Il De Giorgi (1),
sempre preciso, afferma di averlo visitato il lo settembre del 1879,
riportandone un'impressione straordinaria. Prima d'allora, nessuno s'era
accorto di questo caratteristico documento architettonico che il Maggiulli
(2), nel 1910, definirà "il più grandioso, bello
ed importante ipogeo della Terra d'Otranto all'alba della nostra civiltà,
cioè quella del Ferro" ed anche "un importante, se
non il più importante, ipogeo arcaico della Terra d'Otranto,
e non un'umile e prosaica cisterna", confermando, con un argomentare
serrato pur nella sinteticità del discorso, le ipotesi e le deduzioni
del De Giorgi. Fino a quegli anni, tuttavia, data la consuetudine naturalmente
instauratasi, a memoria d'uomo, di ospitare le acque piovane e dato,
allora, anche l'uso conseguente, l'invaso di Vitigliano, scavato nella
roccia e ricoperto da pesanti lastroni di pietra, era stato chiamato
Cisternale e così ancora, malgrado le osservazioni sia del De
Giorgi che del Maggiulli, è denominato.
Dunque, stando alle osservazioni non prive di acume e di suggestività
dei due studiosi, il Cisternale di Vitigliano, a circa duecento metri
dall'abitato, in zona ubertosissima, fu un'antica tomba d'epoca incerta.
Ed importerebbe stabilire anche, agli effetti di una corretta ed esauriente
lettura della costruzione, se "magnatizia", come asserì
il De Giorgi, forse colpito dall'ampiezza della cavità e dalla
maestosità dell'insieme, o no. Allo stesso De Giorgi non sfuggì,
con fervido intuito, un probabile rapporto con la più nota Centopietre
di Patù, la quale, rispetto al monumento vitiglianese, scavato
nella roccia, ha, tra le altre, la differenza d'essere costruito alla
superficie del suolo. La struttura, tutto sommato, può essere
quella, sebbene, in rapporto alla destinazione ed anche alla struttura,
nonché all'epoca, il Prandi (3) affermi che si tratta di "un
confronto non ammissibile" dato che il Cisternale "è
poi chiaramente una cisterna (lo rivela lo spesso intonaco impermeabile
di coccio pesto) di epoca romana: infatti, oltre alla tipica impermeabilizzazione,
tutte le misure, con palmare evidenza, sono riferibili al piede romano".
Il Bernardini (4), dal canto suo, pur limitandosi a descrivere molto
sommariamente il monumento, mostra di propendere per la destinazione
funeraria e per un' epoca incerta di costruzione, dato che lo cita insieme
con altri monumenti funerari, o supposti tali, e con la stessa Centopietre.
Certo è che i caratteri di solidità, nei due monumenti,
sono uguali, caratteri, peraltro, che si riscontrano anche in altri
ipogei messi in luce in provincia di Lecce, ed anche in altre zone di
largo interesse archeologico, e studiati esaurientemente. Caratteri
i quali, d'altra parte, offrirono al Maggiulli l'occasione per ripercorrere,
molto rapidamente comunque, la teoria, abbastanza suggestiva, sulla
inumazione dei defunti in epoca preistorica e protostorica.
Infatti, secondo le credenze della gente di quelle epoche, i defunti
tentavano, mediante l'altro se stesso, ancorché incorporeo, di
tornare sulla terra, eventualità che però doveva essere
tenacemente contrastata inumando i defunti in tombe vaste, fornite di
cibo e di oggetti d'uso quotidiano, dalle quali, per la loro solidità,
fosse difficile uscire per tornare alla luce dei viventi. Tombe come
case, allora, nelle quali il defunto si sentisse a suo agio e non dovesse,
di conseguenza, aspirare a tornare sulla terra per turbare la tranquillità
dei superstiti. Nascono, allora, da questa teoria le ipotesi, a lungo
vagliate, sulla graduale evoluzione del l'architettura funeraria dai
tempi arcaici a quelli storici. E' tutto un processo di civiltà
architettonica che emerge dall'ideologia della morte, forse la più
pregnante in tutte le epoche e sotto tutte le latitudini, l'ideologia
che più d'ogni altra ha determinato, nei millenni, il rincorrersi
dei cicli storici e l'evoluzione del pensiero.
D'altro canto, è sempre il Maggiulli a rilevarlo, anche in Francia
esistono esempi di tombe "che, come nel Cisternale, hanno il tetto
formato da enormi lastroni lapidei sorretti pure da pilastri centrali,
su per giù uguali ed aventi lo stesso scopo di quelli del nostro
ipogeo. Basta, per persuadersene, ricordare infatti il grandioso dolmen
di Bagueux, presso Semur, avente la stessa particolarità dei
pilastri centrali". Ma non è proprio necessario andare in
Francia per trovare monumenti del genere, i quali filologicamente richiamino
il Cisternale di Vitigliano. Basta fare riferimento, in questo caso,
a proposito di costruzioni megalitiche, alla maestosa Cripta dell'Annunziata
di Erchie e ai due monumenti (5) di Uggiano La Chiesa e Muro Leccese.
D'altronde, anche il famoso "santuario primitivo" del Monte
Ocha, nell'Eubea, presenta caratteri comuni sia con la Centopietre,
che con il Cisternale. Comunque, non possono essere i paragoni a stabilire
una linea di lettura efficace per il monumento vitiglianese. Ogni linea
di lettura deve tener conto della civiltà fiorita nella regione
e del grado di evoluzione, ricavabile da altri documenti, di quella
civiltà.
Ipogeo, dunque, il Cisternale, "d'epoca certamente premessapica",
ipotizza il Maggiulli, "della più alta importanza archeologica,
rappresentando l'anello di transizione tra la tomba a dolmen e quella
a fossa".
Il Cisternale risulta tutto scavato nel calcare sabbioso e le pareti
dello scavo, intonacate, scendono obliquamente in maniera da dar l'impressione
di una tramoggia rovesciata. In superficie queste pareti sono di 12,45
metri di lunghezza e 3,18 di larghezza; a 70 cm. dalla base, invece,
la lunghezza è di 13,20 metri e la larghezza è, a sua
volta di 3,95 metri. La profondità non può essere misurata
a causa delle pietre cadute nel fondo, ma molto probabilmente essa non
deve superare i 3,20 metri.
All'origine questo ipogeo era coperto da 36 lastroni monolitici su due
file i quali, però, per essere sorretti poggiavano, lungo la
parte longitudinale del monumento, su quattro colonne, prive, peraltro,
di basamento e terminanti alla superficie con rudimentali capitelli,
a forma di piramide rovesciata.
I lastroni che ricoprono l'ipogeo hanno misure variabili da 1,94 a 2,60
metri di lunghezza e da m. 1 a cm. 50 di larghezza. Lo spessore di questi
lastroni varia da 35 a 40 cm. ed essi sono tutti diligentemente squadrati.
Al tempo dei Maggiulli, di questi lastroni solo sedici restavano al
loro posto, gli altri, invece, spezzati, giacevano, e giacciono, sul
fondo dell'invaso. Al tempo del De Giorgi, invece i lastroni al loro
posto erano diciannove. Rilevando l'assenza di una scala che portasse
al fondo, il Maggiulli, notò, nell'angolo sud-ovest della bocca,
scavato nella roccia, un gradino, particolare, che, sfuggito al De Giorgi,
lasciò costui nel dubbio sulla reale destinazione del monumento.
Poteva, comunque, questo solo particolare, strutturalmente nemmeno databile,
mettere il Maggiulli, tuttavia forte di una sua lunga consuetudine con
documenti del genere, in condizione tale da dissipare ogni dubbio?
Tomba o cisterna per la raccolta delle acque piovane il Cisternale?
Sia il De Giorgi che il Maggiulli esclusero che tanto impegno fisico
per allestire la costruzione potesse essere speso per uno scopo che
ben si poteva conseguire con minore dispendio di energie umane. Oltre
tutto, il De Giorgi, rilevò che l'assenza di una scala è
comune ad altri invasi destinati ad accogliere acque piovane, ma tale
osservazione va a danno della sua teoria che vuole il Cisternale come
tomba, e d'altra parte, l'intonaco, necessario per non lasciar disperdere
le acque piovane nel sottosuolo, è presente, rileva il Maggiulli,
anche in altri ipogei, nei quali l'intonaco, allestito a fascie con
colori diversi, assume funzione decorativa per rendere più accogliente
la sepoltura. Quell'intonaco che ha convinto il Prandi sulla vera datazione
e destinazione del Cisternale.
Certo è, comunque, che l'auspicio del De Giorgi e del Maggiulli
non ha ancora trovato ascolto presso gli studiosi ed il Cisternale di
Vitigliano attende ancora chi lo studi con serena competenza.
NOTE
1) - C. DE GIORGI, La provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio. Lecce,
Ed. G. Spacciante, 1888, voi. li, pagg. 24 - 27 . D. DE ROSSI in Il
Salento dalla speleologia neolitica alla criptografia bizantina a pag.
89 afferma che il Ciaternale di Vitigliano fu scoperto dal Maggiulli
nel 1909.
2) - P. MAGGIULLI, II Ciaternale di Vitigliano, in Apulia, I, p. 251
e sgg.
3) - A PRANDI, Monumenti salentini inediti o mai noti. I - Le "Centopietre,,
di Patù. Estratto da "Palladio" Rivista di Storia dell'Architettura.
N. 1-11 -Gennaio -Giugno 1961.
4) - M. BERNARDINI, Panorama archeologico dell'estremo Salento. Bari,
Adriatica Editrice, 1955, p. 30.
5) - I due monumenti sono attualmente scomparsi. Il Prandi li cita riprendendo
due disegni eseguiti dal Maggiulli.
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