Nell'immagine
dello stivale, che ci ha reso familiare la cartografia moderna, la
Puglia si identifica immediatamente con il "tacco" dell'Italia,
così come la Calabria con la "punta". Si tratta di
similitudini entrate ormai nel linguaggio e nel sentire comune, ma
qual era la rappresentazione geografica e l'immagine evocata dal nome
lapigia nell'antichità?
Delle carte greche di età classica ed ellenistica, com'è
noto, non ci resta alcun documento originale; di esse possiamo farci
un'idea solo grazie alla illustrazione verbale degli autori e grazie
ai criteri della costruzione cartografica esposti dai geografi antichi.
la stessa tradizione della letteratura geografica, da Anassimandro
ed Ecateo di Mileto (VI sec. a.C.) fino ad Artemidoro di Efeso (100
a.C. ca.) è estremamente frammentaria; perdute le opere di
Eudosso di Cnido, di Eratostene, il grande filologo e scienziato alessandrino,
di Ipparco, di Scimno di Chio, di Posidonio, di Artemidoro; perduta
anche la Storia universale in 30 libri di Eforo di Cuma (IV sec. a
C.), nella cui sezione introduttiva trovava posto una descrizione
del mondo abitato (libri IV-V). In questa situazione ci restano integre
le Storie di Erodoto, in cui larga parte è riservata all'etnografia
e alla geografia, e alcune disgressioni geografiche del primi libri
delle Storie di Polibio. Si è salvata anche, quasi integralmente,
l'opera monumentale di Strabone, una descrizione dell'ecumene in 15
libri, preceduti da ben due libri introduttivi, dove l'autore affronta
la questione controversa dell'esegesi storico-geografica del poemi
omerici e sottopone a critica le teorie scientifiche dei precedessori.
Si deve a questa circostanza se un buon numero di "frammenti"
delle opere geografiche di Eratostene, Ipparco e Posidonio ci sono
giunti nella sezione introduttiva dell'opera straboniana.
Fin dalle sue origini (Anassimandro), la cartografia greca si è
misurata con la rappresentazione di tutta la terra; ma questa totalità,
per quanto ne sappiamo, non deriva dall'unione di "parti"
che preesistono. Essa risponde piuttosto alle istanze speculative
della cosmologia ionica, che a sua volta ha operato sullo sfondo delle
concezioni geografiche e cosmologiche della tradizione epica. Più
tardi il definitivo riconoscimento (nel IV sec. a.C.) della sfericità
terrestre e i progressi dell'astronomia e della geodesia non hanno
tuttavia liberato i cartografi greci dalla necessità di ricorrere
alle stime delle distanze e alle localizzazioni relative alla geografia
empirica. Se si tiene conto che i rilevamenti di latitudine, realmente
effettuati in età ellenistica, sono solo una mezza dozzina,
si comprenderà agevolmente come nella rappresentazione dell'ecumene
abbiano avuto un peso determinante i dati desunti dagli itinerari
terrestri e marittimi. la tensione, e talvolta il conflitto, fra i
tentativi di astrazione geometrica e la concreta articolazione dello
spazio, percepito empiricamente e funzionalmente, accompagna un po'
tutta la storia della cartografia greca.
Questo ampio e profondo retroterra non va perso di vista quando leggiamo
nella Geografia di Strabone (V, 1,1-3) un'organica descrizione della
penisola italiana, che ha inizio dalla zona pedemontana delle Alpi
e si allunga, innervata dalla catena degli Appennini, in due punte,
vale a dire la Breffia, dove a Leucopetra (Capo dell'Armi) termina
l'Appennino, e la lapigia. La penisola salentina sembra invece ininfluente
nella figura complessiva dell'Italia, che lo storico Polibio (II sec.
a.C) paragona schematicamente ad un triangolo, avente per base le
Alpi e come vertice il promontorio Cocinto (oggi Punta Stilo, che
chiude a sud il golfo di Squillace): "Nel suo complesso l'Italia
è di forma triangolare: il mar Ionio delimita il lato di essa
che è rivolto ad oriente; ad esso segue l'Adriatico, mentre
il confine meridionale e occidentale è segnato dai mari Siculo
e Tirreno. I due lati, incontrandosi, formano il vertice del triangolo,
cioè l'estremità dell'Italia rivolta a mezzogiorno,
chiamata Cocynthos, che divide il mar Ionio dal mare Siculo. Il sistema
alpino delimita il lato settentrionale ... " (Polibio II, 14:
trad. di C. Schick).

L'arco del golfo di Taranto risulterebbe, in un certo senso, come
raddrizzato con la conseguenza che la forma della penisola salentina
appare nettamente ridimensionata, al punto di risultare quasi ininfluente
nella rappresentazione complessiva dell'Italia. Questa schematizzazione
geometrica ècriticata più tardi da Strabone, il quale
osserva che la base, segnata dalle Alpi, e il lato tirrenico sono
in realtà curvilinei, e che inoltre il versante orientale e
quello meridionale della penisola - dalla parte più interna
dell'Adriatico (l'odierno golfo di Venezia) fino allo stretto di Messina
- non possono essere considerati alla stregua di un unico lato. La
linea di costa infatti forma un angolo sulla punta della lapigia (Capo
di Leuca) e di conseguenza, se proprio si vuole ricorrere al paragone
con una figura geometrica -conclude Strabone - si dovrebbe dire che
la forma dell'Italia assomiglia più a un quadrilatero che a
un triangolo.
Per una circostanza del tutto occasionale la più antica visualizzazione
della penisola salentina ci è offerta da Erodoto (IV 99-101)
quando illustra la particolare situazione della Tauride (l'odierna
penisola di Crimea) in rapporto con la forma quadrangolare della Scizia.
Due lati di questa sono bagnati dal mare, rispettivamente dal Ponto
(Mar Nero) e dalla palude Meotide (Mar d'Azov); ora, il popolo di
Tauri - osserva Erodoto - abita un territorio geograficamente ben
distinto, e tuttavia attaccato alla Scizia là dove si incontrerebbero
i due lati marittimi del quadrato (fig. 1). Privo del sussidio dell'immagine,
lo storico si sforza di "far vedere" ai suoi lettori la
collocazione del Tauri ricorrendo a due modelli esplicativi: "...
i Tauri occupano una parte della Scizia come se in Attica un popolo
diverso dagli Ateniesi abitasse la punta del Sunio che maggiormente
si protende verso il mare da Torico fino ad Anaflisto". E avendo
in mente i lettori italioti aggiunge: "Per chi non ha navigato
lungo questa parte dell'Attica, mi spiegherò in altro modo:
sarebbe come se in lapigia un popolo diverso dai lapigi ne delimitasse
e occupasse la punta del porto di Brindisi fino a Taranto".
Due punti vanno sottolineati nella descrizione comparativa e analogica
di Erodoto. Innanzitutto la percezione dello spazio geografico presuppone
il punto di vista dell'itinerario marittimo costiero (periplo) la
cui linea si prolunga idealmente nella via dell'istmo Torico-Anaflisto
e Brindisi-Taranto. In secondo luogo èchiaro che per Erodoto
l'attuale penisola salentina costituisce solo la "punta"
di una più grande lapigia, e che questo vale sia per il versante
adriatico sia per quello ionico, come mostra palesemente il confronto
con la "punta" dell'Attica (fig. 2).
Sulle nostre carte tali considerazioni possono sembrare anche troppo
ovvie, ma non dovremmo mai dimenticare che nella rappresentazione
e commisurazione dello spazio geografico la cartografia moderna costituisce
il punto di arrivo di una complessa e faticosa conquista intellettuale.
La stessa testimonianza erodotea, se per un verso ci offre la prima
organica visualizzazione geografica del Salento, è a sua volta
un'acquisizione che ha alle spalle lo sfondo delle navigazioni micenee
e della emigrazione greca in Occidente. La concezione peninsulare
del Salento è, in altre parole, più antica della sua
prima manifestazione letteraria e risale alla tradizione della geografia
nautica dei Greci.
Si deve ugualmente all'insediamento del Greci sulle coste dell'Italia
meridionale la nascita e la fortuna della nozione di Megàle
Hellàs. Ma quando sul finire del V sec. a. C. si assiste in
Magna Grecia a un recupero del concetto di Italìa (grosso modo
l'attuale penisola calabro-lucana), sarà il territorio fra
Metaponto e Taranto a costituire la zona di frontiera con la lapigia.
Taranto è stata certamente una delle città italiote
dove più tenacemente si è conservata la cultura ellenica,
ma per lo storico Antioco di Siracusa, un contemporaneo di Tucidide,
la colonia laconica si trova "fuori dell'Italìa"
e appartiene alla lapigia. La prima affermazione di una nozione di
ltalìa, non solo geografica ma anche politica * ideologica,
si è avuta così proprio grazie a una consapevole opposizione
con la nozione etnica e geografica di lapigia.