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L'INCHIESTA - OLTRE IL NOSTRO TEMPO
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Profezie per il terzo millennio |
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A.
B.
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Il
Duemila è dietro l'angolo. Sopravviverà il mondo al secondo
millennio? C'è chi teme di no, e cita un'antica profezia, "Mille
e non più mille", derivata forse dall'Apocalisse, la dove
si parla dei mille anni del regno di Dio, e poi del più breve
tempo di Satana, prima della fine dei giorni. Profezia, peraltro, che
già venne agitata intorno all'anno Mille, da chi aveva interesse
a inculcare nel popolo superstizioni catastrofiche. La tradizione vuole
che allora ci fossero conversioni in massa, fughe nelle caverne, abbandono
di terre e castelli, suicidi collettivi: poi il mondo non finì,
e tutto tornò come prima. Orge comprese, per festeggiare l'insperato
1001. Ma se "Mille e non più mille" volesse dire che
non si arriverà al Duemila ... ?
I catastrofisti, vivi e vegeti anche nei nostri tempi, ne sono persuasi, e non basta a tranquillizzarli né la spiegazione che mille anni nel linguaggio simbolico dei profeti non significa una precisa quantità, ma un tempo indeterminato, il tempo di Dio, né il fatto che l'anno zero sia ancora di incerta collocazione. E così, nei circoli esoterici, si studiano congiunzioni di pianeti, si rileggono, alla luce delle più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche e degli eventi naturali, le profezie della Bibbia e quelle dell'Apocalisse, le Centurie di Nostradamus, le visioni di Malachia e le decine di predizioni di personaggi meno noti, templari e rosacrociani, martinisti e mormoni, gnostici e veggenti. Persino papa Roncalli è stato tirato in ballo: Pier Carpi, regista, scrittore, ma soprattutto cultore di esoterismo, sostiene di essere venuto in possesso in modo a dir poco rocambolesco, di una serie di profezie di Giovanni XXIII, e le ha subito raccolte in un libro. Dove si scopre, fra l'altro, che l'inizio del regno di Dio - e quindi la fine di quello umano - è previsto per il 2033, cioè dopo "venti secoli, più l'età del Salvatore". Riesce difficile credere che il mite papa Giovanni possa essere stato coinvolto in miti esoterici, come vorrebbe Pier Carpi. Sta di fatto, però, che l'idea di una catastrofe prossima ventura è avvalorata da fonti ben più antiche e accreditate. La più sinistra, per la sua scottante attualità, la troviamo nell'Apocalisse di Giovanni, precisamente al verso 8/10: "Il terzo angelo sonò la tromba, e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e delle sorgenti delle acque. La stella si chiama 'Assenzio': un terzo delle acque si mutò in assenzio, e molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare". Sapete come si dice in ucraino assenzio? Si dice Chernobyl. La paternità di questa scoperta linguistica è di Eugenio Siragusa, curioso personaggio che sostiene di essere in contatto da più di trent'anni con entità extraterrestri che gli impongono di ammonire il mondo sull'imminente catastrofe millenaria. E lui obbedisce, pubblicando un bollettino, "Non siamo soli". Lo stampa in seimila copie, e sostiene di inviarlo a tutti i potenti della terra. Siragusa ha individuato altri presagi, nelle Scritture, e sempre tramite i suoi consiglieri celesti, sull'imminente sciagura universale. Per esempio, ci sono i versetti biblici del profeta Zaccaria, quando descrive la morte dei soldati, intorno alla fine dei tempi. "Imputridiranno le loro corni, mentre sono ancora in piedi; marciranno gli occhi nelle loro orbite, e la lingua nella loro bocca". Pare che questa descrizione corrisponda perfettamente a quella della morte da atomica, così come la dipingono i testimoni di Hiroshima. Scriveva, infatti, suor Maria Xavier: "La gente perdeva la carne a brandelli, come arance sbucciate ( ... ), gli occhi cadevano dalle orbite ( ... ), cadeva la lingua dalla loro bocca". E sempre Ezechiele descrive quella che pare proprio un'esplosione atomica: "Una nube che sole dal mare gravida di acque bianche, nere e di tutti i colori. Si allarga come un fungo a coprire tutto la terra cambiando continuamente colore. Poi fa piovere sulla terra sottostante: ma quella pioggia è fuoco, che distrugge ogni cosa". Viene da rabbrividire, pensando che secondo il profeta tutto ciò preludeva alla fine del mondo. Ma c'è di più. Il monaco irlandese Malachia, che visse nel XII secolo, ebbe una visione profetica dei papi che si sarebbero susseguiti sul trono di Pietro, dal 1143 alla fine. Definì ogni papa con un simbolo, e l'accuratezza delle sue previsioni è incredibile. Il titolo "Ursus velox", per esempio, spettava a Clemente XIV, e nel suo stemma c'era proprio un orso in corso; "De balneis Etruria" a Gregorio XVI, che proveniva dal convento camaldolese di Balnea, in Etruria appunto; "De medietate lunae" a Giovanni Paolo 1, che durò giusto una fase lunare; "De labore solis" a papa Wojtyla, che viene dall'oriente, cioè da dove sorge il sole. Ebbene, secondo Malachia mancano solo due papi alla fine della Chiesa: "De gloria olivae", (a motti questo suggerisce un'epoca di pace, che coinciderebbe con altre profezie di un periodo sereno, prima della fine del mondo), e, ultimo, "Petrus romanus", il secondo Pietro. Siamo giunti fin qui, senza parlare ancora di Nostradamus, il più letto e interpretato dai visionari, personaggio storico di grande cultura, già famoso in vita, consulente di re, di vescovi e di nobili che a lui si rivolgevano per l'accuratezza delle sue previsioni. Chi legge le sue Centurie rimane affascinato dalla rispondenza di alcune quartine ad eventi storici realmente verificatisi. Un unico esempio, la Centuria IV, 47: "Il Nero feroce / quando avrà provato / la sua sanguinolenta mano con fuoco, ferro e archi tesi / l'intero popolo tanto sarò atterrito / a vedere i più grandi appesi per collo e piedi". Come non trovarci un riferimento a Mussolini? Le Centurie non sono in ordine cronologico: la tradizione vuole che le avesse mescolate lo stesso Nostradamus, per evitarne la totale comprensione. Qualche volta, però, compare una data. E così, nella ermetica X, 72, si legge: "L'anno 1999 al settimo mese / dal cielo verrà un gran re di terrore / resuscitare il gran re D'Angolmois: / prima dopo Marte regnare per buon tempo". Invasione di terribili marziani? Avvento dell'Anticristo, che sarà incoronato a Roma re del mondo? Terza guerra mondiale? Per nostra tranquillità, comunque, bisogna dire che le profezie di Nostradamus arrivano al 3797: il "terrore" del 1999 non porterebbe, quindi, alla fine del mondo. A meno che, invece, non abbia ragione la leggenda medievale legata al filosofo Giovanni Scoto, che fissa la fine del mondo nel momento in cui la statua di Marc'Aurelio diventerà d'oro. Ebbene: il monumento dell'imperatore romano, davanti al Campidoglio, è in restauro, in quanto affetto da una misteriosa "malattia del bronzo" che sta trasformando la lega metallica da verde a gialla! Così, almeno, sostiene Pier Carpi. Ma ridimensiona la portata della catastrofe: "Non penso sia corretto parlare di fine del mondo, quanto piuttosto di fine della nostra civiltà, e inizio di un'altra". Che ciclicamente il mondo si distrugga e si rigeneri non è un'idea campata poi tanto in aria: basti pensare che ogni cultura ha memoria di una qualche forma di diluvio universale. E forse a ragione: gli archelogi scoprirono in Mesopotamia, nel 1929, quella che parve essere la traccia di un probabile diluvio sotto le rovine della città di Ur: oltre il primo strato di macerie, c'era terreno vergine (possibile residuo di inondazione) e più sotto le rovine di un'altra città. La Bibbia aveva ragione? Ma avrà ragione anche l'Apocalisse? Ci tranquillizza Alberto Cesare Ambesi, studioso di esoterismo: "Apocalisse vuoi dire rivelazione, manifestazione; il termine non ha nulla di catastrofico. E anche volendo trovarci a tutti i costi una scadenza temporale, non sarebbe certo vicino. Dopo i sette sigilli e le sette trombe, ci sono ancora moltissimi avvenimenti, prima del Giudizio Universale! La realtà è che ogni epoca ha riferito a sé l'Apocalisse: già in Napoleone, per esempio, parecchi contemporanei vollero vedere l'Anticristo". Gli studiosi più seri e stimati in campo scientifico sono tutti contrari a una interpretazione temporale dell'Apocalisse. "Ci sono due chiavi per leggerla, quella storica e quella profetica - dice Luigi Moraldi, filologo, docente universitario, autore di accreditati saggi in materia -. La prima, alla quale personalmente sono contrario, cerca di trovare nel testo riferimenti storici. E' una tentazione che ogni epoca ha avuto, e in ogni epoca si sono trovati riscontri interessanti, anche perché la Storia ciclicamente si ripete. Ma, in realtà, l'Apocalisse è un testo profetico, le parole sono dei simboli e vanno interpretate nel contesto culturale in cui vennero scritte. Letto così, l'Apocalisse esprime l'eterna insoddisfazione spirituale dell'uomo, il senso di precarietà e di colpa, la tensione verso la perfezione. Non è una profezia di distruzione, ma semmai di rinnovamento". Dice padre Ugo Vanni, che insegna Sacre Scritture alla Gregoriana di Roma, ha pubblicato numerosi saggi sull'Apocalisse, e può essere considerato il massimo esperto in Italia in questo campo: "L'Apocalisse non è profezia del futuro, ma una chiave di lettura del presente. E' una sorto di griglia attraverso la quale il cristiano può leggere e decodificare la storia, nel momento in cui si verifica, non in anticipo. Così, nella Babilonia del capitolo XXIII, potrò riconoscere la metropoli consumistica, e trarne le dovute conseguenze, nelle prime due Bestie, lo Stato che si fa adorare, anche attraverso la propaganda del mass media, e capire qual è, da cristiano, il giudizio morale nei confronti di questa situazione. Ma guai a scivolare nell'interpretazione letterale, far leva sul morboso!". Come possedere
la felicità eterna |
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