Che cosa accadrà
nel Sud quando, a partire dal 1993, comincerà a funzionare
il Mercato unico europeo? E' certamente questa, tra le molte, la questione
più pressante che oggi si pone; vi saranno certamente rilevanti
cambiamenti quando, tra pochi anni, il Mezzogiorno si troverà,
con altre aree sottosviluppate, nella nuova Comunità, che allora
prenderà vita; e, in questo breve periodo, dovremo renderci
consapevoli della posizione che più ci conviene far prevalere
nel dibattito che oggi si svolge tra i Dodici partecipanti.
L'Atto unico europeo con il quale, nel 1986, i Paesi che formano la
Comunità hanno determinato gli obiettivi della sua futura azione,
stabilisce all'art. 23 che la Comunità sviluppa la propria
azione intesa a realizzare e rafforzare la sua coesione economica
e sociale e in particolare a ridurre il divario tra le diverse regioni
e il ritardo delle regioni meno favorite. In detto articolo l'Atto
distingue due tipi di azione: promuovere il progresso economico delle
regioni sottosviluppate, sostenere la ripresa delle regioni industriali
"in declino". Va subito detto che non ha molto fondamento
associare in una sola sede i due tipi di problemi; l'area industriale
"in declino" è fenomeno normale nella vita di un
Paese industrializzato; l'espansione territoriale, sul piano mondiale,
della produzione industriale e l'intensità del progresso tecnico
creano continuamente, per le imprese industriali, situazioni nuove
di mercato, che possono generare delle crisi; sono crisi più
o meno gravi che colpiscono questo o quel settore, e anche un'intera
area, se in essa, come avviene di frequente, si accentrano numerose
imprese del settore in difficoltà.
Tali crisi possono avere gli svolgimenti più vari: possono
condurre alla cessazione dell'impresa o anche di più imprese,
oppure essere superate con riforme introdotte nella struttura dei
complessi produttivi in crisi; ciò può aver luogo ad
opera delle stesse imprese, oppure, se le imprese in difficoltà
sono numerose, o di rilevante dimensione, richiedere un intervento
da parte della politica economica del Paese, e in futuro, in casi
gravi, un intervento della Comunità. Il formarsi di situazioni
di declino industriale può addirittura definirsi come una manifestazione
della straordinaria vitalità dell'industria; questa, nei due
secoli trascorsi dalla sua apparizione nell'economia del mondo, ci
appare come storia di mutamenti avvenuti nei processi di produzione
e nella distribuzione territoriale dei nuovi impianti a seguito del
variare dei processi di produzione e della loro localizzazione. Il
declino è quindi un fenomeno temporaneo o perché vengono
abbandonate le imprese in crisi, o perché la crisi, con o senza
sostegno dell'azione pubblica, viene superata. E' comunque un fenomeno
di natura temporanea che colpisce un Paese pienamente industrializzato;
se il fenomeno non fosse di natura temporanea, il Paese in questione
retrocederebbe nella situazione di Paese sottosviluppato.
Sottosviluppata è invece un'area nella quale:
a) non si è formato un capitale produttivo sufficiente per
dare occupazione a tutta la forza di lavoro che lo chiede;
b) vi è una situazione di mercato che non rende conveniente
l'investimento in nuovo capitale produttivo;
c) la forza di lavoro disoccupata che non emigra preme in forme varie
per avere un lavoro.

Nell'Europa comunitaria, in base ai dati fin qui disponibili, si riconosce
che vi sono aree sottosviluppate in Italia e in Spagna; inoltre, sono
nella totalità sottosviluppate Irlanda, Grecia e Portogallo.
Lasciamo da parte il caso dell'Irlanda che, con tre milioni di abitanti,
ha una popolazione pari a poco più dell'1% della popolazione
comunitaria, e consideriamo la situazione degli altri quattro Paesi.
Essi si trovano tutti nell'Europa meridionale e sono tra loro confinanti
o sono separati da bracci di mare. Nel nostro esame si giustifica
quindi fare riferimento ad essi come ad un'unica area, un'area che
è posta nell'Europa meridionale; la sua dimensione, il suo
inserimento nell'Europa occidentale pienamente industrializzata e
la sua situazione di area di confine meridionale della Comunità
determinano possibilità e anche necessità di azioni
nuove che non potevano presentarsi alle politiche di ciascuno dei
quattro Paesi nei quali le aree in questione sono incluse.

Nel 1985, ultimo
anno per il quale si dispone di dati, la popolazione complessiva della
parte sottosviluppata dell'Europa meridionale era di 57,4 milioni,
così suddivisi: Italia meridionale 20,5 milioni; Spagna sud-occidentale
17,4 milioni; Grecia 9,9 milioni; Portogallo 9,6 milioni. E' interessante
rilevare che le quattro aree hanno gradi di sottosviluppo nei riguardi
della Comunità che non sono molto diversi tra loro; il prodotto
per abitante dell'area italiana è il 64% di quello della Comunità,
quello dell'area spagnola è il 63%, quello della Grecia il
58% e quello del Portogallo il 55%. La complessiva popolazione dell'area
è pari al 18% della popolazione comunitaria; sono però
da distinguere Italia e Spagna, nelle quali la popolazione dell'area
sottosviluppata costituisce solo una parte della popolazione del Paese:
36% per l'Italia, 45% per la Spagna; Grecia e Portogallo sono invece
interamente considerate sottosviluppate; quindi, mentre Italia e Spagna
svolgono specifiche politiche nei riguardi della loro parte sottosviluppata
ed è a questa politica che farà riferimento la politica
comunitaria, per Grecia e Portogallo sarà la loro politica
generale che dovrà essere resa conforme all'obiettivo di accelerare
il loro sviluppo.
Il sottosviluppo dell'Europa meridionale è problema grave;
le politiche di cui le varie aree hanno formato oggetto dalla fine
della guerra non hanno infatti ottenuto importanti riduzioni del divario
che separa quelle regioni dalla restante Comunità europea.
E' una vera e propria malformazione che con il sorgere dell'industria
si è prodotta nell'economia europea, una malformazione che
assumerà un significato nuovo quando, nel 1993, si creerà
il Mercato unico europeo. Tale mercato includerà al suo confine
meridionale un'area che è rimasta sostanzialmente esclusa da
quella rivoluzione industriale che, iniziatasi e poi sviluppatasi
nell'Europa centrosettentrionale, si è poi propagata in misura
rilevante in altre parti del mondo, lasciando esclusa la propria area
meridionale. Questa si trova quindi con una rilevante disoccupazione
che ha carattere non temporaneo; e il suo futuro è soggetto
al rischio di non lievi turbamenti e alle incognite che presenta una
situazione delicata quale è quella mediterranea. Interessante
è anche notare che il dualismo economico della futura Comunità
riflette il problema con il quale, dal suo sorgere, ha dovuto fare
i conti il nostro Paese; è un problema non nuovo, oltre che
serio, sul quale dobbiamo fin d'ora molto impegnarci.