E' stato scritto
che l'attività edilizia federiciana nell'Italia del Sud rientra
nel più vasto programma di riorganizzazione del Regno Meridionale,
cui l'imperatore svevo si era dedicato all'indomani del suo ritorno
in Italia e della sua incoronazione (1220): quest'attività,
dalle caratteristiche quasi essenzialmente profane, prevede un'intensa
opera "tesa a ristrutturare, o a costruire ex novo, edifici difensivi,
residenziali, propagandistici, al fine di rafforzare e garantire la
sicurezza del Regno". Sorgono, così, catene di castelli
che si snodano lungo direttrici strategiche, oppure grandiosi palazzi
residenziali spesso dislocati in zone particolarmente adatte alla
caccia, grande passione dell'imperatore. I castelli federiciani "sono
fedeli ad una tipologia architettonica che si esplica secondo rigorose
forme geometriche, che possono venir meno solo nel caso di rielaborazione
di costruzioni precedenti, spesso fortezze normanne". Gli elementi
strutturali e decorativi dell'architettura sveva sono molteplici e
di diversa matrice, ed in ogni caso "mai completamente fusi l'uno
all'altro: spesso l'ispirazione proviene dall'arte classica, cui quella
federiciana volutamente si ricollega, ma puntuali sono gli apporti
musulmani, dovuti probabilmente alle maestranze arabe del Regno, e
le nuove esperienze cistercensi, preludio al gotico", (Marina
Di Loreto). Si tratta, alla resa dei conti, di un'arte composita,
volta alla creazione di una specie di "stile di palazzo",
specchio della sfaccettatura culturale del Regno.
D'altra parte, nato per caso a Jesi, Federico Il era cresciuto a Palermo,
in una città considerata "la più vasta e la più
bella metropoli del mondo" dal poeta-viaggiatore Ibn Giubair,
che pure conosceva la favolosa Cordova dei Califfi. La corte che aveva
circondato il giovane monarca era stata orientale, più che
latina o germanica. E Federico liberamente era cresciuto per i quartieri
nei quali si parlavano lingue diverse, e si era soffermato su vie
e bazar che ammassavano mercanzie giunte da ogni angolo d'Europa,
d'Asia e d'Africa, acquistate da cristiani latini, greci ortodossi,
tedeschi, berberi, saraceni, ebrei. Aveva avuto precettori arabi,
tedeschi, italiani, parlava e scriveva correntemente italiano, tedesco,
francese, latino, greco, arabo, aveva cognizioni di diritto e di filosofia,
di matematica, di medicina, di astronomia, di storia naturale. Spirito
propagandistico e temperamento ecumenico lo portarono a scegliere
il Regno Meridionale, prediligendolo a quello tedesco. E qui esplicò
la sua attività edilizia che ancora oggi è il segno
inconfondibile della cultura di colui che fu chiamato dai contemporanei
e dai posteri lo "splendore del mondo".
L'itinerario ha inizio in terra di Capitanata, l'area caratterizzata
dall'immensa pianura del Tavoliere inclinata verso il mare; prosegue
in Basilicata, interessando l'area vulcanica del Vulture, col paesaggio
mosso e verdeggiante; e ritorna in Puglia, verso i centri interni
della Murgia, quelli costieri della Terra di Bari e quelli al confine
con la penisola salentina.
La storia di Foggia inizia durante il dominio normanno, quando Roberto
il Guiscardo bonifica e fortifica la zona nella quale si erano rifugiati
gli abitanti di Arpi, città distrutta dai saraceni. Il primo
nucleo urbano della capitale della Capitanata viene ampliato da Guglielmo
II, committente della cattedrale, che dell'originaria struttura romanica
conserva il piano inferiore dell'esterno, sormontato da un fregio
a figure grottesche. Notevoli i capitelli romanici nella cripta e
l'icona bizantina. Del palazzo di Federico li, costruito in funzione
della posizione strategica della città, rimane solo un portale
scolpito, oggi incluso nel Palazzo Arpi.
Non lontano da qui, la splendida Siponto, antico centro dauno, dov'è
la bellissima Cattedrale romanica, che riecheggia numerose influenze
orientali. la fabbrica è affiancata da una basilica paleocristiana,
con resti di un mosaico pavimentale.

Nella parte occidentale del Tavoliere è Lucera, centro dauno
e poi colonia romana e municipio del quale resta l'anfiteatro di età
augustea. In età medioevale ebbe nome di Luceria Saracenorum,
residenza fortificata dell'ultimo gruppo di saraceni, scampati allo
sterminio progettato ed eseguito dall'imperatore svevo in Sicilia.
Federico li trasferì qui, fedele e ordinata retroguardia dei
suoi uomini in armi, accampandola attorno al suo palazzo, edificato
sull'antica rocca, nell'angolo nordorientale della più tarda
fortezza angioina che lo ingloba. All'interno sopravvivono i resti
della chiesa francescana costruita da Carlo II d'Angiò, committente
anche del Duomo, edificati dopo la distruzione della comunità
saracena e delle moschee: sicché, della presenza araba e del
culto e della cultura araba in Lucera, tranne un raro documento bilingue,
di contenuto notarile, nulla rimane, tranne il ricordo. Eppure, qui,
come in Otranto, come a Bari, si parlò e si scrisse in arabo,
e si adorò Allah. Tutto cancellò l'intervento delle
armi cristiane, compreso il nome, mutato in Civitas Sanctae Mariae.
Tutto, tranne la memoria storica.
E memorie storiche, con la poesia di Omero e di Virgilio, riecheggia
Troia, sede di un abitato apulo, poi romanizzato e menzionato negli
itinerari della Via Traiana: la sua Cattedrale compendia le direttive
del romanico pugliese, influenzato, in Capitanata, dall'architettura
pisana. Duecentesca è la cornice a figure mostruose; notevolissime
le due porte di bronzo, di influenza orientale.
Alta sul fiume Ofanto, sulle cui rive Annibale chiese, in cambio di
pace, la compagnia di vergini daune, Canosa domina la valle e il Tavoliere.
Fu stazione della Via Traiana (resta un arco) in età romana.
Distrutta dai saraceni, riacquista importanza in età medioevale,
cui appartengono i ruderi del castello. Suggestiva la Cattedrale romanica,
anche questa con palesi influenze orientali. All'interno, il pergamo
del secolo XI e la contemporanea cattedra vescovile. Collegata con
la Cattedrale è la Tomba di Boemondo, di evidente ispirazione
orientale, con cupola di tipo arabo. Lungo la statale per Andria,
la basilica paleocristiana di San Leucio, a pianta centrale, impostata
su un tempio pagano: sono visibili resti di capitelli figurati ellenistici
e di mosaici pavimentali. E sempre in quest'area, la basilica di Santa
Sofia, in località Lamapopoli, longobarda. Nei pressi, catacombe
originariamente connesse con una chiesa paleocristiana, preesistente
a Santa Sofia. Oltre queste terre, non mutano i colori del cielo,
muta la natura della terra: alla murgia calcareo-argillosa si sostituiscono
le calanche di creta grigia coperte di una corta peluria d'erba: è
l'area del Vulture, dominata da Melfi.
Melfi si dispiega su un colle vulcanico, nell'area settentrionale
del Vulture. Importantissimo centro medioevale, capitale dello Stato
normanno e residenza di Federico II, che qui promulga le sue "Costituzioni",
redatte con la collaborazione del cancelliere Pier delle Vigne (1231),
è sede di un castello, realizzato dai normanni e rielaborato
dagli svevi e, in seguito, dagli angioini. Altra creazione normanna
è il Duomo, ricostruito nel XVIII secolo: originario è
solo il campanile. Di età sveva è Porta Venosina. Interessante,
infine, la quattrocentesca chiesa di Sant'Antonio, affiancata ad un
convento francescano e ricostruita sopra un edificio sacro più
antico, del quale si intravedono i resti.
Suggestivo, e quasi fuori dell'ordinario nel panorama delle regioni
meridionali, il paesaggio dei Laghi di Monticchio, a ridosso dei quali,
quasi, è la chiesa di Sant'Ippolito, con struttura bizantina
dell'abside triconca; e, a poca distanza, su una strada secondaria,
svetta un'altra chiesa, o meglio un'abbazia, quella di San Michele,
il cui edificio attuale, addossato ad una parete di rocce vulcaniche,
ingloba la cappella in grotta, di età normanna.
E si è in vista di Lagopesole. Qui, su un'altura, in splendida
posizione, è il castello, residenza di caccia di Federico li:
incompiuto e ripetutamente rimaneggiato, si compone di due complessi,
uno essenzialmente residenziale e un altro di carattere prevalentemente
militare, forse rielaborazione di una preesistente fortezza normanna.
L'itinerario lucano prosegue verso Venosa, patria di Orazio Fiacco,
importante in età medioevale, dopo la conquista normanna. L'abbazia
della Trinità, fondazione benedettina, consta di un complesso
più antico, collegato, tramite l'abside (sotto cui è
un ambulacro circolare con mosaico), ad uno più recente, incompiuto,
ed è affiancato dal Palazzo Abbaziale, di probabile origine
longobarda, con un notevole portale duecentesco. Di fronte alla Trinità
è l'anfiteatro romano, e accanto c'è un complesso termale.
Al Quattrocento risalgono il castello e la Cattedrale con una caratteristica
unica in Italia: la pianta, singolarmente, è a croce egizia.
Da Venosa, due itinerari d'obbligo: il primo verso il Palazzo San
Gervasio, il cui nome deriva dalla residenza di caccia voluta da Federico
II, e del quale resta l'originale facciata; il secondo è verso
Acerenza, posta in una splendida posizione panoramica, la cui Cattedrale,
del secolo XI, ricostruita nel secolo successivo in forme romanico-gotiche,
presenta un peribolo a tre absidi divergenti. La sagrestia ospita
un piccolo museo che presenta, fra l'altro, un busto di marmo, romano,
che raffigura con ogni probabilità Giuliano l'Apostata.

E' da qui che si rientra in Puglia: da Palazzo San Gervasio ci si
dirige verso Costei del Monte, fondazione federiciana tra le più
superbe, in posizione dominante, atta a controllare per un vastissimo
raggio i territori della Puglia e della Basilicata. Il castello, progettato
secondo la tradizione dallo stesso imperatore svevo, risulta architettonicamente
da una commistione di stili in cui forme classiche, romaniche e gotiche
si uniscono a creare una fabbrica nuova e grandiosa dalla pianta ottagonale,
ripresa dalle torri angolari e, all'interno, dal cortile centrale,
sul quale si aprono ambienti di forma trapezoidale e riccamente decorati,
disposti su due piani. Elegante ed unico, Castel del Monte sembra
coronare come un diadema la Puglia diletta da Federico. Alto sulla
terra murgiosa, visibile a distanza, al vertice di concentrici boschi
di ulivi, rievoca i giorni in cui, negatasi alla vocazione marinara,
adriatica e mediterranea, che pure le era congeniale, la Puglia fu,
insieme con la Sicilia, il baricentro del mondo allora conosciuto.
Dall'interno alla costa: a Barletta, prossimo al mare, è il
castello, rielaborazione federiciana di un forte musulmano. Romanica,
invece, èla basilica di San Sepolcro, con cupola realizzata
secondo un sistema costruttivo arabo-bizantino; è affiancata
dal Colosso, statua bronzea del IV secolo, trafugata in Oriente e
fortunosamente giunta a Barletta in età medioevale, raffigurante,
probabilmente, uno degli ultimi imperatori romani. Il Duomo, romanico,
e più tardi rielaborato secondo i canoni gotici, conserva gli
originali portali scolpiti a figure grottesche e l'abside poligonale
a cappelle raggianti all'esterno e peribolo di carattere gotico-francese
all'interno. Nella cripta sono visibili le tre absidi della costruzione
originaria. Chiese duecentesche, generalmente rielaborate con canoni
successivi, sono quelle di Sant'Andrea (su preesistente costruzione
paleocristiana) e di San Ruggero.

Trani sorge in
età medioevale, dopo la distruzione saracena di Canosa. Vi
ha sede un castello realizzato dagli architetti militari di Federico
li, e del quale ancora oggi è visibile il mastio con tre torri
angolari. Magnifica la Cattedrale romanica, costruita su un edificio
religioso del VII secolo, con un bellissimo portale scolpito e con
la porta bronzea di Barisano da Trani. Sembra quasi veleggiare sul
mare, vista dalla terra; e da mare si vede sorgere sulla costa rocciosa
come uno splendido "a solo". Dalla cripta si accede a Santa
Maria della Scala, e da qui all'ipogeo di San Leucio, con superstiti
resti di affreschi. Fondazioni benedettine, in quest'area, sono la
chiesa di San Francesco, a pianta basilicale, con tre cupole in asse,
di forma diversa e su differenti altezze, e l'abbazia di Santa Maria
Colonna, a duemila metri dalla città. Di tardo stile gotico,
invece, è il Palazzo Caccetta.
Sedi di belle cattedrali romaniche, scendendo verso il capoluogo pugliese,
Bisceglie, Ruvo e Bitonto. A torto Cesare Brandi ha scritto che l'unica
lacuna artistica della Puglia è la "scarsezza di pittura",
non avendo avuto neanche un pittore volante come il Tiepolo, e tanto
meno uno di quei fertili napoletani come il Solimena o il De Mura,
mentre anche nei più piccoli borghi rurali c'è una straordinaria
ricchezza di chiese e di palazzi, i quali, tranne poche eccezioni,
hanno le pareti nude. A torto, perché, in campo artistico,
i pugliesi si sono sempre espressi a modo loro, costruendo in stile
originale, e "dipingendo" il romanico marittimo e interno
e il barocco di Terra d'Otranto. La Cattedrale di Ruva ne è
un esempio emblematico, con la ricchezza delle sue sculture esterne
(e degli arredi interni) che non solo danno i massimi canoni architettonici
del romanico, ma rendono perfettamente l'immagine di una fabbrica
di pietra dipinta, con i chiaroscuri creati dalle merlettature, dagli
sbaffi, dalle zoccolature e dalle profilature realizzate con una puntigliosa
precisione, che uguaglierà e in alcuni casi supererà
lo stile moresco.
A sud, Bari è capitale della Puglia e, con Napoli e Palermo,
uno del tre grandi vertici del Mezzogiorno. A guardia della sua città
vecchia, la stupenda basilica, costruita in età normanna, dopo
l'arrivo in città delle reliquie di San Nicola (oggi nella
cripta), e prototipo del romanico pugliese, dei quale anticipa i caratteri
peculiari. Anche in questo caso le sculture hanno una funzione originale:
splendide quelle del portale mediano, della Porta dei Leoni, del muro
che cela esternamente le absidi. All'interno, il mosaico pavimentale
dell'abside, il ciborio, la sedia episcopale, l'icona bizantina. Realizzata
sul duomo bizantino distrutto da Guglielmo il Malo è la Cattedrale,
dotata di un battistero ad immersione, poi trasformato in sagrestia.
Al suo "tesoro" appartiene l'Exultet, rotolo pergamenaceo
di arte bizantina anteriore al 1025. Il castello svevo, infine, è
costruito su precedenti fortificazioni bizantine e normanne, conservando
la pianta originale.
Proseguendo verso il cuore centrale della regione, Altamura, distrutta
dai saraceni e ricostruita da Federico lI, che la volle cinta di mura
(superstiti, due porte). Qui, lo svevo avviò la costruzione
della Cattedrale romanica, con un vicino museo archeologico. Realizzata
dai greci invitati dall'imperatore a ripopolare la città, invece,
è la chiesa di San Niccolò dei Greci. E, dopo Altamura,
Gioia del Colle, sede di un castello commissionato da Roberto il Guiscardo
e in seguito ampliato in due riprese da Ruggero e da Federico. Al
convento francescano trova ospitalità un museo archeologico,
con materiale proveniente in gran parte dalle necropoli di Monte Sannace
e S. Mola.
Conversano è centro peucetico e sede di un castello normanno
rielaborato nei secoli XII-XIII. Particolare prestigio in età
medioevale ebbe il Monastero di San Benedetto, la cui chiesa (secolo
XI), piuttosto rimaneggiata, è affiancata dal chiostro con
una cripta che risale al primo cenobio benedettino. Romanico era il
primo impianto della Cattedrale, mentre barocca è la chiesa
di San Cosma, che conserva pregevoli affreschi.
A un migliaio di metri, in direzione nord-est, è la chiesa
di Santa Caterina, dalla pianta centrale di tipo siriaco e con la
cupola ottagonale. Monopoli è un centro che si sviluppò
durante il periodo bizantino - al quale risale la chiesa-grotta situato
nella Cala di Porta Vecchia - e durante il periodo normanno. Costruita
su una grotta basiliana è la chiesa di Santa Maria Amalfitana,
eretta appunto dagli amalfitani di Monopoli nel XII secolo: originari
sono l'abside, l'interno e il fianco destro della fabbrica. Coeva
è la Cattedrale (rifatta nel corso del XVIII secolo), mentre
il castello è cinquecentesco.
Quasi di rigore, a questo punto, l'itinerario verso la masseria di
Seppannibale (in direzione Fasano), dove sono i resti di una chiesetta
a croce greca, forse di età longobarda: straordinaria fabbrica,
con le cupole in asse e con moduli mediterranei, asiatici, armeni,
georgiani persino, nel cuore di un territorio disseminato da decine
di cappelle rurali (tra Bitonto, Terlizzi e Giovinazzo), là
dove i trulli quasi dividono due concetti di architettura e due visioni
della vita e della storia, tra il romanico e il barocco, tra due Puglie
saldate, ma in realtà mai unificate, se non dalla continuità
della civiltà neolitica che affiora e svetta sulla più
carsica delle terre dell'emisfero occidentale.
Oltre queste aree, infatti, solo due énclaves richiamano stili
e strutture di cui abbiamo parlato. Brindisi, le cui origini sono
collegate ad un centro messapico commercialmente importante già
nel VII secolo avanti Cristo, capolinea di Roma tramite la Via Appia-Traiana:
svevo è il suo castello, costruito su un mastio quadrato con
torri angolari; romanico è il suo duomo, ricostruito nel '700,
con l'originario pavimento musivo, con accanto il museo. Ma già
fa capolino il barocco, con la chiesa di San Paolo, originariamente
gotica e con resti di affreschi trecenteschi. E, in riva al mare,
quasi, Santa Maria del Casale, con affreschi del XIV secolo, punto
di partenza di sanguinose crociate verso il Santo Sepolcro, mentre
nel tessuto urbano è Palazzo Montenegro, dalla facciata rinascimentale,
ma col cortile interno in stile barocco. E infine, percorrendo l'Appia
antica fino a Latiano, il centro di Oria, sede di un castello svevo,
successivamente completato: nel cortile è la cripta dei SS.
Crisante e Daria, forse succorpo di una Cattedrale del IX secolo.
Rinascimentale il Palazzo Vescovile. Barocca la Cattedrale. Più
a sud, è il regno del carparo, intagliato ad arte tra il cielo
e la terra d'Otranto.
