti di riferimento sono tutti lì, dentro.
Cercano. Riempiono panieri biancastri di bava, di quella bava che
è sostanza vitale, sangue.
Poi tornano. Quasi sempre cercano nello stesso posto. Dall'alba a
mezzo mattino. Quando il bosco è chiaro, di un chiarore sorgente,
umido, odoroso.

Cercano, in silenzio. E in silenzio Ezio Sanapo cerca le sue lumache,
le sue tracce profonde, con la consapevolezza che non può -
e d'altra parte non vuole - rappresentare nelle sue tele quel che
ha trovato (se ha trovato) ma l'azione del cercare, la necessità
di addentrarsi per scoprire, con l'umiltà, la passione e lo
sgomento di ogni ricerca.
Perché non si sa cosa si può trovare, che cosa nasconde
il bosco, quale felicità perduta, quale angoscia assopita.
La ricerca di Sanapo è una ricerca di senso, di quel senso
intimo, spesso indecifrabile, che lievita dentro e genera le nostre
scelte, le emozioni, le speranze, le paure.