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Le inchieste della Rassegna
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BASILICATA Oltre Eboli |
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Realizzazione
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Montuosa e appartata terra meridionale, con l'impronta di splendide civiltà, sepolte da un buio Medioevo che fu superato solo con la creazione del pensiero meridionalista, esce dal millenario isolamento - contro la volontà della geografia e della geologia - poiché ha liberato energie insospettate e originali, che hanno proposto questa regione e queste genti come modelli insuperati di analisi socio-economica e culturale fra tutte le aree depresse d'Europa.
Col muro nel cuore Aldo Bello Gli itinerari sono
due. Il primo va sull'orlo costiero: sbuca dalle fuliggini di Taranto,
travalica l'ascella delle Serre fino a Ginosa, con i campi di tabacco
che scendono fino al mare, e giunge a vista del Bradano con quei ponti
filiformi che furono i primi in ferro e cemento in questa regione. Da
qui, nuovamente l'aria s'illumina. Tavole Palatine, Eraclea, Siri: le
rovine ricordano che fra Egeo e Jonio una strada d'acqua fu cammino
della civiltà achea. Costa bassa, approdi agevoli, tappeti di
sabbia con galassie di mica. Il verde che esplode alle spalle è
storico: ricorda le prime irrigazioni sperimentate nel Mezzogiorno. Letteratura di Basilicata Ada Provenzano Fiore all'occhiello
dì Venosa è la nascita di Orazio. E questo potrebbe far
pensare a una notevole tradizione culturale classica. In realtà,
e fuori di retorica, il mondo latino non ebbe dominante importanza nella
difficile formazione culturale e letteraria di questa regione estremamente
decentrata rispetto all'organica diffusione della ciassicità
romana e condizionata nel periodo medioevale anche dalla cultura bizantina
e dalle stesse forme greche e basiliane della penetrazione del Cristianesimo:
anche se fra i secoli VI e VIII non mancarono documenti di agiografia
in latino (la versione. latina della leggenda greca di San Luca abate,
e quella più tarda della vita di San Vitale, del 1194). Fu lenta
anche la formazione di un volgare scritto lucano; così come la
fase storicamente importante del dominio normanno e poi di quello svevo-fridericiano,
che trovò in Melfi uno dei suoi centri maggiori (donde la promulgazione
da Melfi delle Costituzioni di Federico II), non promosse una corrispondente
alta civiltà culturale e letteraria, anche se si può ricordare,
di Riccardo giudice venosino, un poemetto latino in distici elegiaci,
''De Paulino et Polla", con un notevole possesso della lingua e
di una buona forza comica ed espressiva. Né molto di più
può ricavarsi sullo sviluppo umanistico, a meno che non si considerino
"lucani" alcuni accademici e diplomatici della Corte aragonese
effettivamente nativi della Campania orientale e meridionale (Gabriele
Attilio, Giovanni Albino, Giovanni Brancati). Rari scrittori possono
indicarsi tra la seconda metà del '400 e i primi anni del '500
(il vescovo di Massa Lubrense, Girolamo Borgia, sulle cui origini lucane
ancora si discute; Giovanni di Trocculi, autore in volgare di barzellette
e strambotti). Sono tracce assai fragili di una diffusione letteraria
sporadica in una regione che, dopo il periodo normanno e svevo, venne
sottoposta alla dura pressione politica e fiscale degli Angioini e degli
Aragonesi, e che in se stessa non trovò forze economiche e sociali
che le permettessero una vita di autonomie comunali o una partecipazione
creativa alla storia del Regno. Solo nel 500 si può individuare
qualche personalità spiccata. E' il caso patetico e drammatico
della poetessa Isabella di Morra (nata nel 1520 a Favale, oggi Valsinni),
che bene espresse la solitudine, l'abbandono, l'inamenità del
paesaggio, le condizioni subumane dell'uomo, con accordi di cupo dolore
personale, che le ispirarono una lirica di singolare intensità.
Luigi Tansillo (nato a Venosa da, famiglia patrizia oriunda di Noia),
ben rappresenta la situazione di una salvezza individuale grazie all'evasione
verso condizioni culturali più proprizie, in cui un innegabile
rapporto con un nativo sentimento del paesaggio selvaggio e scabro si
colora di forme sontuose e sensuali e si arricchisce di una cultura
poetica elegante e raffinata, sia nei poemetti ("Il vendemmiatore",
"La balia", "Il podere", "Stanze a Bernardino
Martirano", "Cliorida"), sia nel suo esercizio lirico
che segna il transito dal petrarchismo bembistico a impostazionì
prebarocche, che non disdegna un'accesa sensualità e i sentimenti
erotici. Sicché proprio nel Seicento Tommaso Stigliani, nato
e morto a Matera, ma vissuto a Napoli, a Roma, a Torino, a Parma, a
Milano, poté sentire proprio nel Tansillo una delle maggiori
"autorità" della lirica nuova, un maestro della poesia
barocca, da contrapporre tenacemente agli eccessi metaforici del Marino
(nell'"Occhiale", del 1627), tentando con più velleità
che capacità una via nuova e ambiziosa, con un lavoro che voleva
fondere poesia, tecnica e scienza ("Il mondo nuovo", 1617)
per il quale osava paragonarsi a Dante. Mentre più vicino a una
poesia epico-religiosa barocca fu quel francescano Serafino da Salandra
che nel 1647 pubblicò una tragedia, "L'Adamo caduto",
che fu indicata come una delle fonti del Paradiso perduto di Milton.
Solo in pieno Settecento, col rinnovamento che nel regno di Napoli provocarono
il diffondersi dell'illuminismo e l'affiorare della borghesia, la letteratura
lucana ebbe una maggiore consistenza. Il materano Emanuele Duni riprese
e applicò le teorie vichiane alla storia del diritto e alla storia
romana; al giurista Fiorentino di Pomarico, difensore delle' teorie
dei Genovesi e del Rousseau, dobbiamo un vasto panorama della situazione
socio-economica del regno partenopeo ("Riflessioni sul Regno di
Napoli, in cui si tratta degli studi, de' tribunali, delle arti, del
commercio, de' tributi, dell'agricoltura, pastorizia, popolazione e
altro": panorama che sottolineava i ritardi dell'opera riformatrice
rispetto alla drammatica situazione economico-sociale della regione),
e una fiorente pubblicistica, fino a che cadde vittima, col più
grande Francesco Mario Pagano, della reazione borbonica dopo il '99. G. FORTUNATO Claudio Alemanno Scrittore e uomo
politico (Rionero in Vulture 1848-Napoli 1932). Deputato per la Destra
storica dal 1880 al 1909 e poi senatore, fu nell'attività politica
seguace di Sidney Sonnino, ma rivelò le doti migliori della sua
personalità soprattutto quale libero esponente della cultura
meridionale, appassionato ed esperto dei problemi della sua terra. La
questione meridionale, infatti, trovò in lui non tanto un politico
preoccupato delle soluzioni contingenti, quanto uno studioso e un educatore
volto all'avvenire. Egli rovesciò la tradizionale concezione
del Mezzogiorno come terra naturalmente ricca, ma inferiore per razza
e capacità di governi, insistendo sulla povertà del suolo
in numerosissimi discorsi e saggi, e delineando tutto un vasto programma
di leggi miranti a combattere le ingiustizie del passato e a studiare
i mezzi idonei per lo sfruttamento delle risorse naturali. F. S. NITTI Claudio Alemanno Studioso e uomo
politico, nato a Melfi nel 1868, morto a Roma nel 1953. Laureatosi a
Napoli, fu brillante giornalista del "Napoli" e della "Gazzetta
piemontese", nonché acuto studioso di problemi economici
e finanziari. Nel 1892 ottenne la libera docenza in Economia politica,
e insegnò diritto finanziario nell'università di Napoli
ed Economia politica e Statistica nella Scuola Superiore di Agraria
di Portici, diventando nel 1898 ordinario di Scienza delle Finanze a
Napoli. Scritti sui più importanti problemi del tempo, specialmente
sulla questione meridionale, e un'attiva collaborazione ai giornali
lo imposero all'attenzione generale. Fra le opere di questo periodo,
sono: "Nord e Sud", 1900; "L'Italia all'alba del secolo
XX", 1900; "La città di Napoli", 1902; "Le
forze idrauliche dell'Italia e la loro utilizzazione", 1902; "Nuove
ricerche sulle forze idrauliche", 1903; "Principi di scienza
delle finanze", 1903; "La conquista della forza", 1906.
Nel 1904 fu eletto deputato nel collegio di Muro Lucano, e, segnalatosi
come parlamentare aperto agli sviluppi democratici della vita nazionale
e come animatore delle forze radicali, fu chiamato da Giolitti al ministero
dell'Agricoltura Industria e Commercio, che tenne dal marzo dell''11
al marzo del '14, portando a compimento l'importante riforma del monopolio
delle assicurazioni. E. CICCOTTI Claudio Alemanno Storico e uomo politico, nato a Potenza nel 1863, morto a Roma nel 1939. Seguì dapprima gli studi giuridici, poi quelli di Storia dell'Antichità. Militò da giovane nel socialismo. Implicato nei fatti di Milano 1898, ebbe una condanna in contumacia, con la destituzione dalla cattedra di Storia Antica che aveva conseguito nel 1890 nell'Accademia Scientifico-Letteraria di Milano. Eletto deputato a Milano e a Napoli nelle elezioni suppletive del 1899, ma non confermato per incompatibilità, fu restituito all'insegnamento all'università di Pavia: passò poi a quella di Messina e infine - come titolare di lingua e letteratura latina - all'Istituto Superiore di Magistero di Roma. Rieletto deputato nella XXI legislatura (1900-1904), nella XXIII (1909-1913) e nella XXIV (1913-1919), si venne staccando dal socialismo ufficiale già nel 1905 e ne fu dal 1915 avversario aperto per l'atteggiamento assunto dai socialisti di fronte alla guerra. Fu senatore nel 1924. La politica militante lo distolse per trent'anni dagli studi storici, che pure aveva coltivato con buon successo nei giovani anni ("La Costituzione cosiddetta di Licurgo", 1876; "La famiglia nel diritto attico", 1886; "Il processo di Verre", 1895; "Donne e politica negli ultimi anni della repubblica romana", 1895; "La pace e la guerra nel mondo antico", 1899; "Indirizzi e metodi negli studi di demografia antica", 1899; "Il tramonto della schiavitù nel mondo antico", 1899). Riprese l'attività scientifica, (appena segnata, in un trentennio, da: "Vecchi e nuovi orizzonti della numismatica e funzione della moneta nel mondo antico", 1915; "Storia greca", 1922; "Lineamenti della evoluzione tributaria nel mondo antico", 1921), già inclinante alla vecchiaia, con "Commercio e civiltà nel mondo antico", 1929; "Civiltà del mondo antico", 1935; "Profilo di Augusto", 1938. Ma la sua visione di storico era rimasta quella dei suoi giovani anni: un positivismo sociologico, appena temperato da un certo empirismo insofferente di schemi troppo rigidi; un sociologismo che sì dispiega nelle sue molte e per altri versi pregevoli introduzioni ai volumi della "Biblioteca di Storia Economica", da lui diretta con Vilfredo Pareto, e che si atteggia fino a storia comparata o tipologia storica in alcuni scritti, specialmente nel volume "Confronti storici", 1929. Per quel che concerne la sua attività di meridionalista, documentò un'ampia e puntuale visione d'insieme delle condizioni della società meridionale ("Sulla questione meridionale. Scritti e discorsi", 1904; che segui a "Mezzogiorno e Settentrione d'Italia", 1898), con un'evidenza profondamente realistica, che sottolineò le disgregazioni sociali, l'isolamento dei centri abitati e la loro reciproca estraneità, la mancanza di interessi economici, la dispersione degli orientamenti politici e culturali. Storia di Basilicata Pino Orefice La civiltà paleolitica trova nel bacino quaternario di Venosa un'ampia documentazione. La fase di questa cultura è rilevabile a Loretello, Zanzalenno e Terranera. Non abbiamo elementi riferibili a culture mesolitiche e neolitiche. La civiltà che tramanda manifestazioni altrettanto importanti è quella tipica, detta "di Matera", che risale al 3.000-1.000 a. C., con contatti con le culture dell'Egeo e dell'Oriente mediterraneo. In età storica, la Basilicata fece parte della Lucania, il cui territorio si estendeva dallo Jonio al Tirreno (comprendeva anche l'attuale Cilento). Ebbe colonie greche. In età romana fu teatro di guerra fra Greci; fra Sanniti e Romani; fra i Romani, Pirro e Annibale. Non ebbe una vera importanza economica, e con l'inizio delle invasioni barbariche, causa prima della crescente malaria, decadde definitivamente. Nel Medio Evo seguì le vicende dell'Italia meridionale. Contesa ai Bizantini prima dai Goti, poi dai Longobardi, che vi si insediarono nel sec. VI, fu divisa nel sec. IX tra il principato longobardo di Salerno e il tema bizantino di Longobardia, perdendo la fisionomia unitaria dell'epoca romana. Contesa dai vari signori normanni nel sec. XI, solo dopo la costituzione di un regno accentrato fu riunita, ricevendo il nome attuale (forse da "basilikòs", il funzionario greco ad essa preposto), e fu circoscritta al bacino dei cinque fiumi sfocianti nello Jonio. Melfi fu il centro politico di primo piano sotto Normanni e Svevi: vi furono stipulati gli accordi del 1059 tra Papato e Normanni, e nel 1231 Federico secondo vi emanò le celebri "Constitutiones". La conquista angioina risale al 1266. Divisa e quasi frantumata dai nuovi baroni, fu terra di preda e di guerriglia permanente. Nella prima metà del sec. XVI entrò a far parte, con il viceregno di Napoli, dei possedimenti spagnoli in Italia. Un lungo periodo di squallida miseria, ma in compenso di pace ovattata, fu interrotto dalla rivolta di Matteo Cristiano da Casagrande. Gravata dal malgoverno madrileno, partecipò ai movimenti politici e culturali del secolo dei lumi. Le insurrezioni di Maratea, Potenza e Melfi furono cancellate dal sangue della reazione del 1799. La restaurazione francese del 1806 tentò invano di ristabilire l'ordine in una regione nella quale dilagava il brigantaggio e in cui costanti erano i tentativi di ritorno dei Borboni. Durante i moti del 1820-21 ebbe una notevole attività carbonara, duramente repressa dalle corti marziali. I moti del 1848, al contrario, trovarono questa terra così impreparata da far naufragare la spedizione di Carlo Pisacane. Il 18 agosto 1860 scoppiò a Carleto l'insurrezione che, estesasi all'intera regione, portò all'annessione al Regno d'Italia. La crisi contadina, che reclamava l'abbattimento delle strutture feudali, e le repressioni garibaldino-piemontesi contribuirono a fomentare il mai sopito fenomeno del brigantaggio, (che ebbe nella Basilicata, nella Calabria e nella Puglia i centri più attivi dell'intero Mezzogiorno, con nomi entrati nella leggenda, oltre che nella storia meridionale), e a farlo durare fino al 1865. Successivamente, la Basilicata fu sottoposta a un severo regime tributario e al grave fenomeno del disboscamento. Tuttavia progredì per le scuole, le strade, le ferrovie. La Legge Speciale del 31 marzo 1904 non ebbe felici risultati, come accadde del resto per tutte le magniloquenti e inutili Leggi Speciali in favore di altre regioni del Mezzogiorno; sicché la crisi economica determinatasi tra il 1890 e il 1910 si potè superare quasi esclusivamente grazie alle rimesse dell'emigrazione, che aveva a sua volta dissanguato la demografia lucana. Fino al 1950 restò terra desolata, nucleo di espulsione di giovani forze di lavoro, con indici di povertà terrificanti. In età degasperiana fu prescelta come regione-cavia per i primi esperimenti della politica di intervento straordinario nel Mezzogiorno. Metaponto e il suo hinterland divennero una specie di nuova frontiera. A Grassano nacque il primo cantiere di lavoro: si costruiva - con mezzi tecnici e materiali di fortuna - la prima strada che non portasse la firma degli ingegneri di Murat. Un poco alla volta, Cristo andò "oltre Eboli". Il resto, è storia dei nostri giorni. PROFILI DELLE REGIONI DEL MEZZOGIORNO 2. - Basilicata Guglielmo Tagliacarne Nel fascicolo precedente ci siamo occupati della Puglia, che è una regione di un certo grado di sviluppo economico, di valore quasi medio rispetto al complesso del Mezzogiorno. Oggi ci occupiamo invece della Basilicata, una delle tre province povere del Sud, le altre due essendo il Molise e la Calabria. Basilicata o Lucania? La Basilicata costituisce
una parte della più vasta regione, che nella suddivisione augustea
dell'Italia prendeva il nome di Lucania, la terza regione, limitata
dal basso corso del Silario (oggi Sele) e il Bradano. Il nome di Basilicata
compare per la prima volta in un documento del 1175 e sembra derivare
da quello del funzionario bizantino (Basilikos) che amministrava detta
regione. Una regione povera Il sottosviluppo della Basilicata appare Chiaramente dalla cifra sul reddito medio prodotto dalla regione, che sintetizza tutti i settori di attività economica. Nel 1974 il reddito pro capite della Basilicata è stato calcolato in 931.000 lire, contro una media di 1.031.000 lire per il complesso del Mezzogiorno e di 1.581.000 lire per tutta l'Italia. Del modesto livello di vita della Basilicata si ha conferma nel dato dei consumi privati, che è di 773.000 lire per abitante, contro una media di 868.000 lire per il Sud e di 1.143.000 lire per il complesso nazionale. Forte dipendenza dall'esterno per il suo fabbisogno Con il modesto grado di reddito prodotto, la Basilicata non copre il suo fabbisogno, costituito dalla somma dei consumi privati e pubblici e dagli investimenti. Infatti la massa di detti consumi nel 1974 è ammontata a 625 miliardi di lire; gli investimenti sono stati 269 miliardi di lire; quindi il totale degli impieghi della regione sono stati di 894 miliardi di lire, mentre il reddito prodotto è stato complessivamente appena di 644 miliardi. La differenza fra le due cifre (894 - 644), cioè 250 miliardi di lire, rappresenta la cifra di partecipazione dell'esterno, necessaria a coprire i fabbisogni della regione. Quando diciamo "esterno" significhiamo le altre regioni italiane, sostanzialmente quelle del Nord, e, in parte minore, anche le importazioni dall'estero. Una regione fortemente agricola L'economia della
Basilicata è ancora, in forte misura, di carattere agricolo.
Infatti il 22,2 per cento di tutto il reddito prodotto dalla regione
è costituito dal settore agricolo. E' questa la quota più
alta di reddito agricolo che si riscontra fra tutte le regioni italiane.
Essa è più del doppio della quota media nazionale, 9,5
per cento, e molto superiore anche alla quota del Sud, del 17,7 per
cento. Scarse le attività terziarie, sintomo di scarso sviluppo E' opportuno confrontare le cifre della Basilicata con quelle dell'Italia e del Mezzogiorno anche per gli altri settori di attività.
Il tasso di crescita del reddito: due risultati contrapposti E' interessante completare questi dati sulla contabilità della regione con il tasso di crescita del reddito conseguito durante l'arco di tempo che va dal 1951 al 1973. Si constata un netto contrasto fra Basilicata e media nazionale, a seconda che si considerino le cifre del reddito complessivo o quelle per abitante. Nel primo caso, reddito complessivo, la Basilicata presenta un incremento inferiore a quello del Mezzogiorno e della media nazionale; nel secondo caso, reddito per abitante, invece la Basilicata presenta un incremento superiore. Il differente risultato si spiega con il fatto dell'emigrazione che ha sensibilmente diminuito il numero di abitanti della Basilicata, mentre è aumentato quello del complesso nazionale e del Sud durante l'arco di tempo considerato.
Una provincia in via di sviluppo (Matera) e l'altra più arretrata (Potenza) Delle due province
della Basilicata, la più povera è quella di Potenza, che
presenta un reddito prodotto per abitante di 664.000 lire, mentre quella
di Matera figura con un reddito molto più elevato, di 1.017.000
lire per abitante (dati del 1973). Forte perdita demografica La popolazione della Basilicata, come si è già detto, segna da tempo un andamento negativo; il numero di abitanti è diminuito dal 1951 al 1974 di 15.881 unità; ciò non si deve al movimento naturale, giacche il tasso di natalità in Basilicata è del 15,4 per mille abitanti, pari esattamente al dato medio nazionale, e il tasso di mortalità è del 7,7 per mille abitanti, sensibilmente inferiore al dato nazionale (9,5 per mille). Risulta pertanto nella nostra regione un saldo positivo assai elevato, fra nascite e morti, del 7,7 per mille (dati del 1974). Ma la Basilicata è una regione a forte emigrazione, sia verso le altre regioni italiane, sia all'estero. Si potrebbe dire che vi siano tre Basilicate: una nei confini geografici amministrativi, forte di 612.000 abitanti alla fine del 1974; un'altra sparsa nelle varie parti d'Italia, specialmente nelle regioni settentrionali e nel Lazio, e una altra forte di 169.083 persone fuori dai confini nazionali, come risulta dal Censimento compiuto dal Ministero degli Affari Esteri attraverso le sue rappresentanze diplomatiche nei vari paesi del mondo. Il tasso di criminalità più basso di tutta Italia Questa regione, se figura agli ultimi posti per il livello economico, appare però in posizione favorevole riguardo ad altri aspetti extraeconomici; ad esempio per la frequenza dei delitti. Nel 1973 il tasso di criminalità ha presentato un indice di 1.168 delitti su 100.000 abitanti, che è il tasso di criminalità più basso fra tutte le regioni italiane. Contro l'indice suddetto per la nostra regione quello medio nazionale è più del doppio, 2.898; anche l'indice complessivo del Mezzogiorno, 2.832, è assai più alto di quello della Basilicata. Questa favorevole posizione viene confermata per tutti i grandi gruppi di criminalità.
Agricoltura: aziende di notevoli dimensioni a conduzione contadina Le 92 mila aziende agricole censite al 1970 costituiscono il 2,5 per cento di tutte le aziende agricole della penisola e occupano una superficie di 876.319 ettari. Le aziende della nostra regione dispongono di una dimensione mediamente elevata, di 9,5 ettari per azienda, contro una media di 7,0 ettari per tutta Italia e di 6,0 ettari per l'area del Mezzogiorno. La produzione agricola è organizzata prevalentemente in aziende contadine. Le produzioni più importanti della Basilicata sono il frumento, l'uva, gli agrumi, le olive, la frutta, le patate. Alcune colture più prospere come il tabacco e la barbabietola sono concentrate su zone ristrette. L'estensione delle bonifiche e dell'irrigazione ha consentito negli ultimi anni notevoli progressi colturali con rendimenti più elevati. Il patrimonio zootecnico è assai modesto; negli ultimi decenni si è notevolmente accresciuto l'apporto dei bovini. Un artigianato agricolo Le industrie della Basilicata sono state sino a pochi anni fa costituite soltanto da piccole aziende artigiane e lavorazioni casalinghe, oltre ad alcune trasformazioni di prodotti agricoli quali il frangere olive, macinare il grano, spremere il vino, allevare il baco da seta. Fra le altre attività artigiane sono da ricordare quelle della lavorazione del cuoio e delle pelli, delle paste alimentari, della ceramica, del mobilio. Soltanto da poco sono sorte alcune industrie di notevoli dimensioni, specialmente nei settori di avanguardia. Alla data dell'ultimo censimento (1971) le unità locali nel settore industriale furono 8.074 con complessivi 32.000 addetti. Questa cifra è inferiore soltanto a quelle del Molise e della Valle d'Aosta, molto più limitate per territorio. La nostra regione ha trovato una certa possibilità di sviluppo industriale nella disponibilità in loco di fonti energetiche. Tre nuclei industriali La distribuzione
delle aziende industriali della Basilicata può essere presentata
da tre nuclei. Uno di essi è quello della valle del Basento sorto
a seguito del ritrovamento di giacimenti di metano, che comprende l'ANIC,
la Società Ceramica e la Società Montecatini. Le fonti energetiche La produzione di energia elettrica è stata nel 1973 di 742 milioni di Kwh, di cui 579 costituiti da energia termoelettrica. Il consumo di energia elettrica è stato di 952 milioni di Kwh. Più importante è la partecipazione della Basilicata ad altre fonti di energia. I permessi di ricerca sono stati 6 nel 1973 per 165.325 ettari e 3 nel 1974 per 47.418 ettari. Le concessioni di coltivazione sono state 15 nel 1973 per 24.869 ettari e altre 15 nel 1974 per 24.869 ettari. Queste cifre costituiscono una parte notevole sul totale di quelle analoghe per tutta Italia. I metri perforati per esplorazione e per coltivazione in Basilicata sono stati assai notevoli specialmente dal 1955 al 1969. La produzione di greggio ha raggiunto nel 1974 48.415 tonnellate pari a circa il 5 per cento di tutta Italia. Ancora più importante è la produzione di gas naturale, che raggiunge, nel 1974, 619 miliardi di metri cubi, poco meno del 10 per cento di tutta la produzione nazionale. E' questa una ricchezza naturale della Basilicata che può costituire una base di notevole sviluppo economico. Discreti risparmi e scarsi impieghi Il risparmio in questa regione è molto limitato; tuttavia non è trascurabile (anche per effetto delle rimesse degli emigrati) quando si consideri la povertà della gente e la scarsità delle attività economiche. A metà anno del 1975 i depositi presso le aziende di credito in Basilicata raggiungevano la cifra di 341 miliardi di lire; gli impieghi erano notevolmente inferiori, di appena 134 miliardi di lire. Si desume pertanto per questa regione un rapporto fra impieghi e depositi enormemente ,inferiore a quello del complesso nazionale: il 39,3 per cento in Basilicata (il rapporto più basso di tutta Italia), contro il 63,7 per cento del totale Italia. Se si considera inoltre che in Basilicata è molto diffuso il risparmio delle Casse postali, si deve concludere che l'afflusso del risparmio in questa regione non trova un adeguato impiego per lo scarso livello della struttura economica. Gli impieghi di crediti speciali Una certa importanza hanno assunto gli impieghi degli istituti di credito speciale. Alla fine del settembre 1975 essi erano ammontati in Basilicata a 196 miliardi di lire, di cui 154 milioni di tipo agevolato. La quota di gran lunga più importante è stata rivolta al settore industriale (140 miliardi) e ne ha usufruito anzitutto la provincia di Matera, come risulta dal seguente prospetto.
Da una recente pubblicazione
della SVIMEZ ("Guida Statistica dei comuni e delle aree del Mezzogiorno")
si apprende che nel periodo 1951~1971 nel tempo stesso che la popolazione
italiana è aumentata di oltre sei milioni e mezzo, quella della
Basilicata è notevolmente diminuita: su 129 comuni, solo 21 hanno
registrato un aumento nel numero di abitanti, gli altri 108 hanno invece
presentato un regresso. Per alcuni comuni la diminuzione ha assunto
il carattere di un quasi completo abbandono, come alla presenza di un
grave pericolo: Castelgrande, Montemilone, Ripacandida, Ruvo del Monte,
Ginestra e altri.
Sulla via del miglioramenti Questo stato di cose non può essere ulteriormente tollerato in un'Italia civile. Già i miglioramenti conseguiti negli ultimi anni, specialmente per l'attività della Cassa per il Mezzogiorno, sono notevoli. Chi visita la Basilicata di oggi e l'abbia visitata mezzo secolo addietro deve riconoscere che vi è stato un progresso considerevole: la Basilicata di oggi non è più quella del 1925, quando mancavano anche le strade, le ferrovie, i servizi pubblici più essenziali, le scuole. Ma la spinta al progresso in modo esteso e rapido deve ora venire oltre che dallo Stato Centrale, dalla Regione; ne fa fede il programma elaborato con serietà e consapevolezza dal Consiglio regionale. Programmazione avveduta Dopo aver riconosciuto
che lo sviluppo della Basilicata non può fare a meno degli apporti
esterni, il Programma indica come finalità generali l'inversione
della tendenza al trasferimento fuori dai confini regionali delle risorse
naturali (acqua, energia elettrica, metano), del risparmio privato e
soprattutto delle forze di lavoro, di cui deve essere viceversa reso
massimo l'impiego all'interno della regione. L'emigrazione dovrebbe
cessare entro il 1980. Si prevedono vari interventi - e si specificano
- riguardanti le strade, l'urbanistica l'agricoltura, l'industria, il
turismo.
Prospettive al 2000 Le previsioni sul futuro sono sempre difficili da fare, ma noi ci sentiamo di affermare, secondo calcoli obiettivi e accurati, che alla fine di questo secolo, cioè fra 25 anni, il reddito prodotto in Basilicata e i consumi privati, per abitante, saranno -almeno - il doppio di quelli attuali, in termini reali, quindi raggiungeranno il livello medio delle regioni che oggi sono al primo posto in Italia per benessere e sviluppo economico, il Piemonte, la Lombardia e la Liguria. Aspettare un quarto di secolo per raggiungere questa meta è ancora tanto, è troppo. Ci auguriamo che questa meta sia conseguita in tempo più breve. Dipende in gran parte dall'azione della Regione e dall'attività della gente della Basilicata, che è gente laboriosa, parca, che sa resistere alle fatiche e contrastare alla scarsità della natura, che è una terra avara e amara. Quadro sintetico: la Basilicata in Italia Abbiamo scelto un
gruppo di parametri importanti per i quali la Basilicata viene confrontata
con l'Italia. La significatività delle cifre della regione appare
chiaramente quando siano ragguagliate, una per una, a quelle corrispondenti
dell'intera penisola sulla base della quota rappresentata dalla popolazione
sul totale nazionale: questa quota si può dire che rappresenti
il mezzo di misurazione. Se la quota percentuale di un dato fenomeno
è inferiore a quella della popolazione, vuol dire che assume
un valore "negativo"; se invece è superiore, esso acquista
un valore "positivo" (il contrario dicesi ovviamente per qualche
fenomeno come la disoccupazione).
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