Il sistema bancario
e in particolare, all'interno di esso, il mercato bancario sono stati
interessati negli anni più recenti da modifiche negli assetti
strutturali (1) . In questo contesto le autorità monetarie
hanno dato maggiore rilievo al problema dell'efficienza (2), rispetto
a quello tradizionale della solvibilità, nell'intento di porre
le banche italiane nella condizione di fronteggiare adeguatamente
il processo di integrazione tra i Paesi della Comunità europea
che porterà alla eliminazione delle barriere tra mercato nazionale
e mercati esteri (3).
Questa tendenza si può rinvenire sia nella riaffermazione del
carattere di imprenditorialità dell'attività bancaria,
sia nella graduale attenuazione dei vincoli riguardanti la sfera di
operatività e l'articolazione territoriale di ciascuna banca.
E, pertanto, le banche sono impegnate nella ricerca di dimensioni
ottimali.
Le piccole banche e soprattutto le banche popolari hanno continuamente
ricercato condizioni di equilibrio gestionale attuando processi di
collaborazione interaziendale fra istituti della stessa categoria
(4) e di concentrazione aziendale.
Le banche popolari sono caratterizzate da una notevole eterogeneità
dimensionale, che tuttavia tende a divenire meno espressiva di una
corrispondente differenziazione funzionale in seguito alla continua
ricerca di assetti dimensionali efficienti. Al fine di beneficiare
delle economie di scala, legate all'ampliamento delle dimensioni aziendali,
le banche popolari hanno realizzato delle concentrazioni che, specie
negli anni Ottanta, hanno superato quelle intervenute nel resto del
sistema (Tabella 1).

Le banche popolari hanno subìto processi di concentrazione
già da tempo: nel periodo che va dal 1947 al 1966 c'è
stata una diminuzione di 27 unità per incorporazioni e fusioni.
Tale processo ha subito un incremento nel periodo compreso tra il
197,4 ed il 1980, che ha interessato 22 aziende; mentre nel periodo
1981-1987, 30 aziende sono state coinvolte nel fenomeno (5). Esse,
concentrandosi, hanno dato vita ad organismi più forti in grado
di fronteggiare la concorrenza e di soddisfare le richieste di una
clientela, sempre più esigente, conservando le proprie caratteristiche
peculiari (6) di banche locali al servizio di operatori minori. Quindi
ancor prima di essere necessitate dalla possibile concorrenza europea
esse hanno dovuto affrontare il problema di ottimizzare le loro dimensioni
in un ambito locale. Generalmente sottodimensionate, esse spesso si
sono trovate in difficoltà per tale motivo, e nella politica
della fusione hanno trovato il mezzo più idoneo per sopravvivere,
in una realtà imprenditoriale e finanziaria in rapido movimento,
che altrimenti le avrebbe viste inevitabilmente soccombere.
Il Salento non è rimasto estraneo al movimento di concentrazione.
Da noi negli anni Ottanta si sono verificate quattro fusioni. Nel
1981, la Banca Popolare di Parabita e la Banca Agricola Popolare di
Aradeo si sono fuse dando vita alla Banca Popolare di Parabita e Aradeo.
Quest'ultima recentemente, nel 1988, si è fusa con la Banca
Popolare di Ceglie Messapico (provincia di Brindisi) dando luogo alla
Banca Popolare di Lecce.
Nel 1982, Banca Agricola Popolare di Matino e Banca Popolare di Depositi
e Prestiti, attuando una fusione hanno creato la Banca Popolare Sud
Puglia. Nel 1986 la Banca del Salento ha incorporato la Banca Donato
Mongiò di Galatina.
L'attività delle Banche popolari nel Salento oggi, come nel
passato, appare orientata verso una clientela differenziata per gruppi
dimensionali, diversificata per rami di attività economica.
Si rivolgono maggiormente al settore delle piccole e medie imprese
industriali e commerciali, alle famiglie e al finanziamento dell'agricoltura.
Tutto ciò si verifica anche in altre realtà territoriali.
Infatti, i dati nazionali ci indicano come l'attività delle
Banche popolari sia generalmente diretta a favorire lo sviluppo capillare
del settore secondario minore e terziario (7). Le aziende di credito
di minori dimensioni e locali hanno interagito, con il processo, così
tipicamente nostrano, del decentramento dell'attività economica
compresa quella sommersa, permettendo il "reinvestimento in loco"
dei depositi raccolti.
Le banche di minori dimensioni che hanno operato a livello provinciale
e regionale sono caratterizzate da apprezzabili livelli di redditività
e di produttività, mentre le aziende di grandi dimensioni hanno
manifestato delle diseconomie connesse ai crescenti gradi di burocratizzazione.
Le banche popolari hanno saputo dimostrare la loro costante vitalità
nel rispetto delle principali finalità istituzionali, e un
elevato grado di vitalità attraverso l'introduzione di nuove
forze operative, tenendo conto delle modificazioni del sistema in
generale e di quello economico in particolare (8). Amministrano poco
meno dell'1,6% del mercato dei depositi e degli impieghi bancari con
una rete costituita da 2551 sportelli, concentrati per circa i 2/3
in piazze con più di 4 sportelli (Tabella 2).

Delle 136 banche popolari 77 hanno una massa fiduciaria inferiore
ai 300 miliardi ciascuna. Le unità di maggiori dimensioni sono
localizzate esclusivamente nel Nord-Italia; nel Sud e nelle Isole
sono concentrate le popolari di minori dimensioni (Tabelle 3-4). Nell'ultimo
decennio le banche popolari hanno notevolmente accresciuto le proprie
quote di mercato: tra il 197,4 e il 1986 la quota dei depositi è
passata dall'11,8% al 17,2%, quella degli impieghi dal 10,3% al 15,3%.
L'aumento è attribuibile esclusivamente alle unità di
minori dimensioni, poiché le 3 grandi hanno mantenuto sostanzialmente
invariate le proprie quote di mercato.
Le banche popolari salentine rispecchiano ciò che si è
realizzato in ambito nazionale. Se ad esempio si considera la Banca
Popolare Sud Puglia, si possono notare i positivi effetti derivanti
dalla fusione e dalla ristrutturazione della rete di sportelli. Nel
1982, anno in cui si è verificata la fusione per unione, tale
banca presentava crediti verso la clientela pari a circa 202 miliardi
e depositi pari a 431 miliardi. A distanza di cinque anni, nel bilancio
1987, i suoi depositi ammontano a 1030 miliardi e gli impieghi a 36,4
miliardi. Una situazione analoga di miglioramento dopo la fusione
si può riscontrare nella Banca Popolare di Parabita e Aradeo
che dopo appena due anni dalla fusione presentava una massa fiduciaria
pari a 234,5 miliardi e un complesso di impieghi pari a 100,2 miliardi.
Nel 1987 i crediti verso clienti hanno raggiunto circa 167 miliardi
e i depositi circa 335,1 miliardi.
Il maggior grado di concorrenza e la diversificazione dell'attività
tradizionale appaiono destinati ad accentuarsi negli anni futuri.
E' necessario che ciascuna banca delinei una strategia che abbia un
orizzonte temporale di medio periodo.
Le banche popolari sono caratterizzate:
a) da una tipologia della clientela costituita da medie e piccole
imprese, e famiglie (si presume che la domanda di credito aumenterà
negli anni futuri).
b) da una minore concentrazione degli impieghi rispetto al resto del
sistema bancario.
c) da un grado di patrimonializzazione abbastanza elevato (9).
Comunque tra i punti di debolezza bisogna rilevare:
a) la modesta dimensione di un numero considerevole di banche e di
nuovi operatori.
b) la maggiore concorrenza da parte di altre banche e di nuovi operatori
nelle zone di influenza delle banche popolari.
c) la riduzione negli anni più recenti del grado di patrimonializzazione
delle banche minori (10).
Pertanto, una questione di primaria importanza è se le banche
di piccole dimensioni per poter fronteggiare la concorrenza devono
considerare la crescita come elemento strategico da perseguire con
tenacia (11).
Alcuni autori assegnano all'obiettivo della crescita dimensionale
una importanza determinante facendo dipendere dal raggiungimento dell'obiettivo
in questione la probabilità di sopravvivenza delle piccole
banche. Ritengono che la crescita sia determinante per acquisire nuove
tecnologie, per affrontare nuovi mercati, per allargare la gamma dei
servizi offerti alla clientela, per ridurre la vulnerabilità
degli attacchi concorrenziali.
Dall'altro canto, altri sostengono, invece, che le piccole banche
non hanno bisogno "né della crescita ad ogni costo, né
di una crescita qualunque", bensì di obiettivi di crescita
ben individuati sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo
qualitativo.
NOTE:
1) L'attività creditizia tradizionale ha subito una riduzione
sia per l'affermarsi di nuovi prodotti, sia per l'affermarsi di nuovi
intermediari. Gli intermediari creditizi sono chiamati a fronteggiare:
a) l'evoluzione intervenuta nel sistema bancario; b) l'ingresso nel
mercato di nuovi intermediari; c) l'integrazione dei mercati.
2) Il termine efficienza presenta numerose accezioni che dipendono
dal punto di vista da cui viene considerato il sistema bancario: con
riguardo alla distribuzione delle risorse, sì parla di efficienza
allocativa, che è la capacità di erogare i fondi tra
i possibili impieghi alternativi secondo criteri di massimizzazione.
(BANCA D'ITALIA, Relazione del governatore della Banca d'Italia 1987).
Un'allocazione di risorse è efficiente quando "non è
possibile mutarla senza diminuire il benessere (utilità) di
qualcuno (anche se qualcun altro può trovare vantaggio del
cambiamento)". F. Bruni, A. Porta, Aspetti teorici, in Ricerca
del sistema creditizio, Roma, 1976. Dal punto di vista dell'organizzazione
dei settori si parla di efficienza operativa e sì intende la
capacità di minimizzare dei costi dell'intermediazione e dei
servizi. Considerando poi un'accezione più ampia, si paria
di efficienza -Funzionalità intendendo la capacità del
sistema al raggiungimento di un dato obiettivo economico. Naturalmente
questo concetto presuppone il conseguimento dell'efficienza allocativa
e operativa. Recentemente si è messo in luce un nuovo aspetto
della efficienza funzionale-dinamica, che è la capacità
del sistema di assumere un ruolo attivo e propulsivo nella crescita
reale dell'economia. Banca d'Italia, op. cit.
3) Nel giugno del 1985, con l'approvazione da parte del consiglio
europeo del Libro bianco per il completamento del mercato interno,
la Comunità ha fissato il programma per realizzare entro il
1992 un mercato unico mediante la soppressione delle barriere tecniche,
fisiche e fiscali ancora esistenti alla circolazione di prodotti,
servizi, persone e capitali. Cfr. P. Mengozzi, Efficienza e concorrenza
alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia della CEE,
in "Banca, impresa e società", 1985, n. 3, pag. 247.
La direttiva del 12 dicembre 1977 n. 780 si è posta come obiettivo:
l'incremento della concorrenza nel settore bancario; l'introduzione
di condizioni uniformi e di criteri oggettivi di autorizzazione, al
fine di ridurre progressivamente i poteri discrezionali delle autorità
nazionali di controllo.
Numerosi sono i progetti di direttiva in corso di definizione; tra
di essi il più importante si riferisce alla "seconda direttiva
del coordinamento bancario". Esso ha lo scopo di saldare insieme
tutte le direttive inserendole in un meccanismo normativo rispetto
al quale ciascuna di tali direttive svolge un ruolo specifico ai fini
dell'obiettivo finale: quello di un mercato interno comunitario in
cui trovino piena realizzazione la libertà di stabilimento
e la libertà di prestazione dei servizi.
4) Gli organismi di categoria sono molteplici e presentano difformi
capacità operative. Essi sono distinti da due grandi gruppi:
1) Le associazioni di categoria che sono specializzate nella produzione
e offerta di assistenza tecnica alle banche partecipanti; 2) Gli intermediari
di categoria che sono costituiti dalle banche partecipanti al fine
di disporre di strumenti di azione sul mercato monetario e finanziario
in modo tale da poter innovare e diversificare i servizi offerti alla
propria clientela. Cfr. M. Baravelli, Gli istituti centrali di categoria,
Milano, 1978; L'attività degli organismi di categoria a Favore
delle piccole banche locali: quale ruolo per il Futuro, in "Bollettino
dell'Associazione tecnica delle banche popolari", 1986, n. 3-4,
pag. 114. Oltre alle due Associazioni di categoria, le banche popolari
hanno dato vita a 5 consorzi e 5 gruppi; queste forme di cooperazione
raggiungono oltre 80 aziende.
5) Cfr. Banche popolari, innovazioni finanziarie e integrazione del
mercato europeo, Convegno Abano Terme, novembre, 1987.
6) Una categoria di aziende di credito si caratterizza in un sistema
pluralistico per i valori che ne ispirano l'azione e le originali
modalità con le quali offre servizi diversi da quelli delle
altre categorie di banche. Le banche popolari e le casse rurali indipendentemente
dalla comune forma giuridica svolgono funzioni che le rendono diverse
dalle altre banche e diverse fra loro. Cfr. P. Mottura, La gestione
della banca, Milano, 1981; A. Alberici, Cooperative di credito, F.
Angeli, 1977.
7) Destinano il 58,3% al settore industriale e il 4,9% dell'attivo
all'agricoltura. C'è da rilevare che le modificazioni intervenute
all'interno del portafoglio prestiti, indotte anche dagli interventi
dell'autorità monetaria, non hanno dato luogo a processi indiscriminati
di selezione del credito nei settori tradizionali di intervento. Nei
diversi, rami di attività economica, il valore dei prestiti
si è mantenuto intorno ai valori minimi osservati per le altre
categorie di aziende di credito. A. Alberici, Il localismo e la cooperazione
fattori chiave per il successo di una piccola banca, in "Bollettino
dell'Associazione tecnica delle banche popolari italiane", n.
3-4, 1986, pag. 6.
8) Cfr. G. Murè, Problemi e tecniche operative dei sistemi
bancari esteri ed italiano, 1983, pag. 17.
9) a) L'elevato frazionamento della raccolta garantisce la stabilità
e la protezione competitiva nei confronti di altre banche. La raccolta
nel settore famiglia è pari al 69,5%. E' stato rilevato che
il processo di intermediazione, in seguito all'introduzione dei titoli
di stato, ha assunto proporzioni contenute nelle banche popolari proprio
per le specifiche caratteristiche della raccolta. b) La competitività
delle banche popolari per quanto riguarda gli impieghi si realizza
attraverso interventi diretti e indiretti. La quota di mercato delle
banche popolari si è incrementata nel corso degli ultimi anni.
Il rapporto fra sofferenze e impieghi economici (5,96) è più
basso rispetto a quello del sistema (6,60) e a quello delle categorie
giuridiche caratterizzate da elevata concentrazione degli impieghi
su base locale, vale a dire le casse di risparmio (7,0) e le banche
di credito ordinario (6,18). Per quanto riguarda gli impieghi che
le singole banche non possono assumere per la dimensione degli stessi
o per le caratteristiche qualitative del servizio, esse li realizzano
ricorrendo all'istituto centrale o alle società finanziarie
o di servizio costituite dalla categoria. c) Il rapporto mezzi propri
e depositi risulta superiore di circa tre punti rispetto al resto
del sistema (esso è pari al 9,1 nelle banche popolari contro
il 6,35 delle banche di credito ordinario e il 5,0 delle casse di
risparmio). Cfr. A. Alberici, Il localismo e la cooperazione fattore
chiave per il successo delle piccole banche, in "Bollettino dell'Associazione
tecnica delle banche popolari", n. 3-4, 1986, pag. 61.
10) Cfr. S. Corallini, Le banche locali nel processo di innovazione
finanziaria, Perugia, 1987, pag. 40.
11) Cfr. G. Forestieri, Lo stato attuale della teoria sulle dimensioni
ottimali delle aziende di credito, relazione al Convegno di Spoleto,
30 giugno 1984.