Nel corso degli
ultimi quindici anni la domanda turistica ha mostrato una vigorosa espansione.
Ciò ha comportato l'aumento dell'importanza che l'"industria"
legata al turismo esercita sul sistema economico. La quota di occupazione
di questo settore sfiora ormai il 6% di quella totale, e il saldo -sempre
positivo - tra flussi di visitatori in entrato e in uscita dall'Italia
è pari a quasi il due per cento del reddito nazionale lordo.
Superfluo è sottolineare il benefico impatto che tale saldo ha
sulla bilancia dei pagamenti: i consumi finali in Italia da parte dei
non residenti ammonta a circa il 10% delle esportazioni di beni e servizi;
e ciò ha effetti largamente positivi per un Paese trasformatore
come il nostro costretto a far ricorso ai mercati esteri per l'approvvigionamento
di materie prime ed energia. Importante è anche la considerazione
che l'importanza crescente del settore è largamente generalizzato
in tutti i Paesi dell'area OCSE: il turismo è un "prodotto"
in espansione che ancora non sembra aver raggiunto la fase di maturità
precedente il declino. E' quindi facile dedurre che il peso dell'economia
legato al turismo è destinato in futuro a crescere ulteriormente,
e quindi l'Italia deve in conseguenza prepararsi a fronteggiare, negli
anni a venire, un accentuato dinamismo del mercato.
Il modello di sviluppo turistico adottato dal nostro Paese ha permesso,
come si vedrò, di sfruttare al meglio la congiuntura economica
degli anni '70. Ma questo stesso modello rischia di risultare inadeguato
di fronte ad una domando sempre mutevole, a causa di alcune tendenze
che esso stesso ha generato. Se il turismo è per l'Italia una
risorsa notevole, esso non è nel contempo una rendita; è
compito di coloro che a vario titolo operano nel settore sfruttare al
meglio le potenzialità che il nostro Paese offre al fine di rendere
il turismo una fonte sempre più importante di reddito e ricchezza.
Dal 1970 ad oggi la bilancia turistica ha registrato saldi costantemente
in attivo. Come si può riscontrare dalla tab. 1, nel 1985 il
saldo è risultato superiore all'1,7% del reddito nazionale lordo
disponibile, e ha segnato, rispetto all'analogo rapporto riferito al
1970, un aumento del 43%. E sicuramente superfluo sottolineare l'importanza
di tale risultato per l'economia italiana. le entrate turistiche coprono
circa il 10% delle esportazioni di beni e servizi, e rappresentano una
fonte importantissima di valuta estera di cui un Paese trasformatore
come il nostro ha sicuramente bisogno. Se quindi vi è stata,
nel corso degli ultimi quindici anni una crescita complessiva del saldo
della bilancia turistica, è pur vero che tale crescita non ha
assunto un andamento lineare e continuo. Osservando i dati della tab.
I risulta infatti che si sono toccati due picchi superiori nel 1979
e nel 1983 e, precedentemente, un picco inferiore tra gli anni 1974
e 1975. Si è registrato quindi, in questi anni un andamento ondulatorio
attorno ad un trend sicuramente positivo. Quali possono essere state
le cause di tali fluttuazioni che in taluni casi sono risultate di notevole
ampiezza ed intensità? E' stato giustamente osservato che "la"
risposta, unica e onnicomprensiva, probabilmente non esiste. Non rimane
quindi che osservare attentamente le tabelle e tentare di individuare
alcune correlazioni che possono contribuire ad una maggiore comprensione
del problema.

Innanzitutto va
premessa l'ovvia constatazione che il saldo è la differenza tra
due flussi, quello in entrata e quello in uscita dall'Italia. Gli andamenti
di queste due componenti non sempre sono risultati concordi, cosicché
diviene necessario analizzarle separatamente.
Per quanto riguarda il flusso in entrato si può notare come esso
presenti due flessioni negli anni 1973/74 e 1980/81 e un impetuoso boom
tra il 1976 e il 1979; il 1977, in particolare, è stato l'anno
che ha registrato il maggior incremento (+37%). Si possono forse individuare
tre distinti fattori che hanno, influenzato più di altri l'andamento
della spesa in Italia di turisti stranieri.
Il primo di essi è il generale aumento, in tutta l'area OCSE,
della domanda turistica. Il fenomeno, ben noto, può essere spiegato
con la maggiore propensione verso spese riguardanti il tempo libero
da parte di Società che aumentano la propria ricchezza. Negli
anni considerati, infatti, a parte i periodi immediatamente seguenti
i due shocks petroliferi, il reddito dei Paesi di area OCSE (da cui
provengono, per la maggior parte, i turisti stranieri) aumenta costantemente.
a maggior ricchezza porta, secondo schemi ben conosciuti, alla riduzione
della quota di spese per generi di prima necessità (alimentari
innanzitutto) e quindi all'aumento della quota destinata al "benessere".
Le stesse componenti che spiegano il peso sempre crescente del settore
terziario, contribuiscono a spiegare il trend tendenzialmente crescente
del giro d'affari del settore.
Il secondo fattore è rappresentato dal generale andamento delle
economie dei Paesi industrializzati, come si può notare considerando
il peso che hanno avuto le crisi petrolifere del 1973/74 e del 1979.
A seguito di questi periodi, infatti, il, flusso in entrata presenta
valori generalmente modesti. In particolare sembra stretta la correlazione
tra lo stagnante andamento delle economie negli anni 1980/82 e il calo
vistoso, rispetto al massimo registrato nel 1979, della bilancia turistica.
Il terzo elemento è costituito, ovviamente, dalle parità
delle valute. Tra il 1975 e il 1976 il tasso di cambio effettivo nominale
della lira si svaluta di oltre il 16% e nell'anno successivo di un ulteriore
9%. Questo dato, peculiarmente italiano, può contribuire a spiegare
il balzo in avanti delle entrate turistiche nel 1977. In tale anno si
è avuto infatti un aumento che ha portato le spese dei turisti
stranieri in Italia dall'1,7% del RNL al 2,2%. Infatti i primi due fattori,
incremento complessivo della domanda e andamento delle economie, essendo
comuni a tutti i Paesi industrializzati, possono spiegare il generale
aumento delle spese turistiche in tutta l'area OCSE, ma il tasso di
cambio aiuta a comprendere come l'Italia abbia accresciuto, in quegli
anni, la propria quota di mercato.
Gli elementi che influenzano il secondo flusso componente il saldo della
bilancia turistica, quello in uscita dall'Italia, sono in parte gli
stessi appena citati. E' però evidente che in questo caso l'andamento
del tasso di cambio tende a scoraggiare il turista italiano dal recarsi
all'estero; e bisogna inoltre ricordare che l'economia italiana si aggancia
a quella internazionale con qualche mese di ritardo. In ogni caso ciò
che si può osservare è che la quota del reddito nazionale
spesa in viaggi all'estero è crollata nel 1974 e che nel 1985
non era ancora risalita ai livelli del 1973. In generale, però,
l'andamento del flusso in uscita presenta negli ultimi anni una variabilità
minore rispetto a quello d'entrata. Inoltre si può notare come
la componente passiva della bilancia turistica si incrementi nell'ultimo
decennio ad un ritmo maggiore rispetto a quella attiva. Il dato risulta
evidente considerando il saldo relativo al 1985. Tale valore (1,76)
è quasi pari a quello registrato nel 1977 (1,75) ma sono notevolmente
maggiori, nel 1985, le entrate derivanti da turisti stranieri. Negli
stessi anni è quindi cresciuta in modo notevole la spesa dei
turisti italiani e il saldo ne è rimasto in conseguenza largamente
influenzato. L'Italia ha quindi drasticamente ridotto le proprie uscite
nel periodo 1974/76, ma da allora esse aumentano ad un ritmo maggiore
di quello registrato dalle entrate. Il 1974 non è un anno casuale:
allora fu stabilito il famoso plafond sulle spese degli italiani all'estero.
Tale misura, chiaramente protezionistica, sembra essere stata molto
efficace nel drenare il flusso in uscita dal nostro Paese negli anni
immediatamente successivi. Se questo ha portato indubbio beneficio alla
bilancia dei pagamenti, ha anche portato alla compressione forzata dei
consumi all'estero e, probabilmente, alla creazione di una domanda inespressa
o latente. Tale domanda, negli ultimi anni, comincia ad esprimersi e
da un lato tende a ridurre considerevolmente il saldo della bilancia
turistica e desta preoccupazione per il suo possibile andamento negli
anni futuri se, come auspicato, assisteremo ad una maggiore stabilità
e competitività dell'economia italiana.
Vi sono state quindi importanti motivazioni economiche che hanno influenzato
il saldo della bilancia turistica, ora elevando le entrate, ora comprimendo
le uscite, ma, ovviamente, ad esse se ne devono aggiungere altre. In
particolare va ricordato come si sia fatta decisamente più agguerrita
la concorrenza di alcuni Paesi tra i quali primeggiano Spagna e Grecia
che possono, ora, fruire, tra l'altro, di benefici valutari rispetto
all'Italia. Il nostro Paese ha in conseguenza sperimentato una flessione
della sua quota di mercato nell'area OCSE, passata da 33% del 1979 a
meno del 28% nel 1984. Non pare invece, e ciò può destare
qualche sorpresa, che il fenomeno terroristico degli anni '70 abbia
influenzato significativamente il comportamento degli stranieri. Gli
anni di maggior incremento sono stati infatti quelli compresi tra il
1976 e il 1979, mentre dal 1980 inizia un periodo di declino o stasi.
Sembrerebbe che il cambio della lira abbia potuto di più della
copertina con la P38 sul piatto di spaghetti.
La conclusione che comunque si ricava anche ad una prima lettura è
che il mercato turistico è soggetto a forti dinamismi dal lato
della domanda. La questione che, un po' scolasticamente, ci si può
porre è se sia l'offerta a creare la domanda o non, piuttosto,
il viceversa. Se per offerta si intende la "dotazione" di
risorse sia naturali sia monumentali sia, infine, ricettive di cui indubbiamente
l'Italia dispone, la conclusione che può trarsi è che
essa, da sola, non costituisce una "rendita di posizione"
così solida in grado di generare una domanda stabilmente crescente.
Come si è cercato di argomentare, accanto a fattori artistici
e naturali, che comunque rendono l'Italia un Paese unico e quindi appetibile
per il turista straniero, ve ne sono altri che, invece, la rendono un
"bene turistico" sostituibile. Questi ultimi, inoltre, sono
tali da generare vaste fluttuazioni nel settore, e vi è la convinzione
che alcuni di essi, concorrenza di altri Paesi innanzitutto, produrranno
incisivi effetti nei prossimi anni. Una domanda dinamica deve quindi
spingere ad un'attenta e diversificata politica dell'offerta che da
un lato contrasti la tendenza che vede l'Italia perdere quote di mercato
nei confronti dei Paesi concorrenti, e dall'altro sappia offrire ai
residenti italiani servizi e prestazioni ricercati all'estero.
IL MODELLO Di SVILUPPO
DEL SETTORE TURISTICO IN ITALIA
L'osservazione dei
dati relativi alle presenze dei turisti italiani e stranieri evidenzia
il carattere fortemente concentrato o localizzato del fenomeno turistico.
Le spiegazioni di ciò in parte dipendono dalle attrattive che
determinate zone, per il loro patrimonio artistico e naturale, esercitano
sul visitatore, ma in parte dipendono dal particolare sviluppo "trainato
dalle esportazioni" - tedesche in particolare - che il settore
ha avuto in questo dopoguerra.
La fascia turisticamente più sviluppata è infatti costituita
da quella che verrà chiamata "il corridoio del Brennero",
che comprende il Trentino Alto Adige, il Veneto e l'Emilia Romagna.
Queste tre Regioni hanno totalizzato nel 1985 il 38,7% del totale delle
presenze e il 51% delle presenze straniere. Le quote rispettive, nel
1970, erano il 35,6% e il 45,4%. Queste Regioni quindi non solo detengono
una quota rilevante di mercato, ma hanno visto aumentare il proprio
peso nell'ultimo quindicennio, come la tab. 2, col. 3 (EX), mostra chiaramente.
Posto pari a 100 l'incremento complessivo delle presenze nel periodo
1970/85, si nota come le tre Regioni considerate totalizzino 65,4, che
è come dire che delle 100 presenze straniere in più che
si sono avute in Italia, circa i due terzi si sono concentrate nel corridoio
del Brennero. Le caratteristiche artistiche e naturali di tale zona
sono ben note: essa comprende infatti le montagne del Trentino, i litorali
dell'Adriatico, il lago di Garda e importanti città, tra cui
Venezia; ma è in dubbio che oltre a questi fattori ha decisamente
contribuito la vicinanza con la frontiera dato che la gran parte (circa
i tre quarti) dei turisti stranieri arriva in Italia utilizzando mezzi
di trasporto su strada. Se quindi gli stranieri tendono a cumulare le
loro presenze nelle zone a loro più vicine, bisogna osservare
come tali Regioni rappresentino un forte polo d'attrazione anche per
gli italiani. Nello stesso periodo 1970/85, infatti, su 100 giornate
di presenza in più che sono state spese da parte di residenti
in Italia, 38,7 spettano alle tre regioni considerate. Il dato relativo
ai visitatori italiani risulta comunque in grande misura influenzato
dal turismo romano.
Negli ultimi quindici
anni si è infatti sviluppata una serie di cittadine balneari
sulla costa laziale tra Formia e Civitavecchia che da un lato hanno
assorbito un'ingente quota di presenze nazionali, dall'altro hanno notevolmente
ridimensionato il peso turistico della città di Roma nell'ambito
del Lazio. Probabilmente anche parte del dato relativo agli Abruzzi
può essere letto in quest'ottica: il sistema turistico abruzzese-laziale
presenta quindi alcuni tratti tipici di un sistema "chiuso"
largamente dipendente da Roma. Ciò è confermato, tra l'altro,
dal fatto che la quota di turismo nazionale in queste due Regioni sia
molto superiore alla media nazionale, nonostante vi sia verso la città
di Roma un flusso ingente di visitatori stranieri. A parte il caso romano,
quindi, che può essere visto anche come la conseguenza della
crescita abnorme registrata dalla città nel dopoguerra, rimane
la constatazione che il turismo nazionale tende a concentrarsi nelle
zone preferite dagli stranieri, la metà dei quali è costituita
da tedeschi e austriaci.
In questo senso può quindi parlarsi di sviluppo trainato dalle
esportazioni, in quanto la sostanza del modello italiano è costituita
da poli in grado di attrarre turisti dall'estero e che rappresentano
anche le destinazioni principali dei turisti italiani. Il meccanismo
di sviluppo delle località turistiche sembra seguire infatti
il cosiddetto principio di cumulazione valido per le città industriali.
Così come le nuove attività economiche tendono a concentrarsi
in quelle città o località dove le attività preesistenti
hanno generato un'efficiente e fitto rete di servizi, creando così
una cumulazione di risorse in zone circoscritte, così il turismo
tende, a grandi linee, a concentrarsi in quelle zone nelle quali preesista
una serie di discoteche, ritrovi, shopping centres, amicizie, incrementando
così il peso di talune località rispetto ad altre. l'ingente
flusso di turisti proveniente dalla Germania, localizzato in certe Regioni
a causa della vicinanza con il confine, ha quindi contribuito allo sviluppo
di località che hanno attirato anche i turisti italiani per i
quali il problema della distanza si pone in termini meno pressanti.
Non sorprende quindi, in questo quadro, che il Meridione, sul quale
torneremo, non si sia sviluppato considerevolmente dal punto di vista
turistico, nonostante le sue indubbie potenzialità. Il turismo
romano, infatti, ha generato un sistema chiuso localizzato tra Lazio
e Abruzzo e il turismo del Nord ha seguito, a grandi linee, il modello
trainato dalle esportazioni.
Il sistema turistico italiano quindi possiede una struttura tale che
ha permesso di massimizzare a suo favore l'interscambio con Paesi terzi
e di sfruttare al meglio le contingenze economiche riguardanti soprattutto
la modifica della parità tra le valute. Si spiega anche così,
quindi, il perché le misure valutarie di metà anni '70
abbiano prodotto un notevole soldo della bilancia turistica. Ma un modello
di sviluppo siffatto, se da un lato procura indubbi benefici, dall'altro
genera delle tendenze che se non adeguatamente contrastate lo possono
mettere in crisi. La concentrazione di ingenti flussi in zone circoscritte,
se infatti crea una serie di economie di scala che indubbiamente favoriscono
ulteriore cumulazione, può anche portare ad un eccesso di domanda
a fronte di un'offerta tutto sommato limitata. Un'azione del genere,
ovviamente, ha riflesso sui prezzi. Inoltre, se il flusso di domanda
si esprime in valuta pregiata, e quindi sopravvalutata, quest'effetto
inflazionistico rischia di amplificarsi. I prezzi turistici, infatti,
sono cresciuti negli anni più recenti ad un ritmo notevolmente
più elevato del tasso di inflazione (11,6% contro 9,2% nel 1985).
Ciò si è riflesso, naturalmente, in una generale perdita
di competitività del turismo italiano nei confronti di altri
Paesi, tra cui Spagna e Grecia, nei quali il costo di una giornata turistica
è poco più della metà di quello praticato in Italia.
Ora, se il "bene turistico Italia" non fosse sostituibile
con altri, ciò potrebbe non destare grandi preoccupazioni. Ma
dato che, come si è visto precedentemente, una buona parte della
domanda straniera è molto sensibile a considerazioni di tipo
economico, vi è da temere che se non si prenderanno contromisure
dal lato dell'offerta, il sistema turistico italiano possa entrare in
crisi. Già oggi, ad esempio, il numero di presenze tedesche in
Spagna è pari o superiore a quelle in Italia quando non più
tardi del 1980 era pari a circa il 67%. In altri termini, il differenziale
tra i prezzi italiani e spagnoli rischia di annullare il costo del viaggio
e, quindi, il beneficio geografico di cui l'Italia gode. Né sembra
che la presenza di città d'arte insigni nel nostro Paese possa
rappresentare un adeguato deterrente, dato che su 100 presenze in Italia
il turista tedesco ne trascorre, in città d'arte, solo 5. Una
percentuale così bassa è probabilmente da mettere in relazione
con il fatto che essendo. il turista tedesco generalmente affezionato
può già, nel corso di anni precedenti, aver visitato le
principali, o almeno quelle da lui ritenute tali, città d'arte.
Quest'ultimo elemento non deve essere sottovalutato perché garantisce,
ai Paesi concorrenti, un effetto "novità" di cui l'Italia
può solo marginalmente disporre. la perdita di competitività
del sistema italiano non potrà non avere, inoltre, influssi sempre
più marcati anche sul flusso in uscita. l'effetto congiunto del
relativo miglioramento del tasso di cambio e della possibilità
che la domanda di turismo all'estero da parte di italiani possa esprimersi
più liberamente in presenza di minori vincoli protezionistici,
rischia di influire negativamente sul saldo della bilancia turistica
aumentando la sua componente passiva.
Il particolare modello di sviluppo che il sistema turistico ha seguito
ha quindi prodotto una serie di tendenze endogene che rischiano di avere
gravi ripercussioni in futuro. Come contrastarle? Dopo quanto visto,
la risposta, almeno a livello teorico, è piuttosto semplice:
mediante un processo di diversificazione dell'offerta. In questo modo
da un lato si potranno allentare pressioni della domanda che sono destinate
(il caso di Venezia è emblematico) a scaricarsi sui prezzi, dall'altro
si renderà disponibile una nuova gamma di servizi che possano
sia attrarre nuovi turisti stranieri sia frenare il flusso di turisti
italiani in uscita. Nell'ambito di questo generale processo di riadeguamento
dell'offerta ad una domanda che continuamente propone nuove tendenze
e sfide, un posto di primo piano spetta al Meridione d'Italia. E' sicuramente
superfluo, in questa sede, spender parole per ricordare le dotazioni
sia naturali che artistiche che il Sud possiede; eppure la sua quota
di presenze turistiche è del tutto sproporzionata alle sue risorse.
Se si considerano le Regioni meridionali (escludendo gli Abruzzi) più
la Sicilia e la Sardegna, si può constatare come esse totalizzino,
nel 1985, poco più del 12% delle presenze turistiche totali;
tutte queste Regioni assommate ricevono meno presenze del solo Trentino
Alto Adige. L'analisi delle tendenze dell'ultimo quindicennio mostra
come la situazione, dal 1970, non si sia modificata: delle 100 presenze
in più che l'Italia ha registrato in questo periodo solo 12,2
sono di competenza delle Regioni meridionali. Ma quello che desta maggiore
preoccupazione è la constatazione che nel 1970 su 100 giornate
di presenza spese da turisti italiani nel proprio Paese 13,2 erano trascorse
al Sud, mentre nel 1985 tale valore scende a 12,4.Se la quota di mercato
di queste Regioni è rimasta immutata ciò si deve ad un
incremento delle presenze straniere, che pur sono solo circa la metà
delle presenze straniere in Veneto.
Le ragioni che possono aver contribuito a questo mancato sviluppo turistico
sono state in parte già accennate: l'eccessiva distanza dalle
frontiere ha impedito che il flusso di turisti provenienti dalle zone
del Nord Europa si dirigesse in massa verso queste Regioni. D'altro
canto questo stesso fatto ha impedito che si sviluppassero, a parte
singole eccezioni come la costiera Amalfitana o Taormina, degli importanti
poli che attirassero anche il turismo nazionale. Così si sta
verificando, e ancor più rischia di avvenire in futuro, che sempre
più turisti italiani si rechino negli altri Paesi del Mediterraneo
disertando il Meridione.
Lo sviluppo turistico del Sud diviene quindi una strada obbligata per
prevenire possibili strozzature del settore, e tale strada passa per
la creazione di importanti poli che possano dar origine ad un processo
di cumulazione delle presenze. Sembra infatti che esistano condizioni
tali dal lato della domanda che possano assecondare un tale sviluppo:
vi è una richiesta di nuove destinazioni, magari meno affollate
o inquinate, vi è la richiesta di turismo a prezzi limitati,
vi è una domanda per regioni dalle caratteristiche naturali e
climatiche proprie di quelle meridionali. Gli interventi che allora
si richiedono sono quindi selettivi: si tratta di scegliere delle località
o zone dall'alto potenziale e concentrarsi essenzialmente su di esse.
Ciò che deve essere evitato è la dispersione di risorse
con una serie di interventi a pioggia senza una precisa programmazione.
Diviene necessario quindi parlare non genericamente di Sud, ma di talune
zone ben precise, dotarle di tutte le infrastrutture - strade ad alto
scorrimento, porticcioli, tutela dei beni ambientali e culturali, promozione
in Italia e all'estero -e su di esse puntare per uno sviluppo complessivo.
Sempre nell'ambito del più generale processo di diversificazione
dell'offerta, maggiore attenzione dovrà essere data anche a nuovi
soggetti quali gli anziani che se richiedono una serie di servizi differente
da quelli studiati per una famiglia tipo, possono rappresentare una
componente in espansione del mercato. Anche sulle città d'arte
è comunque necessario agire. Il fatto che i turisti più
affezionati tendano sempre di meno ad essere visitatori di monumenti
conferma che, almeno sul piano teorico, la domanda di presenze in città
d'arte tende ad una stasi. Ciò è conseguenza inevitabile
fintanto che il turista che abbia visitato una città insigne
non senta il bisogno di ritornarci. Ma rendere le nostre città
diverse di anno in anno, con mostre estive, iniziative varie, festivals
culturali, è compito irrinunciabile che però non può
essere inquadrato solo nell'ottica turistica, bensì in quella
di una più generale crescita culturale del Paese. E' infatti
piuttosto arduo pretendere che i turisti stranieri visitino in massa
località e musei disertati dagli Italiani.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Lo sviluppo turistico
del Mezzogiorno è, come si è cercato di argomentare, questione
di decisivo interesse nazionale che non può essere affrontata
nell'ambito di un generico meridionalismo, bensì in quello dello
sviluppo complessivo del settore in Italia. Il turismo ha rappresentato
negli anni passati una risorsa ingente per il nostro Paese, ma il particolare
modello di sviluppo che esso ha seguito non sembra in grado di rispondere
adeguatamente alle nuove dinamiche del mercato. Ciò sarebbe tanto
più grave in quanto tutti i settori legati al tempo libero sono
inevitabilmente destinati, vuoi per. il crescere della ricchezza complessiva,
vuoi per il conseguente maggior interscambio internazionale, a crescere
notevolmente in futuro. Pensare -di affrontare con una politica dell'offerta
rigida e talvolta invecchiata tali prospettive è suicida. Si
dice spesso che il turismo è divenuto una vera e propria industria.
Tale locuzione non solo riflette l'ovvia constatazione circa il peso
che, sia per occupazione che per fatturato, il settore ha raggiunto,
ma deve anche ricordare come il turismo dovrà sempre più
far i conti con situazioni di mercato, sbalzi di domanda, aggressive
politiche concorrenti, livelli dei prezzi. L'illusione che l'Italia,
dall'alto delle sue indiscutibili bellezze, possa guardare a questi
sviluppi futuri con una certa sufficienza o mancanza di programmazione,
rischia di cozzare contro il muro della realtà.
|