La Giardiasi (o
Lambliasi) è una malattia infettiva causata da un protozoo
(Giardia Lamblia), ubiquitaria, più frequente nei Paesi sottosviluppati,
in disagiate condizioni socioeconomiche ed igieniche.
Può interessare tutte le età, con predilezione per quella
pediatrica, entrambi i sessi ed, elettivamente, i contadini e gli
agricoltori.
Da endemica può presentarsi anche in focolai epidemici, specie
in collettività e comunità, per ingestione di acque
inquinate o di cibi contaminati.
Le Tabelle 1 e 2 indicano, rispettivamente, la frequenza della protozoosi
in alcuni Paesi del vecchio e nuovo Continente ed in alcune regioni
italiane, mentre nella Tabella 3 sono riassunte le fonti e le catene
di contagio della infestione.


Il contagio avviene solo per via oro-fecale, con l'ingestione delle
cisti che, attraversati l'esofago e lo stomaco, vanno ad indovarsi
nel duodeno e nella parte alta del digiuno, penetrando, talora, anche
nelle grosse vie biliari. Insediatesi nell'intestino determinano quelle
lesioni ed alterazioni di cui alla Tabella 4.
Nell'alto intestino tenue ha inizio il ciclo biologico del parassita
con la formazione dei trofozoiti i quali, discendendo nel crasso,
in massima parte si incistano e sotto forma di cisti raggiungono,
con le feci, il terreno. Chi si contagia Può non presentare
segni di malattia (portatori sani), che può invece manifestarsi
sotto tre forme:
a) enterocolitica, caratterizzata da malessere generale, turbe dispeptiche,
febbre, nausea, dolori e tensione addominali, diarrea con feci liquide
o poltacce e, talora, mucoematiche (Tabella 5);
b) enteroepatobiliare, simulante una colangite acuta, più spesso
subacuta o cronica, con febbre, ittero o siibittero, epatomegalia,
incremento della fosfatasi alcalina;
c) febbricolare, che, per la sua durata e la non identificazione eziologica,
viene, non eccezionalmente, scambiata di natura tubercolare (febbricola
pseudo-tubercolare).
La diagnosi è confermata dal reperto nelle feci del protozoo,
sia in forma cistica (ovoidale) che vegetativa (d'aspetto piriforme
con 4 paia di flagelli). L'esame coprologico, se negativo, va ripetuto
per diversi giorni con tecniche di conservazione e colorazione che
i parassitologi conoscono. Nella negatività dell'esame a fresco
delle feci si deve far ricorso al prelievo del succo duodenale, nel
quale è facile reperire i trozoiti. Nel dubbio, l'esame bioptico-istologico
dell'intestino tenue costituirà elemento diagnostico decisivo.
Moderne tecniche immunologiche (PAP, ELISA sul siero e sulle feci),
come le colture in terreni selettivi, non trovano ancora applicazione
pratica, se non in laboratori altamente specializzati.
La terapia è quella indicata nella Tabella 6 e alla quale noi
ci siamo attenuti, con preferenza negli anni passati alla mepacrina
(Atebrin) ed in quest'ultimi tempi al metronidazolo (Flagyl), con
risultati più che soddisfacenti, anche se i pazienti erano
pervenuti alla nostra osservazione alcuni mesi dopo l'esordio della
sindrome enterocolitica o enteroepatobiliare. La giardiasi è
una protozoosi da non sottovalutare, come dimostrano e documentano
i molti e recenti contributi clinico-statistici (Rondanelli e coll.,
La Rosa, Scaffidi e Mansueto, Scaglia e coll., Magudda e Pennisi,
Orlando e coll., Missale e coll., Zanda e coll., ecc.). Una considerazione,
gravida di risvolti pratici, deriva dai risultati dell'indagine epidemiologica
condotta da Canestri-Trotti e coll., nel 1987, in quattro asili nido
di Bologna. Essi riscontrarono la presenza del parassita nel 2,5%
dei bambini esaminati, nel 3,7% degli "addetti ai lavori",
nel 5,1% dei conviventi dei bambini risultati positivi (Giornale di
Mal. Inf. e Parass., n. 7, 1988).
Emerge quindi il corollario, per una definitiva disinfestazione ed
efficace, profilassi, di dover tenere conto, oltre che del malato,
anche dei familiari e del personale di assistenza, alto essendo il
numero dei portatori sani.

Non ci risulta che indagini epidemiologiche siano state condotte nel
Salento, ma abbiamo la ragionevole convinzione, derivante dalla personale
esperienza ed inedita casistica, che la giardiasi sia da ritenersi
endemica anche nel nostro territorio e che essa sfugga alla identificazione
eziologica e per la sua non diffusa conoscenza e per le difficoltà
dell'accertamento, risultando il solo esame coprologico, se non reiterato,
frequentemente negativo e se non accompagnato, in tale evenienza,
dall'esame del succo duodenale.
Chiudiamo il discorso con una signicativa ed esplicativa considerazione
di Rondanelli: "La giardiasi appare, tuttora, una malattia a
patogenesi ancora parzialmente oscura e comunque estremamente complessa
nel cui determinismo clinico sicuramente entrano in gioco meccanismi
sinergici, ma diversi, connessi sia al protozoo (origine geografica
del ceppo, virulenza ed eventuale capacità invasiva, carica
parassitaria) ed all'ospite (in primis, malnutrizione ed immunodeficienza).
E' indubbio, a tale proposito, che ulteriori studi siano ancora necessari
per valutare appieno il ruolo che giardia intestinalis gioca nel campo
della patologia del tratto gastroenterico dell'uomo", (Giornale
di Mal. Inf. e Parass., n. 8, 1987).