Molti farmaci,
per effetto diretto o indiretto, per le loro interazioni, per scarsa
conoscenza della loro farmacocinetica e del meccanismo d'azione, per
iperdosaggio o improprie associazioni, possono indurre quelle sindromi
cliniche note come "malattie iatrogeniche", (alias di origine
medica), delle quali preminente, se non esclusiva, è la responsabilità
del medico.
E' da sottolineare che, non infrequentemente, per il sovrapporsi e
l'intrecciarsi dei sintomi della malattia di base con quelli determinati
dall'incongrua precipitosa e/o massiva somministrazione dei farmaci,
più difficile è l'interpretazione diagnostica, alterandosi
e mascherandosi il quadro morboso di partenza, aggravandone altresì
il decorso e la prognosi.
Dal lato storico la iatropatologia non è da considerarsi del
tutto recente, giacché già Ippocrate ammoniva i medici
di attenersi all'etico principio del Primum non nocere.
Però è solo in questi ultimi decenni che il problema
si è enormemente amplificato e complicato per due motivazioni:
"Da un lato" - scrive Iandolo - "il progresso tecnologico
che ha messo a disposizione dei medici strumenti diagnostici e terapeutici
di straordinaria potenza, ma non privi di rischi per il malato. Dall'altro
la posizione sempre più difficile del medico di oggi che stenta
a tenere il passo con il vertiginoso evolversi delle conoscenze e
delle tecniche" (Il Policlinico sez. prat., 6, 197, 1985).
E Coppo, nel 1971, nella presentazione di un libro (Patologia e malattie
iatrogeniche di B. Bonati, Edizioni Wassermann, 1971) sulle malattie
iatrogeniche scriveva: [...] a parte il danno economico iatrogeno
all'economia del sistema assistenziale, implicito nell'uso di prescrivere
medicamenti a tutti e non raramente senza alcuna informazione diretta
sulla necessità specifica del medicamento scelto, è
ovvio che quest'andazzo conduce all'aumento del rischio di intolleranze
o di danni da medicamenti"
In un recente articolo (Il Leccio, n. 2, 1988) a proposito della patologia
iatrogenica scrivevamo: "libri, congressi, tavole rotonde, conferenze,
e di cui anche il nostro Codice Deontologico si occupa negli articoli
dal 16° al 20°, hanno tristemente palesato, di pari passo
col progresso tecnologico e scientifico, quanto preoccupante, diffusa,
attuale e pericolosa sia questa patologia [ ... ]. Dalla Vis Medicatrix
Naturae e dalla disponibilità di pochi farmaci galenici dei
nostri predecessori l'armadio farmaceutico si è oggi talmente
arricchito da indurre a seriamente riflettere se "scienza e coscienza"
siano da sole sufficienti a comprendere quando e quanto corticosteroidi,
antibiotici, antiblastici, psicofarmaci e preparati compositi, con
le loro associazioni ed interazioni, sono da considerarsi più
che utili dannosi". Passando dal generale al particolare e per
attenerci al tema in discussione diremo che dei vari organi che possono
essere bersaglio o vittima di tale patologia preminente è l'interessamento
del fegato, per il numero e la complessità delle sue funzioni,
tra cui quelle della degradazione metabolica del maggior numero dei
farmaci e della detossicazione.
Ma quali sono i meccanismi patogenetici inducenti la sofferenza epatica?
Quali i potenziali danni istomorfologici e funzionali al fegato derivanti?
E quali farmaci, da soli o in associazione, sono da considerarsi potenzialmente
epatolesivi?

Ai fini schematici ed esplicativi ci avvarremo di alcune Tabelle,
utili per le risposte ai nostri quesiti e per la comprensione da parte
dei lettori. Nella Tab. 1 vengono indicati i meccanismi patogenetici
del danno epatico; nella Tab. 2 gli elementi distintivi della epatolesività,
se da azione tossica, diretta o indiretta, del medicamento o per idiosincrasia
o ipersensibilità del paziente; nella Tab. 3 le diverse caratteristiche
clinico-istologiche della epatopatia.
Fondamentalmente l'effetto lesivo è riportabile ad un'azione
tossica, diretta o indiretta, dei farmaci o ad idiosincrasia o ipersensibilità
del malato verso gli stessi, genetica e/o costituzionale. A seconda
della sua patogenesi, vengono a determinarsi quadri diversificati,
clinico-istologici e bio-umorali. La Tab. 4 ci illustra gli aspetti
istomorfologici del danno epatico che può variare da quello
parenchimale, acuto o cronico, a quello vascolare e, eccezionalmente,
neoplastico.
"Prendendo in esame il complesso delle trasformazioni biochimiche
che il fegato mette in atto nei confronti dei farmaci e dei tossici,
si può dire - asseriscono Pinzani e Coll. - che queste sono
volte a rendere i farmaci da liposolubili e non polari a più
solubili e più polari, in modo che possano essere escreti con
le urine e con la bile. La maggior parte dei sistemi enzimatici impliciti
in questa attività è localizzata a livello del reticolo
endoplastico liscio [ ... ]".
Chiaro significato clinico-diagnostico assume per tanto l'alterazione
degli indici bio-umorali (transaminasi, gamma GT, bilirubinemia, fosfatasi
alcalina, ecc.).

E' opportuno precisare che fattori individuali (razza, dieta, alcol,
coloranti e conservanti alimentari, gravidanza, ecc.) possono incidere
sul normale metabolismo intraepatico dei farmaci.
Quando a determinare la sofferenza epatica è un meccanismo
idiosincrasico o di sensibilizzazione soggettiva, probanti sono da
considerarsi i seguenti elementi:
a) solo una piccola parte dei soggetti esposti all'azione di tali
farmaci presenta un danno epatico;
b) il danno epatico non è dosi-dipendente;
c) il quadro istologico può variare da quello della colestasi
a quello della necrosi epatocellulare;
d) possono esservi sintomi di accompagnamento (febbre, rash cutanei,
artralgie, eosinofilia, ecc.).
Ad ulteriore chiarimento aggiungiamo che la responsabilità
del farmaco è da considerarsi:
a) certa se il danno epatico è previsto tra gli effetti indesiderati
o collaterali del farmaco e se si ha miglioramento con la sospensione
ed aggravamento con la riassunzione dello stesso (ma quest'ultimo
criterio è molto discutibile sul piano etico e insidioso su
quello medicolegale);
b) probabile, se negativa la prova della riesposizione (rechallenge
test);
c) possibile, se manca il miglioramento dopo la sua sospensione;
d) dubbia, se mancano i precedenti elementi.
Nella prescrizione dei farmaci non può non tenersi conto dello
stato generale, della presenza di altre sofferenze organiche, della
preesistente situazione della funzionalità epatica, dell'età,
della sensibilità generica o specifica verso alcuni medicamenti
ed, elettivamente, della presenza di una presunta o accertata gravidanza.
Le età pediatrica e geriatrica sono le più suscettibili,
sia pure per diverse motivazioni, al loro dosaggio, mentre la condizione
gravidica è quella che richiede una particolare attenzione
ed un critico comportamento del medico. Recenti sono i ricordi e le
numerose segnalazioni degli effetti sul prodotto del concepimento
del talidomide con conseguenti malformazioni congenite e di altri
farmaci teratogeni. Anche se, a priori, non è dato valutare
il potenziale danno dei medicamenti, isolatamente o in associazione
prescritti, è da considerarsi che la loro farmacocinetica metabolismo
ed azione coinvolgono due distinti organismi, ma uniti ed interdipendenti.
Essendo, in tal caso, il rapporto rischio/beneficio nettamente in
favore del primo, è logico dedurne, nel caso appunto di presunta
o acclarata gravidanza, la loro imprescrittibilità.
Un'ultima considerazione scaturisce in noi, derivante da una cinquantennale
attività professionale ed attinente il frequente e largo ricorso
ai cosiddetti "cocktail" farmacologici. Leggiamo quanto
su tale spinoso argomento scrivono Coppo e Paterlini (Giornale di
Clinica Medica, n. 8-9, 1987): "[... ] è necessario che
chi usa associare più preparati nello stesso veicolo (una soluzione
glucosata o di elettroliti) si ponga un quesito duplice: se dalla
interazione tra i farmaci possano sorgere effetti epatolesivi, e se
l'attività dei singoli componenti resti integra, nella loro
estemporanea miscela. L'esperienza professionale constata che in epatologia
clinica si fa largo uso di fleboclisi "terapeutiche", quale
veicolo d'altri farmaci, spesso con numerosi componenti, con intenzioni
epatoprotettive e disintossicanti che non trovano alcun sostegno nei
fondamenti scientifici delle scelte [ ... ]".
Da quanto detto ed illustrato nelle Tabelle sinottiche, con particolare
riferimento al pensiero e all'esperienza di autorevoli studiosi, riteniamo
di avere sufficientemente chiarite le cause fisiopatogenetiche delle
malattie iatrogeniche e quindi delle epatopatie da farmaci e suggerito
quanto è dovuto conoscere per una razionale corretta prescrizione
farmacologica.
La formazione e l'aggiornamento permanente del medico sul piano tecnico-scientifico,
sempre tanto auspicati ma altrettanto disattesi, costituirebbero,
qualora applicati, un valido supporto per il giovane medico, atti
a preservarlo da spiacevoli incidenti di percorso nell'esercizio professionale.
Dal punto di vista medico-legale, premesso che alcune malattie iatrogeniche
sono del tutto imprevedibili ed inevitabili, ed estranee quindi alla
diretta responsabilità del medico, è da verificare se
il danno iatrogenico è inerente e "inevitabilmente congiunto
all'esercizio della medicina e chirurgia -scrive Frache - e come tale
discriminabile sotto il profilo giudiziario da quello verificatosi
per colpa grave del sanitario, che comporta responsabilità
professionale e civile [ ... ]. Se è vero che il danno iatrogenico,
per sua natura, è intimamente connesso all'esercizio della
nostra professione, risultando volta a volta inevitabile, necessario,
opportuno, probabile o possibile, è anche vero che il giudizio
comparativo tra danno iatrogenico e risultato diagnostico o terapeutico
raggiunto non basta da solo a discriminarlo, a giustificarlo, a legittimarlo".
Ci sembra quindi logico - onde evitare sequele giudiziarie - che nelle
sue prescrizioni il medico presti la massima attenzione non solo ai
dati scientifici e clinici concernenti il singolo farmaco ma anche
ai potenziali effetti secondari e collaterali, alle controindicazioni,
alle associazioni sconsigliate e a rischio, indicati negli annessi
fogli illustrativi, configurandosi una sua responsabilità quando
il danno, al paziente derivante, è dipendente da sua negligenza,
inesperienza, imprudenza e/o inosservanza di norme regolamentari o
di legge.
Concludiamo ricordando che l'icastico motto dell'indulgente Seneca
il Retore, "errare bumanum est", fu, alcuni secoli dopo,
integrato da quello del meno tollerante S. Bernardo "perseverare
autem diabolicum".
LETTERE CONSIGLIATE
1) Benigno P. et Al., Le sindromi da farmaci e i pericoli delle interazioni,
Edizioni Medico-Scientifiche, 1983.
2) Beretta Anguissola A., Guida alla prescrizione dei farmaci, Edizioni
Medico-Scientifiche, 1984.
3) Bonati B., Patologia e malattie iatrogeniche, Pubblicazione Wassermann,
1971.
4) Chiarantini E. e Marra F., Epatopatie da farmaci, Aggiornamento
del medico, 1, 1989.
5) Iandolo C., Malattie iatrogeniche, Editore Armando, 1984.
6) Lentini S. e Coll., Le associazioni di farmaci in Terapia (Relazione
al 78° Congr. Soc. It. di Medicina Interna), Editore Pozzi, 1977.
7) Manenti F., Epatopatie da farmaci, Giorn. di Clinica Medica, 12,
1989.
8) Pinzani M. et Al., Epatopatie da farmaci . e da tossici esogeni,
Federazione Medica, 1, 1983.