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L'INCHIESTA - CATTOLICI E DEMONIO (1)
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Mito o realtą? |
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Giuseppe
Tondi
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Agli
inizi degli anni '70 del demonio non si parlava quasi più, ora
se ne parla e, forse, anche troppo. Tanto il silenzio, quanto l'eccessiva
attenzione possono essere - e ciò non sembri paradossale - perfettamente
funzionali ai disegni del "principe di questo mondo" (1).
Se da un lato, infatti, "la maggior astuzia del diavolo è
di farci credere che non esiste" (Baudelaire), e "non lo si
serve mai così bene che quando lo si ignora" (Bernanos),
dall'altro non va dimenticato che "l'insidia del Maligno consiste
nell'attirare l'attenzione su di lui e sulle sue opere invece che su
Gesù, Salvatore del mondo" (Suenens). Solo mutando angolo
di visuale si può superare quest'apparente impasse: non è
tanto importante parlarne troppo o parlarne poco, ma come se ne parla.
Dal punto di vista cattolico bisogna parlarne "nella luce di Cristo, di Colui che ci ha liberati "dal potere delle tenebre" e ci ha fatti "figli della luce", che "lo ha vinto" e "lo ha cacciato fuori" e ci ha insegnato come combatterlo e come vincerlo" (1 Gv. 3,8) (2). Verrà, così, scongiurato i rischio di ridurre il diavolo a puro mito, in cui si proietterebbe una realtà esclusivamente umana, o - al contrario - di considerare Satana come principio di Male equivalente e contrapposto a Dio. Fu Paolo VI, nell'udienza generale del 15 novembre 1972, ad avvertire la necessità di riaffermare con chiarezza e decisione il costante Magistero della Chiesa sull'argomento (3), sollevando non poche perplessità e "mugugni" fra laici (4) e taluni cattolici (5). Contro la teoria dualistica mazdea/manichea (due princìpi egualmente eterni: uno del bene e l'altro del male, che si contendono l'uomo e l'universo) conserva intatta la propria validità l'osservazione di S. Agostino: "spiegazione assurda, perché il male, come privazione del bene, è posteriore al bene e condizionato dal bene, e l'ammettere un "sommo male" è lo stesso che ammettere il non-essere esistente, il che implica una contraddizione in termini" (6). Più difficile è oggi, invece, respingere la tendenza a relegare il Demonio, i demoni (e gli angeli), al mondo della leggenda, del mito o del folklore. Il diavolo ed i demoni dei quali parlano le Scritture sono realtà o simboli? Hanno una propria ed autonoma esistenza o sono la personificazione del male che è in noi e/o fuori di noi? La Chiesa non ha dubbi: si è in presenza di una realtà concreta, di un essere personale dotato di intelligenza e di volontà. E ciò afferma tenendo ben presente la Sacra Scrittura in cui molto si parla dell'esistenza e dell'azione del demonio e da cui si evince che: - Gesù nel deserto non si incontra, e si scontra, con un personaggio mitico, ma con una realtà concreta (Lc. 4,13); - per Paolo, il Demonio è una persona (2 Cor. 2,18; 11,14; Ef. 2,23; 6,10-12); - per Giovanni è l'antagonista di Cristo (Gv. 14,30; 16,11; 12,31; 8,44-45; 1 Gv. 3,8-10); - Cristo scaccia i demoni e gli spiriti, distinguendo bene gli indemoniati dai malati, anche quando la sintomatologia è eguale, come nei due sordomuti, di cui uno è ammalato, e Cristo lo guarisce con la saliva (Mc. 7,33-35), e l'altro è un ossesso, e Cristo lo libera scacciando il demonio (Mc. 9,25-26); - i demoni conoscono Cristo e la Sua autorità, hanno paura e gridano (Mc. 1,34; Lc. 4,41; Mc. 3,11; Mt. 8,28-34; Lc. 8,26-39). Dal Nuovo Testamento emerge che i demoni hanno un'attività cosciente, propria degli esseri personali. Il Magistero della Chiesa è anch'esso costante: "Per ciò che concerne la demonologia la posizione della Chiesa è chiara e ferma. E' vero che nei secoli addietro l'esistenza di Satana e del demoni non è stata fatta oggetto mai di un'affermazione esplicita del suo Magistero. La ragione è che la questione non fu mai posta in questi termini: gli eretici ed i fedeli, ugualmente fondandosi sulla scrittura, erano d'accordo nel riconoscere la loro esistenza. Per questo oggi, quando è messa in dubbio la realtà demoniaca, è necessario riferirsi alla fede costante ed universale della Chiesa" (7). Sulla scorta di quanto detto, si potranno meglio valutare le parole pronunziate da Paolo VI il 15 novembre 1972: il male che è nel mondo è "occasione ed effetto d'un intervento in noi e nel nostro mondo d'un agente oscuro e nemico, il Demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore". Satana "è il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza"... "Sappiamo che questo Essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana". "Sarebbe questo sul Demonio e sull'influsso ch'egli può esercitare sulle singole persone, come su comunità, su intere società, o su avvenimenti, un capitolo molto importante della dottrina cattolica da ristudiare, mentre oggi poco lo è". Il Pontefice concluse il discorso con una denuncia: "Si pensa da alcuni di trovare negli studi psicanalitici e psichiatrici o in esperienze spiritiche, oggi purtroppo tanto diffuse in alcuni Paesi, un sufficiente compenso. Si teme di ricadere in vecchie teorie manichee, o in paurose divagazioni fantastiche e superstiziose... La nostra dottrina si fa incerta, oscurata com'è dalle tenebre stesse che circondano il demonio" (8). Ma "checché ne dicano certi teologi superficiali, il Diavolo è, per la fede cristiana, una presenza misteriosa ma reale, personale, non simbolica"; l'uomo "da solo non ha la forza di opporsi a Satana; ma questo non è un altro dio, uniti a Gesù abbiamo la certezza di vincerlo". Se, però, "questa luce redentrice dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione. Ci sono già segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici" (9).
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