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Luminose geometrie
È indubbio che questo artista abbia sentito fortemente il
fascino del Primo (Marinetti, Balla, Carrà, Boccioni...)
e poi del Secondo Futurismo (lultimo esponente, laeropittore
Mino Delle Site, è scomparso solo qualche anno fa). Ma il
suo percorso creativo non si è fermato a quella corrente,
che pure rappresentò il momento di più alta visibilità
dellarte italiana del Ventesimo secolo. Come dimostra lantologica
tenuta al Vittoriano allinizio dellanno (circa mezzo
secolo di attività, documentato dalle opere sfuggite a due
furti consecutivi), e come lo stesso autore ha voluto precisare
in catalogo, cè una netta distinzione tra i contenuti
pittorici del cubismo e del futurismo, e quelli delle opere piacentiniane:
sostanzialmente, il cubismo coinvolge la composizione geometrica,
con le angolature che hanno più punti di osservazione, più
direttrici di proiezione, tantè che finisce per sfociare
nellastrattismo (Picasso e altri); nel futurismo cè,
senzaltro, la scomposizione, però sostiene Piacentini
«la geometrizzazione è diversa, ed era sottoposta
alle regole del dinamismo e della simultaneità del colore».
Allopposto, questo artista ha realizzato una cospicua evoluzione,
rappresentando nelle sue tele una gamma tonale nella quale la scomposizione
della luce diventa protagonista, fino a farsi quasi scala musicale,
ondularità ritmica, concerto. Non a caso alcune opere (tra
le ultime, quasi tutte nate nellatelier di Milano) le ha create
ascoltando Mozart.
Litinerario di questo schivo e coltissimo pittore è
trasparente: per una decina danni anche scenografo teatrale,
e in parte cinematografico; per cinque o sei anni formale e quasi
astratto; infine, dopo la lunga esperienza della scomposizione della
luce, lapprodo quasi naturale sulla riva surreale, con picchi
di affabulazione kafkiana.
E qui è il superamento di ogni epigono futurista (del Primo
o Secondo Futurismo, poco importa), i cui esponenti sono consacrati
nella memoria storica dellarte italiana ed europea. Piacentini
chiude la traiettoria, apre la crisi (nel senso etimologico del
termine: passaggio, transito verso...) e propone il suo
nuovo discorso, lontano da scuole, etichette e salotti, e per questo
probabilmente ancora oggi intrigante e ricco di fermenti, come nei
giorni in cui gli artisti emergevano dagli atelier, dagli studi,
dalle mansarde, insomma dai rifugi singolari e splendidamente romantici
di via Margutta, e dalle gallerie che gravitavano fra via del Babuino
e Piazza di Spagna.
Ha preannunciato qualcosa, Piacentini: una cartella sul Vittoriano,
a patto che gli diano del materiale inedito. Sarà, allora,
un momento di verifica sulla nuova tendenza della sua arte. Perché
questo artista non sembra conoscere punti darrivo, ma solo
momenti di snodo, e ulteriori scatti che lo portino oltre, senza
sosta.
Ecco: è il dinamismo che gli è rimasto dentro, antropologicamente
sincero, artisticamente come fondale, anche se ormai appena percettibile
sulle scale cromatiche del suo pentagramma pittorico. Dei suoi colori
come oniriche variazioni musicali. Delle sue favole mozartiane trasposte
sulle tele di ninfe e di lune, di rocce e di castelli. Di sogni
di luce.
aldo bello
La più antica
mappa dellOccidente
La passata estate salentina è stata animata, oltre che dalla
taranta, anche dal clamore suscitato dallesposizione al pubblico
di un prezioso reperto archeologico individuato nellagosto
2003 dalla missione dello studioso Thierry van Compernolle, delluniversità
Paul Valéry di Montpellier.
È un piccolo pezzo di ceramica verniciata di nero, di circa
5,9 cm di lunghezza e 2,8 cm. di larghezza. Si è trattato
della prima uscita del reperto dagli ambiti strettamente accademici.
A Soleto, prima, e poi a Taranto, è stato possibile ammirare
il frammento ceramico, contenente in maniera piuttosto evidente
il profilo della costa salentina. Lostrakon era parte di un
vaso: quando fu usato era già un frammento, su cui vennero
tracciate prima la linea ad individuazione del Salento e poi i puntini
a segnalazione dei centri messapici. Secondo gli studiosi, sullostrakon
si può notare lintervento di più mani perché
la grafia non è uniforme. Cronologicamente, bisogna risalire
alla fine del V secolo a.C. Si tratterebbe quindi di una tra le
più antiche carte geografiche del mondo.
Van Compernolle è presenza nota nel Salento: è da
più di quindici anni, infatti, che compie scavi in quel di
Soleto. Ha portato alla luce una straordinaria ricchezza di reperti.
La mappa, rinvenuta materialmente da Mario Antonio Piscopo e Luigi
Resta, era in un fondo rustico denominato Fontanelle,
allinterno di un grande edificio messapico. I tredici toponimi
segnati sulla mappa indicano alcuni centri di cui si è riusciti
ad identificare la corrispondenza con i paesi attuali, altri invece
sono di più incerta identificazione.
Lo studio è stato compiuto da Carlo De Simone. Egli ha potuto
individuare rappresentate sullostrakon la città di
Tàras (Taranto), quella di Hydr(ous) (Otranto), Bas (indicante
il centro messapico di Vaste), Ozan (Ugento), Nar (forse Nardò),
Bal (Alezio), Sol (Soleto). Le incertezze riguardano i toponimi
Graxa (Gallipoli?, Porto Cesareo?), Stu (Sternatia?), Lios (Leuca?),
Mios (Muro Leccese?), Phil (Roca Vecchia?), Lik (Castro?).
Lostrakon continua ad essere studiato per esplorarlo in tutti
gli aspetti. Si vuole scoprire, ad esempio, quali siano stati gli
strumenti usati per la scrittura del documento, ovvero quale fabbrica
abbia prodotto il vaso, di cui lostrakon è parte.
Il sindaco di Soleto, Elio Serra, si sta battendo perché
i numerosi reperti rinvenuti a Soleto, fra cui lostrakon,
possano essere ospitati in unidonea struttura da erigersi
nel paese della Grecìa salentina. Questa esposizione permanente
dei tesori tirati fuori dalle campagne di Soleto potrebbe diventare
a suo giudizio un catalizzatore di flussi turistici,
e quindi un generatore di economia, conformemente ad un intento
da più parti dichiarato di cercare di delocalizzare e destagionalizzare
il turismo nel Salento, in modo che anche i paesi dellinterno,
e non soltanto quelli prospicienti la costa, se ne possano avvantaggiare.
Per tutelare e valorizzare pienamente la zona archeologica, il Comune
ha voluto dare a van Compernolle lincarico di redigere la
mappa archeologica del territorio, da utilizzare nella redazione
del Piano Urbanistico Generale. È sicuramente unottima
idea, che costituisce unimportante premessa per recuperare
porzioni didentità perduta ad un Salento dalla storia
antichissima e non pienamente conosciuta.
salvatore masciullo
Unesperienza
molto speciale
Ho sempre considerato la parola esperienza una parola
onnicomprensiva: per me, un incidente dauto, il conferimento
di un dottorato, lincontro con una persona interessante, la
frattura dun braccio e così via (ma potrei continuare
allinfinito) sono tutte esperienze valide. Però, col
passare degli anni, dato il continuo accumulo di esperienze dogni
tipo, si è fatta insistente la voglia di unultima esperienza,
diversa, molto più originale delle precedenti.
Avrei voluto finire in bellezza, grazie ad unesperienza il
cui significato non fosse corrente. Unesperienza speciale,
addirittura colma di risonanze storiche, filosofiche, culturali
in genere. Sono o non sono un prof.? Doveva essere unesperienza
capace di farmi pensare a Cristo come a Maometto, a civiltà
famose, a usi e costumi remoti; dalligiene personale alla
religione, così via unaltra volta.
Volevo unesperienza che mi mancava. Non era facile. In vita
mia avevo letto particolarmente testi antichi, le cui storie mi
avevano quasi fisicamente portato in mezzo a gente insolita e, nella
fattispecie, anche barbara o quanto meno distante storicamente dal
mio tipo di civiltà. Era proprio questa stranezza di esperienza
che andavo cercando. Terre e popolazioni da scoprire erano ormai
accantonate tra le avventure giovanili; niente, a me interessava
il nuovo, lattuale, limpensato, il mai capitato prima
fino ad oggi.
Forse latteggiamento era strano; veniva dal profondo, senza
capire che lesperienza globale della vita stessa, alla fine,
non riesce più a trovare esperienze nuove mi riferisco
ai casi miei che non siano già state fatte.
Per spiegare questa mia assurda sete del nuovo, del mai fino
ad ora, sono costretto a ricordare quella volta che ad un
chirurgo il quale mi minacciava la comparsa di seni femminili, ove
io mi fossi ostinato a preferire una medicina allintervento,
dissi: «Meglio, è unesperienza che non conosco».
Ammetto di essere stato egoista, esigente in materia di novità,
ma in un mondo nel quale lesperienza, purché nuova,
tende al mostruoso, mi dichiaro non colpevole.
Il problema, tuttavia, rimane il solito: fare o essere costretto
a fare unesperienza mai fatta. Possibile non esistesse uneventualità
del genere? Per me, era come se fossi morto, dato che fintanto che
compi esperienze mai fatte vuol dire che sei vivo.
Limprevedibile in ogni caso era più raro assai del
prevedibile, cosicché la ricerca, col passare del tempo,
divenne sempre più ardua e difficile.
Continuai tuttavia a desiderare che mi accadesse qualcosa che sapesse
di cultura e di vita reale al tempo stesso: un accadimento nientaffatto
banale, bensì pieno di significati, di reminiscenze; insomma,
doveva essere una sorpresa, sorprendente a più non posso,
inattesa più che originale.
E finalmente il caso arrivò, e per la mia sensibilità
fu addirittura micidiale; una scossa inattesa, non priva duna
certa timidezza da neofita... Voi mi conoscete: cosa mai può
accadere a un tipo che ha girato il mondo, inseguendo sempre esperienze
mai fatte prima?
Eppure non perdevo fiducia che qualcosa di speciale, alla fine,
dovesse succedermi, sperando sempre che si trattasse di un ulteriore
segno di distinzione acquisita. E il destino mi venne incontro...
Non so se devo descrivere di cosa si tratta, poiché largomento
non è delicato, ma lesperienza originale, non essendo
io ebreo, né arabo, fu qualcosa ho trovato la parola
adatta di piuttosto straordinario. Pensateci, da quel momento,
il primo gennaio sarebbe stato per me un giorno di doppia festa,
se mi hanno spiegato bene la storia sacra, e anche quella civile.
Pensateci, si sarebbe trattato non più di un caso, bensì
di una consuetudine soprattutto socio-religiosa, della quale avevo
letto nei testi sacri. Insomma, unesperienza coi fiocchi.
Quel chirurgo, mortificato dal citato rifiuto molti anni indietro,
tornò al medicale assalto e fu una specie di vendetta certamente
non sua, ma della mia insistente, incontentabile voglia di nuovo,
ripeto, del mai accaduto prima.
Daltra parte, la vera esperienza può arrivare addosso
come un castigo e io, cari amici, la mia pedagogica paura me la
presi tutta, proprio tutta!
Bene, volete proprio togliervi la curiosità? Premesse tutte
le scuse possibili circa largomento, la storia della mia ultima,
inimmaginabile esperienza può concludersi come segue. Una
voce perentoria mi dice allimprovviso: «Professore,
non scherziamo, lei deve assolutamente essere circonciso!».
A quel punto, esperienze del cavolo o no, fui lì per lì
per svenire. Ragion per cui, mai più disserterò su
concetti empirici. Basta così.
florio santini
Una voce di dentro
A volte ritornano. Parliamo dei sentimenti primi e universali che
vanno oltre la comunicazione criptica dei gruppi di potere e il
fascino untuoso delle icone della modernità. È il
fuori stanza che ritorna con Rocco Emanuele Grippa (Racconti
di vita, Edizioni del Grifo, Lecce, 2005), anche se resta arduo
dare umanità ad una globalizzazione che governa il mondo
con il metro esclusivo dellefficienza meccanicistica.
Grippa fa le pulci alla mappa delle stravaganze, dando voce ad un
avvertito bisogno corale: il ritorno alle virtù dimenticate,
quelle semplici e agresti delluomo dialogante con luomo
e con la natura, non contaminato dalla seduzione istrionica e crudele
della macchina. Lincontro con i suoi racconti è una
ventata daria fresca, fa riflettere su un passato che stenta
a tornare, regolato dalla magia delle stagioni, dai profumi, dai
desideri e dai misteri dei luoghi, dalla regia delle tradizioni
che assicurano memoria alle radici.
I personaggi parlano il linguaggio della disarticolazione dellanima
e di riflesso sollecitano ricordi di valori desueti: il rispetto
del prossimo, lumiltà dellascolto, limportanza
del dubbio nelle certezze personali, la puntigliosa ricerca del
vero oltre la superficiale adesione al verosimile funzionale. Dunque,
un momento alto di riflessione per il popolo dei fax, di Internet,
delle e-mail; per i giovani in corsa senza sentieri.
Grippa offre un quadro vero e amaro di una società schizzoide
dove sempre più spesso «colui che ha larte non
ha la parte che gli spetta». Con gravi crisi emotive che colpiscono
la sfera affettiva e sociale. Le coppie si organizzano e si armano
per praticare una concorrenza spietata tra lobbies parallele, in
virtù di credenze effimere improntate alla conquista del
primato giornaliero del benessere economico che definisce il perimetro
dellidentità intesa come fonte di esclusione più
che di inclusione. Di conseguenza, la transizione permanente imposta
dalla modernità può registrare cambiamenti nellideologia
e nella politica, ma non nella psicologia di base. Non è
casuale che cronaca e letteratura ci raccontino scandali di arrampicatori
sociali, storie ordinarie di vampirismo metropolitano in cui è
assente ogni forma di dialogo, di generosità, altruismo,
dedizione, rinuncia.
Grippa dà voce allincomunicabilità, alla vulnerabilità
dei gentiltopi, ai traumi silenti di un mondo devastato dal culto
pagano del consumismo competitivo che vuole generali senza soldati.
Non recita sermoni, ma avverte il disagio del malessere sociale.
Nelle sue grida di dolore cè il desiderio di vedere
crollare il cielo della fiction comedy, la speranza di veder luomo
in rivolta contro se stesso, in cerca dellumanità perduta.
È lottimismo di chi vede e si ribella. Racconti e personaggi
non sono scelti a caso. Si legano in un disegno unitario di denuncia
delle tossine della modernità attraverso un attento dosaggio
di passioni e stati danimo. Si avverte un entroterra autobiografico
che non priva i singoli episodi di un sicuro spessore letterario,
soprattutto quando la denuncia colpisce il delirio del potere e
larroganza delle piccole eccellenze.
È un messaggio drammatico offerto da Grippa sottovoce, con
ironia. Una metafora dellIo azzoppato, con nostalgia per larmonia
dellIo antico, non deformato dalle adulazioni dei network
e dalle apprensioni del catering domestico.
Può sembrare a prima vista un almanacco della sofferta umanità
levantina, la denuncia conservatrice di chi si rintana nei fobici
pregiudizi delle aree depresse. Colpisce invece labilità
di un giovane nel lavorare per sintesi sul corredo delluomo,
creando immagini dalleffetto immediato in cui più dello
Strapaese di DAnnunzio si avverte luniversalità
di Pirandello, uno scrittore che Grippa confessa apertamente di
amare.
È lopera prima di un barese, di un levantino allergico
al ruolo del chierico muto, anche se obbligato per legge di sopravvivenza
a percorrere i sentieri impervi e frustranti della competizione
quotidiana. Dunque una voce di dentro, un trasloco dallesperienza
alla carta. Il calvario ha trovato un suo eroe, un cavaliere bianco
in lotta contro lera glaciale dei robot.
In casi come questo si formulano auguri rituali per un successo
letterario e personale. A noi preme augurare a Grippa di non perdere
mai il coraggio della denuncia, di restare alternativo salvaguardando
il dono prezioso dellautenticità. Prendendo le distanze
dalle tentazioni dello smart set letterario, dai giochi
di corte praticati per ragioni di mercato.
Meglio affidarsi sempre ad una genuina fonte zampillante.
Come quella della sua leggiadra Sofia.
claudio alemanno
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