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Lira in crisi |
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Eraldo
Gaffino
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Dalla dichiarazione
di inconvertibilità del dollaro del 1971 praticamente ogni anno
abbiamo assistito ad una crisi valutaria che molto spesso ha coinvolto
la stessa lira. Dovremmo perciò essere abituati a questo stato
di cose, cioè alle perturbazioni in campo valutario, sia che ci
interessino direttamente che non. Invece quanto è accaduto dall'inizio
del 1976 ai nostri giorni (ma la crisi non è affatto terminata)
ha stupito profondamente perfino gli esperti di cose finanziarie e gli
stessi cambisti italiani, Una perdita del potere di acquisto della lira
nei confronti del dollaro di circa il 30%, press'a poco le stesse percentuali
di svalutazione nei confronti delle monete forti europee (franco svizzero
e marco): nessuno aveva mai assistito ad un così drastico abbandono
del cambio da parte delle autorità monetarie italiane, per cui
nessuno realisticamente poteva immaginare che dopo aver raggiunto quota
750-770 contro dollaro la lira potesse addirittura toccare quota 900. Se questi sono gli aspetti esterni e più appariscenti della crisi gravissima della nostra valuta, ormai perfettamente assimilabile ad una moneta di un paese sud-americano, bisogna subito guardare avanti, ammesso e non concesso che il cambio possa in qualche modo stabilizzarsi anche intorno a quella quota 900 che gli esperti considerano ingiusta, perché in realtà la lira sarebbe sottovalutata. Ebbene la prospettiva di questa svalutazione, che è poco definire "selvaggia", è un fortissimo impulso alle nostre esportazioni. Pur permanendo in Italia una crisi politica che ha condotto alle elezioni anticipate (le quali provocheranno un vuoto di potere), le imprese hanno capito e valutato a fondo le implicazioni che derivano dal cambio. Dal mese di marzo si è assistito ad una vera e propria corsa all'acquisto di materie prime all'estero da parte delle imprese italiane trasformatrici. La speranza è quella di cogliere un grosso margine fra i prezzi di acquisto delle materie prime e quelli di vendita dei nostri prodotti all'estero, i quali avranno sicuramente il vantaggio del cambio rispetto alla concorrenza straniera. I nostri partners commerciali europei, a partire dalla Francia e dalla Germania, non hanno ancora sollevato pubblicamente questo problema, cioè non hanno ancora invocato provvedimenti per eliminare queste grosse differenze di concorrenzialità esistenti fra l'Italia e gli altri paesi. Ma è molto probabile che presto la questione scoppi in tutta la sua importanza, anche se nel frattempo le nostre imprese potranno aver ritrovato quei mercati che erano diventati appannaggio di altri paesi. Questo, brevemente tracciato, è l'unico aspetto positivo che per un certo periodo di tempo scaturirà da questa svalutazione della lira. In futuro non dovremo aspettarcene altri. Caso mai, dalla fine del 1976 in poi avremo di ritorno tutti quelli negativi. L'aumento del tasso di cambio si rifletterà gradualmente mi interamente sui prezzi interni con conseguenze abbastanza preoccupanti sul costo della vita che già attualmente marcia con un ritmo del 20-25% all'anno. Una domanda che a questo punto viene quasi spontaneamente alla bocca dell'interlocutore è la seguente. Chi ha voluto una crisi valutaria di questo genere? Ammesso che le condizioni della nostra economia erano motto difficili, il cambio non poteva essere assestato su livelli meno drammatici e portatori di conseguenze la cui somma totale sarà sicuramente negativa? Per rispondere a queste domande è forse utile ricordare il cammino della lira durante gli ultimi dieci anni. Bisogna infatti risalire molto a ritroso per trovare le origini di un male che era sempre stato curato in superficie e che a un giudizio superficiale era anche guarito. Una volta che il lettore si sarà reso conto che la cura degli ultimi anni era stata non una cura delle cause dei mali della lira, bensì solo una attenta pratica di difesa delle quotazioni della lira sui mercati valutari, si renderà forse conto di quanto abbia influito su questa crisi del 1976 il cambio della guardia avvenuto al vertice della Banca d'Italia, l'organo che ha praticamente campo libero nelle decisioni che riguardano la nostra moneta. 1963-64: Primo tampone alla lira E' nell'estate del 1963 che per la lira si accende una certa pressione sul mercato dei cambi. A fine anno sembra inevitabile una svalutazione, ma Guido Carli impegna tutte le riserve dell'Ufficio Italiano Cambi e resiste fino al 14 marzo del 1964 giorno in cui ottiene il suo primo successo personale. A Washington il governatore della Banca d'Italia ottiene un credito di 600 milioni di dollari dalla Federal Reserve (la banca centrale americana) e quindi la speculazione che agiva contro la lira si placa perché ritiene che l' Italia abbia la liquidità sufficiente per impedire un attacco volto ad ottenere la svalutazione del cambio. Un procedimento analogo accade in Gran Bretagna dove l'arrivo dei laburisti al governo aveva messo in crisi la sterlina: un grosso prestito internazionale salva Londra. 1965 - Ci tocca l'oscar La lira è talmente stabile sui mercati valutari che il passaggio da una situazione di grave crisi come quella sopra descritta a quella di stabilità suggerisce al "Financial Times" di attribuire alla nostra moneta l'Oscar. E' un riconoscimento un pò ridicolo in un momento in cui nonostante la fermezza del cambio i problemi interni dell'economia e della produzione sono tutti ancora da risolvere. Ma viene comunque accettato come auspicio di tempi migliori. 1967: cade la sterlina ma per la lira nessun problema A metà novembre del 1967, dopo che la sterlina aveva continuato ad incespicare per tutto il 1966, il governo di Londra decide una svalutazione del cambio nella misura del 14 per cento per ridare competitività all'industria nazionale. Sarebbe il momento buono anche per la lira di seguire l'esempio di Londra (come fanno molti paesi) ma la svalutazione è considerata in Italia come una sconfitta personale non solo del governatore e della Banca d'Italia ma anche di tutto il paese. Ed allora non se ne fa nulla. Addirittura nel 1968, mentre negli Stati Uniti il presidente Johnson è alle prese con il deficit della bilancia dei pagamenti (si prendono drastiche misure), per la lira si parla di rivalutazione insieme al marco tedesco. C'è l'illusione che la crisi americana non possa interessare l'Europa e che le due monete forti diventino il marco (cosa che poi accadrà) e la lira. 1969: Cade il franco francese e il marco rivaluta. La lira trasuda piena salute Il franco francese non regge alle tensioni sociali e politiche interne che mettono in ginocchio l'economia ed in agosto svaluta del 12,5 per cento. In ottobre il marco tedesco, simbolo di una economia in espansione fin dal 1965, rivaluta del 9 per cento senza nessun riflesso negativo all'interno. E' un segnale di allarme e poi ci si renderà conto del perché. La lira non approfitta neppure nel 1969 di una situazione generale favorevole ad una sia pur limitata revisione del cambio. La bilancia dei pagamenti intanto, è andata per la prima volta in passivo dopo 5 anni. Ma nessuno se ne preoccupa, come nessuno sembra preoccuparsi delle agitazioni interne delle classi sociali e di rinnovi' contrattuali che potrebbero mettere in ginocchio l'economia. Si guarda al cambio come ad una entità intoccabile, mentre i paesi europei hanno largamente superato questo tabù. 1971: La crisi del dollaro ci costringe addirittura a rivalutare Il 18 dicembre del 1971 scoppia la crisi del dollaro, dopo la dichiarazione di inconvertibilità in oro della moneta americana fatta da Nixon il 15 agosto dello stesso anno. Le conseguenze sono queste. Il dollaro viene svalutato dell'8 per cento e la sua parità aurea passa così da 35 a 38 dollari l'oncia. Gli Stati Uniti aboliscono la sovrattassa sulle importazioni e nel mondo si assiste ad un generale riallineamento delle valute rispetto al dollaro. La lira in particolare rivaluta del 7,5 per cento. 1973 - Le valute nel più completo caos, compresa la lira Dopo le pressioni
al ribasso verificatesi contro la lira nel 1972 e strenuamente difese
dalla Banca d'Italia, il 20 gennaio (data fatidica che si ripeterà
nel 1976) la lira viene fatta fluttuare liberamente con il doppio mercato
dei cambi ed in giugno la svalutazione raggiunge il 21%. Intanto in
febbraio il dollaro svaluta del 10 per cento (parità aurea da
38 a 42,2 dollari) mentre pochi giorni dopo la quotazione dell'oro sul
mercato libero raggiunge i 100 dollari l'oncia. E' la prima manifestazione
di totale sfiducia nelle monete di carta. Il risparmio cerca disperatamente
i beni rifugio. In questo anno rivalutano ancora il marco (5,5 per cento),
lo scellino austriaco, il fiorino olandese e la corona norvergese. |
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