La
Puglia si configura oggi come una delle regioni meridionali a più
elevato livello di industrializzazione, ad una distanza tuttavia ancora
notevole dalle regioni del Centro-Nord. Tale livello è stato
raggiunto a seguito dello sviluppo che il settore industriale ha sperimentato
soprattutto nel periodo tra il 1961 e il 1974. Fondamentale, al riguardo,
è stato il contributo alla crescita del prodotto e dell'occupazione
dato dalle nuove iniziative, di dimensione grande e medio-grande, spesso
facenti capo a gruppi pubblici e ad imprese private non meridionali
e operanti in settori ad elevata produttività: l'industria siderurgica
e quella chimica, principalmente, ma anche l'industria meccanica e dei
mezzi di trasporto. Modesto, se non addirittura negativo, come nel caso
dell'industria dell'abbigliamento, è stato invece, nel suddetto
quindicennio, il contributo dei settori tradizionali.
Dopo il 1974, gli effetti negativi del generale rallentamento dell'economia
nazionale e delle nuove caratteristiche settoriali della crescita industriale
del Paese si sono manifestati con particolare intensità in Puglia:
il prodotto e la produttività (prodotto per occupato) sono aumentati
meno che nel resto del Paese, gli investimenti hanno subito una flessione
più marcata e solo l'occupazione ha registrato, fino al 1981,
un andamento positivo, con un incremento superiore, in termini relativi,
a quello dell'insieme delle regioni meridionali.
Se si escludono però i settori trasformatori di materie prime
d'importazione (prodotti energetici, siderurgia e chimica), che rappresentano
il 20% dell'occupazione e il 25,6% del prodotto industriale regionale,
l'andamento dell'industria in Puglia risulta migliore che nel resto
del Paese: il prodotto delle restanti branche è cresciuto, infatti,
complessivamente del 4,0% contro il 2,9% del Centro-Nord, la produttività
in egual misura nelle due aree (3,2%), l'occupazione ha segnato un incremento
dello 0,8% a fronte di una riduzione dello 0,2 nel Centro-Nord, e gli
investimenti, in riduzione nel Mezzogiorno e stazionari nel Centro-Nord,
hanno registrato, nella media del periodo 1975-82, un aumento di circa
il 10%.
L'evoluzione sopra descritta ha portato ad un mutamento rilevante nelle
componenti della crescita industriale della regione: ai settori della
siderurgia e della chimica, che, tra il 1971 e il 1974, avevano contribuito
per il 66% all'incremento del prodotto industriale complessivo, si sostituiscono
i settori della meccanica e del l'abbigliamento, ai quali si deve il
60% della crescita registrata tra il 1974 e il 1981. Particolarmente
forte (10% in media all'anno) èstato l'aumento del prodotto nell'industria
meccanica, il cui sviluppo, già elevato prima del 1974, è
venuto intensificandosi negli ultimi anni, a fronte del generale rallentamento
che tale attività ha conosciuto nel resto del Paese. Nel caso
dell'industria dell'abbigliamento, la ripresa produttiva sperimentata
da questo settore a livello nazionale è risultata particolarmente
sensibile in Puglia, dove si era registrata, prima del 1974, una riduzione
del prodotto.
I settori trasformatori di materie prime d'importazione, che con il
loro andamento produttivo (prodotto in diminuzione per i prodotti energetici
e la chimica, e in modesto aumento per la siderurgia) hanno influito
negativamente sulla crescita del prodotto industriale regionale, e hanno
dato, invece, un contributo positivo all'aumento dell'occupazione anche
dopo il 1974. Il loro apporto è stato pari a 8.200 unità,
di cui 7.100 nella siderurgia, settore nel quale hanno continuato a
manifestarsi gli effetti degli ampliamenti di capacità avviati
prima del 1974; è da rilevare però che negli ultimi anni
l'occupazione in questo settore ha cominciato a flettere. Una forte
crescita dei posti di lavoro (6.300 unità) si è avuta
nell'industria meccanica - tanto più significativa se rapportata
alla base di riferimento costituita da 14.700 occupati ai 1974 - mentre
relativamente modesto è stato il contributo dell'industria dell'abbigliamento,
con un aumento di occupazione di 2.400 unità.
Complessivamente, l'occupazione industriale in Puglia è aumentata
di più che nel Mezzogiorno e ciò, in concomitanza con
una crescita produttiva relativamente modesta, ha portato, come già
ricordato, ad un incremento del prodotto per occupato inferiore a quello
registrato nel resto del Paese, come effetto di una riduzione della
produttività nei settori trasformatori di materie prime - nei
quali gli andamenti del prodotto e dell'occupazione sopra rilevati sono
risultati particolarmente accentuati - e di un aumento, di intensità
pari a quello rilevato nel Centro-Nord, nelle altre branche industriali.
Forti incrementi di produttività si sono avuti nei settori nei
quali più intensa è stata la crescita del prodotto, e
cioè l'industria meccanica e dei mezzi di trasporto e l'industria
del l'abbigliamento: a differenza dei primi due settori, in cui il prodotto
per occupato ha raggiunto o superato al 1981 il livello del CentroNord,
nell'industria del l'abbigliamento - caratterizzata dalla presenza al
suo interno di comparti produttivi molto diversi per struttura dimensionale,
modalità di inserimento nel mercato e tecniche produttive e organizzative
- la produttività, pur segnando un recupero rispetto al 1974,
rimane inferiore del 40% a quella dell'industria dell'abbigliamento
localizzata nel Centro-Nord. Nell'insieme dei settori manifatturieri,
esclusa siderurgia e chimica, il divario con il Centro-Nord èleggermente
diminuito, passando dal 30% nel 1974 al 28% nel 1981.
La vitalità di alcune componenti del sistema pugliese è
messa in evidenza dai dati del Repertorio lasm-Cesan, dai quali risulta
che la creazione di nuove iniziative industriali di dimensione superiore
ai 10 addetti, è stata significativa anche dopo il 1974 e, pur
dando luogo ad aumenti di occupazione notevolmente più contenuti
che nel passato, ha rappresentato tra il 1981 e il 1984 una quota elevata,
pari al 33% del totale degli addetti relativi agli impianti manifatturieri
costruiti in tali anni nel Mezzogiorno. Rispetto al periodo 1975-1980,
caratterizzato dalla prevalenza di iniziative di piccola dimensione
(10-99 addetti), dovute ad imprenditori meridionali e operanti nei settori
dell'abbigliamento e della meccanica, si rileva che negli anni successivi
la creazione di nuova occupazione è dovuto essenzialmente a due
iniziative, una con più di 1.000 addetti nel settore dei mezzi
di trasporto, facente capo alle Partecipazioni Statali, e un'altra tra
500 e 1.000 addetti, per la produzione di calzature, dovuta ad un imprenditore
meridionale.
Dall'andamento degli investimenti fissi lordi - che, come noto, si riferiscono
sia alla creazione di nuove iniziative che, e soprattutto, alla ristrutturazione,
ammodernamento e ampliamento di iniziative preesistenti - risalta l'espansione
dell'industria meccanica e della corta e la ripresa; negli ultimi anni,
degli investimenti nell'industria dei mezzi di trasporto. E' da rilevare
al riguardo che la Puglia è l'unica regione del Mezzogiorno in
cui nella media del periodo 1975-1982 gli investimenti manifatturieri,
esclusi quelli nella metallurgia e nella chimica, hanno superato i livelli
medi dei primi anni '70. La positiva evoluzione di questi settori, tuttavia,
non è stata in grado di compensare le flessioni registrate nei
settori trasformatori di materie prime che peraltro avevano registrato
nel periodo 1970-74 livelli di investimento eccezionalmente elevati:
di conseguenza, la riduzione degli investimenti complessivi è
stata in Puglia più forte che nel resto del Paese.
In sintesi, le componenti fondamentali del sistema industriale pugliese
possono essere individuate: nei settori in via di ristrutturazione (siderurgia
e chimica) il cui peso, pur ridimensionato rispetto all'inizio degli
anni '70, è nella regione particolarmente rilevante; nei settori
in espansione, caratterizzati da sviluppi intensi e continui (industria
meccanica e dei mezzi di trasporto), che rappresentano ancora una quota
modesta del prodotto e dell'occupazione industriale regionale; nei settori
in crescita, costituiti essenzialmente dall'industria dell'abbigliamento,
attività nettamente prevalente nella struttura industriale pugliese
e molto differenziata al suo interno.
Fino al 1981, la risultante del diverso andamento di queste componenti
ha portato ad una crescita del prodotto del settore industriale pugliese,
come si è visto, minore rispetto a quella del Mezzogiorno e del
Centro-Nord; successivamente, per lo meno fino al 1984, anno per il
quale si dispone di una prima valutazione provvisoria, il prodotto dell'industria
in senso stretto, invece, sarebbe cresciuto in Puglia dell'1,5% in media
all'anno, a fronte di un aumento dello 0,80 nel Mezzogiorno e di una
riduzione dello 0,8% nel Centro-Nord.
Al positivo andamento del prodotto non avrebbe però corrisposto
un aumento del l'occupazione: esso sarebbe diminuita in media, tra 1(
1981 e il 1984, di 3.000 unità all'anno (5.000 se si considera
anche l'aumento degli interventi della Cassa integrazione guadagni).
Tale riduzione, che segna la fine di una fase di forte crescita dell'occupazione
industriale regionale, va peraltro inquadrata nella tendenza, emersa
già da alcuni anni e progressivamente estesasi sia a livello
settoriale che territoriale, al perseguimento di più elevati
livelli di produttività attraverso il contenimento nel l'utilizzazione
del fattore lavoro.
Le caratteristiche dimensionali e produttive del settori che hanno dato
il maggior contributo allo sviluppo industriale della regione fino alla
prima crisi energetica hanno fortemente condizionato la sua distribuzione
sul territorio, determinando differenze rilevanti nei livelli di industrializzazione
delle diverse province. Nel 1971 al primo posto si collocava la provincia
di Taranto con un tasso di industrializzazione elevato (83 occupati
per 1.000 abitanti), seguita a notevole distanza da Bari; l'ultimo posto
era occupato dalla provincia di Lecce, con un livello di industrializzazione
pari a poco più di un terzo di quello della provincia di Taranto.
Lo sviluppo industriale che ha avuto luogo nella regione dopo il 1974,
da una parte, ha confermato la posizione di preminenza della provincia
di Taranto, rafforzata dalla crescita dell'industria meccanica, dall'altra
ha favorito un consistente aumento dell'occupazione industriale nella
provincia di Lecce, dove si sono localizzati, tra l'altro, tre nuovi
impianti di dimensione medio-grande per la produzione di calzature.
Tale crescita le ha consentito di conseguire, al 1981, un livello di
industrializzazione superiore a quello della provincia di Foggia, che
la precedeva nella graduatoria provinciale e che occupa ora l'ultimo
posto. è da rilevare, peraltro, che in questa provincia, come
anche in quella di Brindisi, colpita dalla crisi dell'industria chimica,
si sono avuti negli ultimi anni segni di miglioramento, in relazione
all'insediamento di due impianti operanti nel settore del mezzi di trasporto.
Consistenza
e caratteristiche strutturali del sistema industriale pugliese
Caratteristiche
generali
In Puglia, il settore dell'industria in senso stretto, con un valore
aggiunto di 5.538 miliardi di lire a prezzi 1984 al 1981 (1), fornisce
il 21% del prodotto regionale, e rappresenta il secondo settore dopo
quello dei servizi. Minore è invece il contributo all'occupazione
regionale, pari al 18,5% del totale: rispetto ai 239.000 posti di
lavoro esistenti al 1981 nel settore industriale, ne risultano 559.000
nei servizi e 377.000 nel settore agricolo (Tab.1); su mille abitanti
residenti nella regione, 62 lavorano nel settore industriale. Quest'ultimo
indicatore pone la Puglia tra le regioni del Mezzogiorno a più
elevato livello di industrializzazione, ma a una distanza ancora notevole
dalle regioni del Centro-Nord, dove si hanno in media 128 occupati
nell'industria per mille abitanti.
Oltre che per una consistenza ancora modesta, il settore industriale
si caratterizza, mediamente, per la sua bassa produttività:
il prodotto per occupato, infatti, risulta nella media del triennio
1980-1982 pari al 73% di quello rilevabile nell'insieme delle regioni
centro-settentrionali. Differenze consistenti rispetto all'industria
del Centro-Nord si osservano anche sotto il profilo della distribuzione
dell'occupazione per dimensione delle unità produttive, come
risulta dai dati del censimento industriale del 1981, espressi in
percentuale e riportati nel seguente prospetto:
L'industria pugliese
presenta, infatti, in misura ancor più accentuata di quella
rilevabile per il Mezzogiorno nel suo complesso, una incidenza degli
addetti nelle unità di piccolissima dimensione (1-9) e in quelle
di grande dimensione (500 e oltre) sensibilmente più elevata
che nel Centro-Nord. Queste due componenti insieme rappresentano il
55,5% degli addetti industriali in Puglia, mentre nel Centro-Nord
sono le industrie di piccola e media dimensione (tra 10 e 499 addetti)
quelle che danno il maggior contributo all'occupazione industriale
dell'area (59,6%).
La rilevanza delle industrie di grande dimensione in Puglia deriva
dal notevole apporto dato alla formazione dell'apparato industriale
della regione dalle imprese esterne, soprattutto pubbliche. L'importanza
di questa componente è posta in luce dai dati per tipo di proprietà
degli stabilimenti a fine 1984, desunti dal Repertorio Iasm-Cesan
(Tab. 2), dati che si riferiscono alle unità con oltre 10 addetti
e ad un universo più ristretto, relativamente alle produzioni
industriali ivi considerate (industria manifatturiera) rispetto a
quello su cui l'Istat basa le sue rilevazioni.
Nei limiti della loro significatività, tali dati mostrano infatti
che la presenza di stabilimenti, con oltre 10 addetti, di proprietà
non meridionale in Puglia èmodesta come numero di impianti
(11,3% del totale), ma diviene prevalente (56,6%) se si considerano
gli addetti fissi occupati in tali impianti; sensibile è, infatti,
la differenza nella dimensione media degli stabilimenti tra quelli
di proprietà meridionale (31,8 addetti) e quelli di proprietà
non meridionale (326,3). l'aspetto più rilevante, comunque,
è costituito dalla forte presenza dei gruppi pubblici, ai quali
fa capo il 35% degli addetti qui considerati, e dalla grande dimensione
degli impianti di loro proprietà, pari in media a 646 addetti
per stabilimento.
Struttura settoriale
L'attività nettamente prevalente nella struttura industriale
della regione ècostituita dalle produzioni che fanno parte
dell'industrai dell'abbigliamento in senso lato (prodotti tessili
e dell'abbigliamento, pelli, cuoio e calzature), che nel loro insieme
rappresentano il 20% del prodotto industriale e, con un'occupazione
pari a 77.000 unità, forniscono un terzo dei posti di lavoro
industriali presenti in Puglia (Tab. 3).
Come si rileva dalla seguente Tab. 4, il peso che questa attività
ha nella struttura industriale pugliese è maggiore di quello
che è dato riscontrare nel Mezzogiorno, ma, soprattutto, è
motto più elevato che nel Centro-Nord: rispetto a quest'ultima
area, l'indice di confronto strutturale, riportato nella quarta colonna,
assume il valore di 1,4, il che significa che il peso dell'occupazione
nell'industria dell'abbigliamento in Puglia è superiore del
40% a quello che la stessa attività ha nel sistema industriale
centro-settentrionale. All'importanza che l'industria dell'abbigliamento
pugliese ha nella sua struttura industriale regionale corrisponde,
peraltro, una sua incidenza sull'industria del l'abbigliamento italiana
relativamente modesta (3,6% del prodotto e 5,5% dell'occupazione),
percentuali queste inferiori al peso demografico della regione (6,8%),
indicatore che può essere preso quale termine di confronto.
Il settore è costituito in Puglia soprattutto dalla produzione
di articoli di abbigliamento in serie e su misura e di articoli di
maglieria, che nel loro insieme rappresentano, in base ai dati del
Censimento del 1981, circa il 70% dell'occupazione complessiva del
settore stesso (poco meno del 50% nel Centro-Nord). Tali produzioni
sono svolte prevalentemente in unità di piccola e piccolissima
dimensione, con una forte presenza di lavorazioni su misura.
Una notevole presenza di unità produttive di dimensione media
e medio-grande si ha invece nella produzione di calzature che copre
il 16% dell'occupazione complessiva del settore: in questo comparto,
specializzato nella lavorazione di calzature di gomma e tela, il 47%
degli addetti opera in stabilimenti al di sopra dei 100 addetti (nel
Centro-Nord tale percentuale è pari a circa il 20%) e ben il
24% in stabilimenti tra i 500 e i 1.000 addetti. Altra caratteristica
di questo comporta è l'elevata propensione all'esportazione:
dall'indagine condotta dallo lasm presso le industrie manifatturiere
meridionali con 10 e più addetti (3) riulta che la quota della
produzione del comparto destinata ai mercati esteri è valutabile
per il 1983 intorno al 55%. Per l'insieme dell'industria dell'abbigliamento
pugliese vi è infine da rilevare la forte concentrazione territoriale,
che si estrinseca nella presenza di poli di specializzazione produttiva
nella provincia di Bari (maglieria, abbigliamento e calzature) e nella
provincia di Lecce (abbigliamento e calzature).
L'industria dei minerali e metalli ferrosi e non ferrosi rappresenta
in Puglia la seconda attività industriale, con un'incidenza
sul prodotto del 19% e sull'occupazione del 15,4%. Il peso di questo
settore nel sistema industriale pugliese è molto più
elevato di quello che si riscontra sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord:
l'indice di confronto è infatti pari a 2,2 rispetto alla prima
area, e a 2,8 rispetto alla seconda. Oltre che per la sua rilevanza
nell'ambito regionale, l'industria pugliese dei minerali e metalli
ferrosi e non ferrosi si caratterizza per l'importanza che essa riveste
nell'ambito nazionale. Essa infatti rappresenta il 9,6% del prodotto
italiano dei settore e l'11,1 % dell'occupazione: se si considera
poi la sola siderurgia primaria che è l'attività di
gran lunga prevalente in Puglia - col 92,5% degli addetti all'industria
dei minerali e metalli ferrosi e non ferrosi - la quota dell'occupazione
totale localizzata nella regione sale al 24% e diventa pari al 34,7%
se ci si riferisce all'occupazione nelle unità produttive con
1.000 e più addetti. In questo comparto, com'è noto,
operano l'Italsider di Taranto che ha oltre 20.000 addetti, e l'impianto
delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi di Giovinazzo con poco più
di 800 addetti. Una quota elevata del prodotto (circa il 38%) è
destinata ai mercati esteri e le esportazioni di prodotti siderurgici
rappresentano la principale voce dell'export regionale di prodotti
industriali (4). Un peso consistente nella struttura industriale della
regione hanno anche le industrie alimentari, il cui contributo è
pari al 13,3% del prodotto e all'11,6% dell'occupazione totale; è
da rilevare, però, che a fronte di un'incidenza della Puglia
sul valore aggiunto agricolo del Paese dell'11% circa, il peso della
regione per quel che riguarda il prodotto dell'industria alimentare
non supera il 4,2% (in termini di occupazione si ha il 14,4% per l'agricoltura
e il 5,9% per l'industria alimentare). Al riguardo, occorre considerare
che all'interno del settore alimentare vi sono industrie che non sono
legate all'agricoltura locale, come quelle che lavorano materie prime
d'importazione o per le quali è indifferente la reperibilità
nell'ambito regionale della materia prima. Da valutazione effettuate
sulla base dei dati censuari di occupazione per sottoclasse di attività
economica (5) è risultato che le attività svincolate
dall'agricoltura locale, di natura più propriamente industriale,
sono scarsamente presenti in Puglia (6) : esse rappresentano infatti
nella regione il 28% degli addetti al settore contro il 34% nel Mezzogiorno
e il 46% nel Centro-Nord. Esse si caratterizzano, inoltre, per una
dimensione media degli stabilimenti , pari a 4,4 addetti per unità
locale, sensibilmente più bassa di quella (8,4) che si rileva
nelle stesse attività del Centro-Nord. Mancano infatti stabilimenti
di dimensione superiore ai 500 addetti e il 60% dell'occupazione riguarda
unità locali fino a 9 addetti, il che fa ritenere che si tratti
di attività legate a I l'approvvigionamento del consumo locale
di particolari prodotti di difficile commercializzazione: la panificazione,
pasticceria e produzione di biscotti, nel suo insieme, è l'attività
più consistente all'interno del gruppo.
Prevalgono invece, col 72% degli addetti alle industrie alimentari,
le attività legate all'agricoltura locale (7) caratterizzate
da una forte stagionalità, bassa incidenza del valore aggiunto
sulla produzione, utilizzo di tecnologie produttive generalmente semplici.
Questo gruppo di attività non mostra differenze dimensionali
di rilievo rispetto al Centro-Nord; un peso notevole all'interno del
gruppo ha infatti la lavorazione del tabacco svolta in impianti di
media e grande dimensione.
Ancora modesta nonostante gli sviluppi registrati negli anni più
recenti, è la consistenza delle produzioni meccaniche: queste,
che rappresentano l'attività prevalente nel Centro-Nord con
un'incidenza pari al 25% del prodotto e dell'occupazione industriale,
pesano in Puglia per il 12% in termini di prodotto e per il 9% in
termini di occupazione, percentuale che corrisponde, in valore assoluto,
a 21.000 unità. All'interno del settore un peso rilevante,
pari al 78% dell'occupazione complessiva (68% nel Centro-Nord) hanno
la costruzione di prodotti in metallo, nel cui ambito prevalgono la
carpenteria metallica e le attività connesse alla trasformazione
del metalli (8), e la costruzione e installazione di macchine per
l'industria e di materiale meccanico. Entrambi questi comparti si
caratterizzano per la forte incidenza degli impianti di media e grande
dimensione: il peso degli addetti in unità locali con 500 e
più addetti al Censimento del 1981 è pari al 18% del
totale (9% nel Centro-Nord) per la costruzione di prodotti in metallo
e al 49% del totale (19% nel Centro-Nord) per la costruzione e installazione
di macchine e materiale meccanico (Fiat-Allis, Belleli, Nuovo Pignone).
Tra le altre attività industriali della regione è da
segnalare la significativa presenza dell'industria dei mezzi di trasporto,
settore in cui alle iniziative di più antica origine (Cantieri
navali Sebm e Officine Calabrese) si sono affiancati, all'inizio degli
anni '70, nuovi insediamenti, in particolare da parte della Fiat.
Quanto all'industria chimica, essa ha un peso limitato nella struttura
industriale della regione (3,5% del prodotto e 3,1% dell'occupazione
al 1981) ed è costituita prevalentemente dalla produzione di
prodotti chimici di base, realizzati in impianti di grandi dimensioni,
quali l'Anic di Foggia e la Montepolimeri di Brindisi (9). Non mancano
comunque iniziative private legate alla chimica di trasformazione
per la produzione di servizi per l'agricoltura e l'urbanizzazione,
anche di livello europeo, soprattutto in provincia di Lecce.
Il forte peso che nella struttura industriale della Puglia ha il settore
del l'abbigliamento spiega, per circa il 30%, la differenza, in precedenza
rilevata, tra i livelli del prodotto per occupato industriale in Puglia
e nel Centro-Nord. Infatti esso non solo presenta una produttività
più bassa rispetto alle altre attività industriali della
regione, caratteristica del resto tipica del settore, ma anche il
divario più elevato rispetto alla stessa industria del Centro-Nord,
con un prodotto per occupato inferiore del 40% (Tab. 13). Differenze
tra il 30 e il 40% in meno si riscontrano nell'industria chimica,
alimentare, degli altri prodotti industriali e dei prodotti energetici,
e del 16% nell'industria siderurgica, mentre solo nell'industria meccanica
e dei mezzi di trasporto il prodotto per occupato èuguale a
quello del Centro-Nord.
Distribuzione
territoriale
All'interno della
regione, le differenze nel livello di industrializzazione sono rilevanti
(Tab. 5). Risalta nettamente la situazione della provincia di Taranto,
dove il rapporto tra gli occupati nell'industria in senso stretto
e la popolazione residente è pari a 101 per mille, valore questo
ancora inferiore a quello che si registra nel Centro-Nord - che è,
come si è visto, di 128 per mille - ma uguale al livello medio
italiano. Elevato risulta il contributo del settore industriale sia
sull'occupazione (28% del totale) che al prodotto della provincia
(32%).
A notevole distanza da Taranto troviamo la provincia di Bari, con
un livello di industrializzazione di 67 occupati per mille abitanti,
di poco superiore alla media regionale, seguita dalle province di
Brindisi e di Lecce, rispettivamente con 54 e 49 occupati nell'industria
per mille abitanti. All'ultimo posto si colloca la provincia di Foggia,
il cui livello di industrializzazione, con circa 37 per mille, è
pari a poco più di un terzo di quello della provincia di Taranto.
L'elevata consistenza dell'apparato industriale di Taranto è
dovuta alla presenza dell'industria siderurgica (impianto dell'Italsider)
che da sola fornisce il 47% di tutta l'occupazione industriale della
provincia; ad esso si affianca l'industria meccanica che, pur con
le cautele connesse alle discrepanze rilevabili tra i dati censuari
e quelli degli occupati presenti (nota (a) Tab. 6), è da considerare
il secondo settore industriale della provincia, nella quale riveste
un'importanza maggiore che non nelle altre province pugliesi.
Anche la struttura industriale di Brindisi risulta caratterizzata
dalla rilevanza che in essa hanno settori moderni di recente insediamento,
come l'industria chimica e dei mezzi di trasporto, che insieme rappresentano
il 40% della complessiva occupazione industriale della provincia.
Fortemente orientata verso le produzioni di abbigliamento e calzature
è la struttura industriale di Bari: sulla base dei dati censuari
che probabilmente sottostimano la reale consistenza del settore, dove
diffuso è il lavoro a domicilio, di difficile rilevazione,
gli addetti all'industria dell'abbigliamento rappresentano il 28%
dell'occupazione industriale complessiva della provincia. Significativa
è anche la presenza delle produzioni meccaniche e degli altri
prodotti industriali, tra i quali prevale la produzione di mobilio
e arredamento in legno. Una specializzazione ancora più spinta
verso l'industria del l'abbigliamento si rileva a Lecce, dove gli
addetti al settore rappresentano il 30% dell'occupazione industriale;
un altro 20% è occupato nelle industrie alimentari rappresentate
soprattutto dalla lavorazione del tabacco. A Foggia, provincia a più
basso livello di industrializzazione, le attività industriali
che danno il maggior contributo all'occupazione sono le industrie
alimentari e quelle che lavorano i minerali non metalliferi, ma è
da sottolineare, anche se modesto in valore assoluto, l'apporto delle
industrie chimiche e dei mezzi di trasporto, di recente insediamento
nella provincia.
L'evoluzione
nel periodo successivo alla prima crisi petrolifera
Cenni sugli
sviluppi precedenti la crisi petrolifera
Tra il 1951 e il 1974 la Puglia ha sperimentato uno sviluppo industriale
particolarmente intenso, sia rispetto all'intera area meridionale
che rispetto al Centro-Nord (Tab. 7). La fase di più intensa
crescita si è avuta dopo il 1961, quando l'aumento del prodotto,
già elevato nel decennio precedente, ha raggiunto il 9,5% in
media all'anno, accentuando le distanze con gli incrementi registrati
nelle altre aree (7,7% nel Mezzogiorno e 6,5% nel Centro-Nord). Quanto
all'occupazione, essa è aumentata tra il 1961 e il 1974 meno
che nel periodo precedente, in linea con l'evoluzione registrata nel
resto del Paese, ma il differenziale di crescita con il Mezzogiorno
e con il Centro-Nord è divenuto consistente (aumento dell'1,5%
rispetto allo 0,5% della prima area e allo 0,9% della seconda).
La crescita, nel suddetto periodo, è stata sostenuta da iniziative
di nuovo insediamento nella regione, spesso facenti capo a gruppi
pubblici e privati (Tab. 8), in genere di grande dimensione e operanti
in settori ad elevata produttività: l'industria siderurgica
e quella chimica e l'industria meccanica e dei mezzi di trasporto
(Tab.9). Le attività di più antica origine, invece,
nel tredicennio in esame, o registravano sviluppo sostanzialmente
in linea con quelli del Centro-Nord, come nel caso delle industrie
alimentari e dei minerali non metalliferi, oppure mostravano segni
di difficoltà, particolarmente gravi dato anche il rilievo
nella regione, per l'industria dell'abbigliamento.
L'andamento
del prodotto
Il quadro sopra delineato subisce modifiche sostanziali dopo il 1974,
anno che segna l'inizio di una fase di sviluppo industriale rallentato
sia rispetto al passato che rispetto alle altre aree del Paese: il
prodotto cresce, tra il 1974 e il 1981, del 2,7% in media all'anno,
contro il 3,4% del Mezzogiorno e il 2,9% del Centro-Nord, il prodotto
per occupato aumenta dell'1,5% contro il 2,5% e il 3,2% rispettivamente
nelle aree di confronto e solo l'occupazione registra in Puglia un
andamento più favorevole, con un incremento dell'1,2% superiore
allo 0,9% relativo all'intero Mezzogiorno (nel Centro-Nord l'occupazione
è nel contempo diminuita dello 0,3%). Se si escludono però
i settori trasformatori di materie prime d'importazione, (prodotti
energetici, siderurgia e chimica), che rappresentano il 20% dell'occupazione
e il 25,6% del prodotto industriale regionale, l'andamento dell'industria
in Puglia risulta migliore che nel resto del Paese: il prodotto delle
restanti branche cresce, infatti, tra il 1974 e il 1981, del 4,0%
(3,8% nel Mezzogiorno), contro il 2,9% del Centro-Nord, la produttività
in egual misura nelle due aree, l'occupazione segna un incremento
dello 0,8% (0,7% nel Mezzogiorno) a fronte di una riduzione dello
0,2% nel Centro-Nord.
L'andamento sopra descritto è l'effetto di un mutamento rilevante
nelle componenti della crescita industriale della regione. Tra il
1971 e il 1974 (10) i settori determinanti l'aumento del prodotto
dell'industria in senso stretto (Tab. 10) erano stati la siderurgia
e la chimica, che insieme spiegavano il 66% dell'incremento registrato
nel periodo; dopo il 1974 lo sviluppo del prodotto si presenta ancora
fortemente concentrato, ma i settori che vi contribuiscono cambiano:
il 60% della crescita produttiva è ora dovuto ai settori della
meccanica e del l'abbigliamento.
In larga parte, tale mutamento è stato determinato dagli effetti,
avvertiti in misura particolarmente accentuata in Puglia, delle nuove
caratteristiche settoriali assunte dallo sviluppo industriale del
Paese dopo la crisi petrolifera. Così l'industria siderurgica
che aveva registrato tra il 1971 e il 1974 un saggio di crescita del
prodotto del 18,1% scende allo 0,8% annuo e l'industria chimica passa
da un aumento del 20,8% ad una riduzione dello 0,7% all'anno (Tab.
11). Ha pesato sull'andamento particolarmente sfavorevole di questi
settori in Puglia il fatto che essi siano costituiti quasi esclusivamente
da impianti destinati alla prima trasformazione di materie prime d'importazione.
Per contro, la generale ripresa dell'industria dell'abbigliamento
è risultata particolarmente sensibile in Puglia (aumento del
prodotto del 5,1% in media all'anno, anche se essa sconta il negativo
andamento registrato prima del 1974 (riduzione del prodotto dell'1,8%).
L'intensa crescita dell'industria meccanica in Puglia negli ultimi
anni è da ritenere invece un aspetto peculiare della regione.
Già prima del 1974 l'aumento del prodotto era stato elevato
(6,9% in media all'anno) e solo a causa della sua limitata incidenza
nella struttura industriale regionale il contributo alla crescita
complessiva era risultato modesto. Negli ultimi anni, lo sviluppo
del settore si è intensificato e il prodotto è cresciuto
ad un saggio medio annuo del 10%; ciò, mentre sia nel Mezzogiorno
che nel Centro-Nord l'industria meccanica registrava aumenti produttivi
fortemente rallentati rispetto al passato e pari al 4,2% per la prima
area e al 2,7% per la seconda (11).
Tra gli altri settori industriali è da segnalare l'andamento
nel complesso positivo dell'industria dei mezzi di trasporto il cui
prodotto, pur aumentando a ritmi più contenuti rispetto al
passato, è cresciuto del 3,7% in media all'anno (2,8% nel Centro-Nord).
Più consistente invece è stato il rallentamento produttivo
delle industrie alimentari, la cui crescita dopo il 1974 (1,0% in
media all'anno) risulta notevolmente inferiore a quella registrata
nel resto del Paese.
Se tra il 1974 e il 1981 la crescita del prodotto industriale complessivo
è stato in Puglia minore rispetto a quella registrata nel resto
del Paese, negli ultimi anni invece l'andamento è stato ad
essa più favorevole. Dai dati annuali provvisori disponibili
fino al 1984 e riferiti all'industria in senso stretto nel suo complesso,
si rileva che, da una parte, l'industria pugliese ha risentito meno
gli effetti della seconda crisi petrolifera, dall'altra, essa ha partecipato
più intensamente alla ripresa produttiva del 1984, con una
crescita del prodotto nel triennio dell'1,5% in media all'anno, a
fronte di un aumento dello 0,8% nel Mezzogiorno e di una riduzione
dello 0,8% nel Centro-Nord.
Produttività
e occupazione
I settori che hanno registrato i maggiori incrementi produttivi, e
cioè l'industria meccanica, dell'abbigliamento e dei mezzi
di trasporto, sono anche quelli nei quali il prodotto per occupato
è cresciuto di più (4,6% in media all'anno per le prime
due e 4,0% per la terza), e in misura superiore al Centro-Nord (aumento
del 2,8%, del 3,7% e del 2,8% nei rispettivi settori).
Si rileva però un altro elemento comune a queste attività:
la diminuzione del prodotto per occupato tra il 1971 e il 1974 (12);
una parte almeno dell'incremento registrato negli ultimi anni rappresenta
quindi un recupero rispetto al passato e ciò vale soprattutto
per l'industria dell'abbigliamento che, a differenza dell'industria
meccanica e dei mezzi di trasporto con produttività pari o
superiore a quella del Centro-Nord, presenta un livello di prodotto
per occupato all'anno finale inferiore del 40% a quello dell'industria
dell'abbigliamento localizzata in tale area (Tab. 12).
Quanto alle modalità di crescita della produttività
in questi settori, occorre dire che, mentre nell'industria dei mezzi
di trasporto e dell'abbigliamento essa è avvenuta mantenendo
pressoché invariati i livelli occupazionali o aumentandoli
di poco (2.400 unità in più tra il 1974 e il 1981 per
l'abbigliamento), nell'industria meccanica la crescita produttiva
del settore è stata tale da consentire l'assorbimento di 6.300
unità in più rispetto al 1974: la meccanica e l'abbigliamento
insieme hanno contribuito per il 47% all'incremento di occupazione
realizzato nell'industria pugliese negli ultimi anni (Tab.14).
Nei settori trasformatori di materie prime d'importazione, invece,
il prodotto per occupato è diminuito: nella misura dell'1,2%
all'anno nell'industria chimica, del 2,5% nell'industria dei prodotti
energetici e del 2,8% all'anno nell'industria siderurgica. Nella siderurgia
e nella chimica, da livelli di produttività superiori a quelli
del Centro-Nord nel 1974, si è scesi nel 1981 all'84,4% per
il primo settore e al 62% per il secondo. Tali riduzioni hanno avuto
luogo in presenza di aumenti di occupazione, di modesta entità
nel caso dell'industria chimica, e di una certa consistenza invece
nel caso dell'industria siderurgica con un incremento di 7.100 unità
che risulta superiore, in valore assoluto, a quello registrato nell'industria
meccanica. Si deve segnalare però che tale incremento è
stato conseguito interamente prima del 1978, quale effetto degli ampliamenti
di capacità avviati prima della crisi petrolifera, e che, negli
ultimi anni, l'occupazione ha cominciato a flettere e il prodotto
per occupato ha mostrato segni, sia pure deboli, di ripresa.
Tra le altre attività industriali, va segnalato il positivo
andamento della produttività del settore dei minerali e prodotti
a base di minerali non metalliferi, con un incremento superiore, anche
negli ultimi anni, a quello registrato nel Centro-Nord; il divario
nel livello del prodotto per occupato di questo settore rispetto a
tale area risulta al 1981 contenuto nella misura di circa il 13%.
Sono aumentate, invece, le differenze di produttività, già
esistenti, che caratterizzavano le industrie alimentari e degli altri
prodotti industriali (soprattutto legno e mobilio in legno) esistenti
in Puglia, entrambe con occupazione in leggero aumento, il cui prodotto
per occupato è pari al 1981 al 65-70% di quello rilevato nelle
stesse industrie del Centro-Nord.
Il settore industriale pugliese, nel suo complesso, ha accresciuto,
tra il 1974 e il 1981, il divario di produttività col Centro-Nord,
passato dal 18% al 27%; ciò, a causa dell'andamento negativo
registrato nei settori trasformatori di materie prime d'importazione.
Una riduzione, sia pure modesta (2 punti percentuali), di tale divario
si rileva, invece, per l'insieme delle altre branche industriali,
il cui prodotto per occupato, al 1981, è pari al 72% di quello
del Centro-Nord.
Per quanto riguarda l'andamento dell'occupazione industriale regionale,
si è già detto degli aumenti che si sono avuti nella
siderurgia, nella meccanica e nell'abbigliamento; negli altri settori,
l'occupazione ha registrato variazioni di modesta entità, in
diminuzione per l'industria dei minerali e dei prodotti a base di
minerali non metalliferi e per l'industria dei mezzi di trasporto,
in aumento nei rimanenti.
Nel complesso, l'occupazione industriale è aumentata di 18.000
unità (passando da 221.000 al 1974 a 239.000 al 1981), con
una media annua di 2.500 unità circa, pari all'80% dell'incremento
medio registrato nel periodo 1962-74. E' importante rilevare che il
45% di tale incremento è dovuto ai settori trasformatori di
materie prime d'importazione (48% tra il 1971 e il 1974).
L'aumento dell'occupazione industriale in Puglia è stato, come
si è detto, superiore a quello realizzato nel Mezzogiorno nello
stesso periodo e ciò anche se si tiene conto delle ore di Cassa
integrazione guadagni concesse nella regione, il cui forte aumento
tra il 1974 e il 1981 (da 1,6 a 15,7 milioni di ore) èstato,
in termini relativi, di intensità pari a quello registrato
nell'intera area meridionale. (Tab. 15).
Il positivo andamento
dell'occupazione industriale rilevato fino al 1981 ha subìto
un arresto negli anni successivi, analogamente a quanto avvenuto nel
Mezzogiorno: dai dati annuali provvisori disponibili fino al 1984,
riferiti all'industria in senso stretto, nel suo complesso, si rileva
che gli occupati sono passati da 239.000 unità al 1981 a 230.000
nel 1984, con una riduzione di 3.000 unità in media all'anno.
Depurando l'occupazione delle unità virtuali a zero ore, ottenute
dividendo le ore di Cassa integrazione per il numero medio di ore
lavorabili per occupato, la diminuzione dell'occupazione industriale,
nel triennio in questione, raggiunge le 5.000 unità all'anno.
Le iniziative
sorte dopo il 1974
L'evoluzione dell'occupazione rappresenta il saldo tra nuovi insediamenti
e impianti che hanno cessato la propria attività e tra stabilimenti
con occupazione in aumento e stabilimenti con occupazione in diminuzione.
Indicazioni sulla prima componente, quella relativa agli impianti
creati dopo il 1974 e sulle loro caratteristiche possono trarsi dai
dati del Repertorio Iasm-Cesam, che forniscono limitatamente alle
iniziative con oltre 10 addetti l'occupazione negli stabilimenti manifatturieri
in attività a fine 1984, articolato per periodi di costruzione
(Tab. 16). Da essi risulta una sensibile decelerazione dell'occupazione
derivante da nuovi impianti: da una media annua di 3.743 posti di
lavoro attuali che risalgono al periodo 1962-74, si è passati
a 2.692 unità tra il 1975 e il 1980 e si è scesi a una
media di 862 unità tra il 1981 e il 1984. E' interessante però
rilevare che, pur modesta in valore assoluto, l'occupazione negli
impianti creati dopo il 1981 in Puglia rappresenta il 33% del totale
riferito a tutti gli impianti costruiti in tale periodo nel Mezzogiorno,
contro una analoga quota del 21% del periodo 1975-80 e del 20% del
periodo 1962-74.
L'aumento della quota di nuova occupazione localizzata nella regione
negli ultimi anni è dovuta alla costruzione di due impianti
superiori ai 500 addetti, che rappresentano le sole iniziative di
tale dimensione create dopo il 1981 nel Mezzogiorno.
Quanto alle caratteristiche delle nuove iniziative, l'analisi per
classi di ampiezza e per tipo di proprietà pone in luce differenze
sensibili tra il periodo 1975-80 e gli anni successivi. Le iniziative
create nel periodo 1975-80, infatti, si caratterizzano rispetto al
passato per la forte incidenza, pari al 60% del totale, dell'occupazione
in impianti tra i 10 e i 99 addetti, e per la prevalenza di iniziative
facenti capo ad imprenditori meridionali, che in termini di occupazione
pesano per il 76% del totale. Dopo il 1980, in un quadro di ridotta
formazione di nuova occupazione, la crescita delle unità di
piccola dimensione subisce un forte ridimensionamento a fronte di
un rallentamento modesto delle unità con 500 e più addetti.
Il peso dell'occupazione creata in unità da 10 a 99 addetti
scende a circa il 41% e, se ad essa si aggiunge l'occupazione nelle
unità da 100 a 199 addetti, l'incidenza risulta pari al 50%.
Assenti nuove iniziative nella classe 200-499 addetti, il restante
50% si riferisce alle unità produttive con 500 e più
addetti, costituite da due stabilimenti di cui uno con oltre 1.000
addetti, facente capo alle Partecipazioni Statali: la dimensione media
delle nuove iniziative, che nel periodo 1975-80 era scesa a 36 addetti
per unità locale, sale a 51 negli ultimi anni. Complessivamente,
il contributo delle Partecipazioni Statali alla nuova occupazione
creata nel periodo 1981-84 è pari al 41%, mentre del tutto
marginale è l'apporto (2,3%) delle iniziative dovute ad imprese
private del Centro-Nord.
Le differenze nelle caratteristiche delle nuove iniziative tra il
periodo 1975-80 e il periodo 1981-84 sono dovute in primo luogo allo
sviluppo dell'industria dell'abbigliamento, incentrato, prima, sulla
creazione di numerose attività di piccola dimensione (13) e,
poi, su poche iniziative di dimensione medio-grande, come un impianto
facente capo ad un imprenditore meridionale per la produzione di calzature,
con più di 500 addetti.
A ciò si aggiunga che, nel periodo 1975-80 il secondo settore
per peso occupazionale è stato il settore meccanico, costituito
esclusivamente da stabilimenti di dimensione piccola e medio-piccola,
nel periodo 1981-84 tale posto è preso dall'industria dei mezzi
di trasporto (14), a dimensione media elevata, settore nel quale opera
l'impianto con più di 1.000 addetti delle Partecipazioni Statali
(industria aeronautica meridionale di Brindisi).
Gli investimenti
La flessione degli investimenti industriali, dopo il 1974, è
stata in Puglia particolarmente sensibile (Tab. 17): da un investimento
medio annuo pari a 431 miliardi di lire 1970 nel periodo 1970-74,
si è scesi, nel periodo 1975-82, a 193 miliardi all'anno, ammontare
questo corrispondente al 45% di quello registrato all'inizio degli
anni '70.
Lo stesso rapporto, calcolato per le due principali aree del Paese,
da un valore del 68% per il Mezzogiorno e del 102% per il Centro-Nord.
Alla base di tale andamento vi è, da una parte, il peso rilevante
che in Puglia avevano, all'inizio degli anni '70, i settori energetico,
siderurgico e chimico (i soli investimenti dell'industria siderurgico
erano pari al 56% del totale), dall'altra, la flessione, più
intensa nella regione che nelle altre del Paese, che gli investimenti
in questi settori (siderurgia soprattutto) hanno subìto. Nell'insieme
delle altre attività industriali gli investimenti invece registrano,
nella media del periodo 1975-82, un aumento di circa il 10%, risultato
questo migliore non solo rispetto all'andamento rilevato nel Mezzogiorno
- dove, fatto 100 il livello medio del periodo 1970-74, essi risultano
pari all'82% - ma anche rispetto a quello del Centro-Nord, dove gli
investimenti in questi settori sono rimasti stazionari. Inoltre, a
differenza di quanto è avvenuto nelle aree di confronto, nelle
quali gli investimenti hanno registrato una ripresa dopo il 1979,
in Puglia i livelli più elevati di investimento in queste attività
sono stati conseguiti nel periodo 1975-78 con un incremento del 18,5%
rispetto alla media del periodo 1970-74.
Tale andamento è dovuto agli investimenti dell'industria meccanica
prima aumentati in misura notevole (Tab. 18), tanto da conseguire
in media, nel periodo 1975-78, un livello pari a circa tre volte quello
registrato nel periodo 1970-74 e poi diminuiti negli anni successivi:
in media, gli investimenti effettuati tra il 1979 e il 1982 risultano
però ancora superiori (dell'8,5%) a quelli del periodo preso
a riferimento. La positiva evoluzione degli investimenti nell'industria
meccanica, accompagnata da elevati tassi di accumulazione (il rapporto
tra investimenti e prodotto del settore è stato pari al 59%
nel periodo 1975-78 e al 12% nel quadriennio successivo, contro valori
che non superano l'11% nel Centro-Nord) è indicativa di una
espansione basata sull'ampliamento della base produttiva che trova
riscontro nell'eccezionale crescita di cui si è detto in precedenza.
Livelli elevati di investimento, nell'intero arco del periodo 1975-82,
si sono avuti nell'industria della carta, (pari in media al 140% del
livello del periodo 1970-74), mentre una forte ripresa degli investimenti,
limitatamente al periodo 1979-82, è da segnalare per l'industria
dei mezzi di trasporto, con un volume medio di investimenti superiore
del 41% a quello del periodo 1970-74. L'industria del l'abbigliamento,
pur registrando anch'essa una crescita degli investimenti negli ultimi
anni, non è riuscita a recuperare i livelli medi del periodo
1970-74; nell'insieme del periodo 1975-82, la riduzione degli investimenti
in questo settore, più accentuata che nel Centro-Nord, è
stata però meno intensa che nel Mezzogiorno.
Nonostante la forte flessione subìta dagli investimenti nella
siderurgia e nella chimica (l'indice, rispetto al periodo 1970-74,
è sceso, nel 1979-82, al 14% nel primo settore e al 27% nel
secondo), queste industrie assorbono in Puglia una quota ancora elevata
degli investimenti industriali complessivi, pari nell'ultimo quadriennio
al 24% del totale, contro il 13% del Centro-Nord. Venuta meno la componente
connessa con l'espansione della capacità produttiva, l'impegno
nella ristrutturazione e nella riconversione degli impianti esistenti
ha comportato infatti un fabbisogno di investimenti ancora relativamente
elevato: nell'ultimo quadriennio, il rapporto investimenti/ prodotto
risulta, in Puglia, superiore a quello che gli stessi settori registrano
nel Centro-Nord (29% rispetto al 21% per la siderurgia, e 26% rispetto
al 15% per la chimica).
Alcuni dati
sulla recente dinamica dei sistemi industriali provinciali
La posizione di preminenza della provincia di Taranto, all'interno
della regione, già evidente al 1971, quando questa provincia
registrava un tasso di industrializzazione (83 occupati per mille
abitanti) nettamente superiore a quello delle altre province, si è
venuta accentuando nel corso degli anni '70 (Tab. 19).
La crescita dell'occupazione industriale è proseguita anche
dopo la crisi petrolifera e solo negli ultimi anni si sono manifestate
riduzioni peraltro di modesta entità, tanto che la quota dell'occupazione
industriale regionale localizzata in provincia di Taranto ha continuato
a crescere ed è attualmente pari a circa il 25% (21% nel 1971).
A tale sviluppo avrebbero contribuito, secondo i dati lasm-Cesan,
la creazione dopo il 1974 di unità produttive di piccola e
media dimensione nel settore dell'industria meccanica; tuttavia, l'ammontare
relativamente modesto, rispetto alle altre province pugliesi, degli
addetti in stabilimenti costruiti tra il 1975 e il 1984, fa pensare
che il maggior apporto sia stato dato dalle iniziative preesistenti
o da quelle inferiori ai 10 addetti escluse dalla rilevazione lasm-Cesan.
Nella provincia di Bari, seconda per livello di industrializzazione
al 1971 (64 occupati per mille abitanti), l'occupazione industriale
è cresciuto soprattutto nel periodo 1976-81, quando nelle altre
province pugliesi, esclusa Taranto, giù si registravano riduzioni
di occupazione. Nell'insieme del periodo considerato, però,
sia pure con andamenti alterni, il suo peso sul totale regionale è
diminuito: dal 42,7% del 1971 al 38,8% del 1984. Il settore in cui
opera la maggior quota degli occupati negli stabilimenti con oltre
10 addetti costruiti dopo il 1975 è quello dell'industria del
l'abbigliamento, con 2.732 unità che fanno capo a stabilimenti
di dimensione superiore ai 100 addetti.
Interessanti sviluppi si sono avuti nella provincia di Lecce, dove
il livello di industrializzazione è cresciuto da 29 occupati
per mille abitanti al 1971 a 49 al 1981, valore quest'ultimo che le
ha consentito di passare dall'ultimo al penultimo posto, tra le province
pugliesi, e di avvicinarsi sensibilmente al livello di industrializzazione
della provincia di Brindisi. Tale intensa crescita ha avuto luogo
soprattutto prima del 1976, ma i dati lasm-Cesan pongono in luce che
la creazione di nuovi posti di lavoro tra il 1975 e il 1984 è
stata di entità rilevante: gli addetti in stabilimenti costruiti
in tale periodo ammontano infatti a 5.672 unità, di cui il
40% circa è occupato in stabilimenti di dimensione superiore
ai 500 addetti. Tra i settori prevale nettamente (70% degli addetti)
il settore del l'abbigliamento, che nella provincia è rappresentato
soprattutto dalla produzione di calzature.
Anche la provincia di Brindisi, come quella di Lecce, ha registrato
una significativa crescita dell'occupazione industriale tra il 1971
e il 1975, ma dopo la crisi petrolifera tale processo si è
interrotto (tra il 1971 e il 1981 il livello di industrializzazione
è passato dal 53 per mille al 54 per mille) e solo negli ultimi
anni, in un contesto caratterizzato dalla riduzione dell'occupazione
industriale, vi sarebbero stati segni di miglioramento, in particolare
con la costruzione, dopo il 1980, di un impianto dell'industria Aeronautica
Meridionale, con poco più di 1.000 addetti. A differenza delle
altre province pugliesi, la provincia di Foggia ha registrato una
diminuzione dell'occupazione industriale tra il 1971 e il 1981, e
un aumento invece tra il 1981 e il 1984. Sul favorevole andamento
degli ultimi anni avrebbe influito la creazione, dopo il 1975, di
nuove iniziative che danno attualmente occupazione a circa 3.000 unità
lavorative, con una forte presenza del settore dei mezzi di trasporto
(un impianto con 1.600 addetti) e stabilimenti di minori dimensioni
nel settore dei materiali da costruzione e dei prodotti alimentari.
NOTE
1) Tenuto conto dell'andamento negativo registrato negli ultimi anni,
si è preferito riferirsi, anziché ai dati del 1981,
a quelli medi del triennio 1980-82, allo scopo di evitare l'influenza
di fattori di natura congiunturale.
2) Sempre al 1981, assenti le unità produttive con 500 e più
addetti, circa il 65% dell'occupazione complessiva faceva capo ad
impianti con meno di 20 addetti.
3) Iasm, Rapporto Mezzogiorno industria, 1983.
4) Iasm, op. cit.
5) Una precisa individuazione di queste industrie avrebbe richiesto
dati più analitici di quelli disponibili. In via di prima approssimazione,
sono state incluse nel gruppo le seguenti sottoclassi di attività
economica: 415 (lavorazione e conservazione pesce), 418 (prodotti
amidacei), 419 (panificazione, pasticceria e biscotti), 421 (produzione
cacao, cioccolato, caramelle e gelati), 422 (prodotti alimentari per
zootecnia), 423 (prodotti alimentari vari), 427 (produzione birra
e malto), 428 (industria idrominerale e delle bevande analcoliche).
7) Il peso della Puglia sull'occupazione italiana in queste attività
si può valutare intorno al 7%, più elevato del peso
del complesso delle industrie alimentari (5,9%), ma sempre largamente
inferiore all'incidenza dell'occupazione agricola pugliese (14,4%).
Pari anch'essa al 7% è la quota di occupati in attività
di trasformazione annesse ad aziende agricole o svolte in forma associata
localizzata in Puglia, attività che, non essendo propriamente
configurabili come industriali, vengono classificate dal Censimento
sotto la voce "Agricoltura".
8) Fonderie; fucinatura, stampaggio, imbutitura, etc.; seconda trasformazione,
trattamento e rivestimento dei metalli.
9) Dopo il 1981 si è avuto un ridimensionamento del settore
a seguito delle vicende dello stabilimento della Montedison di Brindisi
che hanno portato ad una riduzione dell'occupazione e ad un massiccio
ricorso alla Cassa integrazione guadagni.
10) Il confronto viene limitato al periodo 1971-74, anziché
all'intero periodo 1961-74, per la mancanza di informazioni statistiche,
a livello settoriale, sull'andamento del prodotto negli anni precedenti
il 1970.
11) Sulla base degli addetti rilevati ai censimenti, i comporti più
dinamici, nell'arco del decennio 1971-1981, sarebbero stati quelli
della costruzione di prodotti in metallo e sarebbero stati quelli
della costruzione di prodotti in metallo e della costruzione di macchinari
e materiale meccanico con la creazione, prima del 1975, di nuovi impianti
di media e grande dimensione e, dopo tale anno, di stabilimenti di
minore dimensione.
12) Il negativo andamento della produttività in questi settori
tra il 1971 e il 1974 è stato determinato però da cause
diverse: forte aumento dell'occupazione, superiore alla pur consistente
crescita del prodotto, nel caso dell'industria meccanica e dei mezzi
di trasporto; contrazione produttiva in presenza di aumenti di occupazione,
nel caso dell'industria dell'abbigliamento. Dopo il 1974 per tutti
è l'andamento del prodotto a determinare l'andamento della
produttività.
13) Nel sessennio 1975-80 si segnala peraltro la creazione di due
impianti per la produzione di calzature con 500-1.000 addetti nella
provincia di Lecce.
14) Nel periodo 1975-80 in questo settore era stato creato un impianto
con 1.600 addetti della Fiat localizzato a Foggia.
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